Cells in a jail

Pixabay CC0 - TryJimmy, Public Domain

"Siete persone prima che detenuti". Francesco scrive ai carcerati di Padova

Lettera del Pontefice in occasione di un convegno sull’ergastolo alla Casa di Reclusione “Due Palazzi”

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“Tenete accesa la luce della speranza”. È il messaggio, carico di affetto, che Papa Francesco ha fatto giungere ai detenuti del carcere ‘Due Palazzi’ di Padova tramite una lettera recapitata al cappellano don Marco Pozza, in occasione di un convegno sull’ergastolo organizzato nei giorni scorsi da Ristretti orizzonti. È questo il giornale realizzato dagli ospiti della Casa di reclusione.
Nella missiva – di cui dà notizia la Radio Vaticana – Bergoglio domanda “una conversione culturale”, per realizzare “sentieri di umanità” che attraversino “le porte blindate” e non lascino i cuori delle persone che vi stanno dietro “blindati alla speranza di un avvenire migliore per ciascuno”. Una conversione, dunque, “dove non ci si rassegni a pensare che la pena possa scrivere la parola fine sulla vita; dove si respinga la via cieca di una ingiustizia punitiva e non ci si accontenti di una giustizia solo retributiva; dove ci si apra a una giustizia riconciliativa e a prospettive concrete di reinserimento; dove l’ergastolo non sia una soluzione ai problemi, ma un problema da risolvere”, afferma il Papa.
Che scrive come se guardasse i reclusi negli occhi, cogliendo nel loro sguardo “tante fatiche, pesi e delusioni, ma anche di intravedere la luce della speranza”. Una speranza da “non soffocare mai”, ribadisce, appellandosi a chi ha “la responsabilità e la possibilità” di aiutare i detenuti affinché l’essere persone “prevalga” sull’essere detenuti. “Siete persone detenute sempre il sostantivo deve prevalere sull’aggettivo, sempre la dignità umana deve precedere e illuminare le misure detentive”, sottolinea il Santo Padre. E avverte: “Se la dignità viene definitivamente incarcerata non c’è più spazio, nella società, per ricominciare e per credere nella forza rinnovatrice del perdono”. Ma in Dio, conclude il Pontefice, c’è “sempre un posto per ricominciare, per essere consolati e riabilitati dalla misericordia che perdona”.

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ZENIT Staff

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