Dieci Papi, di cui otto santi, tra i figli della Calabria

Storia di Pontefici e di santi calabresi, frutti copiosi di una terra ricca di fede.

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La terra di Calabria è spesso ricordata per le innumerevoli cose che non vanno, per le prospettive che mancano, per la speranza che ogni giorno fa i conti con la realtà e spesso lascia il passo all’angoscia che trova spazio nel cuore e rammenta ciò che non si ha, ciò che non si può realizzare.
Ascoltiamo costantemente, anche grazie ai tg e alle testate giornalistiche che sgomitano tra loro per chi meglio presenta la notizia di cronaca, le note dolenti di questa regione tanto martoriata.
Ogni tanto però è doveroso e anche salutare respirare aria diversa, aria pulita. Facciamo un passo indietro e frughiamo tra reminiscenze che rendono onore alla terra di Calabria. Che essa detenga il primato di avere per prima accolto il messaggio cristiano, è ben noto.
San Giovanni Paolo II il 7 ottobre 1984 a Reggio Calabria durante la visita pastorale, affermava: “Nel toccare il suolo di questa città, provo una viva emozione al considerare che qui approdò, quasi duemila anni fa, Paolo di Tarso, … e che qui accese la fiaccola della fede cristiana; da qui il Cristianesimo ha iniziato il suo cammino in terra calabra, espandendosi in ogni direzione, sia verso la costa ionica sia verso la fascia tirrenica”.
Non tutti invece sono a conoscenza che la Calabria vanta di avere tra i suoi figli dieci Papi, di cui ben otto santi, e un antipapa.
Significativo è quanto disse San Giovanni Paolo II: “La Calabria, come terra di fede ha avuto la sua rappresentanza nell’elenco dei Romani Pontefici, avendo dato alcuni suoi figli alla sede di Pietro”.
Chi sono costoro? Storici medioevali, calabresi e non ce li hanno narrati. Si tratta di: San Telesforo; Sant’Anterio; San Dionisio; Sant’Eusebio; San Zosimo; Sant’Agatone; San Leone II; San Giovanni II; San Zaccaria; Stefano III; Giovanni XVI Antipapa, come hanno attestato gli storici medioevali.
San Telesforo nacque a Terranova, in provincia di Reggio Calabria, intorno al 95. Governò la Chiesa dal 125 al 136, ed è il primo pontefice ad essere registrato come martire nel Liber Pontificalis. Il suo pontificato coincise con l’impero di Adriano e con una fase storica in cui nell’urbe confluivano e si formavano innumerevoli movimenti che insediavano la fede cristiana. L’eresia più diffusa era lo gnosticismo che San Telesforo combatté con tutte le sue forze. Scrive Giovanni Fiore: “preso da’Ministri dell’Infedeltà, gli venne proposto che se avesse abbandonato la Santa Fede, sarebbe diventato Ministro degl’Indoli”.
Egli, non solo rigettò con veemenza le lusinghe e “l’empio consiglio”, ma accusò i suoi persecutori. “Onde percò”, conclude lo storico cappuccino “se gli stroncò il venerabile capo”.
Il martirio avvenne il 5 gennaio del 136 e il suo corpo sarebbe stato recuperato dai cristiani e condotto nella Basilica Vaticana per essere seppellito accanto alla tomba di San Pietro.
A San Telesforo si deve l’obbligo del digiuno nel periodo della Quaresima. Introdusse anche l’inno angelico Gloria in exelcisis Deo alla liturgia natalizia e quasi tutti gli storici della Chiesa lo presentano come un Papa santo e martire.
Dell’antica Petilia, attuale Petilia Policastro, sarebbe originario Sant’Antero. Non si conosce molto di lui. Salì al soglio pontificio nel 235. Fu un pontificato molto breve vissuto dopo l’uccisione di Alessandro Severo da parte di Massimino, quando l’epoca di distensione tra Impero e Chiesa era tramontata.
Al rovesciamento politico era seguita una violenta persecuzione i cui vennero uccisi, insieme ai sostenitori del deposto imperatore, anche molti cristiani.
In questo esiguo intervallo di tempo egli riuscì a imporre che gli atti dei martiri della Chiesa fossero registrati dai notai, perché non andasse disperso il loro esempio di vita, e che si conservassero in opportuni archivi. E ciò pare sia sta la causa della persecuzione che si abbatté sulla sua persona.
Fu incarcerato per ordine di Vitaliano e di Sabino, rispettivamente prefetto pretorio e prefetto dell’Urbe, e successivamente posto al martirio.
Il suo corpo fu recuperato dal nuovo Pontefice, San Sebiano, e le reliquie furono riesumate nel 1606 su ordinazione di Paolo V. Le spoglie di Antero furono successivamente traslate nella Chiesa della Sanità dei frati predicatori di Napoli, in cui attualmente sono custodite, e dove ancora vengono portate in processione la seconda domenica di maggio di ogni anno.
Il 22 luglio 259 fu invece eletto Papa San Dionisio. La Chiesa usciva da una fase di dura repressione da parte di Decio (249-251) e continuata con Gallo (251-253). Vi furono molti martiri e molti vescovi e preti apostarono e furono chiamati lapsi (caduti).
Il pretesto fu che i cristiani si erano sottratti dal prendere parte ai riti sacrificali pagani indetti in tutto l’impero per scongiurare un’epidemia. La ragione vera era altra. Decio voleva ripristinare l’antica religione politeistica e sopprimere il Cristianesimo.
Papa San Dionisio visse il suo pontificato durante l’Impero di Valeriano, che già si trovava in guerra con i Goti, I persiani, gli sciiti, e si mosse per fronteggiare i nemici d’Oriente.
Questa fu la ragione per cui San Dionisio si trovò a regnare in un periodo contrassegnato da una relativa calma e da certa indifferenza.
Fu il pontefice difensore dell’integrità della fede e della Chiesa di Cristo. Nativo dell’odierna Terranova di Sibari, come attestano storici e studiosi, era di umili origini sociali. Da Papa assegnò a ciascun vescovo una diocesi e ai presbiteri una rispettiva Chiesa con l’obbligo “l’uno ingerir non si dovesse nella cura altrui, ma contenersi nei propri limiti”. Fu un uomo generoso e benefattore che intervenne con consistenti aiuti in favore delle Chiese orientali colpite dalle incursioni barbariche e riscattò molti cristiani ridotti in schiavitù.
Papa Dionisio va ricordato per la battaglia in difesa della dottrina della Trinità contro gli adoziani e il modalismo, correnti che nel II-III secolo tendevano a inficiare il dogma trinitario, anche se nell’ambito di una concezione monoteistica e di unitarietà di Dio. Papa Dionisio morirà il 26 dicembre 268 e verrà sepolto nella cripta papale della Chiesa di San Callisto.
Il Martirologium parla di lui soltanto come un pontefice che si distinse nella difesa dell’integrità della fede e della Chiesa di Cristo.
Fu breve anche il pontificato di Papa Sant’Eusebio. Originario di Cassano allo Ionio, anche se non tutti sono concordi sulla città natia, salì al soglio pontificio il 18 aprile del 309.  Fu spedito in esilio in Sicilia, dove morì il 5 febbraio del 310.
Ritenuto “Difensore fedele della Chiesa” dispose che i laici non potessero accusare il proprio vescovo davanti ai giudici secolari, che gli infami non potessero essere addotti a testimoni, e che agli sposi e alle spose fosse proibito entrare nei monasteri prima che avessero consumato il loro matrimonio.
Inoltre ordinò che coloro che si fossero macchiati di eresia sarebbero potuti tornare in seno alla Chiesa solo dopo aver fatto penitenza. Alcuni studiosi ritengono che sia stato lui a stabilire che i corporali fossero di lino anziché di seta e che il sacramento della cresima fosse amministrato dai soli vescovi e che costoro accogliessero alla loro mensa anche i poveri e i pellegrini* (segue).
*“La Calabria sul soglio di Pietro”, Francesco Pitaro, Edizione Grafica 2000.
 
 

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Rosaria Giovannone

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