Luce

Pixabay CC0 - skeeze, Public Domain

Dal buio alla luce

Il segreto di affidarsi a Dio quando le “ombre si allungano e i sogni prendono forme da incubo”

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All’ospedale ho trascorso una lunga degenza a contatto diretto con la malattia e con il dolore. È stata un’ottima occasione per maturare e perfezionare il mio rapporto con Dio. Erano efficaci quei giorni in cui, serrato tra dubbi e perplessità dei medici stessi, mi trovavo, da solo, di fronte al buio di previsioni  estreme e disparate.
Di continuo sperimentavo la relatività della vita: particolarmente quando, al mattino, non trovavo più il mio compagno di stanza col quale, la sera precedente, avevo giocato a carte o scherzato serenamente e che sembrava stare meglio di me.
Era un’ oscillazione continua, notte e giorno, un continuo temporeggiare dei medici che mi giravano attorno e, senza rendersene conto, mi guardavano con quell’aria perplessa che non corrispondeva alle parole di incoraggiamento che pur dovevano dirmi.
Capivo che neppure i medici potevano garantirmi qualcosa di sicuro. Mi sentivo solo davanti a Dio. Ciò accadeva particolarmente la notte, quando le “ombre si allungano e i sogni prendono forme da incubo”.
Perso tutto e abbandonato da tutti, mi trovavo, come per inerzia, tra le braccia di Colui che mi ama. Quasi in balia di un trucco architettato dall’Innamorato, mi  sentivo stretto, avvinto dalle mani di Dio. A Lui con sempre maggior frequenza e crescente abbandono dicevo: di te mi fido, sei mio Papà.
Ciao da p. Andrea
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Andrea Panont

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