La Giornata della Memoria fa riflettere su eventi drammatici e crudeli: quando il male, sembrava aver schiacciato ogni speranza, quando il gelo ed il buio della barbarie sembrava aver paralizzato il cuore dell’uomo. Eppure, anche nei momenti più bui, l’amore e la misericordia accendevano luci e scaldavano cuori.
Stiamo parlando dei “Giusti tra le Nazioni”, cioè di coloro che rischiarono la vita propria e dei propri cari pur di proteggere, nascondere e salvare ebrei perseguitati dai nazifascisti. Persone che con i loro gesti di carità fraterna, non solo hanno salvato tante vite umane, destinate alle camere a gas, ma hanno salvato l’umana dignità che è fondamento della civiltà.
Tra i 525 italiani riconosciuti dallo Yad Vashem come Giusti tra le Nazioni, ci sono anche due sacerdoti: don Luigi Mazzarello e don Emanuele Levrero. Tra l’estate del 1943 e la primavera 1945 don Luigi Mazzarello ospitò, nascose e difese quattro ebrei nel Santuario dell Rocchetta di Mornese in provincia di Alessandria nel Monferrato.
In seguito al bando del 13 dicembre 1943 che ordinava a tutti gli ebrei di presentarsi per essere internati nei campi -di concentramento ad eccezione degli ultra settantenni, dei malati gravi e dei “misti”, ossia i figli nati da un matrimonio tra un ebreo ed una cattolica o viceversa – don Luigi, Cappellano del Santuario della Rocchetta, offrì ospitalità a quattro ebrei: i coniugi Enrico Levi e Lisa Vita Finzi e ai fratelli Gastone e Valentina Soria.
Il rischio di essere scoperti e di subire dure rappresaglie era enorme. A settembre il piccolo Luigi, nipote di don Mazzarello, cominciò a frequentare la scuola, e la voce secondo cui ebrei erano nascosti nel Santuario cominciò a girare. Alcuni compagni di scuola, chiesero al piccolo se non avesse paura di essere scoperto dai nazisti e di essere fucilato.
Fu allora che per precauzione il sacerdote spostò un confessionale mettendolo di fronte alla porta che portava alla cripta dei Marchesi Spinola. Nella cripta c’erano numerosi loculi, scavati nella roccia e dotati di marmi di chiusura. Quella che sembrava una premura eccessiva si rivelò invece decisiva per la salvezza degli ebrei.
Per ben tre volte, infatti, i nazifascisti eseguirono una accurata perquisizione del santuario per trovare gli ebrei, e solo grazie al coraggio e all’arguzia di don Luigi i perseguitati scamparono alla cattura. Nel corso di una delle perquisizioni, li fece addirittura nascondere dentro ai loculi che vennero sigillati con le lapidei di marmo.
Nel dopoguerra il nipote di don Mazzarello ha lasciato un dettagliato racconto di quanto accaduto. Il Rabbino capo di Genova, Giuseppe Momigliano, ha dato l’avvio al procedimento per proclamare don Luigi Mazzarello ‘Giusto tra le Nazioni’. In ricordo dell’aiuto fornito ai perseguitati, la comunità ebraica di Genova, ha predisposto una lapide in ricordo del prete.
Su di essa si legge: “Quanto inciso su questo marmo è per ricordare alla gente che in questo santuario, nel periodo tra l’estate 1943 e la primavera 1945, nella buia notte delle deportazioni razziali e religiose dei tempi moderni perpetrate dai nazifascisti, il sacerdote don Luigi Mazzarello, cappellano del santuario, nonché ex cappellano di bordo degli emigranti, con l’aiuto degli abitanti del circondario e di quelli che abitavano con lui, si fece carico, sfidando il pericolo, di ospitare, proteggere e nascondere quattro persone, ebree fuggite da Genova. I coniugi Enrico e Lisa Levi (Vita Finzi) e l’ing. Gastone Soria con la sorella Valentina”.
“Per i fatti raccontati, la comunità ebraica di Genova, in accordo, con la comunità cristiana della parrocchia di S.G.Battista di Lerma, ha deciso di porre questa targa come segno tangibile di riconoscenza e per mantenere vivo il ricordo dell’operato di un Uomo Giusto da non dimenticare”.
Anche don Emanuele Levrero, ex parroco di Carrosio, scomparso nel 1999 a 84 anni, ha salvato numerosi ebrei durante la persecuzione nazista. Ma si tratta di un eroe sconosciuto perché, fino al 2007, erano pochissimi coloro che sapevano della sua opera eroica quando era a capo della chiesa di San Bartolomeo del Fossato, a Sampierdarena.
Don Emanuele, diventato anche monsignore, ha svolto la sua attività pastorale con grande intensità e umiltà. Ricordato da tutti con affetto, per 23 anni ha svolto l’incarico parroco di Santa Maria a Carrosio.
Che avesse compiuto qualcosa di straordinario durante la guerra era già stato immaginato da alcuni, perché dall’anno del suo arrivo in Val Lemme, riceveva visite da persone che arrivavano con auto con targa straniera. Persone sconosciute dai locali che spesso salutavano don Emanuele con le lacrime agli occhi.
Il ‘mistero’ è stato rivelato nel 2007 quando al Comune è arrivata una lettera di Michel Lemper, francese di origine ebraica residente in Belgio, il quale chiedeva notizie di don Levrero. Lemper era bambino quando, insieme ai suoi genitori, fu salvato da don Emanuele. Lui e la sua famiglia stavano fuggendo da Marsiglia e ottennero ospitalità e documenti per l’espatrio proprio nella parrocchia di don Emanuele. Finita la guerra il sacerdote era rimasto in contatto con Lemper, che aveva rivisto a Genova nel 1958 e poi a Carrosio. Nella lettera l’uomo informava gli amministratori di Carrosio di aver iniziato la pratica per far riconoscere don Emanuele fra i ‘Giusti tra le nazioni’.
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I "Giusti": memoria di Misericordia
Anche due sacerdoti italiani tra coloro che aiutarono gli ebrei a sfuggire dalla barbarie nazista