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Częstochowa. Il Papa ricorda che nei martiri risplende "la forza inerme del Vangelo”

Nella Messa al Santuario di Jasna Góra, “capitale spirituale” del Paese, il Pontefice sottolinea l’umiltà di Dio e dei “suoi portavoce”, e invita a raccogliere l’insegnamento di Maria

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“Contrariamente a quanto ci aspetteremmo e magari vorremmo”, il Regno di Dio “non viene in modo da attirare l’attenzione”, bensì viene “nella piccolezza, nell’umiltà”. Nell’omelia della Messa celebrata nel Santuario di Jasna Góra, a Częstochowa, cuore pulsante della fede cattolica del popolo polacco, Papa Francesco richiama l’attenzione sul legame inscindibile tra umiltà e onnipotenza di Dio.
Alla moltitudine di fedeli presenti, tra cui tanti giovani partecipanti alla Gmg che affollano anche l’ampio piazzale e il lungo stradone dinanzi il Santuario, il Vescovo di Roma invita a riflettere sul modo scelto dal Signore per entrare nella storia umana. “Nessun ingresso trionfale, nessuna manifestazione imponente dell’Onnipotente: Egli non si mostra come un sole abbagliante, ma entra nel mondo nel modo più semplice, come un bimbo dalla mamma”.
Francesco parla quindi di un “filo divino che attraversa delicatamente la storia” passando dall’Incarnazione “all’annuncio dell’ora della salvezza” e all’inizio dei “segni compiuti da Gesù”. Descrive allora quanto avviene a Cana di Galilea, durante le celebri nozze citate nel Vangelo.
“Non c’è un gesto eclatante compiuto davanti alla folla – riflette il Pontefice -, nemmeno un intervento che risolve una questione politica scottante, come la sottomissione del popolo al dominio romano. Avviene invece, in un piccolo villaggio, un miracolo semplice, che rallegra lo sposalizio di una giovane famiglia, del tutto anonima”.
Gesto semplice sì, ma altamente simbolico, “perché ci rivela il volto sponsale di Dio, di un Dio che si mette a tavola con noi, che sogna e compie comunione con noi”. Una presenza rassicurante, quella del Signore, “vicino e concreto”, che “si prende cura di noi, senza decidere al posto nostro e senza occuparsi di questioni di potere”.
È un Dio – prosegue il Papa – che “predilige farsi contenere in ciò che è piccolo”. Diversa l’inclinazione dell’uomo, che tende invece “a voler possedere qualcosa di sempre più grande”. Papa Bergoglio rileva che “essere attratti dalla potenza, dalla grandezza e dalla visibilità è tragicamente umano, ed è una grande tentazione che cerca di insinuarsi ovunque”. Mentre “donarsi agli altri, azzerando le distanze, dimorando nella piccolezza e abitando concretamente la quotidianità, questo è squisitamente divino”.
Di qui la predilezione di Dio per “i piccoli”, giacché “parlano la sua stessa lingua”. Infatti – sottolinea il Papa – Egli “chiama persone semplici e disponibili a essere suoi portavoce, e a loro affida la rivelazione del suo nome e i segreti del suo Cuore”.
Il pensiero del Santo Padre corre allora ai martiri del popolo polacco, “che hanno fatto risplendere la forza inerme del Vangelo; alle persone semplici eppure straordinarie che hanno saputo testimoniare l’amore del Signore in mezzo a grandi prove; agli annunciatori miti e forti della Misericordia, come san Giovanni Paolo II e santa Faustina”.
Li definisce “canali” dell’amore di Dio, attraverso i quali sono giunti “doni inestimabili” a tutta la Chiesa e all’umanità. Per questo – aggiunge – “è significativo” che l’anniversario del Battesimo del popolo polacco, avvenuto 1050 anni fa, “venga a coincidere proprio con il Giubileo della Misericordia”.
Papa Francesco chiede allora di ringraziare il Signore per aver camminato con il popolo polacco, “accompagnandolo in tante situazioni”. Ha testimoniato così di volersi “calare nelle nostre vicende di ogni giorno” e non di “restare su un trono i cielo o nei libri di storia”.
Questo atteggiamento è un insegnamento per la Chiesa. Il Pontefice traccia allora la linea da seguire: “ascoltare, coinvolgerci e farci prossimi, condividendo le gioie e le fatiche della gente, così che il Vangelo passi nel modo più coerente e che porta maggior frutto: per positiva irradiazione, attraverso la trasparenza della vita”.
È un Dio che si fa quindi “concreto”. A Cana Gesù “partecipa a una festa”, trascorre il tempo “con persone e in situazioni concrete”. Altrettanto “genuina” è la fede della Polonia, “trasmessa di famiglia in famiglia, di padre in figlio, e soprattutto dalle mamme e dalle nonne, che bisogna tanto ringraziare”.
Concretezza che possiamo “toccare con mano” rivolgendo preghiere alla “Madre di tutti”, quella Madonna Nera custodita nel Santuario di Jasna Góra e che Francesco, come i suoi predecessori, si è fatto pellegrino per venire a salutarla.
“In Maria troviamo la piena corrispondenza al Signore – spiega -: al filo divino si intreccia così nella storia un ‘filo mariano’”. Francesco afferma che “se c’è qualche gloria umana, qualche nostro merito nella pienezza del tempo, è lei: è lei quello spazio, preservato libero dal male, in cui Dio si è rispecchiato; è lei la scala che Dio ha percorso per scendere fino a noi e farsi vicino e concreto; è lei il segno più chiaro della pienezza dei tempi”.
Ed è nella sua vita che “ammiriamo quella piccolezza amata da Dio”, come recita il Magnificat. “A voi, che ininterrottamente vi recate da lei, accorrendo in questa capitale spirituale del Paese, ella continui a indicare la via, e vi aiuti a tessere, nella vita, la trama umile e semplice del Vangelo”, l’auspicio del Papa.
Il quale chiede di raccogliere l’insegnamento di Maria “a evitare decisionismi e mormorazioni nelle nostre comunità”. Altresì, la stessa Maria può infondere un desiderio particolare al popolo polacco, che ha conosciuto “tanti momenti duri”, ossia “il desiderio di andare oltre i torti e le ferite del passato, e di creare comunione con tutti, senza mai cedere alla tentazione di isolarsi e di imporsi”.
Il Papa chiede quindi la grazia “di fare nostra la sua sensibilità”, di essere “né padrona né protagonista”, bensì “Madre e serva”. Di qui l’esortazione finale della sua omelia: “Ella causa della nostra gioia, che porta la pace in mezzo all’abbondanza del peccato e ai subbugli della storia, ci ottenga la sovrabbondanza dello Spirito, per essere servi buoni e fedeli”.

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Federico Cenci

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