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Cari Fratelli nell’Episcopato,
1. In questo incontro collettivo della vostra visita ad limina Apostolorum provo la gioia di condividere la stessa fede in Gesù Cristo, che accompagna il nostro cammino e che è vivo e presente nelle comunità affidate alla vostra sollecitudine pastorale. Rivolgo il mio affettuoso saluto a voi e anche alle Chiese diocesane che presiedete con tanta dedizione e generosità.
Ringrazio Monsignor Ramón Benito de la Rosa y Carpio, Arcivescovo di Santiago de los Caballeros e Presidente della Conferenza dell’Episcopato Dominicano, per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome di tutti. Allo stesso tempo, mi sento molto unito alle vostre preoccupazioni e ai vostri aneliti, e prego Dio perché questa visita a Roma sia fonte di benedizioni per tutti i sacerdoti, le comunità religiose e gli agenti di pastorale che collaborano con voi in mezzo all’amato popolo dominicano, consapevoli delle sfide del mondo globalizzato che influiscono sul tempo attuale.
2. Nei resoconti quinquennali ho potuto constatare che la vostra Chiesa è una comunità viva, dinamica, partecipativa ed evangelizzatrice. Si sente interpellata dal mandato di Gesù di annunciare il Vangelo a ogni creatura (cfr Mc 16, 15) e si sforza affinché questo annuncio giunga a tutti gli uomini. Per raggiungere questa meta il messaggio deve essere chiaro e preciso affinché la parola di vita proclamata divenga adesione personale a Gesù, nostro Salvatore. Per questo, “urge ricuperare e riproporre il vero volto della fede cristiana, che non è semplicemente un insieme di proposizioni da accogliere e ratificare con la mente. È invece una conoscenza vissuta di Cristo, una memoria vivente dei suoi comandamenti, una verità da vivere” (Veritatis splendor, n. 88).
3. L’obiettivo principale del vostro ministero pastorale deve essere che la verità su Cristo e la verità sull’uomo penetrino più profondamente ancora nei diversi strati della società dominicana, poiché “non c’è vera evangelizzazione se il nome, l’insegnamento, la vita, le promesse, il Regno, il mistero di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio, non siano proclamati” (Evangelii nuntiandi, n. 22). Questa opera, non esente da difficoltà, si svolge in mezzo a un popolo dallo spirito aperto e sensibile alla Buona Novella. È certo che nel vostro Paese si percepiscono anche i sintomi di un processo di secolarizzazione in cui per molti Dio non rappresenta più l’origine e la meta, e neanche il significato ultimo della vita. Tuttavia, in fondo, come sapete bene, questo popolo ha un’anima profondamente cristiana. Ne sono prova le comunità ecclesiali vive e operanti, dove tante persone, famiglie e gruppi si sforzano di vivere e di rendere testimonianza della loro fede.
4. La nuova evangelizzazione ha anche come obiettivo principale la famiglia. Questa è la vera “Chiesa domestica”, soprattutto quando è frutto delle comunità cristiane vive dalle quali nascono giovani con autentica vocazione al sacramento del matrimonio. Le famiglie non sono sole dinanzi alle grandi sfide che devono affrontare; la comunità ecclesiale le sostiene, le anima nella fede e salvaguarda la loro perseveranza in un progetto cristiano di vita esposto spesso a tante vicissitudini e pericoli. La Chiesa auspica che la famiglia sia veramente l’ambito in cui la persona nasce, cresce e si educa per la vita, e in cui i genitori, amando con tenerezza i propri figli, li preparano a stabilire sane relazioni interpersonali che incarnino i valori morali e umani in una società tanto segnata dall’edonismo e dall’indifferenza religiosa.
Allo stesso tempo, le Comunità ecclesiali, in collaborazione con le istanze pubbliche, veglieranno per salvaguardare la stabilità della famiglia e per favorire il suo sviluppo spirituale e materiale, il che porterà a una migliore formazione dei figli. Perciò, è auspicabile che le Autorità del vostro amato Paese collaborino sempre più a questo irrinunciabile compito di lavorare a favore delle famiglie. Così lo ha messo in evidenza il mio Predecessore nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1994: “La famiglia ha diritto a tutto il sostegno dello Stato per svolgere appieno la propria peculiare missione” (n. 5). Non ignoro tuttavia le difficoltà che l’istituzione familiare incontra nella vostra Nazione, in particolare con il dramma del divorzio e le pressioni per legalizzare l’aborto, e anche per la diffusione di unioni non conformi al disegno del Creatore sul matrimonio.
5. So che vi preoccupate in modo speciale delle vocazioni sacerdotali per potere soddisfare tutte le necessità diocesane. In effetti, la promozione delle vocazioni sacerdotali e religiose deve essere una priorità dei Vescovi e un impegno di tutto il popolo dei fedeli. Per questo chiedo ferventemente al Padrone della Messe che continuino a recarsi nei vostri seminari – che devono essere il cuore della Diocesi (cfr Optatam totius, n. 5) – numerosi candidati al sacerdozio per servire un giorno i loro fratelli come “ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio” (1 Cor 4, 1). Oltre a una formazione integrale, si richiede un profondo discernimento sull’idoneità umana e cristiana dei seminaristi, per assicurare nel miglior modo possibile il degno svolgimento del loro futuro ministero.
Tenendo conto che “la fisionomia del presbiterio è … quella di una vera famiglia” (Pastores dabo vobis, n. 74), è auspicabile che i vincoli di carità fra il Vescovo e i suoi sacerdoti siano molto forti e cordiali. Se i giovani vedono che i presbiteri vivono una vera spiritualità di comunione attorno al loro Vescovo, dando testimonianza di unione e di carità fra di loro, di generosità evangelica e di disponibilità missionaria, si sentiranno maggiormente attratti dalla vocazione sacerdotale. È di somma importanza che il Vescovo presti particolare attenzione ai suoi principali collaboratori, i sacerdoti (cfr Presbyterorum ordinis, n. 8), mostrandosi equanime nel contatto con essi, vicino ai loro bisogni personali e pastorali, paterno verso le loro difficoltà e animatore costante delle loro attività e sforzi, e che nel contesto della nuova evangelizzazione li spinga ad andare incontro a quanti si sono allontanati.
6. Il motto di quest’anno del Terzo Piano di Pastorale, “Discepolo del Signore, accoglie chi è vicino e cerca chi è lontano”, ha una vasta proiezione nel complesso campo della migrazione che coinvolge tante famiglie. Sforzatevi di assistere i gruppi di dominicani all’estero, ma vi invito anche di tutto cuore ad assistere con grande carità, come già state facendo, gli immigrati haitiani che hanno lasciato il proprio Paese alla ricerca di migliori condizioni di vita per loro e per le proprie famiglie. Sono lieto di constatare che avete già stabilito contatti con i fratelli Vescovi di Haiti per cercare di alleviare la situazione di povertà, e persino di miseria, che offende la dignità di tante persone di questa Nazione sorella.
7. Nel vostro ministero episcopale molte di queste sfide pastorali sono strettamente legate all’evangelizzazione della cultura, la quale deve promuovere i valori umani ed evangelici in tutta la loro integrità. L’ambito della cultura è uno degli “areopaghi moderni”, nei quali deve rendersi presente il Vangelo con tutta la sua forza (cfr Redemptoris missio, n. 37). In questo compito non si può prescindere dai mezzi di comunicazione sociale: radio, produzioni televisive, video e reti informatiche possono essere di grande utilità per un’ampia diffusione del Vangelo.
8. Questo è un impegno che riguarda in modo particolare i laici, poiché è proprio della loro missione “assumere il rinnovamento dell’ordine temporale come compito proprio e in esso, guidati dalla luce del Vangelo e dal pensiero della Chiesa e mossi dalla carità cristiana, operare direttamente e in modo concreto” (Apostolicam actuositatem, n. 7). Per questo è necessario offrire loro una formazione religiosa adeguata, che li renda capaci di affrontare le numerose sfide della società attuale. A essi s
petta promuovere i valori umani e cristiani affinché illuminino la realtà politica, economica e culturale del Paese, al fine di instaurare un ordine sociale più giusto ed equo, secondo la Dottrina Sociale della Chiesa. Allo stesso tempo, coerentemente alle norme etiche e morali, devono essere un esempio di onestà e di trasparenza nella gestione delle loro attività pubbliche, dinanzi alla subdola e diffusa piaga della corruzione, che a volte raggiunge anche le aree del potere politico ed economico, oltre agli altri ambiti pubblici e sociali.
I laici devono essere fermento in mezzo alla società, agendo nella vita pubblica per illuminare con i valori del Vangelo i diversi ambiti in cui si forgia l’identità di un popolo. A partire dalle loro attività quotidiane, devono “testimoniare come la fede cristiana costituisca l’unica risposta pienamente valida… dei problemi e delle speranze che la vita pone ad ogni uomo e ad ogni società” (Christifideles laici, n. 34). La loro condizione di cittadini e di seguaci di Cristo non deve indurli a condurre “due vite parallele: da una parte, la vita cosiddetta “spirituale”, con i suoi valori e con le sue esigenze; e dall’altra, la vita cosiddetta “secolare”, ossia la vita di famiglia, di lavoro, dei rapporti sociali, dell’impegno politico e della cultura” (Ibidem, n. 59). Al contrario, devono sforzarsi affinché la coerenza fra la loro vita e la loro fede sia un’eloquente testimonianza della verità del messaggio cristiano.
9. Insieme a voi, desidero affidare tutte queste proposte e aneliti alla Vergine della Altagracia, titolo con cui onorate la vostra Madre e Protettrice della Nazione, affinché continui ad accompagnarvi nella vostra opera pastorale. A Lei vi affido con piena speranza, e al contempo vi imparto la Benedizione Apostolica, che estendo di cuore alle vostre Chiese particolari, ai loro sacerdoti, comunità religiose e persone consacrate, come anche ai fedeli cattolici della Repubblica Dominicana.
[© Copyright 2007 – Libreria Editrice Vaticana]