Si tratta di questioni di proprietà e imposte pendenti perché la Chiesa possa contare su una sicurezza giuridica e fiscale tale da permetterle di svolgere tranquillamente il suo operato.
Sostanzialmente, la Chiesa Cattolica in Israele chiede la riconferma delle storiche esenzioni fiscali, che già possedeva al momento della nascita dello Stato di Israele e che secondo le Nazioni Uniti dovevano essere onorate dallo Stato ebraico.
A dare la notizia è stata, questo giovedì, la “Radio Vaticana”, sottolineando che le delegazioni si sono incontrate in un clima costruttivo per poter concludere l’accordo in tempi brevi.
Il 30 dicembre 1993 la Santa Sede e lo Stato di Israele hanno firmato un Accordo – il “Fundamental Agreement” – che enuncia i principi regolatori delle relazioni tra la Chiesa e lo Stato. La loro applicazione è stata rimandata a dopo la firma di una serie di accordi complementari – da negoziare in seguito – volti ad assicurare la libertà e i diritti della Chiesa in territorio israeliano.
In varie occasioni, alcuni organismi di giurisdizione israeliani hanno negato valore esecutivo al “Fundamental Agreement”. Il 28 agosto 2003 Israele ha ritirato senza spiegazioni la propria delegazione dai negoziati con la Santa Sede mentre si svolgevano i lavori per giungere ad un accordo sulla tutela delle proprietà ecclesiastiche e lo statuto fiscale. Il 5 agosto 2004 sono riprese a Gerusalemme le conversazioni.
I negoziati hanno prodotto finora un unico accordo nel 1997, ovvero il riconoscimento civile della personalità giuridica della Chiesa e degli enti ecclesiastici (“Legal Personality Agreement”), ratificato da Israele il 16 dicembre 1998, ma non ancora trasformato in legge statale.
Il cosiddetto “Economic Agreement” è prescritto dall’art. 10 del “Fundamental Agreement”.
Le due parti hanno deciso di incontrarsi nuovamente a Gerusalemme il 3 settembre 2007.
