Riemerge dagli Archivi dell’Opera Don Orione una lettera del 1933 (mai pubblicata) indirizzata dal santo tortonese all’allora Ministro delle Finanze, Guido Jung (1876-1949). Il tema è l’Hallesismo. Don Orione se ne interessò, non da esperto di economia, ma da sacerdote che cercava il bene sociale, di cui il bene economico è parte integrante.
Questa missiva è un’ulteriore prova dell’orizzonte anche politico dell’agire caritativo di Don Orione. È una lettera di due pagine, ben argomentata, per sostenere e incoraggiare quella politica economica perché, come scrive, può “offrire una soluzione alla crisi sempre incalzante” e “una parola di conforto e di pace all’umanità, oggi tanto dolorante e sfiuciata”».
La lettera è tra le più sorprendenti – al pari di quella scritta a Mussolini per spronare alla Conciliazione con la Santa Sede – sia per l’iniziativa in sé e sia per gli argomenti e le motivazioni. Per approfondimenti si può consultare il sito: www.messaggidonorione.it.
“Lo sfondo culturale dell’Hallesismo – spiega don Flavio Peloso, direttore della rivista Messaggi di Don Orione – è quello dell’attivismo sociale cristiano che valorizza la scienza economica positiva come possibilità di operare al fine dell’evoluzione dei rapporti economici nella società. La dottrina Hallesint è una scuola italiana di pensiero economico (1905-1943) nata dall’idea di Agostino Maria Trucco (1865-1940), ragioniere genovese, che, ispirandosi al funzionamento dei mercati alimentari parigini, che visitò nel 1893, si propose di regolare gli scambi e la produzione mondiale attraverso una Camera di Commercio mondiale Fondazione Universale Hallesint (halles = mercati, int = internazionali) fiancheggiata da borse internazionali, dall’istituzione di una valuta internazionale di conto, hallis, a cambio fisso rispetto alle monete dei vari paesi e dall’uso di strumenti finanziari mondiali “Cartelle e Assegni” sicuri e prontamente esigibili”.
“Le convinzioni degli economisti e dei responsabili della politica monetaria di quegli anni – aggiunge don Peloso – hanno impedito che si sviluppasse un dibattito costruttivo sull’idea di utilizzare camere di compensazione per regolare i movimenti finanziari internazionali e di istituire una moneta segno, svincolata dall’oro, come unità di conto e intermediaria degli scambi internazionali”.
“Nel 1922 – continua don Peloso – si costituì l’Unione Hallesista Italiana. Già in data 23 giugno del 1924, sotto il governo fascista da poco instauratosi, l’Unione Hallesint, per quanto non avesse attività finanziaria, fu sciolta, e le pubblicazioni periodiche soppresse. L’intuizione di questa scuola economica non morì; furono fatti vari tentativi per rilanciarla. Risulta inoltre che Don Orione intrattenne relazione abbastanza prolungata nel tempo con un grande promotore dell’Hallesismo, l’ing. Nicolò Manetti Cusa, incontrato sia in Italia che durante la sua permanenza in Argentina. Tra gli amici e competenti che Don Orione, nella lettera al ministro Jung, dice di avere consultato sul tema dell’Hallesismo ci fu senz’altro l’ing. Paolo Marengo. Questi, in una lunga lettera a Don Orione, ripresenta in termini semplici e comprensibili la nuova teoria economica e abbozza una valutazione d’insieme qualificando la proposta hallesista per l’economia mondiale come “bella e grandiosa, anche cristiana”, “la cosa più semplice di questo mondo”, però difficilmente applicabile”.
“Forse sta in questa disincantata osservazione – racconta don Peloso – sul contesto economico politico degli anni ’30 la ragione per cui l’Hallesismo ebbe poca considerazione e non ebbe molto seguito e, anzi, come Don Orione scrisse nella lettera al ministro Jung, fu “oggetto di immeritata persecuzione giudiziaria”. Nel mondo, infatti, nei primi decenni del secolo XX, erano nel pieno auge i nazionalismi economici e politici.
“Oggi, invece, – conclude don Peloso – si è instaurata una internazionalizzazione dell’economia, non quella “sognata” dall’Hallesismo, ma quella governata dai potentati economici, globalizzata e autoreferenziale, senza principi e senza regole di giustizia sociale. E senza fraternità. La “politica del Padre nostro” è la “politica dei Fratelli miei”, cioè del rispetto, della giustizia, della solidarietà; essa viene prima ed è condizione imprescindibile per la “civilizzazione dell’economia” (Benedetto XVI, Caritas in veritate n.38). “L’economia infatti ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento; non di un’etica qualsiasi, bensì di un’etica amica della persona”. “La logica del dono come espressione della fraternità possono e devono trovare posto entro la normale attività economica. Ciò è un’esigenza della stessa ragione economica”.
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Don Orione: scoperta una lettera del ’33 al ministro delle Finanze
Con Guido Jung, il santo tortonese ebbe uno scambio epistolare sul tema dell’Hallesismo