Museo San Salvatore in Lauro

Museo San Salvatore in Lauro - Wikimedia Commons

"Il pane della Misericordia". La mostra del pittore Zec arriva a Roma

Dal 24 novembre presso i Musei di San Salvatore in Lauro sarà possibile visitare le pitture dell’artista bosniaco, già esposte a Loreto

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Dopo essere stata ammirata a Loreto (presso le Cantine del Bramante) da oltre 10.000 pellegrini, la mostra Safet Zec. Il pane della Misericordia, si trasferisce a Roma e dal prossimo 24 novembre sarà visitabile presso i Musei di San Salvatore in Lauro.
Voluta dal Pio Sodalizio dei Piceni, in collaborazione con la Delegazione Pontificia di Loreto, con Il Cigno Edizioni e con l’Associazione A.M.I.C.I., la mostra verrà inaugurata il 23 novembre alle ore 18.00 dal Presidente del Pio Sodalizio, l’Ing. Giovanni Castellucci, presenti l’Arcivescovo di Loreto, mons. Giovanni Tonucci, i curatori, il prof. Giandomenico Romanelli, il dott. Vito Punzi e l’artista, Safet Zec. Saranno presenti anche Zeljana Zovko, Ambasciatore di Bosnia ed Erzegovina presso l’Italia, e Slavica Karačić, Ambasciatore di Bosnia Erzegovina presso la Santa Sede. In mostra saranno esposti una settantina tra dipinti e incisioni realizzate negli ultimi anni dall’artista, già autore di una pala d’altare dedicata alla Deposizione ed esposta dal settembre 2014 nella Chiesa del Gesù, a Roma.
Il catalogo, a cura di Giandomenico Romanelli e Vito Punzi, con la collaborazione di Patrizia De Micheli, è edito dalla prestigiosa casa editrice FMR (e stampato da Tecnostampa di Loreto) e comprenderà, oltre a quelli dei curatori, testi dell’ing. Giovanni Castellucci, di mons. Giovanni Tonucci, di Enzo Bianchi, il priore di Bose, e di Patrizia De Micheli.
La mostra rimarrà aperta al pubblico fino al 30 gennaio 2017 e sarà visitabile dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19.
Chi è Safet Zec
Safet Zec (Rogatica, Bosnia-Erzegovina, 1943) è uno degli artisti più significativi del nostro tempo. La sua biografia è segnata dai contesti geografici e dagli ancora recenti, tragici sconvolgimenti causati dalla guerra nella ex Jugoslavia.
Ultimo di otto figli di un calzolaio, Safet Zec si trasferisce a Sarajevo da Rogatica, un paese a est della Bosnia. Il suo straordinario talento si manifesta sin dall’infanzia; si forma alla Scuola superiore di arti applicate di Sarajevo e all’Accademia di Belgrado è considerato quasi un prodigio. Tuttavia l’isolamento interiore di quegli anni lo porta a distruggere quasi tutti i suoi primi lavori. A Belgrado incontra Ivana, anch’essa artista, che diventerà sua moglie. Nel quartiere ottomano dell’antica città di Pocitelj, vicino a Mostar, restaura una vecchia casa, luogo amato da molti artisti, che mantiene anche quando, nel 1987, torna a vivere a Sarajevo, da pittore ormai affermato anche a livello internazionale. Con lo scoppio della guerra, il mondo in cui Zec è cresciuto, di armoniosa convivenza tra persone di diverse culture e religioni, è sconvolto. Pocitelj viene distrutta e, con essa, tutte le sue opere incisorie. Morte e distruzione a Sarajevo lo costringono a fuggire con la famiglia. Nel 1992 è a Udine dove ricomincia a lavorare grazie all’aiuto generoso dello stampatore Corrado Albicocco, per poi giungere a Venezia nel 1998. Dalla fine del conflitto l’artista ha ripreso un’assidua frequentazione con la sua terra. Nel cuore di Sarajevo, lo Studio-collezione Zec è stato riaperto ed è ora un centro di iniziative culturali, oltre che sede espositiva delle sue opere. Nel 2004, in occasione dell’apertura del nuovo ponte di Mostar, è stato presentato un libro di incisioni curato dalla Scuola di Urbino su lastre di Zec. Secondo un suo desiderio, in futuro la sua casa-studio di Pocitelj, ora restaurata, ospiterà una scuola di grafica.
Nonostante la sua opera disponga ormai di una letteratura critica, nella quale spiccano i riconoscimenti di Jorge Semprún (Hacer tiempo, 2006), e abbia alle spalle una serie di esposizioni in ogni parte del mondo, la sua figura è ancora lontana dall’essere adeguatamente conosciuta e riconosciuta.
Le cose, le persone, gli alberi, i luoghi sono i quattro pozzi principali della miniera di Safet Zec (si veda il suo sito http://www.safetzec.com/); quattro eterni rovelli della ricerca artistica, quelli che hanno reso grandi Michelangelo, Velázquez, Vermeer, Bacon, e gli altri, con Rembrandt in cima, le figure alle quali egli si rivolge con un’ammirazione così profonda da contenere, con il pathos della conoscenza, anche il furto con l’occhio dell’apprendista, e perfino il gusto della sfida.
La mostra
Il percorso della mostra si compone in un emozionante itinerario che, attraverso sequenze tematiche dedicate a il pane, le mani tese, i volti, gli abbracci, conduce il visitatore a percorrere una storia per immagini che, liriche o tragiche, dolenti o gioiose esprimono, attraverso la potenza comunicativa della sua pittura, la gamma infinita dei sentimenti che hanno attraversato anche la sua vita. Dalla tenerezza al dolore, dalla serenità alla disperazione, alla compassione, alla misericordia. Le stesse parole, gli stessi valori richiamati da Papa Francesco e collocati al centro delle tematiche e dei contenuti annunciati all’apertura di questo eccezionale Anno Santo, il Giubileo della Misericordia. I dipinti di Zec hanno una imponente presenza scenica, che ben si presta a un luogo d’esposizione così suggestivo e singolare come i Musei di San Salvatore in Lauro a Roma.

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ZENIT Staff

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