Tra i diciassette nuovi cardinali che Papa Francesco ha creato nel Concistoro di stamattina, ci sono ben tre vescovi degli Stati Uniti. Secondo uno di loro, il card. Blase Joseph Cupich, Arcivescovo di Chicago, questo fatto “può aiutare a far passare il messaggio che il Santo Padre stia mostrando un occhio di riguardo per questo Paese e spero che dia alla gente un senso di maggiore fiducia”.
Intervistato da ZENIT, il neo-cardinale parla anche delle responsabilità che implica la sua elezione.
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Eminenza, cosa ha provato quando ha saputo della sua nomina cardinalizia?
In realtà, nessuna sensazione particolare. Sono vescovo da quasi 20 anni e non credo che questo appuntamento cambierà in qualche modo il mio approccio pastorale.
Qual è l’importanza della sua nomina per gli americani?
Sono soltanto uno dei tanti cardinali statunitensi, tuttavia il fatto che tre vescovi americani siano stati scelti dal Papa per questo concistoro, può aiutare a far passare il messaggio che il Santo Padre stia mostrando un occhio di riguardo per questo Paese e spero che dia alla gente un senso di maggiore fiducia.
Lei è il leader di una Chiesa locale molto grande. Essere diventato cardinale incide su questa sua responsabilità?
Onestamente, non penso che apporterà significativi cambiamenti in tal senso.
In quest’ultimo concistoro, papa Francesco ha raccomandato ai nuovi cardinali di non celebrare eccessivamente (ovvero senza feste opulente o lussuose), né di vivere il cardinalato come il raggiungimento di un traguardo di carriera. Perché ritiene abbia voluto dare questo consiglio?
In primo luogo mi trovo d’accordo con questo consiglio, che lui stesso mi ha dato in una lettera. Anche per questo ho ritenuto che l’arcidiocesi di Chicago non sponsorizzasse alcun viaggio a Roma. Invece, dato che la Catholic Extension Society, con sede a Chicago, che aiuta quasi un centinaio di missioni diocesane, stava programmando un pellegrinaggio a Roma e ad Assisi per la conclusione dell’Anno Giubilare, ho incoraggiato i fedeli ad unirsi a quel gruppo, se avessero avuto il piacere di essere presenti al concistoro. Infatti, piuttosto che un grande banchetto per me, ho accettato di partecipare ad una cena dopo il concistoro, che andrà in beneficienza per l’opera missionaria che l’Extension Society sta svolgendo lungo il confine messicano, così coinvolto nell’immigrazione. In questo modo, i riflettori saranno puntati su queste missioni, più che su di me o sull’arcidiocesi di Chicago.
Nei due precedenti concistori, le scelte di papa Francesco, per alcuni, sono state un po’ sorprendenti, avendo messo in primo piano le “periferie” del mondo. Come spiega questa scelta del Pontefice?
Per me è ovvio che il Santo Padre sta mettendo in luce l’universalità della Chiesa, così come sta facendo per le periferie. Il suo è anche un riconoscimento per quelle chiese che hanno sofferto o stanno soffrendo, tanto è vero che tra i nuovi cardinali c’è un prete albanese e il nunzio in Siria. Papa Francesco sta dicendo chiaro e forte a queste chiese che è con loro e sta chiedendo a tutti noi di fare altrettanto.
Alcuni affermano che, come pastore, lei rappresenta alcuni particolari aspetti della visione della Chiesa da parte di papa Francesco. Perché ritiene che la gente pensi questo? Percepisce una forte identificazione con il peculiare stile di Francesco come Pontefice?
Non credo di aver cambiato il mio approccio negli anni. Sin dai giorni della mia ordinazione sacerdotale, ho fatto mie le parole di papa Paolo VI, che, nell’Anno Santo 1975, disse: “Sappiate accogliere come un invito il rimprovero stesso che forse, e spesso ingiustamente, il mondo lancia contro il messaggero del Vangelo! Sappiate ascoltare il gemito del Povero, la voce candida del bambino, il grido pensoso della gioventù, il lamento del lavoratore affaticato, il sospiro del sofferente e la critica, del pensatore! Non abbiate mai paura!”. Ecco, io ho provato a vivere questo messaggio.
cardinale blase joseph cupich - Wikimedia Commons
Card. Cupich: "Tre nuovi cardinali statunitensi, segno dell'attenzione del Papa per il nostro Paese"
L’Arcivescovo di Chicago afferma che la porpora non cambierà in qualche modo il suo approccio pastorale