Un giorno un fantoccio di ghiaccio, ottimo parlatore e con una invidiabile preparazione culturale, si lasciò prendere dall’ansia di portare un po’ di calore agli uomini e alle cose della terra, intirizzita dal freddo e dall’indifferenza.
Si preparò con puntiglio e con profondità su tutti gli argomenti riguardanti il fuoco, studiando con certosina pignoleria gli effetti benefici del calore con le sue infinite gradazioni.
Gli capitò nel frattempo di incontrare un insignificante cerino, dalla fiamma tenue, ma con la curiosa prerogativa di rimanere “sempre acceso”.
Lo invitò a dividere con lui questo lavoro, a vivere questo impegnativo, ma avvincente programma: incendiare, infiammare, ravvivare uomini e cose in tutto il mondo raggelato. Lo istruì bene sugli argomenti da portare e sui quali discutere con chiunque; lo ammaestrò sulla metodologia del discorso e su quali punti insistere per ottenere attenzione. Gli impartì anche severe lezioni sul tono della voce da tenere e sulla pronuncia corretta delle vocali e delle doppie. Ma il cerino “sempre acceso” non era capace di dire e neppure di balbettare una sola parola sul “fuoco”.
Si divisero comunque il lavoro, ripromettendosi di incontrarsi dopo aver percorso la propria parte del globo. Il fantoccio parlatore salutò il cerino “sempre acceso” incitandolo a fare con slancio la sua parte, ma rammaricandosi nel vederlo incapace di parlare e tanto meno di sostenere con enfasi le sue parole.
Il ghiaccio “parlatore” tornò scornato e avvilito perché di fronte ai suoi “discorsi” infuocati e illuminati nessuno s’infiammava né s’infervorava; al suo passaggio tutti rimanevano indifferenti; anzi molti si scandalizzavano nell’udire parlare di fuoco proprio da chi passando raffreddava: una vera contraddizione.
Il cerino muto, ma “sempre acceso”, ovunque andava incendiava; anzi ancor prima di arrivare di persona, tutti, cose e persone, al suo passaggio godevano del desiderato calore a tal punto che a loro volta diventavano portatori di fuoco o sciogliendosi, diventavano generatori di altra vita e di altro calore.
Al termine della “missione” il fantoccio di ghiaccio, s’accorse del proprio totale fallimento; addirittura notò d’aver peggiorato, col suo passaggio, la situazione delle cose e delle persone. Rattrappito dallo sconforto, si fermò in un angolo oscuro della terra, avvolto di neve e appesantito dal gelo, ormai rassegnato a finire i suoi giorni nell’oblio più avvilente.
Ma il cerino che avanzava calmo, ma inarrestabile, accendendo fuochi e diffondendo calore, raggiunse anche quel masso di ghiaccio ormai irriconoscibile, adagiato ai margini d’una foresta. Pian piano lo avvolse con la calorosa premura dei pini e dei faggi da lui incendiati, gli stette accanto finchè lo sciolse e lo fece entrare nel vicino torrente. Fu la salvezza per il fantoccio di ghiaccio che in quelle onde ritrovò, dopo tanto tempo, la sua identità: divenne vita e portatore di vita. Da quel calore ricevette anche lui la capacità di vivere e unirsi alla vitalità del torrente, prodigandosi in mille servizi senza bisogno di dire una parola.
Il fantoccio di ghiaccio “parlatore” finalmente tacque: sciolto dal calore del cerino “sempre acceso”, nel torrente ormai parlava la sua vita.
(Tutto e tutti sono recuperabili con l’amore. L’uomo vive e fa vivere non se sa parlare d’amore, ma se ama). Oggi il mondo non ha bisogno di maestri, ma di testimoni.
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Ciao da p. Andrea
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Il fantoccio di ghiaccio e il fiammifero
Tutto e tutti sono recuperabili con l’amore: l’uomo vive e fa vivere non se sa parlare d’amore, ma se ama