Nei tempi della famosa contestazione che il ’68 ha portato anche in convento, anch’io me ne sono lasciato contagiare. Era quasi un diritto contestare tutto e tutti, particolarmente quelli che rivestivano una certa autorità. Anch’io smaniavo di rivendicare il diritto alla mia libertà.
Una delle grosse paure, era di essere cambiato di convento. Soffrivo perché volevo che i miei diritti fossero rispettati. Chiedevo di poter fare, come tutti gli altri del resto, quello che volevo. Esigevo libertà che è rispetto dei propri diritti.
Ma mentre esprimevo al mio superiore questi desideri, sentivo una forte contraddizione in me. Fino a maturare la convinzione che il cristiano gode d’un diritto che supera tutti i diritti. Ed è un diritto che nessuno gli può ledere o togliere: il diritto di amare chi gli toglie la vita.
Da qui la scoperta di poter godere della più grande libertà, quella che Gesù in croce mi segnala: Dono la vita per te che me la stai togliendo.
E’ stata la volta in cui ho corretto le mie espressioni scrivendo al mio superiore: “Mi mandi pure dove vuole: ovunque andrò potrò sempre fare quello che voglio, perché quello che unicamente voglio è fare la volontà di Dio”.
Ciao da p. Andrea
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Ciò che voglio
… è fare la volontà di Dio