I civili sono le principali vittime delle guerre di oggi nell’indifferenza della comunità internazionale. Una forte denuncia quella di mons. Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, pronunciata ieri durante il dibattito del Consiglio di Sicurezza sulla protezione dei civili nei conflitti armati.
Nel suo intervento – riportato dalla Radio Vaticana – l’arcivescovo ha ricordato che, all’inizio del ‘900, i civili uccisi nei conflitti armati erano pari al 5 % della popolazione; negli anni ’90, la percentuale ha superato il 90%. Colpa di costante aumento di “attacchi deliberati ed indiscriminati” contro civili innocenti, ha affermato il presule, spiegando come tale “tristissimo sviluppo” comporta conseguenze a livello mondiale: “enormi quantità di vittime civili, inclusi i bambini; migrazioni di massa; crisi dei rifugiati; la distruzione intenzionale di infrastrutture mediche e civili, come le scuole; l’uso di civili come armi da guerra attraverso la loro privazione di cibo e di prime necessità, il totale disprezzo della sicurezza di operatori umanitari e giornalisti; le nette violazioni della legge internazionale umanitaria”.
La responsabilità di tutto questo, ha ribadito l’osservatore vaticano, riguarda “l’intera comunità internazionale, implicata in tali crimini odiosi con il silenzio o l’indifferenza”, oppure con la produzione e la fornitura di armi o ancora con la loro vendita, sia legale che al mercato nero. Una responsabilità che “va ben oltre il massacro diretto di civili”.
“Nessuno rimanga indifferente di fronte a tale tragedia” ed “agisca con la massima urgenza” è stato quindi l’appello di Auza, che ha suggerito sei particolari soluzioni. In primo luogo, “denunciare senza eccezioni e nel modo più forte possibile questa barbarie”; poi che la comunità internazionale “faccia tutto il possibile per porre fine a questi crimini, anche con l’utilizzo legittimo della forza, così da bloccare le atrocità di massa ed i crimini di guerra”.
In terzo luogo, è necessario, secondo il presule, un rafforzamento ed una maggiore implementazione degli strumenti e delle disposizioni varate dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu per “proteggere i civili nei conflitti armati ed assicurare alla giustizia i responsabili di tali crimini”. Tuttavia – ha affermato – “la comunità internazionale ed i singoli Stati devono avere la volontà e la disponibilità ad usare tale strumenti”. Negli ultimi due suggerimenti, infine, l’osservatore permanente ha chiesto l’accertamento delle responsabilità e ribadisce che “le popolazioni civili colpite dai crimini di guerra meritano tutto l’aiuto possibile”.
A nome di Papa Francesco, poi, mons. Auza si è detto grato ai Paesi come Libano, Giordania, Italia, Grecia e Turchia e tutte le comunità e gli individui che “tendono una mano in segno di solidarietà all’umanità sofferente”, “sforzandosi ed impegnandosi a salvare vite umane”. Di fronte alla sfida di “movimenti di massa di migranti e rifugiati”, ha però aggiunto, occorre l’aiuto “dell’intera comunità internazionale”, perché “problemi interdipendenti possono essere risolti solo ristabilendo la pace attraverso il dialogo ed i negoziati”, così da evitare di “ricorrere ancora una volta alla guerra”.
“Vincere il male con il bene – è stata quindi l’esortazione conclusiva dell’arcivescovo – combattendo l’indifferenza con la solidarietà ed guardando oltre i meri interessi nazionali e geopolitici, così da risparmiare al mondo il flagello bellico”.
Nel suo intervento – riportato dalla Radio Vaticana – l’arcivescovo ha ricordato che, all’inizio del ‘900, i civili uccisi nei conflitti armati erano pari al 5 % della popolazione; negli anni ’90, la percentuale ha superato il 90%. Colpa di costante aumento di “attacchi deliberati ed indiscriminati” contro civili innocenti, ha affermato il presule, spiegando come tale “tristissimo sviluppo” comporta conseguenze a livello mondiale: “enormi quantità di vittime civili, inclusi i bambini; migrazioni di massa; crisi dei rifugiati; la distruzione intenzionale di infrastrutture mediche e civili, come le scuole; l’uso di civili come armi da guerra attraverso la loro privazione di cibo e di prime necessità, il totale disprezzo della sicurezza di operatori umanitari e giornalisti; le nette violazioni della legge internazionale umanitaria”.
La responsabilità di tutto questo, ha ribadito l’osservatore vaticano, riguarda “l’intera comunità internazionale, implicata in tali crimini odiosi con il silenzio o l’indifferenza”, oppure con la produzione e la fornitura di armi o ancora con la loro vendita, sia legale che al mercato nero. Una responsabilità che “va ben oltre il massacro diretto di civili”.
“Nessuno rimanga indifferente di fronte a tale tragedia” ed “agisca con la massima urgenza” è stato quindi l’appello di Auza, che ha suggerito sei particolari soluzioni. In primo luogo, “denunciare senza eccezioni e nel modo più forte possibile questa barbarie”; poi che la comunità internazionale “faccia tutto il possibile per porre fine a questi crimini, anche con l’utilizzo legittimo della forza, così da bloccare le atrocità di massa ed i crimini di guerra”.
In terzo luogo, è necessario, secondo il presule, un rafforzamento ed una maggiore implementazione degli strumenti e delle disposizioni varate dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu per “proteggere i civili nei conflitti armati ed assicurare alla giustizia i responsabili di tali crimini”. Tuttavia – ha affermato – “la comunità internazionale ed i singoli Stati devono avere la volontà e la disponibilità ad usare tale strumenti”. Negli ultimi due suggerimenti, infine, l’osservatore permanente ha chiesto l’accertamento delle responsabilità e ribadisce che “le popolazioni civili colpite dai crimini di guerra meritano tutto l’aiuto possibile”.
A nome di Papa Francesco, poi, mons. Auza si è detto grato ai Paesi come Libano, Giordania, Italia, Grecia e Turchia e tutte le comunità e gli individui che “tendono una mano in segno di solidarietà all’umanità sofferente”, “sforzandosi ed impegnandosi a salvare vite umane”. Di fronte alla sfida di “movimenti di massa di migranti e rifugiati”, ha però aggiunto, occorre l’aiuto “dell’intera comunità internazionale”, perché “problemi interdipendenti possono essere risolti solo ristabilendo la pace attraverso il dialogo ed i negoziati”, così da evitare di “ricorrere ancora una volta alla guerra”.
“Vincere il male con il bene – è stata quindi l’esortazione conclusiva dell’arcivescovo – combattendo l’indifferenza con la solidarietà ed guardando oltre i meri interessi nazionali e geopolitici, così da risparmiare al mondo il flagello bellico”.