“Le continue scosse, le eccezionali nevicate, le vittime, i feriti, gli affetti, le case, le chiese e i paesi distrutti”. Non può che partire dalla cronaca “pesante e perdurante” che in questi mesi ha interessato il Centro Italia, la prolusione che il cardinale Angelo Bagnasco pronuncia al Consiglio Permanente della CEI, al via da oggi fino al 25 gennaio. Il porporato – al suo ultimo Consiglio prima delle elezioni di maggio – esordisce ringraziando chi si è impegnato nei territori colpiti dal terremoto: dai “parroci che non hanno lasciato la terra”, comportandosi da “veri pastori”, ai Vigili del Fuoco e la Protezione Civile e a tutti coloro che, “con dedizione generosa e altamente professionale”, hanno offerto le proprie “mani” per scavare, assistere, curare.
Per Bagnasco si tratta di una “tragedia” vera e propria che, tuttavia, “sta consegnando anche il volto migliore del nostro Paese, della nostra gente, pronta a mettere in gioco la propria vita per salvare quella altrui; disposta a rinunciare a qualcosa di proprio per condividerlo con chi tutto ha perso”. Lo dimostra la risposta delle comunità cristiane alla colletta della CEI che ha raccolto finora quasi 22 milioni di euro per intervenire con risposte ai bisogni primari, realizzare alcune strutture polifunzionali e avviare i primi progetti sociali e di sviluppo economico. “Come Conferenza Episcopale Italiana – oltre al primo milione di euro stanziato dai fondi 8X1000 il giorno stesso delle prime scosse – abbiamo messo a disposizione di ogni Diocesi interessata 300 mila euro per interventi su edifici ecclesiastici, destinati al culto e alla pastorale”, sottolinea il cardinale presidente. E ringrazia anche i Paesi del mondo intero, inclusi quelli più poveri, per l’aiuto offerto.
Assicura, quindi, che “la Chiesa continuerà a offrire un contributo concreto ed efficace al cammino del Paese”. Questo nonostante “una fascia sempre più ampia di popolazione” della penisola viva in “condizioni difficili” a causa della crisi. A causa di questa circa 4milioni e 600mila persone sono ridotte in “povertà assoluta”. Esattamente 3milioni e 200mila in più rispetto all’inizio nel 2007.
“Dietro ai numeri ci sono i volti e le storie di centinaia di migliaia di famiglie che nelle nostre Diocesi e parrocchie, nei Centri d’ascolto, nelle Associazioni e nelle Confraternite hanno trovato una prima risposta – in termini di beni e servizi materiali, di sussidi e di alloggio – e spesso anche una presa in carico progettuale”, evidenzia Bagnasco. La crisi, prosegue, si è abbattuta in particolare modo su giovani e Meridione. “A maggior ragione, in riferimento all’ennesimo rinvio sui decreti attuativi, stentiamo a capire come mai tutti i provvedimenti a favore della famiglia – che potrebbero non solo alleviare le sofferenze, ma anche aiutare il Paese a ripartire – facciano così tanta fatica a essere realmente presi in carico e portati a effettivo compimento”, riflette il porporato.
Sarà che forse la discussione politica è concentrata su altri versanti? Ad esempio “il fine vita, con le implicazioni – assai delicate e controverse – in materia di consenso informato, pianificazione delle cure e dichiarazioni anticipate di trattamento”? Bagnasco esprime la preoccupazione della Chiesa italiana per “le proposte legislative che rendono la vita un bene ultimamente affidato alla completa autodeterminazione dell’individuo, sbilanciando il patto di fiducia tra il paziente e il medico”. “Sostegni vitali come idratazione e nutrizione assistite, ad esempio, verrebbero equiparate a terapie, che possono essere sempre interrotte”, afferma il numero uno dei vescovi italiani. E sottolinea che “le domande di senso che avvolgono la sofferenza e la morte non possa essere trovata con soluzioni semplicistiche o procedurali; la tutela costituzionale della salute e della vita deve restare non solo quale riferimento ideale, bensì quale impegno concreto di sostegno e accompagnamento”.
Tra le sfide del presente, l’arcivescovo di Genova elenca anche quelli di persecuzione, violenza, povertà e guerra “che continuano a consumare popoli interi”. In particolare denuncia la situazione dei minori non accompagnati esposti a ogni sorta di abuso: “Una realtà che interpella fortemente la coscienza civile del nostro Paese e le sue Istituzioni”. La Chiesa “è in prima linea nell’accoglienza”, assicura, “dove questa parola non richiama soltanto servizi offerti, ma famiglia, comunità, dialogo interculturale, iniziative di integrazione”. In questa prospettiva, il capo della CEI ribadisce l’importanza sia del “riconoscimento della cittadinanza ai minori che hanno conseguito il primo ciclo scolastico”, sia “la possibilità di affidare i minori non accompagnati a case famiglia”.
Nella seconda parte della prolusione, Bagnasco centra la sua riflessione su “temi di natura più ecclesiale”. Quello dei presbiteri, in primo luogo, ai quali assicura tutta la “stima” e la “cura” da parte dei vescovi italiani. In riferimento agli “episodi di infedeltà al ministero e di oggettivo scandalo” – come quelli che hanno investito recentemente la diocesi di Padova – puntualizza invece: “Sono motivo di dolore, ma non fanno comunque venir meno la stima e l’ammirazione per il Presbiterio nel suo complesso”.
Proprio la volontà di aiutare i sacerdoti a sostenere e alimentare la loro vocazione, ha portato la CEI ad individuare alcuni “ambiti precisi sui quali investire con rinnovata convinzione”. Anzitutto “la relazione di amicizia con il Signore” da cui conseguono “l’obbedienza, la piena castità e uno stile di distacco dai beni materiali”. Poi “la fraternità presbiterale” che “impegna Vescovo e preti in esercizi di comunione, condivisione e corresponsabilità pastorale”. Quindi “la carità pastorale”, di cui “è parte la stessa amministrazione dei beni ecclesiastici” che “richiede la partecipazione corresponsabile della comunità, insieme a mentalità e procedimenti corretti e virtuosi, all’insegna della chiarezza e della trasparenza”.
Dai sacerdoti Bagnasco passa poi ai giovani “della cui formazione – afferma – siamo responsabili, accanto alle famiglie e alle altre agenzie educative”. Guardando al prossimo Sinodo del 2018, il cardinale ricalca l’invito del Papa “ad ascoltare i giovani e a coinvolgerli in esperienze di servizio”. “Accanto a loro, per loro e con loro, intendiamo testimoniare ragioni di vita, affascinandoli alla fede in Gesù e a cercare risposta alle domande più profonde del cuore, quelle che la cultura dominante vorrebbe distrarre o liquidare con l’offerta di strade menzognere… Educhiamo i giovani a riconoscersi popolo del Signore, che appartiene a lui, non alla mondanità, allo spirito del mondo, alle stupidaggini del mondo”.
Un ultimo cenno va, infine, alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. “Sappiamo quanto sia decisiva tale unità, proprio perché il mondo creda”, chiosa l’arcivescovo di Genova, incoraggiando le comunità “a compiere ogni passo, pur piccolo, che aiuti a progredire verso la comunione fraterna”.