Era dal 2006, dall’ultima udienza con Benedetto XVI, che la Conferenza Episcopale irlandese non tornava a Roma. I presuli sono stati i primi ad aver svolto la loro visita ad limina dopo la pausa per il Giubileo. Dell’incontro ha riferito il nuovo presidente monsignor Eamon Martin, il quale – in una conferenza nella Sala Marconi della Radio Vaticana – ha parlato di “un’atmosfera rilassata ma non disinvolta”.
Al centro dei colloqui c’è stato naturalmente il tema degli abusi, denunciato vigorosamente da Ratzinger nell’udienza del 2006 in cui chiedeva di “fare pulizia”. “Ogni volta che ne abbiamo parlato la discussione è stata molto seria”, ha spiegato Martin. “Benedetto XVI – ha ricordato ai giornalisti – raccomandò di “stabilire la verità di ciò che era accaduto in passato, di prendere tutte le misure atte ad evitare che si ripeta in futuro, assicurando che i principi di giustizia vengano pienamente rispettati e, soprattutto, di guarire le vittime e tutti coloro che sono colpiti da questi abomini”.
A 10 anni da quella udienza metà dei vescovi irlandesi si sono dimessi per aver coperto o insabbiato i crimini compiuti dai loro sacerdoti oppure sono andati in pensione. Nel frattempo, ha evidenziato il presidente, “abbiamo lavorato in tutte queste aree e ci sono state indagini e audizioni”. D’accordo con la Santa Sede, la Chiesa irlandese ha adottato “protocolli, standard e linee-guida per prevenire che questi fatti si ripetano, e abbiamo centinaia di persone coinvolte che sono gli occhi e le orecchie della Chiesa per prevenire nuovi abusi”.
Un lavoro imponente che Bergoglio ha incoraggiato a portare avanti. Ancora mons. Martin ha sottolineato che “la Chiesa irlandese ha scelto di cooperare con la giustizia civile e penale, senza omissioni e insabbiamenti, perché una cultura della segretezza, nata da un malinteso desiderio di prevenire lo scandalo, è stato il più grande scandalo”. Inoltre, proseguono i progetti di guarigione delle vittime, con programmi di ascolto e psicoterapia come il “Toward healing” (verso la guarigione) o il “Toward peace” (verso la pace). Quest’ultimo in particolare è dedicato ai sopravvissuti agli abusi che “vogliono iniziare un viaggio per ritornare alla Chiesa, perché il più grande dramma è che molte delle vittime venivano dalle famiglie più vicine alla Chiesa e sono state distrutte da questo orrendo peccato e crimine”.
Per monsignor Martin, su questo tema “la Chiesa irlandese ha qualcosa da dire alla Chiesa universale, perché sta passando attraverso questo dramma e abbiamo riflettuto molto in questi anni”. “Sono perfettamente consapevole che mentre siamo qui, ci sono sopravvissuti ad abusi sessuali che finalmente vedono le loro storie riconosciute, ascoltate e riconosciute dalla Chiesa, dalla società e dallo Stato”, ha affermato il vescovo in riferimento all’odierna pubblicazione a Belfast di una nuova inchiesta pubblica.
Affrontati durante il colloquio di circa due ore anche altri temi come quelli del ruolo dei giovani nella società o delle donne nella Chiesa, oppure la disoccupazione, l’aumento di senzatetto e di suicidi, la crisi politica in Irlanda del nord, dove si voterà il due marzo, le richieste di riforma nella Chiesa da parte di un’associazione di preti (abolizione del celibato obbligatorio, per esempio) o ancora il cambiamento intervenuto negli ultimi anni nella società irlandese, tra calo dei fedeli e legalizzazione del matrimonio omosessuale.
Il Papa – ha spiegato mons. Martin – ha consigliato, in modo non “ideologico” e senza insistere sui dogmi, di essere vicini alle persone. “Non ci siamo sentiti criticati o accusati o bacchettati sulle mani”, ha concluso il presule. Dopo l’udienza con il Papa i vescovi irlandesi hanno incontrato la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori presieduta dal cardinale di Boston Sean O’Malley.