Il quesito referendario ha scaldato gli animi. Forse troppo. In un crescendo di toni che ha coinvolto quasi tutti i protagonisti dell’agone politico: dal giovane premier che aveva personalizzato il confronto, ai suoi competitori politici che hanno adombrato il rischio di un nuovo autoritarismo, per arrivare agli organi d’informazione che hanno parlato di una nuova alba che sorgerà sul nostro paese, ovvero di un “effetto domino” che travolgerà i mercati finanziari…
Il vero problema è che ormai tutti (o quasi tutti) puntano alla “pancia” del paese, nella radicata convinzione che l’elettorato non debba essere convinto con la bontà delle argomentazioni o con l’analisi dei contenuti, ma debba essere “sedotto” facendo leva sulle reazioni istintuali che nascono dai fondali della psiche. In una sorta di gigantesca “psicopatologia della vita quotidiana” (per dirla con Freud) da cui dipende il destino della democrazia.
Ma è veramente così? C’è un uomo che la pensa diversamente: Papa Francesco. Quando Eugenio Scalfari gli ha domandato: “Santità, io ho sempre pensato che Lei è un rivoluzionario ed anche un profeta, mi sembra di capire che Lei auspica che il popolo dei poveri entri direttamente nella politica…”, il Santo Padre ha risposto: “Sì, è così. Non nel cosiddetto politichese, le beghe per il potere, l’egoismo, la demagogia, il danaro, ma la politica alta, creativa, le grandi visioni…”.
Sulla base di questa premessa, e nell’intento di offrire un sereno momento di confronto tra i fautori del SÌ e i sostenitori del NO, siamo andati a rileggere le riflessioni di un autorevole pensatore cattolico: padre Francesco Occhetta, membro del Collegio degli scrittori de La Civiltà Cattolica, la più antica rivista italiana fondata dai Gesuiti.
Oltre all’articolo sul referendum pubblicato sulla rivista gesuita (articolo che Alberto Melloni su Repubblica ha definito come la posizione del “sì, ma”), padre Occhetta ha approfondito l’argomento in alcuni scritti rintracciabili sul suo blog L’umano nella città (www.francescoocchetta.it).
“Vorrei toccare i principali punti della riforma con un tono sereno, franco e nel rispetto delle varie opinioni – spiega Occhetta –. Nel mondo cattolico la Costituzione viene intesa secondo due grandi orientamenti. Per alcuni è un testo sacro, fondativo, originante, quasi intoccabile…”; mentre per altri è “una sorta di bussola che orienta il cammino di un popolo che accompagna l’evoluzione della cultura e respira il suo ossigeno”.
Occhetta spiega poi che, nel 1947, i Costituenti avevano scelto di investire molto “sui principi fondamentali che definiscono la dignità umana”, ma avevano lasciato più debole la parte relativa all’ingegneria costituzionale, “a causa di veti incrociati e per affidare ai partiti il governo reale del Paese”: un modello che ha resistito fino agli anni Settanta.
La riforma sottoposta a referendum riguarda, appunto, l’ingegneria costituzionale e propone i seguenti cambiamenti: istituisce un Senato delle autonomie formato da cento componenti; snellisce i tempi per approvare le leggi; prevede l’abolizione del Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro); riordina le competenze tra Stato e Regioni; potenzia alcuni strumenti di democrazia diretta in mano ai cittadini; abolisce formalmente le Province.
Per la tradizione del cattolicesimo popolare alla Costituente i punti fermi erano almeno cinque – continua padre Occhetta –. Punti fermi che costituiscono anche oggi dei validi criteri di riferimento per esprimere un voto consapevole: la centralità della persona umana; il governo sussidiario dei territori; la centralità degli enti intermedi che determinano la salute della democrazia; un’idea di democrazia sostanziale, valoriale, e non semplicemente procedurale; le garanzie costituzionali (Presidente della Repubblica, Corte Costituzionale, strumenti di democrazia diretta, legge elettorale per garantire rappresentanze omogenee).
Padre Occhetta entra poi in un contesto più tecnico per illustrare i principali punti della riforma sottoposta a referendum, mostrando tra l’altro un lucido pragmatismo: “Nessuno tra noi è così ingenuo da non sapere che ogni dato tecnico dipende da scelte politiche e che la riforma è il frutto di accordi trasversali… ma dobbiamo essere consapevoli che le scelte e le riforme si incarnano in un ‘possibile significativo storico’ che viene determinato nella cultura del tempo. I sogni, le utopie e i grandi progetti possono veicolare l’orizzonte, ma le scelte concrete le possiamo vivere solamente su ciò che è possibile. E questa è la riforma possibile”.
In un’intervista rilasciata a Il Foglio, padre Occhetta paventa invece il rischio di “politicizzare gli argomenti senza andare al testo della riforma, che riguarda l’ingegneria costituzionale. Si vota sulla Costituzione, non sul governo: per questo esistono le elezioni politiche”. Una responsabilità importante – sottolinea – “ce l’hanno i media, con il tipo di narrazione che costruiscono intorno alle riforme”.
La conclusione è che il NO e il SÌ hanno pari dignità, ma bisogna ragionare sulle conseguenze. Perché – sottolinea padre Occhetta in un’intervista pubblicata il 13 settembre su Avvenire – “se la riforma passerà, bisognerà attuarla. Sarà dunque importante ragionare sui modi migliori e condivisi per farlo coinvolgendo anche i sostenitori del NO, perché molte scelte sono aperte e vanno approfondite”.
Per quanto riguarda, invece, il ruolo dei cattolici in politica, Occhetta osserva: “Il gioco con le nuove regole dipenderà dalla qualità dei suoi giocatori. Su questo versante non è data alcuna garanzia. Certo, il Paese ha bisogno di luoghi e di uomini di pensiero che riflettano, aprano processi, rilancino una nuova cultura costituzionale, mitighino gli scontri tra partiti e politici. Su questo punto molti cattolici impegnati in politica stanno dando il loro contributo, sono ancora lievito e luce nel dibattito contemporaneo ma potrebbero fare di più se fossero meno divisi e, a volte, meno delusi…”.
Foto: Niccolò Caranti - Commons Wikimedia (CC BY-SA 3.0)
Referendum: Civiltà Cattolica offre un confronto “sereno, franco e nel rispetto delle opinioni”
Padre Francesco Occhetta spiega il senso della riforma, illustrando la differenza tra i principi fondamentali e l’ingegneria costituzionale