Water

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Mons. Auza: “Scarsità d’acqua può portare alla guerra”

L’Osservatore Permanente della Santa Sede all’ONU mette in guardia da una commercializzazione ‘selvaggia’ delle risorse idriche

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Acqua, pace e sicurezza sono i tre temi affrontati dall’Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Onu di New York. In particolare l’acqua, ha sottolineato il presule, è un diritto umano fondamentale ed è paradossale che, pur ricoprendo gli oceani due terzi della superficie terrestre, “la disponibilità di acqua dolce sta diminuendo”, a causa della deforestazione, della siccità e della desertificazione.
In altre regioni, ha osservato monsignor Auza, “la disponibilità d’acqua è scarsa a causa di una cattiva gestione”, mentre altrove, l’inquinamento “rende l’acqua tossica e i cambiamenti climatici alterano il ciclo idrologico”.
La scarsità idrica, ha aggiunto l’Osservatore Permanente, rappresenta un rischio “per la pace e per la sicurezza nazionale, regionale e internazionale”, nonché causa di migrazione per intere popolazioni.
Auza ha quindi ricordato quanto detto in proposito da papa Francesco, che, visitando la FAO il 20 novembre 2014, aveva affermato: “l’acqua non è gratis, come tante volte pensiamo” e la sua mancanza “può portarci ad una guerra”. Nella Laudato Si’, invece il Pontefice ricorda quanto l’acqua sia importante tanto per la salute, quanto per il benessere generale.
Parimenti, è la scarsità d’acqua, specie nei paesi sottosviluppati, a provocare malattie come dissenteria e colera, tra le principali cause di morte, specie tra i bambini. Sulla scia di Francesco, monsignor Auza denuncia come la privatizzazione dell’acqua possa comprometterne l’accesso per i poveri, con il rischio, in ultima istanza, di trasformare questa risorsa primaria “in una delle principali fonti di conflitto di questo secolo”.
Un parziale freno al problema della scarsità idrica, ha aggiunto il presule, potrebbe essere rappresentato dallo sviluppo di metodi – già esistenti – di produzione industriale che richiedono meno acqua potabile.
In conclusione, Auza ha auspicato una maggiore educazione ad uso meno scriteriato dell’acqua: si tratta quindi di “coltivare tra i popoli e tra i loro leader una presa di coscienza” per considerare l’accesso all’acqua “un diritto universale di tutti gli uomini”, senza distinzioni o discriminazioni.

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ZENIT Staff

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