L’uomo nel corso del suo cammino verso un progresso di qualità e di libertà, pur raggiungendo risultati sorprendenti e alcune volte addirittura fuori da ogni ragionevole attesa, più volte si è perso per strada. L’evoluzione scientifica ed economica, pilastro di una società che si migliora e si affina, non sempre porta a traguardi dove venga tutelata la vita nel suo andamento naturale ed essenziale. Succede quindi che se da una parte i passi in avanti risultino ragguardevoli, dall’altra emergano processi degenerativi, motivo spesso di sofferenza fisica ed interiore.
Dispiaceri personali e sociali che si allargano a macchia d’olio in svariati settori della società, così come nella quotidiana articolazione del proprio habitat personale. Il benessere economico non ha ridotto i drammi dei singoli e quelli collettivi. Ha abolito sicuramente diversi vecchi problemi, ma nello stesso tempo ne ha sollecitato dei nuovi. Qualcuno potrebbe osservare come sia la stessa vita ad essere immersa in questa eterna logica, fino ad arrivare a giustificare delle situazioni incresciose a cui non c’è rimedio, fino al punto di ritenerle del tutto naturali. Non è affatto così! C’è infatti un dolore gratuitamente assunto, ne esiste un altro che ha radici nella genesi umana.
Illuminanti in proposito le parole del teologo monsignor Costantino Di Bruno: “Vi è un dolore di natura al quale l’uomo sempre aggiunge molteplici altri dolori di peccato che rendono il dolore di natura non vivibile. Chi ama l’uomo, deve mettere ogni impegno a non aggiungere ai già pesanti dolori di natura, quelli ancora più pesanti dolori di peccato”. Il messaggio è chiaro e di una attualità che fa tremare i polsi. Non regge più il comportamento relativistico che giustifica la ratio di ogni errore umano, né la teoria di fondo della società consumistica, in grado di rasserenare l’individuo con la promessa che tutto si possa comprare, persino la felicità.
La verità è che mentre tutto diventa mercato, si assottiglia la sapienza divina a cui ogni battezzato è consentito di attingere e aumenta in modo esponenziale il dolore di peccato, frutto completamente generato dalla mancanza di Dio nella quotidianità sociale, politica ed economica. Il dolore di natura (sofferenza, malattia, morte ed ogni altro tipo di afflizione) è entrato nella vita terrena a causa della prima disobbedienza dell’uomo. La venuta del Figlio dell’Uomo ha reso più sostenibile ogni cosa, rendendoci forti dentro, sapienti, ma soprattutto capaci di sopportare qualsiasi dolore di natura e di evitare per se stessi e il prossimo ogni dolore di peccato.
I risultati oggi purtroppo ci dicono che si viaggia nella direzione opposta. Interessante a questo punto un’altra precisazione di mons. Di Bruno: “Una malattia congenita è sofferenza di natura. Alla natura non ci si può ribellare. La sofferenza si assume e si porta nella forza di Dio. Rovinarsi il cervello con la droga e concepire figli con sofferenze congenite, non è responsabilità della natura, è vero dolore di peccato”. Il dolore di peccato va quindi evitato ed ognuno può fare la sua parte. Dalla persona più semplice, al professore, all’imprenditore, all’impiegato, al religioso, allo sportivo, all’artista, al professionista, ecc.
Non è esente di certo chi governa le comunità in campo politico, finanziario e sociale. È troppo evidente che attraverso le leggi e i provvedimenti approvati si rischia in alcuni casi di procurare, al consapevole o ignaro cittadino, un vero dolore di peccato. Le stragi di questi giorni che stanno mettendo in ginocchio la sicurezza di ognuno, non sono certo frutto da una disperazione di natura, ma da un vero dolore di peccato. In questi drammatici casi l’uomo, disturbato mentale o meno, si dimette da essere umano, per assumere le vesti di un animale feroce e senza controlli, dietro regie lucide e ben organizzate.
Chiunque aggiunga dolore di peccato a quello di natura, in qualsiasi ruolo esso svolga le sue mansioni, offende gravemente Dio nella sua creazione. Chi ruba; delinque; ammazza un uomo; traffica in armi; offre la droga; sfrutta il debole; respinga il disperato che fugge dall’inferno della guerra ed utilizzi il potere contro il bene comune, partecipa al male della società e contribuisce a ritardare il naturale “compiacimento” del mondo. Un passaggio universale che spetta ad ogni essere umano, a cui però è anche dovuto, da parte della Chiesa e di ogni suo rappresentante, una chiarezza costante e continua sull’origine dello stesso peccato.
È bene perciò dire, poi ognuno scelga in libertà, che mai il Signore potrà accogliere nel suo regno eterno un seminatore di morte che aggiunga dolore infinito di peccato, al dolore già esistente. La Chiesa di Papa Francesco, aperta alla misericordia, sta compiendo una missione nel mondo molto determinata. Bisogna capire come il dolore di peccato fa perdere l’uomo e porta alla condanna più atroce chi lo sollecita, specie se rifiuta il pentimento e l’avvio di una revisione della propria vita nel segno della Parola.
È proprio di questi giorni la pubblicazione di un nuovo libro dell’arcivescovo Vincenzo Bertolone “Don Pino, martire di mafia”, curato dal giovane Salvatore Cernuzio, vaticanista per ZENIT, e con la prefazione del presidente del Senato Pietro Grasso. Il presidente della Conferenza Episcopale Calabra è stato molto chiaro nell’affrontare il “cancro mafioso” e il dolore di peccato che esso continuamente produce. Anche perché solo con la trasparenza del linguaggio e delle idee si può aiutare il peccatore più grave.
Questo un significativo passaggio dell’autore: “È necessario, allora, interrogarsi su un modello di religiosità che sappia chiamare il peccato con nome e cognome e sappia, insieme, non far disperare chi cade nel male, ovvero aiutare il peccatore a convertirsi a una vita evangelicamente intesa”.
I cristiani siamo pertanto chiamati non solo a non mettere nella storia nessun dolore di peccato, ma soprattutto a fare sempre il bene più grande per alleviare il dolore. Una strada necessaria questa, che dovrebbe entrare nel percorso di vita di ogni rappresentante pubblico e di qualsiasi atteggiamento privato. Forse sarà la ricetta più antica del mondo, ma è l’unica che ancora può aiutare a cambiare la comunità umana. In troppe occasioni il livello sociale tende di fatto a sbilanciarsi verso una pericolosa deriva relativistica, privandosi dei doni sapienziali che sono solo del Signore. La cronaca di ogni giorno ci racconta di atroci conseguenze, mentre, grazie a Dio, in questi giorni si è accesa la speranza del mondo. I giovani di Cracovia, invitati dal Santo Padre a seminare solo il bene, ne sono le colonne portanti.
Chi volesse contattare l’autore può scrivere al seguente indirizzo email: egidiochiarella@gmail.com. Sito personale: www.egidiochiarella.it. Per seguire la sua rubrica su Tele Padre Pio: https://www.facebook.com/troppaterraepococielo
GMG 2016, Cracovia / CCEW - Mazur, CC BY-NC-SA
Il dolore di peccato ritarda il “compiacimento” del mondo!
I cristiani siamo chiamati soprattutto a fare sempre il bene più grande per alleviare la sofferenza