Commento del Cardinale Pell sul film "La Passione"

“E’ carne forte”, ha affermato il porporato

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SYDNEY, 24 febbraio 2004 (ZENIT.org).- Il Cardinal George Pell, arcivescovo di Sydney, ha scritto un suo commento al film “La Passione di Cristo” apparso sul quotidiano “Sunday Telegraph” (22.02.2004) e sulla pagina web dell’arcidiocesi di Sydney con il titolo “By His Wounds We Are Healed” (“Dalle sue ferite noi siamo guariti”).

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del Cardinale George Pell

Il prossimo mercoledì sarà il Mercoledì delle Ceneri, il giorno in cui il film di Mel Gibson “La Passione” verrà presentato per la prima volta in tutto il mondo, dipingendo le ultimi 12 ore della vita di Gesù Cristo.

Attraverso una combinazione di ostilità anti-religiosa, timore anti-semitico e scaltre operazioni di marketing, “La Passione” ha ricevuto, prima della sua uscita, più pubblicità di quanto molti film abbiano la possibilità di avere durante tutto il loro breve tratto di vita.

Il film è un capolavoro contemporaneo, dal punto di vista artistico e tecnico. Non risulta assurdo compararlo con i dipinti del maestro italiano Caravaggio, per la sua bellezza e il suo dramma.

E’ più spiritualmente genuino, persino più violento ma meno erotico delle tele di Caravaggio.
“La Passione” appartiene alla svolta del XX sec., il più crudele nella storia, a causa della sua violenza, esplicita e costante. La flagellazione è peggiore della crocifissione.

E’ come il film “Braveheart” di Gibson, solo più in questo modo, e allo stesso tempo “confronting” (ti porta, cioè, a metterti faccia a faccia con qualcosa, ndr); un’avvertenza per gli spettatori. In quanto credente, ho trovato il film estenuante. Alcuni che lo hanno visto insieme a me piangevano.

E’ certamente un antidoto per coloro che pensano che la crocifissione fosse come una festicciola per il the del pomeriggio. Gesù non viene banalizzato o reso sentimentale.

Il film non è una trascrizione letterale dei racconti evangelici, ma un’opera d’arte dove il terribile conflitto fra il bene e il male viene illustrato simbolicamente. Il male è personificato da una terrificante figura androgina di donna con una voce da uomo e (ad un certo punto) da un orribile creatura che ha le sembianze di un bambino.

Cristo calpesta un serpente (il tentatore) durante l’agonia nel giardino del Getsemani.

L’eccezionale performance viene da Maia Morgenstern, ebrea di origine rumena, che recita nel ruolo di Maria la madre di Gesù. E’ forte e meravigliosa nella sua sofferenza e tenerezza, una madre convincente per il maestro e il personaggio pubblico che è stato perseguitato.

Gli attori che interpretano il ruolo di Gesù sono parecchio svantaggiati a mio avviso, poichè le esigenze della parte sono impossibili da sostenere. Non avrei attraversato la strada per sentire una qualche figura di Cristo in altri film, ma James Caviezel fa bene Jesù. Se da una parte la dentatura superiore di Gesù non era probabilmente perfetta e bianchissima come la sua, dall’altra ha riverenza per ciò che si sta sforzando di fare e si avvicina al suo ruolo più di qualsiasi altro io abbia visto prima.

Il film non è anti-semita poichè gli eroi Jesù e Maria sono ebrei. Noi siamo testimoni di una terribile disputa all’interno della Comunità Ebraica Palestinese. Nè Jesù, nè nessun altro invoca vendetta. Egli spiega che i suoi aggressori non sanno cosa stanno facendo. Nè il film fa cadere la colpa della morte di Gesù sulla nazione ebraica.

L’Alto Prelato Caiaphas e i suoi sostenitori non sono persone piacevoli, ma normalmente non siamo soliti fare stereotipi o condannare un intero popolo a causa di alcuni farabutti. Questo film non dà alcuna consolazione agli anti-semiti. Nessuno ha accusato il film di essere anti romano, sebbene essi si scoprano i peggiori di tutti.

I tentativi inefficaci di Pilato di liberare Gesù vengono mostrati chiaramente e i soldati romani, o alcuni di loro, sono delle bestie sadiche, non solo nel fare il loro lavoro, ma nel bivaccare nella loro crudeltà.

Il film diverrà popolare, “confronting” e controverso. E’ anni luce lontano da “Jesus Christ Superstar”. Nè è così zucchero e pepe come “Godspell”.

Ogni tipo di persona andrà a vederlo, anche se per ragioni diverse. Alcuni credenti si sentiranno offesi. Molti vedranno la propria fede rafforzata. I non-credenti lo troveranno avvincente, una battaglia primordiale fra il bene e il male. Coloro che sono ancora alla ricerca di qualcosa saranno spinti a riflettere. Ho chiesto che tutti gli studenti più grandi delle scuole cattoliche vengano invitati a vedere il film, ma senza alcuna costrizione.

Aiuterà coloro che non sono addentro a queste cose a comprendere perchè ci sono stati così tanti martiri pronti a morire per Cristo, (più nel XX sec. che in qualsiasi altro) e perchè la cristianità ha ancora un’influenza così profonda su molte culture differenti dopo 2.000 anni. La chiamata a seguire Cristo è personale e originale. Non è mai esistita una moralità medievale che riuscisse ad ottenere un impatto simile a quello del film.

Il sermone più raffinato che io abbia mai udito era stato pronunciato da un laico inglese, Malcolm Muggeridge; ma dopo questo, quello è stato nient’altro che un pallido contributo.

Generazioni di credenti vedranno “La Passione” di Mel Gibson come un classico. Ma è carne forte. Non per i deboli di cuore.

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ZENIT Staff

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