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Mons. Nosiglia: “Anche noi possiamo essere Santi”

Nell’omelia al Cimitero Parco di Torino, l’arcivescovo parla dei Santi di oggi che non sono soltanto quelli riportati sul calendario

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“La qualifica di “santo” non riguarda solo quelli che la Chiesa ci indica come modelli di vita cristiana presenti sul calendario: sono tanti e forse a cominciare proprio dai nostri cari o amici, o comunque da persone che ci hanno dato esempi di sacrificio e di bontà ammirevoli”. Nel giorno di Ognissanti l’Arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, ha celebrato la Santa Messa al Cimitero Parco.
“Alla santità siamo chiamati tutti, sacerdoti, religiosi, laici, ognuno con la propria specifica vocazione e secondo le concrete possibilità che la vita gli offre. L’importante è avere la volontà di seguire Cristo, rendendogli testimonianza nel quotidiano della propria esistenza”. A tutti Gesù dice: “Siate perfetti come perfetto è il Padre vostro celeste” (Mt 5,48). “Santi” siamo tutti noi credenti e battezzati in Cristo e quindi ripieni del dono dello Spirito Santo, che ci fa partecipare alla santità di Dio come suoi diletti figli e membri del popolo santo di Dio che è la sua Chiesa.
Niente del bene che abbiamo ricevuto e abbiamo compiuto andrà perduto per sempre, se saremo stati uniti a Cristo, perché «né morte, né vita, ne tribolazione o pena alcuna potrà mai separarci dal suo amore fedele» (cfr. Rom 8,38-39). La speranza della vita eterna è dunque al tempo stesso personale e comunitaria, riguarda la nostra vita individuale, ma ha una sua forte componente anche fraterna e aperta agli altri. Il significato del pellegrinaggio al cimitero sta proprio qui: è il luogo dove, in modo individuale ma anche comunitario, condividiamo il nostro dolore e la nostra speranza. E lo facciamo con la preghiera, il silenzio, un’esperienza di fraternità che ci unisce nella stessa fede.
Al di là delle differenze che infatti esistono tra noi, qui ci scopriamo uguali – poveri e ricchi, onesti e peccatori, parenti e amici o estranei e stranieri –, perché partecipi della stessa sorte; ma anche animati dalla stessa speranza e dalla stessa volontà di non dimenticare chi ci ha preceduto e amato. Qui si comprende la caducità dell’esistenza umana e l’ammonimento di Gesù (cfr. Lc 9,25): “che vale all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde se stesso nell’egoismo e nella ricerca affannata di beni materiali, che dovrà lasciare, invece di beni spirituali e morali che restano per sempre?”.
Viviamo “tempi tumultuosi” in cui la morte “sembra avere il primato rispetto alla vita”. Basti pensare al divario crescente che c’è, anche nel nostro Paese, tra i nati e i defunti; alla pratica dell’aborto e dell’eutanasia attiva o passiva; alle guerre e alle violenze omicide perpetuate contro innocenti dal terrorismo; alle tragiche morti di tanti immigrati nel nostro mare Mediterraneo; agli incidenti sul lavoro e sulle strade, ai femminicidi e ai terremoti… L’elenco sarebbe lungo e sembra oscurare il bene e la volontà di reagire a queste situazioni infauste.
Mons. Nosiglia ha poi citato le parole dell’apostolo Paolo: “Dov’è o morte la tua vittoria, dov’è il tuo pungiglione? Siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo” (cfr. 1Cor 15,55.57). “La nostra celebrazione di oggi – ha proseguito – proclama la vita e ci dà la speranza certa che il nostro Dio non è il Dio dei morti, ma dei viventi, che vince la morte con la sua risurrezione e ci invita a vincerla anche noi ogni giorno con la forza dell’amore e del perdono, della giustizia e della pace.
Ai nostri giovani e ragazzi, che amano la vita e che la vedono spesso chiusa alle loro speranze future di lavoro, di famiglia, di riconoscimento delle loro esigenze spirituali e di responsabilità sociale, o devastata da messaggi che li portano a cercare esperienze devianti e prive di valori di onestà, verità e coerenza morale, insegniamo a non temere, perché anche i santi di cui forse portano il nome e gli stessi loro genitori e nonni hanno passato momenti difficili e addirittura più tragici dei loro e hanno saputo reagire e lottare per quel mondo nuovo cui oggi i giovani anelano. I loro esempi di costanza nella prova, di vigore cementato dalla fede e dall’amore alla propria famiglia vanno dunque ricordati e valorizzati, per convincerli che vale la pena lottare per la vita sempre e comunque; che vale la pena amare sempre e comunque; che vale la pena sperare sempre e comunque, perché l’amore di Dio, unito al nostro, alla fine risulterà vittorioso.

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Alessandro Ginotta

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