“Aspettando Godot”: quando l’assurdo… ha un senso

Fino al 24 gennaio in scena al Teatro Parioli, il capolavoro di Beckett diretto da Maurizio Scaparro

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Tutti noi, in qualche situazione, ci siamo trovati almeno una volta ad aspettare e auspicare l’arrivo di qualcuno: un deus ex machina, che risolva i nostri problemi. Un po’ come avviene in Aspettando Godot, opera drammatica composta nel secondo dopoguerra e rappresentata a Parigi per la prima volta nel 1953, dal premio Nobel per la letteratura, Samuel Beckett che era, forse, anche lui in attesa di speranza e di un “salvatore”.
Questa pièce in scena al Teatro Parioli di Roma fino al 24 gennaio, secondo una definizione della critica dell’epoca, è definito “teatro dell’assurdo”, per quanto, a pensarci bene, più di un senso sembra celare “il non-sense” dei discorsi tra i due protagonisti: Didi (Vladimiro) e Gogo (Estragone). L’illogicità dei dialoghi tra i due protagonisti, in attesa dello sconosciuto Godot, per ore, nell’aperta campagna inglese, sotto a un salice piangente, rievoca l’insegnamento del maestro e amico di Beckett, James Joyce e del suo Ulisse, come la descrizione del rapporto simbiotico tra i due personaggi ricorda il loro legame.
La parola, ormai è deprivata di significato, “mero suono, pura forma, utilizzata per passare il tempo, per ammazzare la noia”. Ed è proprio la noia che fa riferimento a un altro grande intellettuale di quegli anni: l’esistenzialista Jean Paul Sartre, che poco prima, nel 1938, pubblica La nausea, un romanzo filosofico che indaga lo stato d’animo collegato alla noia esistenziale, alla solitudine, all’apatia e all’afasia. Con umorismo malinconico, di questo parlano Didi e Gogo, che dopo 50 anni uniti, vorrebbero farla finita, “impiccarsi, perché non ne possono più di stare insieme e della solita vita, ma non riescono neppure a separarsi per un attimo”.
La loro interdipendenza e la loro immobilità esistenziale è qui perfettamente resa dalla sublime performance della coppia Antonio Salines e Luciano Virgilio, egregi nel convincere il pubblico, pur nell’assurdità e nella futilità dei discorsi. Il merito è anche della direzione esperta del critico teatrale e regista Maurizio Scaparro, una vita spesa nel teatro, a guidare importanti strutture come l’Eliseo e ad adattare grandi classici moderni da Flaubert a Pirandello, spesso al fianco di Massimo Ranieri.
A Milano, nel novembre 2014 si è tenuto il suo debutto con Aspettando Godot, che ha registrato il tutto esaurito sin dalla prima serata. Lo stesso è avvenuto al teatro Parioli di Roma, dove, tra il pubblico, non sono passate inosservate personalità politiche di ieri e di oggi, tra cui Fausto Bertinotti e Gianni Letta e i tanti amici attori, una su tutti, la bravissima e affascinante Lina Sastri.
Un tripudio di applausi e di convivialità: una pièce dall’effetto comico, ma densa di significati, che ci invita a riflettere sulla mera essenza dei nostri gesti, e soprattutto sull’abuso della parola. Perché come sostiene Samuel Beckett: “Tutti nasciamo matti, ma qualcuno poi lo rimane”.
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Al Teatro Parioli Peppino De Filippo, fino al 24 gennaio
Aspettando Godot
di Samuel Beckett
per la regia di Maurizio Scaparro
Con Antonio Salines, Luciano Virgilio, Edoardo Siravo, Enrico Bonavera

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Rita Ricci

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