Fouad Twal

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Mons. Twal al successore Pizzaballa: "Questo ruolo non sempre fa rima con popolarità"

Il Patriarca uscente sprona l’ex Custode di Terra Santa, nominato amministratore apostolico di Gerusalemme dei Latini, ad avere sempre coraggio di dire il vero

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“Sono arrivato alla fine della mia missione come Patriarca, ma la mia missione di sacerdote, di amico e cittadino continua…”. Così mons. Fouad Twal, dopo che lo scorso 24 giugno ha rassegnato le sue dimissioni, accolte da Papa Francesco, come Patriarca di Gerusalemme dei Latini. Ad ottobre il Patriarca aveva raggiunto il limite di età di 75 anni.
Sul sito del Patriarcato latino di Gerusalemme, mons. Twal paragona la sua vita e il suo ministero a un lungometraggio, fatto di tanti avvenimenti che si sono intrecciati: “alcuni felici e incoraggianti, altri dolorosi e complicati”.
L’oramai Patriarca emerito rivolge poi un pensiero al suo successore padre Pierbattista Pizzaballa. Spiega che l’aver servito per 12 anni come Custode di Terra Santa e di essere stato il Vicario del Patriarca latino per la comunità cristiana di lingua ebraica, saranno due suoi punti di forza.
Sebbene conosca la regione, padre Pizzaballa dovrà tuttavia confrontarsi con la lingua araba e la mentalità orientale. “Per cui capisco la sua preoccupazione, quella dei nostri sacerdoti e anche degli stessi francescani – commenta mons. Twal -. Siamo tutti pieni di buona volontà per aiutarlo in questo compito… Sarà sicuramente più facile per lui porre rimedio alle debolezze dell’amministrazione che gestire la cura pastorale dei fedeli arabi. Ma è anche vero che i fedeli stranieri del Patriarcato latino ora sono più numerosi dei cristiani arabi locali”
Mons. Twal ricorda inoltre a padre Pizzaballa che il ruolo dell’Amministratore “non sempre fa rima con popolarità” e che sarà importante adoperarsi “nel mantenere questo delicato equilibrio di rapporti con le autorità israeliane, palestinesi e giordane”.
“Al nuovo Amministratore – ha aggiunto – io desidero dire di dover continuare ad avere il coraggio di parlare, di dire il vero, niente di più o niente di meno… Ci sono molti che preferiscono il nostro silenzio, perché il nostro discorso disturba… Dobbiamo parlare con cautela e rispetto ma parlare, svegliare le coscienze e alimentare i rapporti che abbiamo costruito a livello internazionale lungo questo percorso”. Senza dimenticare, tuttavia, che le relazioni più importanti sono quelle “con il Signore, i nostri fratelli e le nostre comunità religiose”.
 

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ZENIT Staff

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