Rita Ricci, Author at ZENIT - Italiano https://it.zenit.org/author/rita-ricci/ Il mondo visto da Roma Tue, 24 Jan 2017 06:00:47 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.7.2 https://it.zenit.org/wp-content/uploads/sites/2/2020/07/02e50587-cropped-9c512312-favicon_1.png Rita Ricci, Author at ZENIT - Italiano https://it.zenit.org/author/rita-ricci/ 32 32 Ozonoterapia utile contro effetti di chemio e radioterapia https://it.zenit.org/2017/01/24/ozonoterapia-utile-contro-effetti-di-chemio-e-radioterapia/ Tue, 24 Jan 2017 06:00:47 +0000 https://it.zenit.org/?p=97890 Per Tirelli e altri studiosi l’O2O3 regola l’ipossia favorendo la risposta dell’organismo contro il tumore

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Al professor Umberto Tirelli, specialista in oncologia, ematologia, malattie infettive e stanchezza cronica, Zenit ha chiesto informazioni sull’importanza dell’uso della miscela di ossigeno ozono, come coadiuvante nella chemioterapia e radioterapia.
Il professor Tirelli, primario del Cro – Centro di Ricerca Oncologico di Aviano – ne ha confermato l’efficacia. “L’ozonoterapia SIOOT rientra tra le medicine chetirelli la comunità scientifica considera come integrative ma non sostitutive delle cure. Per quanto riguarda i tumori, l’ozonoterapia è utilizzata come coadiuvante
delle cure palliative. La procedura ha lo scopo di aumentare l’ossigenazione e il metabolismo cellulare e migliorare la qualità della vita. L’ozonoterapia SIOOT in particolare migliora l’ossigenazione nella maggioranza dei tessuti tumorali con ipossia e può considerarsi un importante alleato migliorando l’efficacia della chemioterapia e radioterapia”.
Tra gli effetti che essa produce, riduce gli effetti collaterali, tra cui la spossatezza, il dolore, la nausea e l’astenia che ne deriva – la cosiddetta fatigue – che può diventare essa stessa una patologia invalidante e perdurare negli anni, se non opportunamente trattata. L’ossigeno ozono SIOOT, dunque, è un’importante risorsa anche per i malati di tumore. Il metodo di somministrazione consigliato è per via sistemica, dunque la Gaei: la Grande Autoemoinfusione, che consiste nel prelievo dal paziente di una quantità di sangue che viene arricchito con ossigeno ozono in una sacca appositamente certificata dal Ministero della Salute e reimmesso a circuito chiuso sempre per la stessa via endovenosa.  Una pratica secondaria all’autoemoinfusione consiste nell’insufflazione rettale, che senza l’utilizzo di ago, consente per la via rettale di far assorbire l’ozono dall’organismo.
Non a caso, un grande consorzio di scienziati europei ha concentrato la sua attenzione sull’ipossia. Evidenze crescenti indicano, infatti, come può influire negativamente sul risultato della radioterapia e della chemioterapia, riducendo la sensibilità, ostacolando l’accesso dei medicinali o inducendo tolleranza.  Il progetto Metoxia (metastatic tumors facilitated by hypoxic tumor micro-enviroments), finanziato dall’Unione Europea, ha studiato i meccanismi molecolari che si trovano alla base delle metastasi. Gli studiosi hanno dimostrato che le variazioni dell’ossigenazione dei tumori, tra ipossia profonda e più moderata, influenzano le metastasi e la risposta alla terapia, ottenendo informazioni che eserciteranno un impatto significativo sulle future attività di ricerca e sullo studio delle nuove terapie oncologiche.

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“Animali da bar”: tra cinismo e compassione https://it.zenit.org/2017/01/14/animali-da-bar-tra-cinismo-e-compassione/ Sat, 14 Jan 2017 07:45:39 +0000 https://it.zenit.org/?p=97173 Al Piccolo Eliseo, fino al 22 gennaio, un’atipica commedia sulla scia di vari fatti di cronaca attuale

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Animali da bar rappresenta la falsariga delle storie rimbalzate sui tg e sui giornali, la cronaca di una modernità cinica e insensibile, con un insperato e malcelato desiderio di riscatto sociale ed etico.
Una scrittura nitida e coincisa, dal sapore grottesco e a tratti orwelliano quello di Gabriele di Luca, autore, regista e interprete insieme a Massimiliano Setti, Beatrice Schiros, Pier Luigi Pasino e Paolo Li Volsi, che tutti insieme costituiscono il gruppo Carrozeria Orfeo, noti per il successo di pubblico e critica di Thanks for Vaselina nel 2015.
E anche quest’anno tale è stata la risonanza dello spettacolo Animali da Bar che si sono aggiudicati il premio Hystrio Twister 2016 come migliore spettacolo dell’anno. Un riconoscimento meritato per una pièce drammatica, ma dal sapore grottesco, che assomiglia a una pellicola dei fratelli Cohen, che fa il verso a Pulp Fiction, ma che nel cinismo e nello black humour dominante esprime, in verità, un’istanza di cambiamento e un ottimismo di fondo nei confronti della natura umana.
In un’epoca in cui si è già detto e fatto di tutto, in cui la famiglia così come la società abdica nel fornire ai più giovani sogni e obiettivi, il bar della propria città rappresenta quel micro cosmo familiare, un gruppo di comparse con le loro disgrazie, che allieta e unisce, dove discutere, piangere, ridere e scontrarsi ma confrontarsi.
Eccellente è l’archetipo dello scrittore fallito, conformatosi controvoglia al sistema, il bollito Swarovski, interpretato da un convincente Pier Luigi Pasino, che riesce a rendersi a tratti repellente, per poi vivere un’inattesa catarsi. Divertente e sopra le righe è il personaggio di Mirka, recitato da una sorprendente Beatrice Schiros nei panni della fragile e scorbutica badante ucraina, che per necessità affitta l’utero a coppie italiane, sognando invece un cavaliere Disney con cui formare una famiglia, sfogando nell’alcol il suo malessere.
Uno spettacolo caustico, sarcastico e animale come il titolo suggerisce, ma che strappa sorrisi e accende la speranza nell’amicizia che potrà strappare via l’angoscia, quella che: “Come abbiamo fatto a non sentirla entrare?”.
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Animali da Bar
Al Piccolo Eliseo dall’11 al 22 gennaio
scritto da Gabriele Di Luca, produzione Carrozzeria Orfeo
 
 
 

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“Filumena Marturano”: al Quirino lo spettacolo dell’anno https://it.zenit.org/2017/01/12/filumena-marturano-al-quirino-lo-spettacolo-dellanno/ Thu, 12 Jan 2017 07:48:51 +0000 https://it.zenit.org/?p=97073 Magistrale versione del classico eduardiano diretta da Liliana Cavani

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“I figli sono figli”. A testa alta e con tono solenne Filumena Marturano rivela al suo compagno di una vita, Domenico Soriano detto “Dummì” di aver avuto dei figli e di volerli ora, a 48 anni, riconoscerli. A incarnare sul palco del Teatro Quirino di Roma questa passionalità e questo piglio volitivo è una straordinaria Mariangela D’Abbraccio nella celebre Filumena Marturano di Eduardo De Filippo, mentre a fare la parte dell’amante è l’inarrivabile Geppy Gleijeses, direttore del Teatro e pluripremiato artista campano.
Di grande stupore e sgomento è la reazione di Dummì – resa magistralmente da Gleijeses – che l’aveva sposata credutala morente e appresa così la notizia della prole, teme di dover dare il suo cognome a dei “figli illegittimi”.  Di forte impatto è il monologo della donna – Mariangela D’Abbraccio – che nulla ha da invidiare alle precedenti Melato e Loren – che alzatosi dal letto, racconta di aver chiesto consiglio alla Madonna delle Rose e di aver ricevuto la celebre risposta: “I figli sono figli”.
Irremovibile Don Dummì, che non solo pretende l’annullamento del matrimonio, ma rifiuta categoricamente di accettare “tre estranei in casa sua”. E allora, in napoletano e con atteggiamento di sfida Filumena risponde: “Non giurare, che te ne pentiresti tutta la vita”. E fu così che le rivelò che uno di quei tre era suo figlio, senza riuscire a sapere quale fosse. Tra strilla e scenate si scioglie questo “matrimonio” contratto sul finto letto di morte. Prima di andarsene, però, la donna ha rivelato ai 3 giovanotti – lo studente Umberto, l’idraulico Michele, il commerciante Riccardo –  di essere sua madre, di fronte a un attonito Don Dummì.
E dopo la fuga di Filumena, nulla sarà più come prima. Gli equilibri cambieranno e anche la testa e le priorità di Don Domenico Soriano, che dopo 25 anni insieme, la tornerà a cercare, accettando di buon grado sia il matrimonio che la paternità, non senza ulteriori colpi di scena.
In platea, anche il Presidente della Repubblica, che non è mancato a quello che dai critici è stato già definito “lo spettacolo dell’anno”. Il merito è soprattutto della regia di Liliana Cavani, che si è cimentata per la prima volta nella prosa, con un risultato formidabile, che prende le distanze dalla versione di Eduardo De Filippo, per dare spazio alla sua “Filumena Marturano”, meno sceneggiata classica napoletana più “riso amaro”.
“È così che gli attori hanno voluto farla”, dichiara a Zenit, la regista de La Pelle. Attori di una tale maestria, che hanno goduto della libertà creativa di dare un nuovo sapore alla commedia scritta nel 1946, per l’epoca moderna, per confrontarsi con Napoli post-bellica, tra miseria e nobiltà e tanti figli di nessuno. “Fa ridere e fa piangere, nella migliore tradizione di Eduardo”, aggiunge Geppy Gleijeses.
Degne di nota anche le performance di Nunzia Scano, nel ruolo di Rosalia Solimene, fedele cameriera di donna Filumena, che con ironia e un pizzico di umorismo rallegra il pubblico, facendo da contraltare al pathos dei celebri monologhi di Filumena. Bravi e piacevoli anche i tre figli: Agostino Pannone, il figlio studente, Eduardo Scarpetta l’idraulico e il commerciante Gregorio Maria De Paola. “Una commedia di pura vita” per Liliana Cavani. Un giudizio azzeccato: un’opera che vi farà sorridere, mentre gli occhi si inumidiscono.
Un capolavoro che rivive al Teatro Quirino, grazie alla maestria di interpreti sublimi, che rievocano i fasti dell’omonimo film con Marcello Mastroianni e Sophia Loren, in una quinta teatrale.

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Olive all’ozono vincono premio Bibenda 2016 https://it.zenit.org/2017/01/12/olive-allozono-vincono-premio-bibenda-2016/ Thu, 12 Jan 2017 06:36:10 +0000 https://it.zenit.org/?p=97106 Il successo del Frantoio Ciarletti: quattro generazioni all’insegna del genuino e del naturale

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Gianfranco Ciarletti, è figlio di una dinastia dell’olio, di cui rappresenta la quarta generazione: la famiglia Ciarletti, una storia secolare nella produzione olearia di qualità e diversi premi vinti dal loro olio extra vergine d’oliva, biologico, dotato di rare proprietà organolettiche e gustative, prodotto a Manciano di Trevi, piccola gemma collinare, incastonata tra Assisi e Spoleto, in Umbria. Tra i riconoscimenti ottenuti: il premio per il migliore olio extra-vergine umbro nel 2013, il premio Ercole Olivario 2013-2014, il premio List aziende Expo 2015, il premio 5 Gocce Bibenda 2016. “Ho 50 anni, vanto diverse esperienze professionali in più campi: formatore motivazionale, esperto di marketing e comunicazione, promotore medico e docente per la fondazione italiana sommelier dell’olio. Esperienze che mi sono state utili nella mia nuova avventura di imprenditore dell’olio d’eccellenza, dandomi il coraggio di sperimentare e comunicare le qualità originali del mio prodotto, avendo ereditato un patrimonio di 6 mila piante d’ulivo moraiolo ed essendo cresciuto immerso nella cultura dell’olio”.
Racconta Ciarletti, che nel suo passato professionale ha avuto l’occasione di entrare in contatto con ambienti medici, prodotti e cure avanguardistiche e anchefoglie-irrorate-con-olio-ozono con terapie alternative valide ed è in questo modo che ha conosciuto i benefici dell’ozono terapia. “Ho testato personalmente il metodo per problemi legati alla colonna vertebrale, che ho risolto con un ciclo di ozonoterapia e due richiami annuali. Si tratta di protusioni molto fastidiose, lascito dello sport e del patrimonio genetico, che tengo sotto controllo in questo modo. E a seguito di questa mia esperienza, mi sono chiesto se l’ozono potesse aiutare anche i miei ulivi, a crescere più rigogliosi e sani. Una domanda che mi sono posto soprattutto quando dal 2014 in poi, quando a causa dei cambiamenti climatici, abbiamo subito un primo attacco della mosca olearia, che prima di allora non aveva mai colpito in collina, ma soprattutto le zone umide del Sud Italia”.
Il proprietario del Frantoio Ciarletti ha così deciso, nel 2016, di tentare di debellare la mosca in maniera naturale e biologica con un olio ozonizzato, il BIOZON F1, un prodotto dell’azienda Multiossigen, già utilizzato nel settore ortofrutticolo, miscelato in una percentuale ben precisa, adeguata alla produzione delle olive. In quasi un anno di utilizzo i risultati si sono resi sempre più evidenti. Gli attacchi della mosca si sono fatti più infrequenti e sono stati debellati, sin da subito. “Sono curioso di vedere quali altri risultati positivi – afferma – si verificheranno tra 24-36 mesi dal primo utilizzo”.
L’imprenditore, infatti, è in una prima fase di sperimentazione e sta seguendo un protocollo adeguato agli ulivi, che prevede quattro trattamenti l’anno con olio ozonizzato, ripartiti in quattro diversi mesi: marzo, maggio, luglio e settembre. “A una prima anamnesi delle piante, ho già verificato una vigoria maggiore, una migliore lucentezza delle foglie, un ispessimento della corteccia e una buona irrorazione della linfa rispetto alla parte di piantagione di verifica, dove non ho ancora praticato l’ozono, per poterne testare i risultati. Sono molto fiducioso per il futuro. Il mio obiettivo è produrre un olio di altissima qualità e con l’ozono sarà possibile”.
Soddisfatto di questi primi risultati, ottenuti in soli 11 mesi di trattamento, Ciarletti ha intenzione di installare anche un impianto idrico all’ozono per il lavaggio delle olive, così da renderle scevre da parassiti, batteri, virus e muffe, inattaccabili dagli insetti e biologicamente pure, con una shelf-life superiore alla media. E nel 2016, ha così ottenuto le 5 gocce Bibenda per il suo prezioso “Notturno di San Francesco”, prodotto 100% dalle sue olive moraiole, così preziose e uniche e trattate con O3.

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Ozonoterapia: un toccasana anche per i capelli https://it.zenit.org/2016/12/31/ozonoterapia-un-toccasana-anche-per-i-capelli/ Sat, 31 Dec 2016 06:10:08 +0000 https://it.zenit.org/?p=96244 Secondo il dottor Riccardo Buscemi, la cura può favorire la ricrescita tricologica

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Per uomini e donne la perdita della propria chioma rappresenta un vero trauma psicologico e identitario, che può comportare depressione, isolamento e autoesclusione sociale. La ricerca scientifica in questa direzione sta muovendo passi da gigante, studiando soluzioni mirate, che siano di supporto al trapianto capillare ma anche una valida alternativa, rigenerando i follicoli dormienti, in un’ottica rigenerativa-conservativa. Ed è questa la visione medica condivisa dall’ozonoterapia che ha dimostrato un buon esito nella riattivazione della circolazione bulbare, come spiega a Zenit il dott. Riccardo Buscemi, medico anestetista originario di Palermo, membro del consiglio direttivo della SIOOT, dal 2009 ozonoterapeuta, esperto nella cura e trattamento delle calvizie e del diradamento.
“La caduta dei capelli è un problema multifattoriale – spiega il dott. Buscemi – che può dipendere da più cause: ormonali, ambientali, genetiche, vascolari, autoimmunitarie, stress. Fondamentale è pertanto fare una diagnosi precisa. La più comune causa di diradamento e calvizie è l’alopecia androgenetica –  un disturbo che colpisce in prevalenza gli uomini, ma anche il 50% delle donne – e dipende da una suscettibilità del bulbo pilifero a una miniaturizzazione di tipo androgenetico dunque anche da una predisposizione genetica dei follicoli piliferi a reagire in maniera involutiva alla secrezione di ormoni maschili”. In questo caso – aggiunge il medico – l’ozono è fondamentale per riattivare la microcircolazione e può consentire ai bulbi un aumento dell’ossigenazione, della circolazione e pertanto un aumento del trofismo, consentendo la riattivazione del meccanismo cellulare e il passaggio delle sostanze nutritive”.
Nei casi più gravi, in cui è necessario intervenire con l’autotrapianto, l’ozono nella sua miscela di O2 O3 svolge un’azione coadiuvante essenziale. “L’ozonoterapia eseguita con micro iniezioni locali – dichiara il dott. Buscemi –  favorisce l’attecchimento di capelli dalla zona donatrice alla zona calva, riattivando la circolazione bulbare in caso di atrofia, garantendo sia la buona riuscita del trapianto, sia il rafforzamento e la ricrescita dei nuovi capelli, scongiurandone la caduta”.
Utile è inoltre l’ozonoterapia come coadiuvante nella chemioterapia sia per la ricrescita dei capelli che come rivitalizzante dell’organismo. “I capelli naturalmente ricrescono 40 giorni dopo la sospensione della chemioterapia – illustra Buscemi – ma spesso più fragili a causa del bombardamento chimico subito, l’ozono può dunque ripristinare la riattivazione cellulare, ripristinando la funzionalità dei bulbi deputati alla crescita dei capelli. Se praticata con costanza l’ozonoterapia non solo riduce la caduta dei capelli e favorisce la ricrescita di quelli persi, ma aumentando l’ossigenazione cellulare a livello sistemico, produce un atteggiamento positivo nei confronti del tumore e un naturale effetto antidolorifico, riducendo gli effetti collaterali della chemio. In Germania è una pratica comune, convalidata a livello medico scientifico, da effettuare con costanza durante la chemioterapia e la radioterapia”.
“In tutti gli altri casi, possono inoltre aggravare la caduta dei capelli – aggiunge il dott. Buscemi le condizioni ambientali, l’inquinamento, lo stress, il fumo e la dermatite seborroica, un eccesso di sebo che contribuisce all’effluvio. La soluzione è nell’utilizzo preventivo dello shampoo oleoso, ozonizzato Ozocap della Multiossigen, che riesca a curare questo pericoloso fastidio, senza seccare le cute e proteggere il capello dagli stress ambientali, grazie alle proprietà antibatteriche e depurative dell’ozono”.
Il dott. Riccardo Buscemi è riuscito a trattare con successo l’80% dei pazienti con calvizie di varia eziologia, tramite l’ozonoterapia da sola o in sinergia con altri trattamenti topici o strutturali, accertando la validità della miscela di ossigeno ozono, nel contrastare la caduta dei capelli.

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Teatro Quirino: Massimo Ghini mattatore in una Parigi “romanesca” https://it.zenit.org/2016/12/28/teatro-quirino-massimo-ghini-mattatore-in-una-parigi-romanesca/ Wed, 28 Dec 2016 06:21:48 +0000 https://it.zenit.org/?p=96116 Fino all’8 gennaio in scena Un’ora di tranquillità, la commedia di Florian Zeller, due anni fa porta al successo anche al cinema

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Siamo a Parigi, in una casa elegante che affaccia sulla Tour Eiffel, ma ad accoglierci non è il classico bourgeois parigino ma l’accento romano e il temperamento avvolgente di Massimo Ghini, padrone di casa d’eccezione, cultore della musica jazz, sposato a una nevrotica parigina Nathalie, con un figlio in crisi d’identità. Per lui, un sabato diverso da tutti gli altri, per esser riuscito finalmente a rintracciare da un rigattiere il vinile dei suoi sogni, My Myself and I di Niel Youart, e lungo il tragitto verso casa, pregusta “la sua ora di tranquillità” dedicata finalmente all’ascolto.
Ma una volta a casa, gli imprevisti prenderanno il sopravvento e il tempo dell’ascolto pare non arrivare mai. La moglie Nathalie che si dichiara preoccupata per il loro rapporto di coppia e per il figlio Sebastien (in arte “fucking-rat”) introverso e front man di un gruppo metal, dedito a eccessi di ogni tipo.
A complicare ulteriormente le cose, i lavori in casa, eseguiti da un idraulico di fortuna – responsabile di aver allagato l’appartamento sottostante dell’invadente vicino polacco – e persino l’amante Elsa, migliore amica della moglie, decisa a confessarle tutto e infine il migliore amico Pierre, che si rivelerà tutt’altro che sincero. Il nostro protagonista reagirà con una calma zen al succedersi degli eventi tragicomici, interessato soltanto ad ascoltare il suo autore preferito. E quando il sogno sembrava diventare realtà, dopo che tutta la famiglia gli si era rivolta contro e la casa era completamente allagata… neppure allora troverà la sua “ora di tranquillità”.
Dal punto di vista recitativo domina la figura di Massimo Ghini, che con la sua verve romana riesce a padroneggiare la scena e a catalizzare l’attenzione dello spettatore. Altrettanto espressivo è Alessandro Giuggioli, nei panni di Sebastien, un ragazzo difficile e chiuso, bravo nel dare forma ai movimenti scattosi e agli scatti d’ira e pianto del giovane. Sofisticata e adatta al ruolo bovariano della gran dama francese è Galatea Ranzi, seppur pecchi di affettazione in alcune scene.
Una commedia allegra e dissacrante, scritta dal giovane commediografo francese Florian Zeller, pluripremiato in patria, che nel 2014 è diventata un film del grande schermo: Tutti pazzi in casa mia di Patrice Leconte con successo di critica e pubblico. Al Teatro Quirino di Roma fino all’8 gennaio, con una versione pirotecnica per Capodanno, tra balli, danze e immancabili flûte di champagne parigino.
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Un’ora di tranquillità
di Florian Zeller
Regia: Massimo Ghini
Con Massimo Ghini, Galatea Ranzi, Claudio Bigagli, Massimo Ciavarro, Marta Zoffoli, Luca Scaparrone, Alessandro Giuggioli
Durata: 1 ora e 40 minuti.
 

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Maculopatia: il recupero della vista è possibile https://it.zenit.org/2016/12/21/maculopatia-il-recupero-della-vista-e-possibile/ Wed, 21 Dec 2016 06:08:03 +0000 https://it.zenit.org/?p=95711 Il dott. Giorgio Grechi, specialista in anestesia e oculistica illustra l’applicazione dell’ozonoterapia nel suo campo

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Da decenni attivo nella ricerca medico-scientifica sulla maculopatia, il dott. Giorgio Grechi, specializzato in anestesia e oculistica, per più di 30 anni primario oculista dell’Ospedale San Giovanni Battista dell’Ordine di Malta (Roma), è riuscito a rallentare l’excursus della malattia in 12 pazienti, in 3 riuscendo a stabilizzare la patologia con il risultato di un visus (vista) immutato, in 9 ottenendo, al contrario, sostanziali miglioramenti, con recupero parziale della vista grazie all’utilizzo dell’ozonoterapia in modo sistemico. A ZENIT il dott. Giorgio Grechi racconta i particolari di questa prima sperimentazione di successo.
Quale elemento dell’occhio è deputato alla vista?
L’occhio ha una struttura complessa. Per merito del progresso medico scientifico siamo riusciti a sostituire il cristallino, nei casi di cataratta, con una lente artificiale, la cornea danneggiata con un trapianto di cornea. Teniamo presente che la vista è assicurata essenzialmente dalla macula, la parte centrale della retina, con la funzione di fornirci una visione distinta. Da tener presente che la macula ha una grandezza microscopica, circa 1/5 di un mm2 e in questo spazio si affollano circa 20mila cellule nervose che hanno il compito di rendere possibile una visione nitida sia da lontano che da vicino.
Che cos’è la maculopatia?
La maculopatia degenerativa è una patologia che colpisce in prevalenza in età senile, con maggiore incidenza tra i fumatori e coloro che sono già affetti da malattie collaterali: ipertensione, diabete, vascolopatie. Oltre all’insorgenza per predisposizione ereditaria. Dopo i 40 anni è, pertanto, buona abitudine sottoporsi a una visita oftalmologica, non essendo sufficiente un controllo dall’ottico, che non dispone della strumentazione necessaria per diagnosticare la patologia. In caso di maculopatia secca o distrofia maculare, infatti, è il metabolismo delle cellule nervose della macula ad alterarsi, anche a causa di una riduzione dell’irrorazione sanguigna del microcircolo, originando una progressiva riduzione della vista. La visione è il risultato di uno stimolo fisico: la luce, che sulle cellule fotosensibili della retina e dunque anche sulla macula imprime le immagini e le trasforma in elementi biochimici, trasmessi dal nervo ottico al cervello.
Quali sono, pertanto, le modalità di trattamento?
L’unica terapia tradizionale consiste nell’uso prolungato di integratori alimentari, per rallentare la perdita della vista, senza possibilità di arrestarne il corso. Ho intrapreso allora la strada dell’ozonoterapia, applicando in maniera sistemica una miscela di ossigeno e ozono secondo i parametri stabiliti dalla SIOOT, a pazienti non curabili, in casi di maculopatie secche o distrofie maculari per agevolarne il microcircolo, riattivando i capillari che portano il sangue alla macula, riuscendo ad arrestare il danno o addirittura migliorando la situazione iniziale. Dunque, ho sottoposto i 12 pazienti alla grande autoemoinfusione (GAE) – prelievo del proprio sangue reinfuso dopo esser stato miscelato con O2O3 – secondo uno schema standard: 2 sedute a settimana, distanziata di 3 giorni una dall’altra, per le prime tre settimane, ridotte poi a una sola a settimana, sino a un totale di 12-14 sedute. Dopo il trattamento, la misurazione del visus ha delineato risultati interessanti.
Quali sono questi risultati?
Su 12 pazienti trattati, circa 9 hanno avuto un miglioramento della vista. Tre invece hanno avuto un visus immodificato, rimanendo comunque stazionari. Negli altri 9 casi si è verificato un miglioramento della vista di alcuni decimi, anche nel caso di occhi ormai completamente ciechi. Particolarmente impressionante è il caso di un paziente che sognava di riprendere a guidare e adesso può, avendo recuperato 5/10 sull’occhio destro, arrivando a 9/10 in totale e a 3/10 decimi sull’occhio sinistro, in precedenza cieco. E di un altro, ancora in corso di trattamento con ossigeno ozono terapia, con una maculopatia secca, non ereditaria, cieco da un occhio, che ha raggiunto i 2/10 e con l’altro i 5/10. È appunto l’accumulo di ozono nel sangue, che rilasciando O3, permette ai vasi sanguigni microscopici di aumentare la loro pervietà e riattivando parzialmente la circolazione. Si favorisce pertanto il recupero del metabolismo cellulare bloccando quindi il proseguimento della distrofia, pur senza una restitutio ad integrum della struttura oculare.
Cosa bisogna fare per mantenere i risultati ottenuti?
È indispensabile un controllo del visus (vista) ogni 45 giorni, per stabilire la necessità e la periodicità di una terapia di mantenimento, variabile da persona a persona, in base all’età e alle condizioni.
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Per contattare il dott. Giorgio Grechi: giorgio.grechi@hotmail.it
 
 

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Disbiosi: trattati 10mila pazienti, la soluzione nell'acqua https://it.zenit.org/2016/12/15/disbiositrattati-10mila-pazienti-la-soluzione-nell-acqua/ Thu, 15 Dec 2016 06:41:04 +0000 https://it.zenit.org/?p=95288 L’ozonoterapia è particolarmente efficace contro le alterazioni della mucosa intestinale

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Alimentazione scorretta, vita sedentaria, stress, abuso di medicinali e antibiotici sono i principali nemici del benessere dell’intestino, causando importanti alterazioni della flora batterica, con uno scompenso generale che può compromettere le difese immunitarie e secondo recenti studi del Fatebenefratelli di Brescia, contribuire all’insorgenza dell’Alzheimer, oltre che del diabete, della sindrome metabolica e della colite ulcerosa.
Zenit ne ha parlato con il prof. Fortunato Loprete, direttivo SIOOT (Società Scientifica di Ossigeno Ozono Terapia), nutrizionista, docente di ossigeno ozono terapia presso l’Università di Pavia.
“Le alterazioni della mucosa intestinale definite disbiosi provocano a livello organico un allargamento delle giunzioni del colon, per cui gli alimenti non più correttamente processati scatenano una reazione del sistema immunitario locale. Ed è per questo motivo, che all’incirca il 30% della popolazione totale soffre di mal di testa, gonfiore, sonnolenza, coliti, stipsi, diarrea e intolleranze alimentari. L’intestino, non a caso, è considerato il nostro secondo cervello, perché coadiuva e condivide gli stessi mediatori del cervello”, spiega il professore.
Approfondiamo pertanto le metodiche per ripristinare l’eubiosi intestinale. “Finora ho trattato almeno 10mila pazienti con successo – dichiara il professore – tramite ozonoterapia e la dieta. Da nutrizionista ho istruito i pazienti a uno stile di vita corretto: movimento, regime alimentare sano, congiuntamente al trattamento con ossigeno-ozono. I cibi da assumere con moderazione sono: le farine raffinate, gli insaccati, le fritture, i grassi saturi, i conservanti, la carne rossa. Tutti alimenti che, se consumati quotidianamente, sono responsabili delle disbiosi, di gastriti e delle ulcere. L’ossigeno-ozono terapia consigliata nella cura delle disbiosi consiste in 15-20 sedute di insufflazione rettale e nel bere almeno un litro di acqua iperozonizzata al giorno come terapia quotidiana”.
In effetti, sono molteplici i benefici dell’acqua ozonizzata, non a caso definita “Acqua di Lunga Vita” ottenuta tramite ozonizzazione con dispositivo OM3 della Multiossigen, approvato dalla SIOOT, essenziale per ottenere una maggiore purezza grazie alla sanificazione con O3, che la rende priva di carica batterica, virale e depurata inoltre dai metalli pesanti, adatta alla cura delle disbiosi, della sindrome del colon irritabile, delle vaginiti, dell’alitosi, delle gengiviti, delle afte, dell’helicobacter pylori, del reflusso gastrico, del acidosi, del sovrappeso e della cellulite. Agisce nelle disbiosi e nelle altre patologie gastro-enteriche, operando sulla flora batterica patogena e non su quella saprofitica, ripristinando una corretta funzionalità intestinale e scongiurando le recidive.
Conclude il prof. Loprete: “È buona norma seguire un regime alimentare corretto, bere ogni giorno un litro di acqua iperozonozzata e in caso di disbiosi e fastidi a essa correlati come le intolleranze alimentari, curarsi con un ciclo di ossigeno ozono terapia, che riducendo l’ipossia intestinale e l’acidosi del ph, ricondurrà la flora a uno stato di eubiosi, naturalmente e senza controindicazioni”.

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L’uomo dal fiore in bocca? Lo siamo un po’ tutti… https://it.zenit.org/2016/12/13/luomo-dal-fiore-in-bocca-lo-siamo-un-po-tutti/ Tue, 13 Dec 2016 06:30:21 +0000 https://it.zenit.org/?p=95090 Un eccellente ed esuberante Gabriele Lavia dirige e interpreta una rivisitazione del classico pirandelliano, in scena al Quirino fino al 18 dicembre

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Gabriele Lavia ritorna al dramma pirandelliano con L’uomo dal fiore in bocca… E non solo, al Teatro Quirino di Roma, dopo il successo di Sei personaggi in cerca d’autore all’Eliseo, in questo stesso anno. Ne cura la regia e l’adattamento, che si incentra su temi esistenzialisti: il senso della morte e la diatriba irrisolta tra uomo e donna.
Una scenografia imponente che riproduce alla perfezione una stazione ferroviaria di fine ‘800 – opera di Alessandro Camera – con un orologio fermo e la pioggia a catinelle, in una serata di mezza estate. Un “pacifico avventore” carico di pacchetti colorati arriva affannato nella piccola stazione provinciale siciliana, dopo aver perso il treno e inizia una conversazione astrusa con un altro avventore, che lo intrattiene con discorsi fuori dal comune. Stupito l’uomo lo ascolta, ritenendolo un pazzo. In realtà entrambi hanno molto in comune, se solo lo sapessero… Sullo sfondo aleggia una figura di donna misteriosa che passeggia su e giù per la stazione e si ferma a osservarli, dal vetro, in attesa.
Racconta Gabriele Lavia a Zenit: “L’uomo dal fiore in bocca? Lo siamo un po’ tutti: uomini e donne. Come dicevano i greci, la vita è un percorso circolare che da uno stato senza vita porta a un altro stato senza vita”. L’originale pirandelliano è stato arricchito dalla contaminazione con altri scritti del drammaturgo di Agrigento, per consentire queste digressioni sul ruolo della donna “croce e delizia” e sulla morte “compagna invisibile” del nostro passaggio terreno. “È tra gli spettacoli più difficili che abbia mai fatto”, aggiunge il regista.
Un Gabrielle Lavia sopra le righe per performance e presenza scenica che ipnotizza il pubblico, a scapito del pacifico avventore, il bravo Michele Demaria, dotato di una buona capacità espressiva, ma fagocitato dall’imponenza dell’attore protagonista. Un’ora e venti di quasi solo monologo, che riesce a divertire e tenere alta l’attenzione, con temi universali come l’amore, la morte, il rapporto donna-uomo.
Un finale amaro, sarcastico, nella migliore tradizione pirandelliana.  Assolutamente imperdibile. In scena fino al 18 dicembre.
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Al Teatro Quirino
L’uomo dal fiore in bocca … E non solo
di Luigi Pirandello
Adattamento: Gabriele Lavia
Con Gabriele Lavia, Michele Demaria, Barbara Alesse
Scene: Alessandro Camera
Costumi: Elena Bianchini
Musiche: Giordano Corapi
Luci: Michelangelo Vitullo
Regista assistente: Simone Faloppa
Regia: Gabriele Lavia
 
 

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Macbeth: la follia del potere che nasce nell’inconscio https://it.zenit.org/2016/11/28/macbeth-la-follia-del-potere-che-nasce-nellinconscio/ Mon, 28 Nov 2016 07:32:41 +0000 https://it.zenit.org/?p=93699 Fino al 4 dicembre, al Teatro Quirino di Roma, una trasposizione originale ma fedele della tragedia shakespeariana

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Il Macbeth si potrebbe ribattezzare il dramma dell’ambizione smodata che trasforma il bene in male e danneggia irrimediabilmente chi ne è l’artefice. La tragedia di Shakespeare più complessa e sanguinaria messa in scena al Teatro Quirino di Roma per la regia del maestro del tragico Luca De Fusco, che da anni incanta il suo pubblico con le migliori rappresentazioni finora mai realizzate. Dalla trilogia dell’Orestea di Eschilo – in scena al Teatro Argentina di Roma a gennaio 2016 – con standing ovation finale, all’Antonio e Cleopatra – clamoroso successo all’Eliseo – all’Antigone, la cui tournée è terminata tra applausi incontenibili all’ombra della Tour Eiffel al Théatre Nationale de Chaillot. Un’attitudine alla perfezione che non poteva smentirsi neppure al Teatro Quirino di Roma, dove l’opera di De Fusco brilla per la scelta dei protagonisti – la fantasmagorica Gaia Aprea e lo stimato Luca Lazzareschi – e per la vividezza e l’intensità delle scene, amplificate da giganteschi maxischermi.
Una messa in scena che esalta la componente misterica e malefica, con la descrizione accurata delle tre creature demoniache che assumono sembianze umane per indicare al prescelto – il giovane Macbeth vassallo favorito di Re Duncan –  un futuro regale, caratterizzato dall’umana invincibilità. E sarà poi Lady Macbeth, sua giovane moglie, assetata di potere e gloria più del marito a convincerlo a compiere un terribile delitto, pur di assicurarsi la corona. Un piano perfettamente orchestrato se non fosse per la labilità della mente umana, che vacilla di fronte a tali rimorsi di coscienza, vanificando gli sforzi prima dell’uno e poi dell’altra. Inquietanti le scene riprodotte fedelmente, con giochi di luce, della fitta boscaglia scozzese e del Palazzo reale, opera di Marta Crisolini Malatesta, con l’ausilio degli effetti video di Alessandro Papa. Memorabile e inquietante è l’immagine onnipresente del bambino spiritato, raffigurazione del male assoluto. Schermi che ingigantiscono le espressioni, con un effetto cinematografico anni ‘40, che riproducono in grande il volto di Gaia Aprea, una spietata Lady Macbeth, che ricorda per l’algida imperturbabilità La donna che visse due volte di Alfred Hitchcock.
Costumi di un’eleganza moderna, impreziositi con pizzi e stoffe damascate, dalla linea attuale, come il pregiato tailleur di Lady Macbeth e il completo dell’incoronazione del sovrano, opera entrambi della costumista Zaira de Vincentiis. Sensazionale è la prova di Gaia Aprea, che è particolarmente a suo agio in questo ruolo, dove alterna fasi di pura cattiveria a fasi di folle esaltazione, a deliri paranoici. L’attrice napoletana ha dichiarato di “essersi ispirata per la crudeltà a Robin Wright la protagonista femminile della serie americana House of Cards, mentre per la postura eretta a Hillary Clinton durante i suoi comizi pre-elettorali”. Comico e allo stesso tempo inquietante è il caratterista Alfonso Postigione, nei vari ruoli di messaggero, portinaio, servo. Bravo e regale nei modi è Claudio Di Palma, nel ruolo di Macduff, l’unico umano in grado di sconfiggere Macbeth e restaurare le dinastia scozzese di diritto e riportare la pace nel Paese, devastato dalle purghe violente del folle re.
Un dramma della follia e del potere, che analizza freudianamente ante litteram il dramma della pazzia, intesa come un vero e proprio abbandono della coscienza, impossibilitata a reagire di fronte al ricordo doloroso del male compiuto. Una delle più cupe e violente tragedie shakespeariane ma anche la più moderna, per la sua innata capacità di sondare le umane idiosincrasie e le conseguenze implacabili della bramosia sull’animo umano. Un’appassionante trasposizione, tanto originale, quanto fedele alla versione originaria: imperdibile.
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Fino al 4 dicembre al teatro Quirino di Roma
Macbeth
di William Shakespeare
per la regia di Luca De Fusco
Con Luca Lazzareschi, Gaia Aprea, Fabio Cocifoglia, Paolo Cresta, Francesca De Nicolais, Claudio Di Palma, Luca Iervolino, Gianluca Musiu, Alessandro Pacifico Griffini, Giacinto Palmarini, Alfonso Postiglione, Federica Sandrini, Paolo Serra, Enzo Turrin e con le danzatrici della compagnia Korper Chiara Barassi, Sibilla Celesia e Sara Lupoli.
Voce fuori campo Angela  Pagano
in video Lorenzo Papa
scene Marta Crisolini Malatesta
costumi Zaira de Vicentiis
luci Gigi Saccomandi
musiche Ran Bagno
installazioni video Alessandro Papa
coreografie Noa Werthei

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