Roma Archives - ZENIT - Italiano https://it.zenit.org/category/rome/ Il mondo visto da Roma Tue, 22 Dec 2020 12:41:41 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.2 https://it.zenit.org/wp-content/uploads/sites/2/2020/07/02e50587-cropped-9c512312-favicon_1.png Roma Archives - ZENIT - Italiano https://it.zenit.org/category/rome/ 32 32 Promulgazione di Decreti della Congregazione delle Cause dei Santi https://it.zenit.org/2020/12/22/promulgazione-di-decreti-della-congregazione-delle-cause-dei-santi-24/ Tue, 22 Dec 2020 12:41:41 +0000 https://it.zenit.org/?p=123574 Udienza al Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi

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Ieri, 21 dicembre 2020, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Durante l’Udienza, il Sommo Pontefice ha autorizzato la medesima Congregazione a promulgare i Decreti riguardanti:

– il martirio del Servo di Dio Rosario Angelo Livatino, Fedele Laico; nato il 3 ottobre 1952 a Canicattì (Italia) e ucciso, in odio alla Fede, sulla strada che conduce da Canicattì ad Agrigento (Italia), il 21 settembre 1990;

– le virtù eroiche del Servo di Dio Vasco de Quiroga, Vescovo di Michoacán; nato verso il 1470 a Madrigal de las Altas Torres (Spagna) e morto a Pátzcuaro (Messico) il 14 marzo 1565;

– le virtù eroiche del Servo di Dio Bernardino Piccinelli (al secolo: Dino), dell’Ordine dei Servi di Maria, Vescovo titolare di Gaudiaba ed Ausiliare di Ancona; nato il 24 gennaio 1905 a Madonna dei Fornelli, frazione di San Benedetto Val di Sambro (Italia) e morto ad Ancona (Italia) il 1° ottobre 1984;

– le virtù eroiche del Servo di Dio Antonio Vincenzo González Suárez, Sacerdote diocesano; nato il 5 aprile 1817 ad Agüimes (Spagna) e morto a Las Palmas (Spagna) il 22 giugno 1851;

– le virtù eroiche del Servo di Dio Antonio Seghezzi, Sacerdote diocesano; nato il 25 agosto 1906 a Premolo (Italia) e morto a Dachau (Germania) il 21 maggio 1945;

– le virtù eroiche del Servo di Dio Bernardo Antonini, Sacerdote diocesano; nato il 20 ottobre 1932 a Cimego (Italia) e morto a Karaganda (Kazakhstan) il 27 marzo 2002;

– le virtù eroiche del Servo di Dio Ignazio Stuchlý, Sacerdote professo della Società di San Francesco di Sales; nato il 14 dicembre 1869 a Bolesław (oggi Polonia) e morto a Lukov (Repubblica Ceca) il 17 gennaio 1953;

– le virtù eroiche della Serva di Dio Rosa Staltari, Religiosa professa della Congregazione delle Figlie di Maria Santissima Corredentrice; nata il 3 maggio 1951 ad Antonimina (Italia) e morta a Palermo (Italia) il 4 gennaio 1974.

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Andrea Riccardi e Marco Impagliazzo: “Roma: La Chiesa e la Città nel XX Secolo” https://it.zenit.org/2020/12/04/andrea-riccardi-e-marco-impagliazzo-roma-la-chiesa-e-la-citta-nel-xx-secolo/ Fri, 04 Dec 2020 16:39:47 +0000 https://it.zenit.org/?p=123442 Comunicato Stampa del Vicariato di Roma

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L’evento, trasmesso in diretta televisiva su Telepace e in streaming sulla pagina Facebook della diocesi, si terrà giovedì 10 dicembre alle ore 17. Interverranno il cardinale ANGELO DE DONATIS, il cardinale PIETRO PAROLIN, don GERARDO CURTO, LINDA GHISONI, ADRIANO ROCCUCCI, UMBERTO GENTILONI SILVERI; modererà monsignor WALTER INSERO. Saranno presenti gli autori ANDREA RICCARDI e MARCO IMPAGLIAZZO

Giovedì 10 dicembre, alle ore 17, nell’Aula della Conciliazione del Palazzo Apostolico Lateranense, sarà presentato il libro “Roma: la Chiesa e la città nel XX secolo”, scritto da ANDREA RICCARDI e da MARCO IMPAGLIAZZO,rispettivamente fondatore e presidente della Comunità di Sant’Egidio. Il volume inaugura una collana di studi storici della diocesi di Roma promossa dal cardinale vicario ANGELO DE DONATIS, intitolata “Roma, Chiesa e città. Una storia contemporanea”, pubblicata dalle Edizioni San Paolo, frutto del cammino pastorale dedicato al fare memoria.

«Ho avvertito la necessità – spiega il vicario – di offrire alla nostra Chiesa diocesana uno strumento di riflessione per riconsiderare gli eventi che viviamo alla luce dell’esperienza religiosa del passato». Si tratta di «un’opera – prosegue il porporato – che ha un carattere di servizio. Cerca, infatti, di aiutare a riscoprire i momenti principali della nostra storia come Chiesa di Roma e di legarli alla vita presente, alle nostre scelte pastorali, al nostro cammino diocesano e al nostro sforzo di comprendere e interpretare i segni dei tempi».

Lungo 250 pagine, il libro è arricchito dalla prefazione del cardinale vicario. «È un’accurata, affidabile ricostruzione storica dell’identità della Chiesa locale di Roma e della configurazione della città fino ai giorni nostri – si legge –, a partire dal 1870 con la fine dello Stato Pontificio e con la scelta di Roma come capitale del nuovo Stato italiano». Nel testo anche preziose immagini fornite dall’Archivio Storico diocesano di Roma, dalla Biblioteca Apostolica Vaticana e dall’Istituto Nazionale di Studi Romani.

Nel rispetto della normativa vigente, la presentazione avverrà senza la presenza di pubblico e potrà essere seguita esclusivamente in diretta televisiva su Telepace (canale 73 e 214 in hd; 515 di Sky) e in streaming sulla pagina Facebook della diocesi di Roma. L’evento sarà aperto dai saluti del cardinale DE DONATIS e di don GERARDO CURTO, superiore provinciale d’Italia dei Paolini; interverranno poi il cardinale PIETRO PAROLIN, segretario di Stato di Sua Santità; LINDA GHISONI, sottosegretario del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita; ADRIANO ROCCUCCI, ordinario di Storia contemporanea a Roma Tre; UMBERTO GENTILONI SILVERI, ordinario di storia contemporanea alla Sapienza. L’incontro sarà moderato da monsignor WALTER INSERO, direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della diocesi di Roma. Alcuni passi del libro verranno letti da MARA SABIA, attrice, e da EMILIO FABIO TORSELLO, giornalista, fondatori del progetto letterario “La setta dei poeti estinti”. Mentre monsignor MARCO FRISINA dirigerà il Coro della diocesi di Roma, che proporrà tre brani legati alla storia e alla devozione della Chiesa di Roma: “O Roma felix”, “Se tu mi ami Simone” e “Totus tuus”.

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L’8 dicembre la solennità dell’Immacolata Concezione: la preghiera di affidamento a Maria da recitare in famiglia https://it.zenit.org/2020/12/03/l8-dicembre-la-solennita-dellimmacolata-concezione-la-preghiera-di-affidamento-a-maria-da-recitare-in-famiglia/ Thu, 03 Dec 2020 11:11:52 +0000 https://it.zenit.org/?p=123421 Comunicato Stampa del Vicariato di Roma

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Il cardinale vicario scrive alle famiglie della diocesi e invia il testo per la preghiera da recitare a casa. Durante la giornata di martedì prossimo i francescani dei Santi XXII Apostoli saranno presenti davanti al monumento a ridosso di piazza di Spagna per supportare quanti vorranno comunque recarsi per un omaggio spontaneo alla Vergine Maria

Martedì 8 dicembre si celebrerà la solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. In vista della giornata, la diocesi di Roma invita a pregare la Vergine Maria a casa propria: il cardinale vicario ANGELO DE DONATIS ha infatti inviato una lettera alle famiglie con la preghiera di affidamento a Maria preparata per l’occasione. Il testo integrale della preghiera è disponibile in allegato: Affidamento delle famiglie a Maria (preghiera)

«Come sapete la festa dell’Immacolata Concezione è molto sentita dagli italiani e in particolare da noi romani – scrive il cardinale DE DONATIS –, soprattutto dai nostri genitori e dai nostri nonni. Allora vi proponiamo per l’8 dicembre di rivolgere una preghiera di affidamento a Maria: in unione con Papa Francesco preghiamo per noi, per le persone che abitano nella nostra città, per la fine della pandemia. Ci mettiamo tutti sotto il manto della Madonna e insieme a lei ci stringiamo al Signore: sentiremo crescere la fraternità con tutti e si rinnoverà la forza per stare in piedi e andare avanti».

Durante la giornata di martedì prossimo, comunque, i francescani della parrocchia dei Santi XII Apostoli assicurano come di consueto la loro presenza nei pressi della colonna di piazza Mignanelli, a ridosso di piazza di Spagna, per quanti vorranno recarsi a rendere un omaggio spontaneo alla Vergine Maria.

I primi saranno, come sempre, i Vigili del fuoco, in onore dei 220 colleghi che l’8 dicembre del 1857 inaugurarono il monumento: alle 7.30 del mattino saliranno fino in cima per deporre la propria ghirlanda di fiori sul braccio della Madonna. La colonna di marmo cipollino è alta 12 metri ed è stata progettata dall’architetto LUIGI POLETTI; sulla sommità svetta la statua mariana in bronzo realizzata dallo scultore GIUSEPPE OBICI. «È importante che i Vigili del fuoco possano compiere questo gesto davvero a nome di tutta la città – riflette il parroco della basilica di piazza Santi Apostoli frate ANIELLO STOIA –, un gesto che si carica di attesa. Chiediamo alla Vergine di intercedere perché possiamo essere liberati da questa situazione, e tornare a vivere in serenità con i nostri cari. È bene rimanere in casa e non assembrarsi nei pressi del monumento, ma se comunque qualcuno si trovasse a passare, noi francescani garantiamo la nostra presenza e una benedizione da lontano».

Nella basilica dei Santi XII Apostoli si tiene, tra l’altro, la più antica novena all’Immacolata di Roma: dal 29 novembre al 7 dicembre, alle ore 17.45, si inizia con la recita del Rosario e il canto delle litanie, a cui segue la Messa delle 18.30 presieduta ogni sera da un cardinale; la conclusione con il canto francescano “Tota Pulchra”.

Oggi interverrà il cardinale LUIS ANTONIO TAGLE, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. Mercoledì 2 dicembre sarà la volta del cardinale LUIS FRANCISCO LADARIA FERRER, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Giovedì 3 dicembre tocca invece al neo cardinale MAURO GAMBETTI, francescano, già Custode del Sacro Convento di Assisi, che ha ricevuto la porpora nel concistoro del 28 novembre. Il giorno successivo celebrerà la Messa il cardinale BENIAMINO STELLA, prefetto della Congregazione del clero; sabato 5 interverrà il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano. Seguirà, domenica 6, il cardinale MAURO PIACENZA, penitenziere maggiore, mentre il cardinale GIANFRANCO RAVASI, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, presiederà lunedì 7 dicembre. La conclusione l’8, con il cardinale GIOVANNI RE, decano del Collegio cardinalizio.

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Fra Carlo María Laborde, guardiano del convento di San Giovanni Rotondo: “Il coronavirus ci ha colpito in pieno” https://it.zenit.org/2020/12/02/fra-carlo-maria-laborde-guardiano-del-convento-di-san-giovanni-rotondo-il-coronavirus-ci-ha-colpito-in-pieno/ Wed, 02 Dec 2020 09:59:11 +0000 https://it.zenit.org/?p=123403 Un intervista di José María Zavala Gasset

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Isolati dalla pazza folla, ora anche a causa della pandemia, Fra Carlo María Laborde grida dalla solitudine della sua cella perché ci uniamo a Cristo in questi tempi difficili, sull’esempio del santo delle stimmate.

Ho conosciuto Frate Carlo più di dieci anni fa, quando andai a scrivere il mio libro su Padre Pio, nel maggio 2010. Era allora superiore del convento di San Giovanni Rotondo e ora ne è il guardiano.

Domanda: Come vivete questi tempi difficili di pandemia nel vecchio convento di Padre Pio?

Risposta: Il coronavirus, che nella prima fase non ci ha colpito, in questa seconda ondata ci ha colpito in pieno. Diversi fratelli della Fraternità dei Cappuccini di San Giovanni Rotondo sono risultati positivi ai test obbligatori. Immediatamente il nostro Arcivescovo Franco Moscone ha deciso di ridurre al minimo le attività nel Santuario, chiudendo il giro dei pellegrini nei luoghi dove visse Padre Pio, compresa la cripta dove sono conservate le sue spoglie mortali. Ora solo vengono celebrate tre messe giornaliere durante la settimana nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie, senza la partecipazione dei fedeli, e solo due messe la domenica con il popolo di Dio presente.

I frati affetti da Covid-19 rimangono isolati, ciascuno nella propria cella, senza contatti personali tra di noi per impedire la diffusione del virus.

Domanda: come si sente dopo essere risultato positivo?

Risposta: Sono stato asintomatico dall’inizio. Quindi, a parte l’isolamento forzato, non ho avuto grossi problemi. Questi giorni di isolamento mi permettono, sì, di dedicare più tempo alla preghiera e alla celebrazione dell’Eucaristia. In un certo senso, vivo un’esperienza dolorosa che, assunta in unione alla Passione di Cristo, mi rende parte del suo grande progetto di redenzione degli uomini.

Domanda: A immagine e somiglianza anche di Padre Pio?

Risposta: In queste dolorose circostanze, Padre Pio ci insegna ad accettare la sofferenza con fede e speranza, sapendo, come afferma l’Apostolo San Paolo, che “tutto porta al bene di chi ama Dio”. Padre Pio diceva che non poteva vedere un fratello soffrire senza che soffrisse anche lui con lui. Così Padre Pio ora ci assicura anche dal Cielo della sua intercessione davanti al Signore affinché possiamo avere la forza di sopportare questa prova e di uscirne con rinnovata fede e speranza.

Domanda: allora la sofferenza ha senso?

Risposta: Padre Pio visse sempre unito alla Passione di Cristo, sforzandosi di assomigliare il più possibile a Gesù Crocifisso. Questo è il senso più profondo delle stimmate che hanno segnato la sua carne per cinquant’anni, rendendolo la perfetta immagine di Cristo Crocifisso.

Padre Pio ci insegna soprattutto ad accettare il dolore come partecipazione alle sofferenze di Gesù Cristo, con spirito di preghiera e amore per i nostri fratelli e sorelle, per diventare quei buoni ‘cirenei’ che lottano per aiutare chi soffre e vive nella solitudine e nell’abbandono. L’ospedale che ha voluto costruire per i poveri e gli ammalati, Casa Sollievo della Sofferenza, è la testimonianza più attendibile di quell’amore che dovrebbe scaturire dal cuore di ogni cristiano innamorato di Dio.

Domanda: Cosa diresti a coloro che non conoscono ancora Padre Pio?

Risposta: In questi tempi di quarantena in cui dobbiamo trascorrere intere giornate a casa, consiglio a chiunque non conosca ancora Padre Pio di leggere una sua biografia per conoscere la sua esperienza di vita, spiritualità e grado di santità che ci incoraggia nella dedizione e fedeltà a Cristo. Il suo spirito di preghiera ci spinge anche a coltivare la speranza, abbandonandoci nelle mani di Dio Padre, che ci ama infinitamente.

Padre Pio ci insegna anche a leggere i segni dei tempi e di capire che questa dolorosa esperienza del coronavirus costituisce una grande opportunità di conversione per correggere la nostra vita e adattarla alla Legge di Dio e allo spirito del Vangelo.

Domanda: Perché è così importante assistere ai sacramenti oggi?

Risposta: Molte persone battezzate che si sono allontanate dalla Chiesa indotte dai media e che accusano la Chiesa che mostra i loro peccati (quelle rughe che sfigurano il suo volto come Sposa di Cristo) devono capire che la Chiesa è anche santa, perché è il Corpo mistico di Cristo, possiede la sua Parola e i sacramenti come segni efficaci della nostra salvezza.

Abbiamo bisogno dei sacramenti. Possa questo tempo complicato aiutarci a cercare la salvezza in Cristo, l’unico Redentore dell’umanità, ieri, oggi e sempre. Ci salva attraverso la sua Chiesa santa, cattolica e apostolica. Padre Pio ci insegna ad amare la Chiesa e di cercare in essa e nei sacramenti la grazia e la forza che ci permettono di sopportare le prove della vita e di santificare tutta la nostra esistenza.

Traduzione di Estefanía Aguirre

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Seminario di studi: “Fratelli tutti” oltre il tempo di crisi https://it.zenit.org/2020/12/01/seminario-di-studi-fratelli-tutti-oltre-il-tempo-di-crisi/ Tue, 01 Dec 2020 12:33:59 +0000 https://it.zenit.org/?p=123397 Comunicato Stampa della Pontificia Università Lateranense

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Alla Lateranense, il 2 dicembre, un seminario per riflettere sull’Enciclica di Papa Francesco “Fratelli tutti: una enciclica oltre il tempo di crisi”. È il titolo del seminario di studi che si svolgerà in diretta streaming dalla Pontificia Università Lateranense mercoledì 2 dicembre alle 15.00.

Promosso dalla Lateranense in collaborazione con la Rappresentanza Pontificia presso FAO, IFAD e PAM, e il Forum Roma delle ONG di ispirazione cattolica, ha per obiettivo l’approfondimento delle tematiche dell’Enciclica che hanno diretto riflesso per la presenza della società civile nella vita internazionale e per la condotta degli Stati. Dai rapporti tra i popoli, al dialogo, all’inclusione solidale, ai processi economici all’insegna della persona, fino alla ricerca del metodo per promuovere dal basso la pace, la sicurezza, lo sviluppo, il rispetto dei diritti fondamentali.

Il webinar, moderato dal Coordinatore del Forum Roma delle ONG cattoliche, Vincenzo Conso, sarà introdotto dal Card. Angelo De Donatis, Vicario del Papa per la Diocesi di Roma e Gran Cancelliere dell’Università, per poi suddividersi in due sessioni tematiche.

Nella prima, intitolata “Camminiamo nella speranza”, interverranno: il Card. Miguel Ángel Ayuso Guixot (Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso), Achim Schütz (teologo, Università Lateranense), Silvina Pérez, (Responsabile dell’edizione in lingua spagnola dell’Osservatore Romano), Alessandra Smerilli (economista, Pontificia Facoltà “Auxilium”) e Paolo Asolan (Preside dell’Istituto Pastorale dell’Università Lateranense).

Ai “Percorsi di un nuovo incontro” è dedicata la seconda sessione, con la partecipazione di: Maximo Torero Cullen (Capo economista della FAO), Onofrio Rota (Segretario Generale FAI-CISL); Carlo Maria Polvani (Sottosegretario aggiunto del Pontificio Consiglio della Cultura); Daniela Ropelato (Vice Preside Istituto Sophia) e Vincenzo Buonomo (Rettore Magnifico dell’Università Lateranense).

Le conclusioni sono affidate a Fernando Chica Arellano, Osservatore permanente della Santa Sede presso la FAO, l’IFAD e il PAM. Nel rispetto della normativa vigente, il seminario si svolgerà senza la presenza di pubblico, ma verrà trasmesso integralmente in diretta sul canale YouTube dell’Università al link: https://www.youtube.com/watch?v=q8rensYY2Rk

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I Protomartiri francescani sono una pagina importante della storia francescana https://it.zenit.org/2020/12/01/i-protomartiri-francescani-sono-una-pagina-importante-della-storia-francescana/ Tue, 01 Dec 2020 12:29:12 +0000 https://it.zenit.org/?p=123391 In occasione dell'ottavo Centenario della loro morte (1220-2020)

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I Protomartiri francescani sono una pagina importante della storia francescana: la loro santità attrasse nei frati Minori sant’Antonio di Padova, fu ammirata da santa Chiara, divenne esempio per il beato Egidio d’Assisi. Eppure la vicenda della loro predicazione in Marocco conclusasi con il martirio pone diverse domande. Considerando ciò in occasione dell’ottavo Centenario della loro morte (1220-2020) si vuole comprendere maggiormente cosa avvenne e il significato che assume oggi per cristiani e mussulmani.
Informazioni sul Convegno I Protomartiri Francescani

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P. Pietro Messa, ofm: La fecondità vocazionale tra papa Francesco e Maria Lorenza Longo https://it.zenit.org/2020/11/27/p-pietro-messa-ofm-la-fecondita-vocazionale-tra-papa-francesco-e-maria-lorenza-longo/ Fri, 27 Nov 2020 12:25:30 +0000 https://it.zenit.org/?p=123376 "Il Signore non solo ama la vita ma vuole che si diffonda"

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Gesù afferma: “Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15,11): in questo modo ha rivelato che il Signore non solo ama la vita ma vuole che si diffonda. Facendosi portatore di tale annuncio papa Francesco ha esortato a vivere “una castità ‘feconda’, una castità che genera figli spirituali nella Chiesa […] è importante questa maternità della vita consacrata, questa fecondità! Questa gioia della fecondità spirituale animi la vostra esistenza; siate madri, come figura di Maria Madre e della Chiesa Madre. Non si può capire Maria senza la sua maternità, non si può capire la Chiesa senza la sua maternità e voi siete icona di Maria e della Chiesa”.

Secoli prima san Girolamo scrivendo alla discepola Eustochio dopo averla richiamata dalle discriminazioni afferma: “Suscitate invece nuove vocazioni! È un onore per le vergini aver attirato altre compagne alla loro vita”.

Tale fecondità spirituale la si può ammirare nella venerabile Maria Lorenza Longo (1462 circa – 1539): infatti tale donna rimasta vedova fondò l’Ospedale degli Incurabili a Napoli per poi ritirarsi a vita contemplativa. In questo modo non solo fondò il Monastero delle Clarisse Cappuccine ma diede anche inizio a un processo di fecondità vocazionale tanto che oggi monasteri che si rifanno al suo carisma sono diffusi in tutto il mondo.

Diverse donne sull’esempio di Francesco d’Assisi prestarono attenzione agli ultimi (cfr. Francesco misericordioso. La sfida della fraternità. Milano 2018) ma non poche di esse passarono poi a una vita esclusivamente contemplativa, come avvenne ad esempio per Agnese di Boemia, Margherita di Cortona e appunto Maria Lorenza Longo.

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José María Zavala: Un inno alla speranza per uscire da questa difficile situazione attraverso la preghiera https://it.zenit.org/2020/11/23/jose-maria-zavala-un-inno-alla-speranza-per-uscire-da-questa-difficile-situazione-attraverso-la-preghiera/ Mon, 23 Nov 2020 11:56:26 +0000 https://it.zenit.org/?p=123321 Intervista a Mons.Franco Moscone, vescovo di San Giovanni Rotondo, Manfredonia e Vieste

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Ecco l’intervista a Mons.Franco Moscone, vescovo di San Giovanni Rotondo, Manfredonia e Vieste, realizzatan in esclusiva per Zenit da José María Zavala, regista, scrittore e giornalista.

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Sono passati già due anni dalla nomina di Mons. Franco Moscone a vescovo di San Giovanni Rotondo, Manfredonia e Vieste.Ho avuto la opportunità di intervistarlo la prima volta in Spagna (La Razón, 10-VIII- 2019) e ora, in questa seconda occasione, con l’antico convento di Padre Pio chiuso a causa della pandemia da Coronavirus, Monsignor Moscone regala a Zenit un inno alla speranza per uscire da questa difficile situazione attraverso la preghiera.

Ma allo stesso tempo avverte, dal suo ruolo di direttore generale dei gruppi di preghiera di Padre Pio nel mondo, che il frate cappuccino è un santo di tutti e nessuno puo` appropriarsene. Ricorda inoltre che nessuno dei suoi devoti o figli spirituali può criticare o calunniare i suoi fratelli.

Jose María Zavala: Com’ è la situazione in questo momento a San Giovanni Rotondo?

Mons. Franco Moscone: Il convento in questo momento è chiuso perchè ci sono dei frati con COVID-19, così come sono chiusi la residenza delle suore e la cripta di Padre Pio. L’unica rimasta aperta è la chiesa di Santa Maria delle Grazie, visitata da laici. I medici e le infermiere dell’ospedale Casa Sollievo sono stremati e non vogliono fare straordinari. La situazione è molto complessa. Ora, come non mai, bisogna mantenere la speranza e motivare le persone affinchè non perdano la motivazione a causa dell’ansia e dei pensieri negativi. Dobbiamo andare avanti con fede e speranza.

José María Zavala: Due anni fu nominato vescovo. Cos’ha imparato da Padre Pio in questo periodo?

Mons. Franco Moscone: E` un gran santo che mi trasmette la sua esperienza di fede davanti alle situazioni più avverse e di carità nell’aiutare i più bisognosi, iniziando dai malati. Non c’è fede senza carità, nè carità senza fede. Dobbiamo rafforzare queste virtù teologiche attraverso l’orazione firme e permanente. Questo è ciò che ci ha insegnato Padre pio. La fede e carita` devono caratterizzare i gruppi di preghiera.

José María Zavala: Proprio nei malati infatti Padre Pio vedeva Cristo …

Mons. Franco Moscone: Senza dubbio nell’ospedale fondato da Padre Pio bisogna considerare che in ogni malato c’è il viso di Gesù crocefisso e resuscitato. Ogni medico che si avvicina per curarlo è Cristo samaritano. In questo senso, Casa Sollievo della Sofferenza è una specie di tempio di Padre Pio dove Gesù è presente assieme ai malati che hanno bisogno di curare il loro corpo e salvare la propria anima. Ogni letto dell’ospedale è un altare dove Gesu` e` presente assieme al malato.

José María Zavala: Come sa, il film “Renacidos” inizia con una sua frase “La sua missione e` far conoscere e amare padre Pio come grande intercessore del nostro tempo”. Si ricorderà` anche della premiere storica del film “il mistero di padre Pio” a San Giovanni Rotondo e la presentazione del libro “El Santo” a Casa Sollievo. Come le sembrano questi strumenti per diffondere la figura del Santo?

Mons. Franco Moscone: Far conoscere al mondo Padre Pio, vangelo puro di Gesù, è una meravigliosa azione di evangelizzazione. Questi film rappresentano strumenti efficaci al servizio di Padre Pio e delle anime.

José María Zavala: Cosa le sembra delle cappelle pellegrine di Padre Pio, già più di 500 sparse per il mondo dalla Germania alla Spagna fino all’Amazzonia?

Mons. Franco Moscone: Sono molto felice di questa iniziativa. I santi sono strumenti affinchè le persone si riuniscano a pregare in nome di Dio. Senza dubbio, questa iniziativa sta aumentando la fede e incoraggiando la conversione di persone che si sono allontanate da Dio.

José María Zavala Papa Francesco ha usato spesso Padre Pio come esempio di un santo che ha sofferto una persecuzione crudele, per mezzo di ingiurie e calunnie da parte di alcune persone che fanno parte della Chiesa.

Mons. Franco Moscone: Posso solo ricordarle una delle Beatitudini che allude ai perseguitati, dei quali si parla male come conseguenza della loro fedeltà a Gesù. Nella persecuzione si dimostra precisamente se uno sta con Gesù o no. Se è con Gesù sara` perseguitato e calunniato a causa della fedeltà al Vangelo.

José María Zavala: Padre Pio diceva : “la mormorazione mi mette la nausea”. Si può essere devoti o figli spirituali di Padre Pio e parlare male degli altri?

Mons. Franco Moscone: Assolutamente no. Se uno lo fa, sta utilizzando in modo improprio Padre Pio e contraddicendo il suo pensiero. Mormorare o parlare male degli altri non è parte del Vangelo o del carisma di Padre Pio. Chi afferma di essere un devoto di Padre Pio e poi parla male degli altri, si comporta al di fuori di Padre Pio e di Gesù.

José María Zavala: Padre Pio è un santo di tutti o solo di alcuni?

Mons. Franco Moscone:  Padre Pio è di tutti! Nessun Santo può essere solo di qualcuno!! Chi pensa che Padre Pio sia solo per lui, si sbaglia di grosso. I santi appartengono alla Chiesa che è di tutti.

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Benedetto XVI: Santa Matilde di Hackeborn, “l’usignolo di Dio” https://it.zenit.org/2020/11/19/benedetto-xvi-santa-matilde-di-hackeborn-lusignolo-di-dio/ Thu, 19 Nov 2020 12:56:30 +0000 https://it.zenit.org/?p=123313 La Santa del giorno

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Benedetto XVI ha definito Santa Matilde di Hackeborn “una della grandi figure del monastero di Helfta, vissuta nel XIII secolo. […]

Con Lei siamo introdotti nella famiglia del Barone di Hackeborn, una delle più nobili, ricche e potenti della Turingia, imparentata con l’imperatore Federico II, ed entriamo nel monastero di Helfta nel periodo più glorioso della sua storia. Il Barone aveva già dato al monastero una figlia, Gertrude di Hackeborn (1231/1232 – 1291/1292), dotata di una spiccata personalità, Badessa per quarant’anni, capace di dare un’impronta peculiare alla spiritualità del monastero, portandolo ad una fioritura straordinaria quale centro di mistica e di cultura, scuola di formazione scientifica e teologica. Gertrude offrì alle monache un’elevata istruzione intellettuale, che permetteva loro di coltivare una spiritualità fondata sulla Sacra Scrittura, sulla Liturgia, sulla tradizione Patristica, sulla Regola e spiritualità cistercense, con particolare predilezione per san Bernardo di Chiaravalle e Guglielmo di St-Thierry. Fu una vera maestra, esemplare in tutto, nella radicalità evangelica e nello zelo apostolico. Matilde, fin dalla fanciullezza, accolse e gustò il clima spirituale e culturale creato dalla sorella, offrendo poi la sua personale impronta.

Matilde nasce nel 1241 o 1242 nel castello di Helfta; è la terza figlia del Barone. A sette anni con la madre fa visita alla sorella Gertrude nel monastero di Rodersdorf. È così affascinata da quell’ambiente che desidera ardentemente farne parte. Vi entra come educanda e nel 1258 diventa monaca nel convento trasferitosi, nel frattempo, ad Helfta, nella tenuta degli Hackeborn. Si distingue per umiltà, fervore, amabilità, limpidezza e innocenza di vita, familiarità e intensità con cui vive il rapporto con Dio, la Vergine, i Santi. È dotata di elevate qualità naturali e spirituali, quali “la scienza, l’intelligenza, la conoscenza delle lettere umane, la voce di una meravigliosa soavità: tutto la rendeva adatta ad essere per il monastero un vero tesoro sotto ogni aspetto” (Ibid., Proemio). Così, “l’usignolo di Dio” – come viene chiamata – ancora molto giovane, diventa direttrice della scuola del monastero, direttrice del coro, maestra delle novizie, servizi che svolge con talento e infaticabile zelo, non solo a vantaggio delle monache, ma di chiunque desiderava attingere alla sua sapienza e bontà.

Illuminata dal dono divino della contemplazione mistica, Matilde compone numerose preghiere. È maestra di fedele dottrina e di grande umiltà, consigliera, consolatrice, guida nel discernimento: “Ella – si legge – distribuiva la dottrina con tanta abbondanza che non si è mai visto nel monastero, ed abbiamo, ahimé! gran timore, che non si vedrà mai più nulla di simile. Le suore si riunivano intorno a lei per sentire la parola di Dio, come presso un predicatore. Era il rifugio e la consolatrice di tutti, ed aveva, per dono singolare di Dio, la grazia di rivelare liberamente i segreti del cuore di ciascuno. Molte persone, non solo nel Monastero, ma anche estranei, religiosi e secolari, venuti da lontano, attestavano che questa santa vergine li aveva liberati dalle loro pene e che non avevano mai provato tanta consolazione come presso di lei. Compose inoltre ed insegnò tante orazioni che se venissero riunite, eccederebbero il volume di un salterio” (Ibid., VI,1).

Nel 1261 giunge al convento una bambina di cinque anni di nome Gertrude: è affidata alle cure di Matilde, appena ventenne, che la educa e la guida nella vita spirituale fino a farne non solo la discepola eccellente, ma la sua confidente. Nel 1271 o 1272 entra in monastero anche Matilde di Magdeburgo. Il luogo accoglie, così, quattro grandi donne – due Gertrude e due Matilde –, gloria del monachesimo germanico. Nella lunga vita trascorsa in monastero, Matilde è afflitta da continue e intense sofferenze a cui aggiunge le durissime penitenze scelte per la conversione dei peccatori. In questo modo partecipa alla passione del Signore fino alla fine della vita (cfr ibid., VI, 2). La preghiera e la contemplazione sono l’humus vitale della sua esistenza: le rivelazioni, i suoi insegnamenti, il suo servizio al prossimo, il suo cammino nella fede e nell’amore hanno qui la loro radice e il loro contesto. Nel primo libro dell’opera Liber specialis gratiae, le redattrici raccolgono le confidenze di Matilde scandite nelle feste del Signore, dei Santi e, in modo speciale, della Beata Vergine. E’ impressionante la capacità che questa Santa ha di vivere la Liturgia nelle sue varie componenti, anche quelle più semplici, portandola nella vita quotidiana monastica. Alcune immagini, espressioni, applicazioni talvolta sono lontane della nostra sensibilità, ma, se si considera la vita monastica e il suo compito di maestra e direttrice di coro, si coglie la sua singolare capacità di educatrice e formatrice, che aiuta le consorelle a vivere intensamente, partendo dalla Liturgia, ogni momento della vita monastica.

Nella preghiera liturgica Matilde dà particolare risalto alle ore canoniche, alla celebrazione della santa Messa, soprattutto alla santa Comunione. Qui è spesso rapita in estasi in una intimità profonda con il Signore nel suo ardentissimo e dolcissimo Cuore, in un dialogo stupendo, nel quale chiede lumi interiori, mentre intercede in modo speciale per la sua comunità e le sue consorelle. Al centro vi sono i misteri di Cristo verso i quali la Vergine Maria rimanda costantemente per camminare sulla via della santità: “Se tu desideri la vera santità, sta’ vicino al Figlio mio; Egli è la santità medesima che santifica ogni cosa” (Ibid., I,40). In questa sua intimità con Dio è presente il mondo intero, la Chiesa, i benefattori, i peccatori. Per lei Cielo e terra si uniscono.

Le sue visioni, i suoi insegnamenti, le vicende della sua esistenza sono descritti con espressioni che evocano il linguaggio liturgico e biblico. Si coglie così la sua profonda conoscenza della Sacra Scrittura, che era il suo pane quotidiano. Vi ricorre continuamente, sia valorizzando i testi biblici letti nella liturgia, sia attingendo simboli, termini, paesaggi, immagini, personaggi. La sua predilezione è per il Vangelo: “Le parole del Vangelo erano per lei un alimento meraviglioso e suscitavano nel suo cuore sentimenti di tale dolcezza che sovente per l’entusiasmo non poteva terminarne la lettura … Il modo con cui leggeva quelle parole era così fervente che in tutti suscitava la devozione. Così pure, quando cantava in coro, era tutta assorta in Dio, trasportata da tale ardore che talvolta manifestava i suoi sentimenti con i gesti … Altre volte, come rapita in estasi, non sentiva quelli che la chiamavano o la muovevano ed a mala pena riprendeva il senso delle cose esteriori” (Ibid., VI, 1). In una delle visioni, è Gesù stesso a raccomandarle il Vangelo; aprendole la piaga del suo dolcissimo Cuore, le dice: “Considera quanto sia immenso il mio amore: se vorrai conoscerlo bene, in nessun luogo lo troverai espresso più chiaramente che nel Vangelo. Nessuno ha mai sentito esprimere sentimenti più forti e più teneri di questi: Come mi ha amato mio Padre, cosi io vi ho amati (Joan. XV, 9)”(Ibid., I,22). […]

La discepola Gertrude descrive con espressioni intense gli ultimi momenti della vita di santa Matilde di Hackeborn, durissimi, ma illuminati dalla presenza della Beatissima Trinità, del Signore, della Vergine Maria, di tutti i Santi, anche della sorella di sangue Gertrude. Quando giunse l’ora in cui il Signore volle attirarla a Sé, ella Gli chiese di poter ancora vivere nella sofferenza per la salvezza delle anime e Gesù si compiacque di questo ulteriore segno di amore.

Matilde aveva 58 anni. Percorse l’ultimo tratto di strada caratterizzato da otto anni di gravi malattie. La sua opera e la sua fama di santità si diffusero ampiamente. Al compimento della sua ora, “il Dio di Maestà … unica soavità dell’anima che lo ama … le cantò: Venite vos, benedicti Patris mei … Venite, o voi che siete i benedetti dal Padre mio, venite a ricevere il regno … e l’associò alla sua gloria” (Ibid., VI,8).

Santa Matilde di Hackeborn ci affida al Sacro Cuore di Gesù e alla Vergine Maria. Invita a rendere lode al Figlio con il Cuore della Madre e a rendere lode a Maria con il Cuore del Figlio: “Vi saluto, o Vergine veneratissima, in quella dolcissima rugiada, che dal Cuore della santissima Trinità si diffuse in voi; vi saluto nella gloria e nel gaudio con cui ora vi rallegrate in eterno, voi che di preferenza a tutte le creature della terra e del cielo, foste eletta prima ancora della creazione del mondo! Amen” (Ibid., I, 45).”

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“Cara Elisabetta, è Cristo che hai lavato, cibato e di cui ti sei presa cura” https://it.zenit.org/2020/11/17/cara-elisabetta-e-cristo-che-hai-lavato-cibato-e-di-cui-ti-sei-presa-cura/ Tue, 17 Nov 2020 11:59:55 +0000 https://it.zenit.org/?p=123284 Benedetto XVI su Santa Elisabetta d‘Ungheria

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Santa Elisabetta d‘Ungheria è “una delle donne del Medioevo che ha suscitato maggiore ammirazione […]”, così Benedetto XVI sulla Santa del giorno.

“Nacque nel 1207; gli storici discutono sul luogo. Suo padre era Andrea II, ricco e potente re di Ungheria, il quale, per rafforzare i legami politici, aveva sposato la contessa tedesca Gertrude di Andechs-Merania, sorella di santa Edvige, la quale era moglie del duca di Slesia. Elisabetta visse nella Corte ungherese solo i primi quattro anni della sua infanzia, assieme a una sorella e tre fratelli. Amava il gioco, la musica e la danza; recitava con fedeltà le sue preghiere e mostrava già particolare attenzione verso i poveri, che aiutava con una buona parola o con un gesto affettuoso.

La sua fanciullezza felice fu bruscamente interrotta quando, dalla lontana Turingia, giunsero dei cavalieri per portarla nella sua nuova sede in Germania centrale. Secondo i costumi di quel tempo, infatti, suo padre aveva stabilito che Elisabetta diventasse principessa di Turingia. Il langravio o conte di quella regione era uno dei sovrani più ricchi ed influenti d’Europa all’inizio del XIII secolo, e il suo castello era centro di magnificenza e di cultura. Ma dietro le feste e l’apparente gloria si nascondevano le ambizioni dei principi feudali, spesso in guerra tra di loro e in conflitto con le autorità reali ed imperiali. In questo contesto, il langravio Hermann accolse ben volentieri il fidanzamento tra suo figlio Ludovico e la principessa ungherese. Elisabetta partì dalla sua patria con una ricca dote e un grande seguito, comprese le sue ancelle personali, due delle quali le rimarranno amiche fedeli fino alla fine. Sono loro che ci hanno lasciato preziose informazioni sull’infanzia e sulla vita della Santa.

Dopo un lungo viaggio giunsero ad Eisenach, per salire poi alla fortezza di Wartburg, il massiccio castello sopra la città. Qui si celebrò il fidanzamento tra Ludovico ed Elisabetta. Negli anni successivi, mentre Ludovico imparava il mestiere di cavaliere, Elisabetta e le sue compagne studiavano tedesco, francese, latino, musica, letteratura e ricamo. Nonostante il fatto che il fidanzamento fosse stato deciso per motivi politici, tra i due giovani nacque un amore sincero, animato dalla fede e dal desiderio di compiere la volontà di Dio. All’età di 18 anni, Ludovico, dopo la morte del padre, iniziò a regnare sulla Turingia. Elisabetta divenne però oggetto di sommesse critiche, perché il suo modo di comportarsi non corrispondeva alla vita di corte. Così anche la celebrazione del matrimonio non fu sfarzosa e le spese per il banchetto furono in parte devolute ai poveri. Nella sua profonda sensibilità Elisabetta vedeva le contraddizioni tra la fede professata e la pratica cristiana. Non sopportava i compromessi. Una volta, entrando in chiesa nella festa dell’Assunzione, si tolse la corona, la depose dinanzi alla croce e rimase prostrata al suolo con il viso coperto. Quando la suocera la rimproverò per quel gesto, ella rispose: “Come posso io, creatura miserabile, continuare ad indossare una corona di dignità terrena, quando vedo il mio Re Gesù Cristo coronato di spine?”. Come si comportava davanti a Dio, allo stesso modo si comportava verso i sudditi. Tra i Detti delle quattro ancelle troviamo questa testimonianza: “Non consumava cibi se prima non era sicura che provenissero dalle proprietà e dai legittimi beni del marito. Mentre si asteneva dai beni procurati illecitamente, si adoperava anche per dare risarcimento a coloro che avevano subito violenza” (nn. 25 e 37). Un vero esempio per tutti coloro che ricoprono ruoli di guida: l’esercizio dell’autorità, ad ogni livello, dev’essere vissuto come servizio alla giustizia e alla carità, nella costante ricerca del bene comune.

Elisabetta praticava assiduamente le opere di misericordia: dava da bere e da mangiare a chi bussava alla sua porta, procurava vestiti, pagava i debiti, si prendeva cura degli infermi e seppelliva i morti. Scendendo dal suo castello, si recava spesso con le sue ancelle nelle case dei poveri, portando pane, carne, farina e altri alimenti. Consegnava i cibi personalmente e controllava con attenzione gli abiti e i giacigli dei poveri. Questo comportamento fu riferito al marito, il quale non solo non ne fu dispiaciuto, ma rispose agli accusatori: “Fin quando non mi vende il castello, ne sono contento!”. In questo contesto si colloca il miracolo del pane trasformato in rose: mentre Elisabetta andava per la strada con il suo grembiule pieno di pane per i poveri, incontrò il marito che le chiese cosa stesse portando. Lei aprì il grembiule e, invece del pane, comparvero magnifiche rose. Questo simbolo di carità è presente molte volte nelle raffigurazioni di santa Elisabetta.

Il suo fu un matrimonio profondamente felice: Elisabetta aiutava il coniuge ad elevare le sue qualità umane a livello soprannaturale, ed egli, in cambio, proteggeva la moglie nella sua generosità verso i poveri e nelle sue pratiche religiose. Sempre più ammirato per la grande fede della sposa, Ludovico, riferendosi alla sua attenzione verso i poveri, le disse: “Cara Elisabetta, è Cristo che hai lavato, cibato e di cui ti sei presa cura”. Una chiara testimonianza di come la fede e l’amore verso Dio e verso il prossimo rafforzino la vita familiare e rendano ancora più profonda l’unione matrimoniale.

La giovane coppia trovò appoggio spirituale nei Frati Minori, che, dal 1222, si diffusero in Turingia. Tra di essi Elisabetta scelse frate Ruggero (Rüdiger) come direttore spirituale. Quando egli le raccontò la vicenda della conversione del giovane e ricco mercante Francesco d’Assisi, Elisabetta si entusiasmò ulteriormente nel suo cammino di vita cristiana. Da quel momento, fu ancora più decisa nel seguire Cristo povero e crocifisso, presente nei poveri. Anche quando nacque il primo figlio, seguito poi da altri due, la nostra Santa non tralasciò mai le sue opere di carità. Aiutò inoltre i Frati Minori a costruire ad Halberstadt un convento, di cui frate Ruggero divenne il superiore. La direzione spirituale di Elisabetta passò, così, a Corrado di Marburgo.

Una dura prova fu l’addio al marito, a fine giugno del 1227 quando Ludovico IV si associò alla crociata dell’imperatore Federico II, ricordando alla sposa che quella era una tradizione per i sovrani di Turingia. Elisabetta rispose: “Non ti tratterrò. Ho dato tutta me stessa a Dio ed ora devo dare anche te”. La febbre, però, decimò le truppe e Ludovico stesso cadde malato e morì ad Otranto, prima di imbarcarsi, nel settembre 1227, all’età di ventisette anni. Elisabetta, appresa la notizia, ne fu così addolorata che si ritirò in solitudine, ma poi, fortificata dalla preghiera e consolata dalla speranza di rivederlo in Cielo, ricominciò ad interessarsi degli affari del regno. La attendeva, tuttavia, un’altra prova: suo cognato usurpò il governo della Turingia, dichiarandosi vero erede di Ludovico e accusando Elisabetta di essere una pia donna incompetente nel governare. La giovane vedova, con i tre figli, fu cacciata dal castello di Wartburg e si mise alla ricerca di un luogo dove rifugiarsi. Solo due delle sue ancelle le rimasero vicino, la accompagnarono e affidarono i tre bambini alle cure degli amici di Ludovico. Peregrinando per i villaggi, Elisabetta lavorava dove veniva accolta, assisteva i malati, filava e cuciva. Durante questo calvario sopportato con grande fede, con pazienza e dedizione a Dio, alcuni parenti, che le erano rimasti fedeli e consideravano illegittimo il governo del cognato, riabilitarono il suo nome. Così Elisabetta, all’inizio del 1228, poté ricevere un reddito appropriato per ritirarsi nel castello di famiglia a Marburgo, dove abitava anche il suo direttore spirituale Corrado. Fu lui a riferire al Papa Gregorio IX il seguente fatto: “Il venerdì santo del 1228, poste le mani sull’altare nella cappella della sua città Eisenach, dove aveva accolto i Frati Minori, alla presenza di alcuni frati e familiari, Elisabetta rinunziò alla propria volontà e a tutte le vanità del mondo. Ella voleva rinunziare anche a tutti i possedimenti, ma io la dissuasi per amore dei poveri. Poco dopo costruì un ospedale, raccolse malati e invalidi e servì alla propria mensa i più miserabili e i più derelitti. Avendola io rimproverata su queste cose, Elisabetta rispose che dai poveri riceveva una speciale grazia ed umiltà” (Epistula magistri Conradi, 14-17).

Possiamo scorgere in quest’affermazione una certa esperienza mistica simile a quella vissuta da san Francesco: il Poverello di Assisi dichiarò, infatti, nel suo testamento, che, servendo i lebbrosi, quello che prima gli era amaro fu tramutato in dolcezza dell’anima e del corpo (Testamentum, 1-3). Elisabetta trascorse gli ultimi tre anni nell’ospedale da lei fondato, servendo i malati, vegliando con i moribondi. Cercava sempre di svolgere i servizi più umili e lavori ripugnanti. Ella divenne quella che potremmo chiamare una donna consacrata in mezzo al mondo (soror in saeculo) e formò, con altre sue amiche, vestite in abiti grigi, una comunità religiosa. Non a caso è patrona del Terzo Ordine Regolare di San Francesco e dell’Ordine Francescano Secolare.

Nel novembre del 1231 fu colpita da forti febbri. Quando la notizia della sua malattia si propagò, moltissima gente accorse a vederla. Dopo una decina di giorni, chiese che le porte fossero chiuse, per rimanere da sola con Dio. Nella notte del 17 novembre si addormentò dolcemente nel Signore. Le testimonianze sulla sua santità furono tante e tali che, solo quattro anni più tardi, il Papa Gregorio IX la proclamò Santa e, nello stesso anno, fu consacrata la bella chiesa costruita in suo onore a Marburgo.”

Benedetto XVI ha esplicato che “nella figura di santa Elisabetta vediamo come la fede, l’amicizia con Cristo creino il senso della giustizia, dell’uguaglianza di tutti, dei diritti degli altri e creino l’amore, la carità. E da questa carità nasce anche la speranza, la certezza che siamo amati da Cristo e che l’amore di Cristo ci aspetta e così ci rende capaci di imitare Cristo e di vedere Cristo negli altri. Santa Elisabetta ci invita a riscoprire Cristo, ad amarLo, ad avere la fede e così trovare la vera giustizia e l’amore, come pure la gioia che un giorno saremo immersi nell’amore divino, nella gioia dell’eternità con Dio.”

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