Pregnant woman with fetus

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Utero in affitto. Cedu: “Nessun diritto ai figli senza legami biologici”

La Corte di Strasburgo boccia il ricorso di una coppia italiana che aveva fatto partorire il proprio figlio a una donna russa, ricorrendo alla maternità surrogata

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A circa 24 ore dal bando ai fondi per l’aborto da parte del neopresidente americano Donald Trump, una buona notizia per il mondo pro life, arriva anche al di qua dell’Atlantico. La Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo ha sancito la liceità dell’allontanamento dalla famiglia surrogata di un bambino italiano nato da utero in affitto.
Secondo la CEDU, non viene infatti disatteso l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Rispetto della vita privata e familiare), pertanto il bambino, nella fattispecie, non subirebbe pregiudizio o conseguenze gravi dalla separazione, non essendovi legame biologico, né vita familiare.
La sentenza odierna conferma le precedenti decisioni dei giudici italiani, respingendo il ricorso dei coniugi Campanelli-Paradiso che nel 2011, illegalmente, attraverso utero in affitto in Russia, avevano avuto un bambino che, successivamente, è stato allontanato dalla coppia e dato in affidamento.
La Grande Camera della CEDU ha valutato il ricorso contro la presa in carico da parte dei servizi sociali italiani del piccolo di nove mesi, partorito da una donna russa in accordo con i coniugi Paradiso-Campanelli, che avevano registrato il bambino come loro figlio. Considerando l’assenza di legame biologico tra il bimbo e la coppia ricorrente, la breve durata della relazione familiare e la precarietà giuridica dei legami parentali, i giudici hanno concluso che non si può parlare di vita familiare, nonostante il progetto genitoriale e la qualità dei legami affettivi.
È legittima quindi, secondo la CEDU, la volontà delle autorità italiane di riaffermare la competenza esclusiva dello Stato a riconoscere un legame di filiazione – che sussiste unicamente in caso di legame biologico o di adozione regolare – con l’obiettivo di proteggere il bambino.
La CEDU, inoltre, considera che i giudici italiani – secondo i quali il bambino non rischia di subire gravi pregiudizi o danni irreparabili dalla separazione – abbiano tenuto conto del giusto equilibrio tra i differenti interessi in gioco.
“La sentenza con cui la CEDU ha dato ragione all’Italia nel caso ‘Paradiso’ nonostante la condanna di primo grado è una storica vittoria dei più elementari diritti umani, ma soprattutto la prova che la mobilitazione della società civile a tutti i livelli è fondamentale”, afferma in una nota Filippo Savarese, portavoce dell’associazione copromotrice del Family Day Generazione Famiglia.
“Generazione Famiglia – continua Savarese – promosse una petizione online tramite CitizenGO per chiedere al Governo di ricorrere contro la condanna di primo grado, e in pochi giorni abbiamo raccolto oltre 30.000 firme. Il ricorso effettivo dell’Italia e la campagna informativa sulla reale natura incivile dell’utero in affitto hanno senz’altro fatto cambiare il corso del processo, e forse anche della storia”.
Soddisfazione è stata espressa anche da Massimo Gandolfini, presidente del Comitato “Difendiamo i Nostri Figli”, secondo il quale la sentenza della CEDU ribadisce che “i bambini non possono essere comprati e che uno Stato ha tutto il diritto di vietare e perseguire la barbara pratica dell’utero in affitto”.
“La Corte afferma giustamente che le autorità italiane hanno seguito l’obiettivo legittimo di prevenire disordine e proteggere i diritti dei bambini – prosegue Gandolfini -. E solo l’ottobre scorso il Consiglio d’Europa aveva bocciato il rapporto della senatrice belga Petra De Sutter, che cercava di promuovere la legalizzazione dell’utero in affitto”.
“Questi pronunciamenti spingono ogni Stato a fare la sua parte nella lotta contro il mercimonio dei bambini e dell’utero donne e ad impegnarsi affinché questa pratica sia messa al bando da tutta la comunità internazionale”, conclude il presidente del Comitato.
Da parte sua, il presidente del Movimento per la Vita, Gian Luigi Gigli, ritiene che la sentenza della Grande Chambre della Cedu possa essere “solo salutata con speranza, come garanzia di una prospettiva giuridica di civiltà, in opposizione alla cultura dei desideri individuali. È bene ribadirlo: la genitorialità non può essere un diritto o una pretesa – sottolinea Gigli -. Normalmente si diviene genitori per ragioni biologiche. L’eccezione non può essere l’utero in affitto o l’acquisto di gameti, ma l’adozione effettuata solo nell’interesse del bambino e non per la soddisfazione degli aspiranti genitori”.
Il presidente del Movimento per la Vita chiede quindi che venga calendarizzata la proposta di legge del gruppo parlamentare DES-CD – di cui Gigli fa parte – perché “il reato di maternità surrogata sia perseguibile anche se commesso all’estero. È l’unico modo per porre finalmente fine a un turpe traffico e allo sfruttamento di donne in condizioni di bisogno”, ha poi concluso.

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ZENIT Staff

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