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Avvento e Natale: lasciarsi cambiare dallo Spirito Santo in vero corpo di Cristo

Una società che non avverte segni di speranza è condannata a bluffare con la vita e farsi del male

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Finito l’Anno Santo della Misericordia si apre il tempo dell’Avvento che, sulle ali del rinnovamento interiore, mosso dal Giubileo, ci sollecita a divenire “costruttori” di speranza. L’uomo senza speranza è inutile per se stesso e per gli altri, privando la sua natura della profondità della vita. La speranza va però cercata in Cristo e non certo al di fuori della Chiesa. Non bisogna perciò cedere alle mille accecanti filosofie o promozioni seducenti, capaci di illuminare il cuore con la falsità di una attesa che mai produrrà frutti buoni per l’umanità e per la sua salvezza.
L’albero della speranza non è un albero qualunque, ma è Cristo Gesù, unica certezza dell’essere nel Padre. Senza la Fonte eterna ogni solerte invito alla speranza è legato alla precarietà del momento o ai limiti dell’uomo stesso, destinato, finito l’effetto temporale, a diffondere quote considerevoli di insoddisfazione personale e sociale. È vero che non mancano mai ulteriori “prodotti di mercato”, ben strutturati e presentati per sminare eventuali insicurezze, ma trattasi sempre di circoscritte e vane soluzioni.
L’Avvento aiuta a non dipendere passivamente da se stessi o dagli altri, fortificando nel cuore e nella mente di ognuno la verità della Parola che, trasformata in amore, diventa l’albero protetto della speranza. La Parola è come il seme posto nella terra dal contadino; curandola e testimoniandola produrrà frutti. Forme, tempi e modalità della speranza sono date da Dio. Il cristiano deve porsi in obbedienza al Padre e saper aspettare. La sua vita avrà così quella tutela che muta ogni attesa in serenità del cuore.
Le quattro domeniche di Avvento, se vissute con la conversione del cuore, saranno la cornice migliore dentro la quale far lievitare alcuni aspetti fondamentali della speranza. Sarebbe sufficiente leggere con attenzione solo la prima lettura di ogni domenica per scorgere sentieri eccellenti di speranza da percorrere. Un modo garantito per assumere dentro di sé, anche attraverso un periodico esame di coscienza, alcuni aspetti sostanziali della speranza che sappiano tonificare la vita e fortificare l’animo.
Annunciare la speranza: In una società che perde smalto da tutte le parti e che viene presentata ogni giorno dai talk show e TG nazionali come un’eterna ammalata, non si può che mettere in campo una forte dose di cristianità, per costruire speranza nei cuori “acciaccati”. Il credente in Cristo, nella prima domenica d’Avvento, deve cercare necessariamente di divenire annunciatore della Parola, come il grande profeta Isaia. Non può vergognarsi di farlo, cadendo nelle facili illusioni.
Deve, confrontandosi con il suo maestro spirituale, rivolgere l’orecchio del cuore verso il Signore ed essere sentinella accorta. Ogni peccato va di riflesso messo in soffitta, perché nemico giurato di ogni creatore di vera fiducia. Occorre trasformarsi nello Spirito Santo per essere comunicatori della Parola verso i propri fratelli. Essere portatori di speranza comporta un esame di coscienza. Bisogna saper verificare quanto si riesce ad ascoltare e proteggere i suggerimenti avuti dallo Spirito; ad allontanarsi dal peccato e dai tanti vizi e manchevolezze. Un sano modo di non perdersi per strada.
L’uomo della speranza: Nella seconda domenica d’Avvento viene posto in risalto lo Spirito Santo che Dio ha versato sull’uomo. Un gesto d’amore universale per consentire a chiunque di trasformare la propria vita in un esempio redimente. Un punto d’attracco per coloro che non hanno saputo o voluto mutare questa grazia immensa, in opere di luce per il rinnovamento dei cuori. L’uomo quindi come mezzo prediletto per creare speranza, dai tempi di Mosè alla Chiesa oggi di Cristo. L’uomo, se onesto, non può non riconoscere questo dono eterno che, se posto al centro della vita singola o collettiva, è in grado di edificare un tempo di pace e di benessere comune.
La resistenza dell’uomo a questa verità spinge il mondo ad equilibri politici ed economici basati solo sull’interesse materiale, con tutti i pericoli che ne conseguono. Le sofferenze e le paure dei nostri giorni ne sono uno spaccato molto eloquente. Anche in questa seconda settimana di preparazione alla nascita del Cristo, viene sollecitato un esame di coscienza accurato. È bene riflettere che con la Cresima, come il Messia dal Padre suo, qualsiasi essere umano ha ricevuto lo Spirito Santo.
Necessita perciò rendersi conto se la propria quotidianità sia veramente offerta, nel corpo e nello Spirito, alla Parola; se si è suo strumento; se si ha la coscienza pulita e si vuole rimanere o ritornare nella saggezza dello Spirito. Si capisce l’importanza di dare risposte serie e sincere, pena l’allontanamento totale dall’essere uomini di speranza.
La via e i frutti della speranza: Il cristiano ogni giorno deve maggiormente continuare ad essere via di speranza, per accrescere le buone attese e rendere visibile l’amore di Cristo sulla terra. Se non si è tutto questo si è complici di un contesto sociale, privo della possibilità di raggiungere l’albero della vita. Una mancanza che non consentirà di cogliere i frutti indispensabili per trasformarsi in vero uomo del Signore. Nella terza domenica dell’Avvento sarà dunque indispensabile capire che non si è retti cristiani solo osservando i sacramenti.
Si è purtroppo emarginata la verità che agisce nel credente attraverso lo Spirito Santo e che lo porta alla grazia. Le opere sono così dall’uomo e non dallo Spirito, privando la comunità della luce che tramuta ogni cosa in modo equo e corretto. È quindi il momento di chiedersi se si è sentiero e frutto dello Spirito Santo; se si è riusciti a convertire una sola persona; quanto è solida la propria conversione. Domande che smuovono una possibile apatia interiore.
I segni della speranza: Una società che non avverte segni di speranza è condannata a bluffare con la vita e farsi del male. Dio sa quanto oggi questo atteggiamento sia alla base di tanta ingiustizia; afflizione; violenza; solitudine. Nella quarta domenica d’Avvento il cristiano è chiamato a prendere in modo definitivo coscienza di come, esso stesso, sia obbligato a donarsi al mondo intero, quale segno di speranza. Per farlo non c’è altra strada o nuova filosofia, se non la gioia di lasciarsi cambiare, giorno dopo giorno, dallo Spirito Santo in vero corpo di Cristo.
È questa la garanzia delle grandi “riforme dell’uomo” che troveranno assieme tutti gli uomini di buona volontà. Un tempo di luce che può aprire la società attuale ad una rivoluzione, nella pace e nel rispetto totale dell’uomo, in grado di liberare la realtà presente dai finti progetti di rinnovamento e prosperità generale. Anche in questa direzione, approfittando dell’Avvento del Signore, bisognerà interrogarsi se si è segni di speranza per chi vive accanto; se ci sono atteggiamenti sbagliati che non consentano ad altri di vedere il frutto di questi segni.
Un’attenta verifica che espone l’uomo davanti allo specchio della propria coscienza e mostra i tradimenti o le certezze di fede dinnanzi a Dio. L’augurio è che sia per ogni uomo, chiunque esso sia ed ovunque si trovi, un Avvento di vera speranza. Premessa indispensabile per un Natale che non rimanga solo una ricorrenza.

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Egidio Chiarella

Egidio Chiarella, pubblicista-giornalista, ha fatto parte dell'Ufficio Legislativo e rapporti con il Parlamento del Ministero dell'Istruzione, a Roma. E’ stato docente di ruolo di Lettere presso vari istituti secondari di I e II grado a Lamezia Terme (Calabria). Dal 1999 al 2010 è stato anche Consigliere della Regione Calabria. Ha conseguito la laurea in Materie Letterarie con una tesi sulla Storia delle Tradizioni popolari presso l’Università degli Studi di Messina (Sicilia). E’ autore del romanzo "La nuova primavera dei giovani" e del saggio “Sui Sentieri del vecchio Gesù”, nato su ZENIT e base ideale per incontri e dibattiti in ambienti laici e religiosi. L'ultimo suo lavoro editoriale si intitola "Luci di verità In rete" Editrice Tau - Analisi di tweet sapienziali del teologo mons. Costantino Di Bruno. Conduce su Tele Padre Pio la rubrica culturale - religiosa "Troppa terra e poco cielo".

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