Dopo Pacs e Dico, il mondo cattolico boccia i “Cus”

ROMA, domenica, 15 luglio 2007 (ZENIT.org).- Giovedì 12 luglio, il senatore Cesare Salvi – relatore e presidente della commissione Giustizia del Senato –, ha presentato al comitato ristretto un nuovo modello di unioni civili, il cosiddetto contratto di unione solidale (Cus), per raccogliere un consenso più ampio rispetto al testo del Governo sui Dico.

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Si tratta di un contratto per la vita in comune sottoscritto da due persone, anche dello stesso sesso, di stato libero. Il “Cus” può essere stipulato solo da cittadini regolarmente soggiornanti in Italia e andrebbe registrato dal giudice di pace, presso il quale dovrebbe essere istituto un apposito registro.

La proposta del senatore Salvi ha scatenato immediate reazioni. Bocciato in maniera decisa dall’opposizione politica, la proposta dei “Cus” ha trovato anche l’opposizione della Chiesa e del mondo cattolico.

Contro questa nuova forma di famiglia “fai da te”, il Cardinale Ersilio Tonini, Arcivescovo emerito di Ravenna, ha affermato: “Occorre studiare a fondo il testo, però in alcuni aspetti i ‘Cus’ non mi sembrano accettabili. Da una parte è un tentativo di ridurre la questione a diritto privato e questo è positivo, però in alcune forme non sono condivisibili”.

Tutti contrari ai “Cus” i relatori del III Laboratorio della Fondazione Sublacense “Vita e Famiglia”, che si è svolto a Subiaco dal 13 al 15 luglio.

“Ieri i Dico, oggi i Cus – ha detto Marcello Pera –: sono entrambi l’effetto di un laicismo vittorioso”.

L’ex presidente del Senato ha sostenuto che “le unione omosessuali sono il risultato di un laicismo estremo, da non confondere con la laicità, la sana e corretta laicità, per cui tutte le scelte dell’individuo hanno una giustificazione soltanto individuale. Questa è soltanto una pretesa che però sta producendo questi ed altri effetti negativi nel tessuto umano e sociale”.

Per Pera, “il laicismo è essenzialmente antireligioso perché relega tutte le fedi nel privato”.

Luisa Santolini, già presidente del Forum delle famiglie, ha sottolineato che non c’è alcun bisogno dei “Cus”. “C’è un’élite politica che insiste a pensare che questa sia una priorità e continua a sfornare proposte senza rendersi conto che il Paese aspetta altre risposte”, ha rilevato.

Savino Pezzotta, già portavoce del Family Day, ha commentato che “la nuova proposta dei Cus non tiene conto della piazza del 12 maggio, una delle più grandi manifestazioni laiche degli ultimi anni”.

L’ex segretario generale della Cisl ha spiegato che “si è andati in piazza per sostenere che la famiglia deve avere una rilevanza sociale e civile, e pertanto il riferimento non è ad una visione particolare ed intimistica della famiglia, ma al bene comune e il bene comune dovrebbe sempre essere l’unico e discriminante criterio dell’azione sociale, economica, politica e legislativa”.

Da parte sua Laura Palazzani, docente di Filosofia del Diritto alla Lumsa, ha spiegato che “la deriva verso forme alternative al matrimonio è il trionfo del cosiddetto paradigma dell’indifferenze, di quelle teorie cioè che affermano la priorità della scelta personale rispetto alla natura”.

La docente della Lumsa ha aggiunto che “il matrimonio tra uomo e donna è la condizione di possibilità di identità dell’uomo e della convivenza sociale. Grazie all’unione uomo e donna è possibile l’apertura al matrimonio e all’ordine delle generazioni”.

Presente a Subiaco anche la senatrice Paola Binetti, la quale ha manifestato ad “Avvenire” la sua bocciatura dei “Cus”, spiegando che “la cosa interessante delle altre piazze è il loro riferimento costante e continuo ad essere ‘come famiglia’. Quindi esiste anche dall’altra parte questa nostalgia di famiglia, solo che in certi momenti assume un carattere oppositivo: c’è una sorta di desiderio di distruggere un bene che non si possiede e che si desidera per sé”.

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ZENIT Staff

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