Cristo “insegnava con umiltà”: ai suoi discepoli diceva che “il più grande sia come quello che serve, si faccia il più piccolo”; alla gente insegnava la Legge e la Verità “fino all’ultimo puntino” affinché “capisse bene”. Non era, dunque, un “seduttore” ma un “servitore” ed è proprio questo che gli conferiva un'”autorità”. Al contrario, i dottori della Legge si sentivano “principi” e “la gente – sottolinea il Pontefice – sì, ascoltava, rispettava ma non sentiva che avessero autorità su di loro, questi avevano una psicologia di principi: ‘Noi siamo i maestri, i principi, e noi insegniamo a voi. Non servizio: noi comandiamo, voi obbedite'”.
Ciò creava una distanza, seconda caratteristica che differenzia i farisei da Cristo. “Gesù – afferma il Santo Padre – non aveva allergia alla gente: toccare i lebbrosi, i malati, non gli faceva ribrezzo”, mentre i suoi contemporanei disprezzavano “la povera gente, ignorante”, erano staccati dal popolo e gli piaceva passeggiare nelle piazze, ben vestiti. La loro era “una psicologia clericalistica: insegnavano con un’autorità clericalistica”.
E, così, non funziona. “A me – confessa Bergoglio – piace tanto quando leggo la vicinanza alla gente che aveva il Beato Paolo VI; nel numero 48 della Evangelii Nuntiandi si vede il cuore del pastore vicino: è lì l’autorità di quel Papa, la vicinanza. Primo, servitore, di servizio, di umiltà: il capo è quello che serve, capovolge tutto, come un iceberg. Dell’iceberg si vede il vertice; invece Gesù capovolge e il popolo è su e Lui che comanda è sotto e da sotto comanda”.
Questa vicinanza di Gesù era resa ancor più valida da una terza caratteristica: “la coerenza”. Il Figlio di Dio “viveva quello che predicava”, rileva Papa Francesco. “C’era come un’unità, un’armonia fra quello che pensava, sentiva, faceva”. Mentre “questa gente non era coerente e la loro personalità era divisa al punto che Gesù consiglia ai suoi discepoli: ‘Ma, fate quello che vi dicono, ma non quello che fanno’: dicevano una cosa e ne facevano un’altra. Erano incoerenti. E l’aggettivo che tante volte Gesù dice loro è ipocrita”.
È infatti quasi fisiologico che chi “si sente principe” e “ha un atteggiamento clericalistico” sia “un ipocrita”: “Dirà le verità, ma senza autorità”, rimarca il Papa, “invece Gesù, che è umile, che è al servizio, che è vicino, che non disprezza la gente e che è coerente, ha autorità. E questa è l’autorità che sente il popolo di Dio”.
In conclusione, Bergoglio rammenta la parabola a lui cara del Buon Samaritano, espressione concreta delle sue parole. Davanti all’uomo lasciato mezzo morto sulla strada dai briganti, passa il sacerdote e se ne va per non toccarlo e divenire impuro. Passa il levita e “credo che pensasse” che si fosse immischiato sarebbe poi dovuto andare in tribunale a rendere testimonianza e aveva tante cose da fare; quindi anche lui se ne va. Alla fine passa il samaritano, un peccatore, che invece ha pietà.
A questi tre personaggi se ne aggiunge un quarto, evidenzia Francesco: è il locandiere che rimane stupito non tanto per l’assalto dei briganti, cosa usuale all’epoca, quanto per il comportamento da “pazzo” del samaritano che si ferma per curare il ferito. Proprio questo dona all’uomo, non ebreo e “peccatore”, l’autorità. “Un’autorità umile, di servizio”, “un’autorità vicina alla gente” e “coerente”, la stessa di Gesù che, racconta il Vangelo, creava stupore tra la gente.