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Siria. Card. Sandri: "Certe tragedie non si ripetano mai più"

Il saluto del prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali al convegno del Pontificio Istituto Orientale “Damasco. Prima di speranze”

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Riportiamo di seguito l’indirizzo di saluto che il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha tenuto al Convegno “Damasco – Prisma di speranze”, oggi a Roma al Pontificio Istituto Orientale.
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Il 15 ottobre del 2010, nel suo intervento come Delegato fraterno in rappresentanza della Chiesa Siro-Ortodossa all’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente, il Metropolita di Aleppo, Mor Youhanna Gregorios Ibrahim, affermava che “il nemico più pericoloso che cristiani e musulmani devono affrontare è l’ignoranza, che spesso è ciò che domina il discorso religioso creando tensioni, instabilità e conflitti tra cristiani e musulmani”, e proseguiva suggerendo che la Chiesa cristiana promuova il pensiero illuminato e si affidi ai moderati.
Siamo convinti che il valore di queste affermazioni non si sia spento con il rapimento avvenuto nell’aprile del 2013, insieme con il confratello greco-ortodosso Boulos Yazigi. La voce risuonata in questi giorni di Convegno è anche la loro voce di speranza, di sogno e di futuro per l’amata Siria: chi ha sperimentato o sperimenta la cattura, la prigionia, financo la tortura – ce lo hanno raccontato alcuni testimoni in questi anni di violenze e di conflitto – affronta il dramma di ogni giorno, da un lato lasciando sempre più spazio dentro di sé a Dio, affidando a Lui il difficile presente, e dall’altro custodendo il sogno di un futuro di ritrovata libertà, in cui poter tornare a lodare i prodigi dell’amore del Signore.
Ne siamo convinti ancora di più oggi, in un luogo quale il Pontificio Istituto Orientale che sta celebrando l’anno centenario dalla Fondazione e la cui missione era stata evocata proprio nell’Instrumentum Laboris del già citato Sinodo Speciale per il Medio Oriente: in questo luogo di conoscenza e di studio possiamo dire che si combatte ogni giorno il nemico indicato da Mor Gregorios Ibrahim: l’ignoranza. Non soltanto attraverso i percorsi accademici che qui vengono proposti, ma anzitutto attraverso la continua riscoperta del volto dell’altro.
Sacerdoti, seminaristi, religiosi e religiose, laici, qui percorrono un tratto di strada insieme, sapendo della propria diversità di provenienza e appartenenza, ma volendo l’uno accanto all’altro compiere l’esperienza di un pellegrinaggio alle sorgenti del pensiero teologico, spirituale, liturgico e disciplinare dell’Oriente cristiano. Proprio in queste sorgenti ritrovano le tracce di passi possibili verso l’unità visibile tra tutti i cristiani.
Sanno anche che essa in contesti come la Siria e l’Iraq è già proclamata non da dichiarazioni o eventi ecumenici, ma dal sangue egualmente sparso in quanto discepoli di Cristo, accanto a quello di tanti altri fratelli e sorelle in umanità, anche non cristiani, che cadono vittime innocenti dei colpi dei diversi schieramenti.
Confrontarsi, studiare, approfondire in questo Istituto – come in altre qualificate Istituzioni accademiche in Medio Oriente – diventa una risposta luminosa al velo di tenebra che in tanti hanno voluto si distendesse su quelle terre, grazia a ideologie e schieramenti che non tollerano che sia possibile la convivenza tra diversi e un modello di stato che viva, detto in termini occidentali, una sorta di laicità positiva.
I seguaci di tali ideologie sono tutti uomini che attingono a cisterne screpolate, per usare un’immagine del profeta Geremia, abbeverandosi ad acque che sembra vogliano cancellare la memoria: la memoria del bene, di una coesistenza pacifica, di produzione artistica e letteraria, di pensiero politico, ma anche la memoria dei mali, non per coltivare il rancore e lo spirito di rivalsa, ma perché le ferite siano guarite e certe tragedie non abbiano più a ripetersi. In questo senso è ancora più triste ad esempio che Aleppo, che fu luogo di accoglienza e rifugio sicuro un secolo fa per esempio per gli armeni scampati agli eccidi da tutti conosciuti, oggi veda i suoi cittadini messi in fuga o nuovamente colpiti.
In tanti si sono domandati sul senso del Convegno come quello che stiamo celebrando: non servirebbe piuttosto una nuova conferenza di pace, un tentativo ulteriore di mediazione? Non sarebbe questo il luogo e il contesto. Ma vuole essere piuttosto lo spazio in cui levare la voce, far vibrare le corde del desiderio e dire: “Anche noi ci siamo”! Anche noi come Chiese Cristiane Orientali, vogliamo coltivare il sogno: offrire il nostro contributo ad una possibile ricostruzione, avere di nuovo la possibilità di mettere tutto il potenziale delle nostre risorse educative ed umane perché i bambini e i giovani della Siria tornino ad avere la visione di un futuro luminoso in quella amata terra e per i suoi abitanti. Sappiamo bene che i cinque anni di conflitto hanno rubato la speranza a tanti di loro, e che tante risorse formative sono state quasi annientate.
Seguendo l’immagine profetica che tanto ama il Santo Padre Francesco, vogliamo essere come quegli anziani che hanno sogni, per aiutare i giovani ad avere visioni. Siamo venuti da tanti luoghi e da tante Chiese, per dire insieme questa comune volontà di bene per il futuro della Siria. Non poteva che essere questo il luogo: esso fu fondato nel 1917, insieme alla Congregazione per le Chiese Orientali, da Papa Benedetto XV.
Era il segno della lungimiranza e maternità della Chiesa. L’Europa e il mondo erano sconvolti dalla Prima Guerra Mondiale, l’Oriente vedeva dissolversi progressivamente la Sublime Porta dell’Impero Ottomano, e il Pontefice – mentre chiedeva con vigore che cessasse “l’inutile strage” – fondava una Casa per l’Oriente e un luogo per la sua conoscenza qui a Roma. Siamo convinti che anche questa altra ignobile strage si fermerà, e il Medio Oriente potrà tornare ad essere casa accogliente per i cristiani, gli ebrei e i musulmani ed ogni uomo di buona volontà che è figlio della pace.
Il Signore, che guida la storia e le sorti dei popoli, faccia giungere presto questo momento, ci ascolti in questo “tempo della misericordia” evocato dal brano di Isaia che fa da sfondo a questo nostro incontro. Ogni altura e monte dell’idolatria umana – il mercato, il profitto, anche a prezzo del sangue degli innocenti – siano abbattuti e trasformati in strade per il ritorno a casa, per l’incontro tra i popoli, per celebrare il culto in spirito e verità. Grazie”.

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ZENIT Staff

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