A poche settimane dalla memoria liturgica del fondatore, San Girolamo Emiliani (8 febbraio), e a conclusione dell’Anno della Vita Consacrata, il superiore generale dei Somaschi, padre Franco Moscone, ha inviato una lettera esortativa all’intera congregazione, individuando le tre “finestre” della benignità, della tenerezza e della bontà da aprire sul Giubileo della Misericordia in corso.
“Questo fluire del tempo, che è il palcoscenico della Provvidenza e il teatro della vita dell’uomo nella storia, mi fa pensare alla grande visione finale del libro dell’Apocalisse: il fiume che scaturisce dal trono e dall’Agnello che scorrendo lava e disseta la grande città di Dio, la nuova creazione”, scrive padre Moscone, nella sua lettera, intitolata Chiamati a svegliare il mondo da Somaschi autentici 3: “perché benigna è la tua misericordia!”.
Prendendo in esame la prima delle tre “finestre” – la benignità – il superiore generale ribadisce che “la prima ricchezza della Congregazione sono i religiosi, non le opere, e queste ultime vivono nella misura in cui i religiosi sentono e formano la comunità”.
Il segreto della riuscita della missione apostolica, nonché dell’“animazione vocazionale e prima formazione”, sta nella “salute della comunità religiosa dove ogni fratello trova l’ambiente della propria crescita e formazione continua a tutti i livelli (umano, spirituale, intellettuale e professionale/pastorale)”, scrive Moscone.
Vi è poi la “fraternità”, un aspetto la cui mancanza rischia di rendere la vita comunitaria “scialba e poco significativa, per nulla attraente, quando addirittura non diventa una controtestimonianza evangelica”: imprescindibile è, dunque, coltivare “relazioni positive, amicizia, comunicazione spirituale, correzione fraterna”. Altrimenti la fraternità rischia di “ridursi a puro senso di un dovere che non dice più nulla all’animo di ognuno”.
Senza la fraternità, insiste il superiore dei Somaschi, l’“autorità” può trasformarsi in “autoritarismo” e l’obbedienza in “compromesso”, rendendoli così “strumenti dell’io che si pone al posto di Dio”.
Se non si esce dal proprio ‘io’ e non si impara ad essere “mansueti e benigni con gli altri, specialmente con quelli che sono in casa”, la vita comunitaria e “fraterna”, anche rispettando “formalmente il Codice di Diritto canonico e le Costituzioni dell’Ordine, sarà pura mondanità, e la peggiore delle mondanità è quella che si veste di spiritualità vendendosi al mercato del consumismo spirituale!”.
La seconda “finestra” somasca della Misericordia – la tenerezza – si prefigge di realizzare “l’unità di vita nella carità” ed implica una “missione ad extra per riformare il popolo cristiano”.
Prima ancora di essere un’“attività”, la missione è “un’esigenza dello Spirito che diventa poi dimensione visibile di vita cristiana attraverso le opere”; essa richiede innanzitutto “un’unificazione della vita, con le proprie attitudini caratteriali e professionali, e delle attività realizzate a tutti i livelli (personale, comunitario e istituzionale) attorno a Dio e al Prossimo”.
È così che, per San Girolamo Emiliani, “la benignità, appresa con i fratelli di casa, si trasforma in immensa tenerezza all’esterno, si fa missione”.
La strada “dell’operosità disinteressata, della prossimità e della condivisione” è indispensabile se non si vuole mangiare “in modo indegno il pane” e bere “da rei il calice del Signore”, firmando così “la nostra condanna (1Cor 11, 27.29)”.
La terza “finestra” somasca della Misericordia è quella della bontà infinita, che corrisponde a “vivere il dono del tempo, sapendosi in formazione continua davanti a Dio e al Prossimo”.
Essere in “formazione continua” non significa essere legati ad alcuna “moda”, né ricorrere ad alcun “espediente per modernizzare un’istituzione antica”, quanto, piuttosto, esporsi all’“atmosfera pulita che permette all’identità e alla missione presente e affidata al carisma di svilupparsi e portare buoni frutti (Gc 3, 17-18)”, contrastando, così, lo “strapotere dell’io, che chiudendosi su se stesso e idolatrandosi, spegne la grazia di Dio e non riconosce più la presenza del Prossimo come dono e relazione, come sacramento/carne di Cristo”.
La Consulta della Congregazione Somasca ha quindi individuato un percorso formativo per il Giubileo della Misericordia e in preparazione al Capitolo generale 2017 che si sviluppa in tre aree:
- Area personale: entrare in un processo personale di conversione cercando di identificare le proprie “periferie” (debolezze nel vivere il settore dell’affettività e nel dominio/controllo delle emozioni), per lasciare agire la grazia del Signore che sana.
- Area comunitaria: identificare le “periferie” di esclusione, autoesclusione e indifferenza.
- Area della missione: (parrocchie, istituzioni educative, progetti), valutare le “periferie” nelle quali si sta lavorando e identificare le nuove necessità all’interno dei contesti propri evitando l’autoreferenzialità.
È soltanto la “formazione” che potrà aiutare i membri della congregazione somasca a non ricadere nel “carcere” dell’assenza di grazia: un carcere che, il più delle volte, è quello dell’“io individuale” ma che può identificarsi anche nella “comunità”, quando “perde lo slancio verso il futuro e la dinamica della speranza”, può addirittura diventarlo “l’intero Istituto se si accontenta di se stesso e dei propri ‘successi’ e non respira più insieme al popolo di Dio, alla Chiesa o al mondo a cui è mandato e per cui è sorto”.