Seppellire i morti, un’opera di misericordia “tristemente attuale” considerando le zone del mondo “che vivono sotto il flagello della guerra, con bombardamenti che giorno e notte seminano paura e vittime innocenti”. Pregare per i vivi, “che insieme con noi ogni giorno affrontano le prove della vita”.
L’ultima opera di misericordia spirituale e l’ultima corporale si intrecciano nella catechesi di Francesco dell’Udienza generale di oggi che conclude il ciclo di riflessioni del mercoledì sulla misericordia. “La misericordia deve continuare” raccomanda il Papa, che chiede quindi di “pregare per i vivi e per i defunti” affinché questo diventi “lo stile della nostra vita”.
Per farlo ci sono “modi diversi”, spiega il Santo Padre. “Sono tutti validi e accetti a Dio se fatti con il cuore”; ad esempio “le mamme e i papà che benedicono i loro figli al mattino e alla sera – ancora c’è questa abitudine in alcune famiglie -, benedire il figlio è una preghiera”; oppure “la preghiera per le persone malate, quando andiamo a trovarli e preghiamo per loro”, o ancora “il ringraziamento per una bella notizia che riguarda un amico, un parente, un collega: ‘Grazie, Signore, per questa cosa bella!’, anche quello è pregare per gli altri, così”. Lo è pure “l’intercessione silenziosa, a volte con le lacrime, in tante situazioni difficili”.
A tal proposito, Bergoglio racconta a braccio un aneddoto personale: “Ieri è venuto a messa a Santa Marta un bravo uomo, un imprenditore. Ma doveva chiudere la sua fabbrica perché non ce la faceva e piangeva quell’uomo, giovane, piangeva e diceva: ‘Io non me la sento di lasciare senza lavoro più di 50 famiglie. Io potrei dichiarare il fallimento dell’impresa, io me ne vado a casa con i miei soldi, ma il mio cuore piangerà tutta la vita per queste 50 famiglie’”.
“Ecco un bravo cristiano!”, esclama il Papa, “ecco, che prega con le opere, prega: è venuto a Messa a pregare perché il Signore gli dia un’uscita, non solo per lui, lui l’aveva: il fallimento. No, non per lui: per le 50 famiglie. Questo è un uomo che sa pregare, col cuore e con i fatti, sa pregare per il prossimo. È in una situazione difficile. E non cercare la via di uscita più facile: ‘Che si arrangino”, no. Questo è un cristiano. Magari ce ne siano tanti così, oggi, in questo momento in cui tanta gente soffre per la mancanza di lavoro”.
Allora, a volte non servono parole ma bastano anche solo delle lacrime. “È lo Spirito che prega dentro di noi”, ricorda il Papa. E come affermava San Paolo, “non sappiamo come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili”. “Apriamo, dunque, il nostro cuore, in modo che lo Spirito Santo, scrutando i desideri che sono nel più profondo, li possa purificare e portare a compimento”, esorta Francesco.
E, con lo stesso vigore, invita a non dimenticare l’ultima opera di misericordia corporale: seppellire i morti. Una richiesta che può sembrare “strana”, ma che invece “non è lontana dalla nostra esistenza quotidiana” in questo tempo di guerra e violenze. Come il vecchio Tobi, “il quale, a rischio della propria vita, seppelliva i morti nonostante il divieto del re”, “anche oggi – afferma Francesco – c’è chi rischia la vita per dare sepoltura alle povere vittime delle guerre”.
“Per i cristiani, la sepoltura è un atto di pietà, ma anche un atto di grande fede” aggiunge, perché “deponiamo nella tomba il corpo dei nostri cari, con la speranza della loro risurrezione”. Pertanto tale rito, così “forte e sentito nel nostro popolo”, è anzitutto “un segno di riconoscenza per la testimonianza che ci hanno lasciato e il bene che hanno fatto”, oltre che “un ringraziamento al Signore per averceli donati e per il loro amore e la loro amicizia”.
“La Chiesa prega per i defunti in modo particolare durante la Santa Messa”, sottolinea il Papa, “un ricordo semplice, efficace, carico di significato, perché affida i nostri cari alla misericordia di Dio”. “Tutti risusciteremo e tutti rimarremo per sempre con Gesù, con Lui”, evidenzia il Pontefice. Già adesso “tutti, vivi e defunti, siamo nella comunione, cioè uniti tutti. Come un’unione; uniti nella comunità di quanti hanno ricevuto il Battesimo, e di quelli che si sono nutriti del Corpo di Cristo e fanno parte della grande famiglia di Dio. Tutti siamo la stessa famiglia. E per questo preghiamo gli uni per gli altri”.
È una cosa “bella”, conclude il Vescovo di Roma: “Prega ringraziando, lodando Dio, chiedendo qualcosa, piangendo quando c’è qualche difficoltà, come quell’uomo, tante cose. Ma sempre il cuore aperto allo Spirito perché preghi in noi, con noi e per noi”.