Lo scorso 17 gennaio, papa Francesco ha incontrato la comunità ebraica di Roma, che lo ha ricevuto con affetto e rispetto. Bergoglio è il terzo pontefice che visita il Tempio Maggiore, dopo San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Per l’occasione ZENIT ha domandato all’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, Zion Evrony, che ha illustrato l’interesse destato da questo evento nel suo paese, così come il legame della Chiesa con il popolo ebraico, e la conferma da parte del Santo Padre della condanna dell’antisemitismo e dell’uso della violenza in nome della religione.
Ambasciatore, che ripercussioni ha avuto nel vostro paese, la visita di papa Francesco alla Sinagoga di Roma?
In Israele, dove papa Francesco è conosciuto ed apprezzato, la sua visita alla Grande Sinagoga di Roma è stata seguita con interesse. In questa importante occasione erano presenti Yuli Edelstein, presidente del parlamento israeliano, il ministro israeliano per i servizi religiosi, il Rabbino David Azoulay e una delegazione di Rabbini del Gran Rabbinato di Israele.
Cosa rappresenta per voi la terza visita di un pontefice ad una sinagoga?
Quando un Papa attraversa il Tevere per visitare la Sinagoga di Roma, siamo sempre davanti ad un evento storico. Fisicamente si tratta di un viaggio di appena 1,5 km ma simbolicamente questo piccolo spostamento ha un significato enorme. Ciò che, fino a poco tempo fa, era impensabile, è diventato la norma. Secondo la tradizione ebraica, un’azione ripetuta tre volte diventa una consuetudine. Questa visita è un ulteriore prova del crescente legame tra il Popolo ebraico e la Chiesa Cattolica.
Quale ritiene sia stato il punto più importante del messaggio?
Preferisco non entrare negli aspetti teologici del discorso del Papa ma, visto il difficile periodo storico che attraversiamo, è sempre importante sentir condannare con convinzione l’antisemitismo e la violenza perpetrati in nome della religione. È stato anche importante che abbia ripetuto in una Sinagoga, davanti a cristiani ed ebrei riuniti, che i “cristiani, per comprendere se stessi, non possono non fare riferimento alle radici ebraiche, e che abbia ribadito “l’irrevocabilità dell’Antica Alleanza”. Papa Francesco è il leader religioso di 1,2 miliardi di cattolici sparsi in tutto il mondo, quindi le parole di pace e il suo esempio hanno certamente un grande impatto.
C’è qualche altro aspetto di questa visita che ritiene importante sottolineare?
Il Papa ha depositato dei fiori alla lapide che ricorda la deportazione degli ebrei romani nel 1943. Mi sono commosso nel sentire il Papa esprimere la sua vicinanza ai sopravvissuti della Shoah, considerata anche la storia della famiglia di mia moglie. Significativa è stata anche la decisione di fermarsi davanti alla lapide che ricorda Stefano Gai Taché, il bimbo di soli 2 anni, ucciso dai terroristi palestinesi nell’attentato del 1982. Cattolici ed ebrei nel corso della storia hanno attraversato momenti difficili. Io spero che il dialogo e l’amicizia che si è sviluppata tra noi negli ultimi 50 anni possa essere un modello e una speranza per tutti. Penso che papa Francesco sia un vero amico del Popolo Ebraico.
ZENIT - SC
“Francesco, un vero amico per il Popolo Ebraico”
Secondo l’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Zion Evrony, la visita del Papa alla Sinagoga di Roma non fa che rafforzare il dialogo giudaico-cristiano