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I giorni della mano aperta

Non è mai troppo tardi per abbracciare il mondo ed aprirci alla cultura dell’incontro: in questo, la musica può essere d’aiuto

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“Grazie per la musica, per le canzoni che sto cantando. Grazie per tutta la gioia che portano. Chi può vivere senza? Lo chiedo in tutta onestà: che cosa sarebbe la vita? Che cosa saremmo noi senza una canzone o una danza? Per questo dico: grazie per la musica, per avermela data”.
Sono parole bellissime tratte da una canzone degli Abba, Thank you for the music, in cui il gruppo svedese esprime gratitudine per aver ricevuto il dono della musica. Il testo non nomina esplicitamente Dio, ma mi piace immaginare che il ringraziamento sia rivolto a Lui.
Gli Abba hanno proprio ragione! La musica è un dono straordinario, ed anche un prezioso mezzo di comunicazione. Attraverso le note è possibile lanciare messaggi, suscitare emozioni, creare nuovi linguaggi.
Un segnale evidente di questa capacità comunicativa è rappresentato dai cori festosi che tanti ragazzi dedicano al Papa durante le Giornate Mondiali della Gioventù, alzando le braccia e muovendo le mani a tempo di musica. E’ un modo per dire: “Siamo qui e ci vogliamo bene. Siamo uniti e siamo felici. Non ci sono barriere che ci separano”.
La musica è un linguaggio universale, capace di abbattere qualunque confine e di creare una comunicazione immediata, anche tra persone sconosciute. Non a caso, le note si scrivono sul pentagramma nello stesso modo in ogni parte del mondo.
Sono tanti gli artisti che hanno saputo utilizzare la loro arte per diffondere messaggi di dialogo, di incontro e di speranza. Uno dei più grandi è stato sicuramente George Michael, che recentemente ci ha lasciato. Le sue canzoni sono ricche di contenuti che toccano il cuore e scuotono le coscienze.
Il capolavoro di George Michael, secondo me, è il brano Praying for time, in cui il compositore riflette sul tema della sofferenza nel mondo.
Lo fa con parole piene di delicatezza, ricordando che “questi sono i giorni della mano aperta”. Una mano aperta verso tutti quelli che vivono nella difficoltà e nel dolore, nella povertà e nell’emarginazione.
George Michael canta: “La carità è un cappotto che indossi due volte l’anno”. Ed è proprio così. Il male più grande del mondo è l’indifferenza, l’egoismo, l’incapacità di accorgerci che qualcuno sta male, proprio vicino a noi.
E non solo. Vorrei aggiungere che un altro grande male è la mancanza di accoglienza. È la voglia di puntare il dito contro gli altri, per sottolineare soltanto ciò che potrebbe separarci. Invece di scoprirci fratelli e sorelle, perdiamo tempo ad erigere muri, a creare divisioni figlie del pregiudizio.
Siamo di passaggio su questa Terra. Quanto tempo abbiamo, ancora, per aprirci ad un’autentica cultura dell’incontro e dell’accoglienza? Non lo sappiamo. Non possiamo saperlo.
E allora, facciamolo! Non è mai troppo tardi per vivere i giorni della mano aperta ed abbracciare il mondo.
 
 
 

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Carlo Climati

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