Cielo / Pixabay - Iwona_Olczyk, Public Domain

Il Cielo rimasto chiuso per tanto tempo è ora aperto

Commento al Vangelo della Festa del Battesimo del Signore (Anno A) — 8 gennaio 2017

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La Chiesa Ortodossa celebra il Battesimo di Gesù come la Festa della Manifestazione. Immergendosi nelle acque della morte Gesù ha voluto, dal principio della sua missione come in un’ouverture, manifestare la Giustizia di Dio, che avrebbe compiuto nel Mistero Pasquale. La misericordia infinita ha cercato ardentemente l’uomo spacciato. La speranza ha cercato la disperazione. La sublimità del Cielo ha cercato la profondità della terra. Lo Spirito Santo ha cercato l’inganno della carne. La Sapienza celeste ha cercato la stolta menzogna del mondo.
Incarnandosi, Gesù ha posato sulla terra lo sguardo di Dio. Dove il mondo non vede che una canna incrinata, uno stoppino che sta per spegnersi, gli occhi di Dio vedono un futuro meraviglioso. Solo gli occhi di Gesù riescono a trafiggere la spessa parete della disperazione e scoprire, nel fondo delle acque della morte, un palpito di vita.
Per questo vi si immerge, certo di salvare quello che la sapienza della carne ha già dato per morto. Rivelandosi al Giordano, Gesù ci svela il segreto che può cambiare la nostra vita: il suo battesimo sconvolge i bollettini medici delle nostre anime sciogliendo per sempre la prognosi come nessuno avrebbe potuto immaginare: la morte è vinta! La Giustizia celeste ci guarisce dalla giustizia umana, la nostra, che colpisce e vendica, spegne la speranza, spezza la troppa debolezza; abortisce quello che non vale, l’imperfetto, il tarato, e toglie la spina all’inutile.
La Giustizia di Dio è, invece, Cristo immerso nel Giordano, profezia della sua Croce. Il luogo del battesimo di Gesù è da ritenersi presso le sorgenti più basse del Fiume Giordano, ad est di Gerico, il punto più basso della terra emersa, centinaia di metri sotto il livello del mare. La geografia terrestre è segno della geografia dell’anima: Gesù si spinge sino alle regioni più remote e oscure dello spirito umano, laddove siamo precipitati credendo agli inganni del demonio.
Scendendo nelle acque Gesù sperimenta l’abbandono, l’assenza di Dio che svuota la vita e la fa rimbalzare da un peccato all’altro. Quanti uomini si trovano invischiati tra violenze, omicidi, furti, prostituzioni. Dove non c’è Dio non vi sono più freni, tutto diviene lecito, si smarrisce il valore della vita, e così se ne può fare qualsiasi cosa. Gesù è sceso in quest’abisso di morte, ha varcato il gradino più basso.
Per questo anche oggi viene a farsi battezzare da Giovanni, la Chiesa che lo immerge nel nostro matrimonio, e lo fa scendere nella piaga maleodorante di gelosia e rancore, proprio dove non riusciamo a perdonare il tradimento, la sciatteria in cui l’altro ha fatto scivolare il rapporto, le disattenzioni e la superficialità. Il Giordano è oggi quel rivolo d’acqua avvelenata che ci fa pensare male dei figli, che non cambieranno mai, incastrati in amicizie sbagliate.
Gesù è in fila accanto a quelli che esigono da noi quello che non possiamo dare, affetto, comprensione, ascolto e, soprattutto, amore. E ci chiede solo di poter immergersi nei nostri peccati, per tirarci fuori dalla paura della sofferenza e della morte che suppone l’amore autentico.
Gesù ci chiede di “acconsentire” e lasciarlo scendere nel punto più basso della nostra esistenza per farne il più alto: sì, ciò che oggi ci induce alla disperazione può divenire un anticipo del Cielo. Come la Croce che, piantata nella profondità della terra, si eleva sino alle altezze celesti.
Ci guarda con la stessa compassione con cui ha guardato Giovanni: come Lui e come Pietro anche noi vorremmo “impedirgli” di amarci così come siamo. L’orgoglio giunge a tanto, ma è il suo mestiere… Ci fa male scoprirci ingiusti e ingiustificabili secondo qualsiasi legge, mentre ci pensavamo così buonini… Ci è difficile accettare che per salvare il matrimonio, quell’amicizia, il rapporto con figli e parenti, per strapparci alla sedia elettrica già pronta, Dio stesso debba farsi peccato e lasciarsi giustiziare al posto nostro per “adempiere ogni giustizia”
Ora che Verità è davanti a noi, attraverso l’annuncio del Vangelo che intercetta e illumina la nostra vita, beh è davvero dura…. Preferiremmo essere battezzati noi da Lui, secondo ogni logico criterio religioso. Ma che sia Dio ad inginocchiarsi dinanzi a noi per lasciarsi sommergere dai nostri peccati, e per mano nostra per giunta….
E’ incomprensibile una Giustizia così; non l’abbiamo mai vista, non la conosciamo, nessuno ce l’ha mai insegnata; a scuola, in televisione, su internet, dove mai si è visto che per fare Giustizia del colpevole si giustizi l’innocente e che, grazie a questo, proprio il reo si ritrovi assolto e con la fedina penale immacolata?
Quel giorno al Giordano accadde proprio questo, così come oggi accade sulle rive delle nostre storie, follia d’amore che solo Dio può aver escogitato: il “Figlio prediletto” si è fatto l’ultimo, dietro il più grande peccatore della storia, perché anche questi, come sospinto da Gesù, possa risalire alla vita.
Battezzati con Lui possiamo ascoltare anche oggi la voce del Padre che ci annuncia la gioia più grande: figli nel Figlio, “si è compiaciuto” anche in noi poveri peccatori. Come disprezzarci ancora, come continuare a disperare e giudicare?
Ormai libero dalle acque della morte, come Noè dopo il diluvio Gesù ha visto aprirsi il Cielo. Per questo può scendere “la colomba”, immagine dello Spirito Santo. Essa, come l’alito divino che ha creato l’universo, è scampata al diluvio che ha sepolto ogni cosa, e in Gesù riemerso dalle acque trova finalmente l’arca, la dimora dove poter permanere.
Tutto questo si compie oggi: giustificati e per questo risorti, possiamo alzare lo sguardo e scoprire che il Cielo rimasto chiuso per tanto tempo è ora aperto proprio sopra di noi.
E’ vero che sino ad oggi la carne ferita dal peccato ci ha reso incapaci di amare. Ma con questa stessa nostra carne Gesù è risorto, trasformandola nella degna dimora dello Spirito Santo. Per questo la Festa del Battesimo di Gesù è la festa della nostra carne redenta: in Cristo possiamo amare oltre la morte, e così dischiudere il Cielo su questa generazione che ha perduto la speranza nella vita eterna.

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Antonello Iapicca

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