La mancanza di sicurezza minaccia i cristiani dell'Iraq

Denuncia dell’Arcivescovo di Kirkuk, monsignor Sako

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KÖNIGSTEIN, giovedì, 27 agosto 2009 (ZENIT.org).- Secondo l’Arcivescovo di Kirkuk (Iraq), monsignor Louis Sako, il futuro del cristianesimo iracheno è a rischio e le speranze di un nuovo inizio dopo la caduta di Saddam Hussein sono svanite.

In un’intervista rilasciata all’associazione caritativa internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), il presule ha affermato che la fiducia dei fedeli nel futuro è compromessa da quello che ha descritto come un peggioramento della situazione relativa alla sicurezza.

Spiegando che i cristiani sono “bersagli facili per i criminali” vista la mancanza di protezione da parte delle forze di sicurezza, l’Arcivescovo ha sottolineato che sempre più fedeli lasciano il Paese.

Attualmente, ha ricordato, nel sud dell’Iraq ci sono solo 300 famiglie cristiane e meno di 400.000 fedeli in tutto il Paese, contro i 750.000 del decennio scorso.

Monsignor Sako ha criticato aspramente il sistema di sicurezza del Paese, definendolo “inefficace” e “non professionale”.

“Sono più che mai pessimista”, ha ammesso. “Non vedo segni di speranza per il futuro”.

“Stiamo sperimentando giorni molto duri – ha aggiunto -. Ogni gruppo coinvolto in attività criminale sembra attivo”. “Il Governo e la polizia stanno facendo del proprio meglio, ma non sono capaci di controllare la situazione”.

La situazione di insicurezza riguarda tutto l’Iraq, ha dichiarato. “Ogni giorno ci sono esplosioni – a Baghdad, a Mosul, in molti posti diversi”.

Negli ultimi giorni un padre di famiglia cristiano è stato ucciso e un medico è stato rapito mentre tornava a casa. Il mese scorso i militanti hanno condotto attacchi contro sette chiese di Baghdad, uccidendo e ferendo dozzine di persone, mentre la settimana scorsa negli attacchi sferrati in più luoghi della capitale irachena sono state uccise in un solo giorno quasi 100 persone e ne sono state ferite più di 500.

“L’Iraq sta andando verso l’islam radicale”, ha avvertito l’Arcivescovo Sako.

I cristiani, ha aggiunto, sono un bersaglio per gli estremisti non tanto per la loro religione, ma perché sono ritenuti incapaci di difendersi.

“In questo clima, la popolazione cristiana ha paura. E’ davvero preoccupata. Nonostante ciò che diciamo, incoraggiandole a restare, le persone vogliono andarsene”.

La gente, sostiene monsignor Sako, è molto delusa anche dai politici. A suo avviso, i Paesi occidentali dovrebbero esercitare pressioni sui gruppi politici iracheni perché si riconcilino per cercare di ridurre il conflitto e ripristinare l’ordine e la legge.

“Non ci può essere sicurezza senza un’autentica riconciliazione – ha dichiarato -. Gli unici che sembrano beneficiare dalla situazione al momento sono i criminali, e questo deve cambiare”.

L’Arcivescovo ha anche sottolineato l’importanza dell’operato interreligioso, definendolo fondamentale per la coesistenza tra cristiani e musulmani.

Le iniziative interreligiose in cui è stato coinvolto a Kirkuk – ad esempio una cena che ospita per il Ramadan questa settimana – non vengono replicate in altre zone del Paese, e queste esperienze coinvolgono “individui” anziché “grandi gruppi”.

Allo stesso modo, ha concluso monsignor Sako, i leader della Chiesa e i politici cristiani non stanno facendo abbastanza per collaborare per far fronte ai problemi comuni.

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ZENIT Staff

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