Arresti a raffica in Turchia contro tutti gli esponenti dello Stato e delle forze di sicurezza sospettati di aver partecipato al tentato golpe, fallito nella notte tra venerdì e sabato scorsi, che ha provocato oltre 300 morti, di cui 145 civili. Come riferito dai media filogovernativi turchi, sono oltre 7.500 le persone finite finora in manette; di questi 6mila sono militari, tra cui 103 generali e ammiragli. Altre migliaia di ordini di arresto sono in attesa di esecuzione, mentre 8.777 dipendenti del Ministero dell’interno sono stati sollevati dai loro incarichi, tra cui trenta governatori e 52 investigatori.
Proseguono anche le purghe che hanno colpito prima i militari e i giudici, ora arrivano alla polizia. In queste ore, in particolare, destano preoccupazione le foto choc dei militari catturati e legati nudi mani e piedi. A questo si aggiunge la censura di 20 siti web oscurati.
L’Europa ha già minacciato di bloccare le trattative di adesione all’Ue della Turchia qualora sia ripristinata la pena di morte per i golpisti, invece gli Stati Uniti, tramite il segretario di Stato John Kerry, confermano che, nonostante le tensioni con Ankara, “aiuteranno a portare alla giustizia i responsabili del tentativo di colpo di stato”. Tuttavia, da Bruxelles, dove prende parte al consiglio dei ministri degli Esteri dell’Unione europea, Kerry domanda “cautela verso azioni che vanno ben al di là di questo obiettivo”. “Stiamo comunque saldamente dalla parte della leadership democraticamente eletta in Turchia, come abbiamo già dichiarato”, ha affermato il capo della diplomazia statunitense, “ma esortiamo fermamente il Governo a mantenere la calma e la stabilità in tutto il Paese e a mantenere gli standard più elevati di rispetto per le istituzioni democratiche del Paese e per lo Stato di diritto”.
Tra gli arrestati figurano anche numerosi magistrati, molti dei quali legati a Fethullah Gülen, l’ex imam che vive da diversi anni ‘in esilio’ in Pennsylvania, prima amico e consigliere di Recep Tayyip Erdoğan ora suo acerrimo avversario tanto da essere stato accusato dal capo di Stato di essere il regista del tentato golpe. Erdoğan ha infatti chiesto l’estradizione di Gülen, ma Washington vorrebbe prove certe prima di decidere sull’eventuale accoglimento della richiesta. Una decisione del genere minerebbe ai già precari rapporti diplomatici tra Usa e uno stato come la Turchia, membro della Nato, che ha un ruolo-chiave nella lotta contro i terroristi del sedicente Stato islamico e nella risoluzione della grave crisi in Siria.
Intanto, mentre ad Ankara un uomo è stato arrestato dopo aver sparato colpi di arma da fuoco davanti a un tribunale, a Modenac’è stato un tentativo di incendio doloso davanti al Centro di promozione culturale turco Milad. “Pensiamo di essere stati colpiti da nostri connazionali che la pensano diversamente da noi”, affermano i responsabili del centro che da sempre ha preso posizioni anti-Erdoğan. Sul caso indaga ora la Questura di Modena.
In merito al tentato golpe, infine, – riferisce l’Adnkronos – diversi leader religiosi hanno firmato un comunicato congiunto nel quale “in nome di Dio”, dichiarano che “l’amore per il popolo, per le creature viventi e l’amore per l’ambiente” sono “una parte fondamentale” dell’amore divino. Per questo, “il terrore e la violenza da qualunque parte arrivino non possono mai essere difesi o legittimati”. Il testo si conclude con l’appello “a Dio a proteggere il nostro Paese e l’umanità intera”. Tra i firmatari ci sono il patriarca ortodosso di Costantinopoli, Bartolomeo; l’esarca patriarcale cattolico della Turchia, Yusuf Sağ; il vicario generale del Patriarcato armeno di Costantinopoli, Aram Ateshian; il rabbino capo della Turchia, Izak Haleva; il capo della presidenza degli affari religiosi, Mehmet Görmez.
[S.C.]
Commons Wikimedia
Turchia: purghe e arresti dopo il tentato golpe. Europa vieta pena di morte per i golpisti
Oltre 7.500 militari in manette e 8.700 dipendenti del Ministero dell’Interno licenziati. Leader religiosi firmano comunicato congiunto di pace. A Modena rogo ad un centro turco anti-Erdoğan