Il potenziale cattolico dell'immigrazione ispanica

Una forza rivitalizzatrice per la Chiesa

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di Carl Anderson

NEW HAVEN (Connecticut, Stati Uniti), giovedì, 27 agosto 2009 (ZENIT.org).- Il futuro della Chiesa dipende in buona parte dagli ispanici, soprattutto negli Stati Uniti, sostiene Carl Anderson.

Il cavaliere supremo dei Cavalieri di Colombo e autore di bestseller secondo la classifica del New York Times riconosce in un’analisi realizzata per ZENIT che alcuni giorni fa si è trovato “faccia a faccia” con il futuro della Chiesa cattolica negli Stati Uniti.

“Tra le oltre 20.000 persone che riempivano il padiglione Jobing.com Arena di Glendale, in Arizona, per rendere omaggio a Nostra Signora di Guadalupe l’8 agosto, ho visto insieme la Chiesa del domani e l’unità che Nostra Signora di Guadalupe offre alla Chiesa e al continente americano”, ha ammesso.

L’evento era promosso dai Cavalieri di Colombo, il movimento cattolico più numeroso del mondo, dalla Diocesi di Phoenix, dall’Arcidiocesi di Città del Messico e dall’Istituto Superiore di Studi Guadalupani, e ha riunito persone diverse tra loro, molte delle quali ispaniche.

“Come ho detto a quanti erano lì riuniti, il futuro della Chiesa dipenderà, in gran parte, dall’influenza degli immigrati ispanici e, a sua volta, si vedrà influenzato dall’accoglienza che questi immigrati riceveranno dai cattolici che già vivono negli Stati Uniti”, ha spiegato Anderson.

“Questi immigrati non sono qualcosa di astratto – sottolinea -. Sono i nostri compagni di parrocchia e la promessa di essere sempre più numerosi in futuro”.

“Nella Chiesa, dovremmo pensare agli ispanici come alla mitica Fenice, l’uccello che rinasce ogni 500 anni. Circa 500 anni dopo che Nostra Signora di Guadalupe ha trasformato questo continente, le nostre sorelle e i nostri fratelli ispanici rappresentano la possibilità di una rinascita e di una rivitalizzazione del cattolicesimo negli Stati Uniti”.

Secondo la Conferenza Episcopale USA, dal 1960 il 71% della crescita della Chiesa cattolica negli Stati Uniti è stata ispanica. Gli ispanici rappresentano attualmente più del 35% di tutti i cattolici degli Stati Uniti, e la percentuale sta aumentando.

“Oggi, cinque secoli dopo che Nostra Signora di Guadalupe è apparsa a Juan Diego e ha portato una nuova vita spirituale sulle rovine di un impero devastato, gli ispanici hanno preso la sua immagine e il suo messaggio e hanno respirato una vita rinnovata nella Chiesa degli Stati Uniti”.

“Noi cattolici statunitensi abbiamo la grande responsabilità di partecipare a questo processo – dichiara Anderson -. Non possiamo essere spettatori, ma partecipanti attivi”.

“Il modo in cui noi cattolici accoglieremo gli immigrati segnerà fortemente il tipo di futuro comune, sia della Chiesa che della Nazione. Senza il nostro aiuto e il nostro sostegno, possiamo aspettarci che gli immigrati ispanici di oggi siano i genitori cattolici del domani?”, si chiede il cavaliere supremo.

Gli ispanici, ricorda, rappresentano più della metà dei cattolici di età inferiore ai 25 anni.

“La Chiesa cattolica negli Stati Uniti ha un grande potenziale per essere un modello di unità nel crocevia di frontiere, basata sulla fede condivisa. Ciò richiederà sacerdoti e laici che lavorano insieme per trovare vie per raggiungere e integrare i cattolici ispanici”.

“Un cattolico su cinque negli Stati Uniti è un immigrato ispanico: questa è una realtà che non possiamo ignorare”, ha ammesso Anderson.

“Come cittadini di un continente che è ‘un continente di cristiani battezzati’, dobbiamo ricordare che, come Nostra Signora di Guadalupe ci indica suo Figlio, ci indica anche l’unità in Lui, e per i cattolici questa unità di fede deve attraversare le frontiere”.

“Benedetto XVI afferma nella sua prima Enciclica, Deus Caritas est: ‘L’affermazione dell’amore di Dio diventa una menzogna, se l’uomo si chiude al prossimo o addirittura lo odia’”.

Come cattolici, sottolinea il cavaliere supremo, “ciò significa che dobbiamo amare tutti: l’immigrato, il concepito, l’handicappato mentale”.

“Non siamo chiamati a far nulla che nostra madre – Nostra Signora di Guadalupe – non abbia già fatto. Ella è apparsa a Juan Diego, un umile indio. E’ apparsa come una meticcia, un’unione di cultura, europea e nativa americana”,

“Seguendo il suo esempio, dobbiamo abbracciare i nostri fratelli e le nostre sorelle immigrati cattolici, rendendoci conto che hanno una grande dignità come persone, e che, attraverso le Americhe, tutti condividiamo un vincolo trascendente: un legame di fede”.

Negli Stati Uniti, ha osservato, le chiese “stanno fiorendo, rivitalizzate dalla presenza dei cattolici ispanici che hanno vissuto per molto tempo con la Madonna in casa propria. Come molte generazioni di immigrati europei prima di loro, hanno portato una fede profonda e fresca negli Stati Uniti”.

“Il fatto che la fede svanisca o fiorisca dipenderà da noi, cattolici che già eravamo negli Stati Uniti, che siamo figli di generazioni precedenti di immigrati cattolici”, ha concluso il cavaliere supremo.

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ZENIT Staff

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