Il problema principale posto dal nostro tema sta nelle definizioni disciplinari. Siamo condizionati da Kant, il cui obiettivo era quello di una separazione rigorosa e fondata degli ambiti di esperienza: quello scientifico, quello morale e quello estetico. Al di là dei tentativi dello stesso Kant e poi di Schiller e di tanti idealisti di giungere ad un superamento, la mentalità tipica post-kantiana concepisce l’estetica come qualcosa che non avrebbe a che fare con il vero o con il bene, bensì soltanto con il bello – intendendo quest’ultimo come ciò che si lascia giudicare unicamente per il sentimento di piacere o dispiacere che suscita e non per altro. D’altra parte, l’etica kantiana esclude radicalmente il piacere: suo tema centrale è il dovere e questo implica piuttosto il dolore.
I tentativi idealisti di superamento della separazione sono rappresentati da una filosofia che dovrebbe riunificare i saperi dispersi, interpretandoli come momenti del divenire dello Spirito, mediante una metanarrazione razionale di cui l’Enciclopedia di Hegel costituisce il paradigma. Ma la prospettiva hegeliana della filosofia dello Spirito, che oppone l’universale al particolare, non consente un reale superamento della dicotomia kantiana.
Con la reazione all’hegelismo, etica ed estetica tornano a separarsi ed opporsi. Non c’è bisogno di arrivare a Nietzsche ed ai suoi epigoni novecenteschi: già con Kierkegaard lo stadio estetico e quello etico sono incomunicabili e separati da un salto (Aut-aut). Il “rapporto” è inevitabilmente un conflitto in cui l’etica assume la funzione di censore e l’estetica quella di contestatore.
La pretesa “moralistica” (il moralismo “conservatore” di stampo vittoriano, o quello “rivoluzionario” di stampo sovietico) di imporre l’universale al particolare conduce o alla censura inefficace o al didascalismo propagandista – ossia ad un’etica che non compie il bene e ad un’estetica che non produce il bello.
La pretesa “estetistica” di trovare l’universale nel particolare conduce all’anarchia. L’estetismo, in una prima fase, opera un isolamento dell’esperienza estetica dalle altre attività dello spirito umano (e quindi anche dall’etica), nella prospettiva dell’evasione; in un secondo momento, però, l’estetica realizza una vera e propria invasione degli altri campi disciplinari: il significato della vita viene ridotto alla ricerca del puro piacere, della conformità al gusto. Politica, etica, filosofia sociale, teologia e persino ricerca scientifica, tutto si trasforma – per usare le parole di Rorty – in una “grande conversazione” tra spiriti liberi, che escogitano teorie dal valore estetico-conviviale e ne discutono tra loro, senza però la pretesa di arrivare a una qualche verità.
Possiamo dire che il pensiero contemporaneo descrive una parabola che va dalla rigorosa “separazione” kantiana all’anarchica “confusione” postmoderna. Penso che sia necessario uscire da questo vicolo cieco e porre le basi per un reale confronto interdisciplinare tra etica ed estetica, in cui le distinzioni servano per unire e l’unità non si traduca in caos.
Perché sia possibile una effettiva interdisciplinarità, è necessaria una prospettiva metadisciplinare che funga da terreno d’incontro e da orizzonte di senso per le diverse discipline. Quale può essere questa prospettiva metadisciplinare? Proporrei di chiamarla “prospettiva sapienziale”, intendendo la sapienza come pensiero del “tutto”.
APPUNTAMENTO
Mercoledì 18 gennaio 2017 ore 18.00
Presso la sede dell’Accademia Urbana delle Arti, Piazza Enrico Dunant, 55, in Roma
Per info su Accademia Urbana delle Arti www.rodolfopapa.it tel. 06.58301143
Kant, Immanuel: Kritik der reinen Vernunft. Riga: J. F. Hartknoch 1781 / Wikimedia Commons - H.-P.Haack, CC BY-SA 3.0
"Estetica ed etica“
Questo il titolo della conferenza che Aldo Vendemiati terrà mercoledì 18 gennaio 2017 presso l’Accademia Urbana delle Arti a Roma