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Dietrofront del Consiglio d'Europa: "L'obiezione di coscienza in Italia non è un problema"

Il Comitato dei ministri ha accolto con favore la relazione presentata dal Governo italiano: aborti più che dimezzati dal 1983 e numero di medici obiettori rimasto costante

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Nell’aprile scorso suscitò grande clamore sulla stampa nazionale il pronunciamento del Consiglio d’Europa con cui si condannava l’Italia, rea di non garantire l’interruzione di gravidanza come previsto dalla legge 194/78 per via di un alto numero di medici obiettori.
Ieri, a distanza di tre mesi, il Comitato dei delegati dei ministri (l’organo del Consiglio che rappresenta i rispettivi Governi) ha pubblicato una risoluzione che mette fine al contenzioso tra Governo italiano e Cgil che va avanti dal 2013, salutando con favore le informazioni presentate da Roma il 24 maggio con cui si dimostra l’infondatezza delle accuse.
Il sindacato aveva presentato al Consiglio d’Europa dei rilievi sull’impossibilità di abortire in alcune regioni del Paese, sottolineando le percentuali di medici obiettori che superavano in alcune aree di gran lunga la metà dei ginecologi presenti. Il Comitato per i diritti umani del Consiglio aveva accolto il documento della Cgil, accusando l’Italia di ostacolare il “diritto alla salute” delle donne e di discriminare i medici non obiettori.
Il Consiglio ha concesso al Governo italiano di presentare una propria memoria difensiva il 24 maggio. In quell’occasione la delegazione italiana ha dimostrato, fornendo i dati più aggiornati e dettagliati in materia, che l’obiezione di coscienza, sebbene resti stabile su valori alti, non interferisce con l’applicazione della legge sull’aborto.
Il Governo italiano – come evidenzia in una nota il Ministero della Salute – ha fatto notare che il numero di medici obiettori è rimasto costante nel tempo, sin dall’entrata in vigore della legge sull’aborto, mentre le interruzioni di gravidanza si sono più che dimezzate. Si evince dal documento presentato dalla delegazione italiana che il numero di interventi annui per medico non obiettore è passato dai 145 del 1983 ai 69 del 2013. Dai 233.976 aborti del 1983 ai 97.535 dell’ultimo anno di cui si hanno dati, il 2014.
Interventi che, si legge ancora nel documento, vengono effettuati nel 70% delle strutture ospedaliere per la maternità italiane, tasso molto superiore al numero di aborti per nascite complessive (20%)
Questi dati hanno convinto il Comitato dei delegati dei ministri, da Strasburgo hanno fatto sapere di accogliere “con favore gli sviluppi positivi intervenuti”. È stato altresì chiesto all’Italia di fornire nel 2017 un nuovo rapporto sul tema.
Da rilevare che il Comitato non ha preso in considerazione il tema della supposta discriminazione dei medici obiettori, tanto cavalcata nel reclamo della Cgil.
La leader dello storico sindacato, Susanna Camusso, ad aprile aveva duramente contestato il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, per aver fatto presente che l’accusa formulata dalla Cgil si basava su “dati vecchi”. La Camusso bollò tale informazione del ministro come “falsa”.
Ma ora è lo stesso Consiglio d’Europa a riconoscere la veridicità dei dati forniti dal Governo italiano. E pensare che appena qualche giorno fa si era innescata una nuova polemica, in Italia, a seguito di un’interrogazione parlamentare sulle difficoltà di ricorrere all’aborto a Trapani. Diversi commentatori avevano provato a incalzare la Lorenzin, agitando di nuovo la sentenza dell’aprile scorso. Quell’argomentazione ora è però venuta meno. Non ce lo chiede più l’Europa.

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Federico Cenci

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