“Dobbiamo avere il coraggio di affrontare lo scandalo del peccato che coinvolge tutta la Chiesa. Dobbiamo uscire da un silenzio colpevole della Chiesa e della società che è durato troppo tempo e metterci in ascolto delle sofferenze delle vittime: gli abusi dei pedofili, questi crimini così gravi, rompono l’innocenza e l’integrità dei bambini e dei giovani”.
Sono parole gravi quelle pronunciate questa mattina da monsignor Luc Crepy, vescovo di Puy e presidente della ‘Cellula permanente’ di lotta contro la pedofilia, nell’omelia della Messa celebrata a Lourdes alla presenza di tutti i vescovi francesi nel giorno in cui tutta la Chiesa di Francia sta vivendo la Giornata di perdono e digiuno per le vittime degli abusi sessuali.
“Dobbiamo avere il coraggio – ha detto il vescovo Crepy nella sua omelia, riportata dal Sir – di intraprendere tutte le iniziative necessarie per fare della casa della Chiesa un luogo sicuro. Dobbiamo, come ci ha chiesto di fare papa Francesco, chiedere perdono per tutti i peccati commessi dalle autorità ecclesiastiche che hanno coperto gli autori degli abusi, ignorando la sofferenza delle vittime”.
“Quando si tratta delle persone più fragili, dei più deboli, dei piccoli, Gesù parla forte e chiaro”, ha proseguito il vescovo ricordando le parole del Vangelo: “È meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli”.
“Abbiamo voluto probabilmente salvare la rispettabilità dell’immagine della Chiesa, per paura dello scandalo, dimenticando che è santa ma anche composta da peccatori. In questo abbiamo fallito nella nostra missione”, ha aggiunto il presule, sottolineando che dalla Chiesa ci si attende oggi un grande atto di perdono.
“Perdonare – ha detto Crepy – non significa dimenticare, il perdono chiede innanzitutto il tempo necessario perché sia fatta la verità, perché a poco a poco sia possibile pronunciare delle parole per dire il dolore indicibile, perché la giustizia e il diritto possano designare chiaramente la colpa e il colpevole”. È un “cammino lungo” che richiede tempo, un “cammino di purificazione”, un “cammino di giustizia e di verità”, di “ascolto e attenzione” delle vittime che “i vescovi devono assolutamente intraprendere”.