Rifugiati, Lesbos / Wikimedia Commons - Mstyslav Chernov, CC BY-SA 4.0

"Rispettare diritti umani e professionali dei marittimi. La loro dignità è minacciata"

Il Messaggio del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti in occasione della Domenica del Mare del prossimo 10 luglio

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“Seduti comodamente sul divano delle nostre case, abbiamo difficoltà a comprendere fino a che punto la nostra vita quotidiana dipenda dall’industria marittima e dal mare. Se guardiamo attorno a noi là dove viviamo e lavoriamo, possiamo renderci conto che la maggior parte dei mobili e del materiale informatico che utilizziamo sono stati trasportati per nave, che i nostri vestiti sono stati spediti in container dall’altro capo del mondo e che la frutta che mangiamo è stata consegnata da navi frigo provenienti da un altro Paese, mentre delle petroliere trasportano il petrolio e la benzina per le nostre macchine. Senza il commercio marittimo, l’importazione e l’esportazione di beni e prodotti finiti non sarebbe possibile”.

Si apre con questa amara riflessione il messaggio diffuso dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti in occasione dell’annuale appuntamento della Domenica del Mare, che ricorre il prossimo 10 luglio. È questa una celebrazione speciale che la Chiesa organizza per ricordare i marittimi e pregare per loro, per le loro famiglie e per quanti si dedicano al loro servizio. Essa è iniziata nel 1975 quando l’Apostolato del Mare, la Mission to Seafarers e la Sailors’ Society decisero di stabilire un giorno in cui riconoscere il contributo dei marittimi all’economia mondiale.
La ricorrenza ha anche un’importanza ecumenica perché in molti porti le celebrazioni e le diverse attività di sensibilizzazione riguardo la situazione umano-lavorativa dei marittimi vengono fatte congiuntamente con altre denominazioni cristiane, dando testimonianza di unità di intenti e cooperazione nel tutelare i diritti di queste persone.
Nel Messaggio – firmato dal presidente il card. Antonio Maria Vegliò e dal segretario mons. Joseph Kalathiparambil – il Dicastero auspica che le comunità cristiane e la società in generale riconoscano anzitutto la gente del mare come esseri umani che contribuiscono a rendere la nostra vita più confortevole, e li ringrazino per il lavoro e i sacrifici.
“Anche quando decidiamo di divertirci e distenderci facendo una crociera, non ci rendiamo conto delle migliaia di marittimi che lavorano duramente per assicurare che tutto vada bene e garantirci tutto il comfort possibile durante la nostra vacanza”, si legge nel testo. Dove, peraltro, viene fatto notare che “nel corso della recente situazione d’urgenza umanitaria nel Mar Mediterraneo, alcuni equipaggi di navi mercantili sono stati in prima linea per intervenire e soccorrere migliaia di persone che cercavano di arrivare in Europa a bordo di imbarcazioni o gommoni stipati all’inverosimile e non in condizioni di navigare”.

“Quasi 1.200.000 marittimi di tutte le nazionalità (in gran parte provenienti dai Paesi in via di sviluppo) trasportano, a bordo di 50.000 navi mercantili, circa il 90% di ogni tipo di merci. Le implacabili forze dei mari e degli oceani espongono le navi a rischi considerevoli, ma sono i marittimi a ‘rischiare’ sotto molteplice aspetti”, scrive Vegliò.

“La loro integrità fisica – prosegue – è minacciata perché, oltre ai pericoli delle forze della natura, alla pirateria e alle rapine a mano armata, il fatto di passare da una regione all’altra, di cambiare e doversi adattare costantemente a nuove situazioni, continua a rappresentare una rischio considerevole per la sicurezza degli equipaggi. Il loro benessere psicologico è minacciato quando, dopo essere stati in mare per giorni e settimane, viene negato loro il diritto di scendere a terra e impedito di lasciare la nave”.

La vita familiare dei marittimi è in pericolo anche perché “i loro contratti li costringono ad essere lontani dalla famiglia e dagli amici per diversi mesi e, spesso, per anni di fila”. “I figli – si sottolinea nel Messaggio del Pontificio Consiglio – crescono senza una figura paterna mentre tutte le responsabilità familiari ricadono sulle spalle della madre. La dignità umana e professionale dei marittimi è minacciata quando sono sfruttati a motivo delle lunghe ore di lavoro e del fatto che la corresponsione dei loro salari viene ritardata di mesi o, nel caso di abbandono, quando non sono pagati affatto”.

Grave preoccupazione viene sottolineata nel testo per la criminalizzazione dei marittimi, “dato che in particolare negli ultimi anni un certo numero di attività marittime, una volta considerate legali, sono state criminalizzate, specialmente per quel che riguarda incidenti quali i naufragi, l’inquinamento, e così via”.

Incoraggiati da Papa Francesco e dalla sua esortazioni a cappellani e volontari dell’Apostolato del Mare ad essere voce dei lavoratori che vivono lontani dai loro cari ed affrontano situazioni di pericolo e difficoltà”, il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti si pone quindi “a fianco dei marittimi per ripetere che i loro diritti umani e professionali devono essere rispettati e protetti”.

“Facciamo appello ai Governi e alle autorità marittime competenti – si legge nel Messaggio – affinché rafforzino l’applicazione della Convenzione sul Lavoro Marittimo dell’OIL (MLC) 2006, in particolare la Regola 4.4 il cui obiettivo è garantire che i marittimi in servizio a bordo di una nave abbiano accesso a strutture e servizi a terra per salvaguardare il loro stato di salute e benessere”.

Un appello anche ai vescovi, in particolare delle diocesi marittime, “affinché istituiscano e sostengano l’apostolato marittimo in quanto segno visibile della sollecitudine verso quanti non possono ricevere una cura pastorale ordinaria”.

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ZENIT Staff

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