Bielorussia Archives - ZENIT - Italiano https://it.zenit.org/tag/bielorussia/ Il mondo visto da Roma Thu, 28 Sep 2017 18:36:56 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.7.1 https://it.zenit.org/wp-content/uploads/sites/2/2020/07/02e50587-cropped-9c512312-favicon_1.png Bielorussia Archives - ZENIT - Italiano https://it.zenit.org/tag/bielorussia/ 32 32 Papa al CCEE: dare nuovo impulso alla missione della Chiesa in Europa https://it.zenit.org/2017/09/28/papa-al-ccee-dare-nuovo-impulso-alla-missione-della-chiesa-in-europa/ Thu, 28 Sep 2017 18:36:56 +0000 https://it.zenit.org/?p=106847 Messaggio all’Assemblea generale del CCEE a Minsk, Bielorussia

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In occasione dell’apertura oggi, giovedì 28 settembre 2017, dei lavori dell’Assemblea plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), che si riunisce fino a domenica 1° ottobre per la prima volta in assoluto in Bielorussia, il papa Francesco ha inviato attraverso il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin un messaggio al presidente dell’organismo europeo, il cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco.
I due grandi temi dell’incontro annuale sono i giovani, i loro desideri, bisogni, paure, aspettative e relazioni, e poi l’Europa, in modo particolare il contributo e la missione della Chiesa alla costruzione della Casa comune europea.
Quest’anno ricorre il 750° anniversario della prima menzione della capitale bielorussa nelle “Cronache primarie” e il 500° della stampa del primo libro — la Bibbia — in lingua bielorussa. (pdm)
Riportiamo di seguito il messaggio del Papa.
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A Sua Eminenza Rev.ma il Cardinale Angelo Bagnasco
Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa

Il Santo Padre rivolge il suo cordiale saluto ai partecipanti all’Assemblea plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali di Europa e incoraggia a proseguire l’importante opera volta ad individuare percorsi di collaborazione pastorale tra i vari paesi, valorizzando le diversità e promuovendo iniziative di solidarietà e di fraternità. Sua Santità auspica che l’incontro contribuisca a rinsaldare i vincoli di unità e di comunione tra i vescovi europei, imprimendo ulteriore e coraggioso impulso alla missione della Chiesa in Europa specialmente in favore dei giovani per aiutarli a scoprire, alla luce della fede, la propria vocazione nella comunità cristiana e nella società. Con tali sentimenti, egli chiede di perseverare nella preghiera per lui e volentieri invia la Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 23 settembre 2017
Cardinale Pietro Parolin,
Segretario di Stato di Sua Santità

[01415-IT.01] [Testo originale: Italiano]

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Card. Bagnasco: “Europa: un corpo vivente, una comunità di vita e di destino” https://it.zenit.org/2017/09/28/card-bagnasco-europa-un-corpo-vivente-una-comunita-di-vita-e-di-destino/ Thu, 28 Sep 2017 15:31:16 +0000 https://it.zenit.org/?p=106816 Prolusione del presidente del CCEE in occasione dell’apertura dell’Assemblea Plenaria a Minsk, Bielorussia -- Testo integrale

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Riportiamo di seguito il testo completo della prolusione del cardinale Angelo Bagnasco, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), in occasione dell’apertura dell’Assemblea Plenaria dell’organismo, che si terrà dal 28 settembre fino al 1° ottobre 2017 a Minsk, Bielorussia.
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Introduzione
“L’umanesimo laico e profano alla fine è apparso nella sua terribile statura ed ha, in un certo senso, sfidato il Concilio. La religione del Dio che si è fatto uomo si è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio”. Le parole che Paolo VI pronunciò nel Discorso di chiusura del Concilio Vaticano II (7.12.1965) suonano sempre attuali e ci aiutano all’inizio dei nostri lavori. Quale è stato l’esito di quell’incontro che poteva diventare uno scontro? “L’antica storia del samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio: una simpatia immensa lo ha tutto pervaso” risponde il beato Pontefice (id).
A questo animo di evangelica simpatia hanno fatto eco i frequenti appelli di San Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI verso l’Europa, e – nei diversi suoi interventi –  il Santo Padre Francesco rilanciava questo sguardo pastorale e profetico auspicando “uno slancio nuovo e coraggioso per questo amato Continente”. L’amato Continente è l’Europa, e l’occasione era il conferimento del prestigioso Premio Carlo Magno (16.5.2016). Noi, che qui abbiamo l’onore e il compito di rappresentare i Pastori della Chiesa Cattolica in Europa, facciamo nostro questo auspicio e lo poniamo nel cuore innanzitutto della nostra preghiera, consapevoli che la separazione tra fede e vita “va annoverato tra i più gravi errori del nostro tempo” (Conc. Vat. II, GS 43). Nel medesimo tempo, confermiamo ogni impegno per annunciare il Vangelo di Cristo con parresia, e rinnoviamo l’amore che ciascuno di noi ha non solo per il suo popolo, ma anche per ogni popolo e nazione, in quel respiro universale che è proprio del Vangelo di Cristo.
Siamo anche fermamente convinti, con il Papa, che l’Europa “ha una forza, una cultura, una storia che non si può sprecare” (Papa Francesco, Conferenza Stampa nel volo dal Messico, 17. 2. 2016); che “alla rinascita di un’Europa affaticata, ma ancora ricca di energie e di potenzialità, può e deve contribuire la Chiesa. Il suo compito coincide con la sua missione” (Papa Francesco, Premio Carlo Magno cit), valorizzando sempre più la ricchezza irrinunciabile dei “due polmoni, quello orientale e quello occidentale” (Papa Francesco, Messaggio alla Plenaria 2016).
L’Europa, dunque, non deve sprecare se stessa, la storia bimillenaria che la lega al cristianesimo e che – nonostante le ombre degli uomini – ha prodotto frutti di civiltà e cultura, ma deve volersi più bene, deve credere nelle sue potenzialità, sapendo “che questa storia, in gran parte, è ancora da scrivere” (Papa Francesco Discorso al Parlamento Europeo 25.11.2014). Anche se un po’ affaticata, forse segretamente delusa, non deve arrendersi, deve ritrovare l’entusiasmo delle origini, non certo la percezione passata di essere il centro del mondo, ma di avere qualcosa di bello e di peculiare da offrire all’umanità. Ogni regione della Terra, infatti, ha da portare qualcosa di grande e di proprio agli altri: tutti devono imparare a pensarsi in relazione con le altre aree, in un dinamismo virtuoso di dare e ricevere.
1. La Plenaria
Uno dei due temi centrali della nostra Plenaria, come richiesto a Montecarlo nello scorso anno, è il rapporto tra il CCEE e il Continente, rapporto che conosciamo alla luce dei nostri Statuti, ma che è utile rimettere a fuoco nel flusso delle circostanze storiche, al fine di un servizio efficace nello spirito di Gesù che lava i piedi degli Apostoli. L’altro tema, che sarà oggetto della riflessione e del nostro confronto, saranno i giovani, anche nell’orizzonte del Sinodo del prossimo anno.
Cari Confratelli, all’inizio della prima Plenaria che ho l’onore di presiedere, permettete che rinnovi a voi la gratitudine mia e dei Vicepresidenti per la fiducia che avete mostrato eleggendoci nei rispettivi compiti. Vi possiamo confidare che subito ci siamo messi al lavoro con entusiasmo e convinzione, per fare del nostro meglio a servizio del Consiglio.  Doveroso è anche un saluto grato al Card. Peter Erdo, che per dieci anni ha guidato il nostro Organismo con dedizione e perizia, e con lui anche ai Confratelli che si sono susseguiti nella vicepresidenza.
2. Il secolarismo che isola
Tornando all’Europa, l’esperienza di Pastori che hanno la grazia di vivere con la gente, ci testimonia che la marcia del secolarismo è diffusa ovunque, costituendo quella “cultura diffusa, quel pensiero unico e omologante” di cui spesso parla il Santo Padre, e che descrive come una “colonizzazione ideologica”.  Nei Sinodi dell’ultimo decennio, i Padri hanno rilevato questo fenomeno ovunque, in qualunque società e cultura. I tempi e i modi possono essere diversi, ma l’intenzionalità è identica: vivere a prescindere da Dio, non di rado facendo credere che la religione è contraria alla felicità dell’uomo, alla sua libertà, alla democrazia e alla sana laicità dello Stato. Quale lo scopo di questa ideologia che si veste di assoluta autonomia individuale? Che slega da ogni riferimento umano e religioso? Che dissolve le relazioni interpersonali, sociali, internazionali? Quali sono i frutti di questo albero? Forse l’uomo è oggi più felice, e le società più umane e vivibili? In realtà, molti osservatori rilevano che nei cuori abita lo smarrimento se non addirittura l’angoscia: “L’Europa è stanca di disorientamento” afferma Papa Francesco (Messaggio alla Plenaria CCEE 2014). E la storia insegna che il disorientamento, se diffuso e prolungato, può portare lontano!
Ciò nonostante, noi Pastori conosciamo anche un’altra realtà, che potremmo chiamare “cultura popolare” non nel senso che sia solo del popolo o di tutto il popolo, ma nel senso che sembra ritrovarsi prevalentemente nel sentire popolare, quello di base, quello più semplice ma per questo forse più aderente alla realtà e all’umano. Se, infatti, da una parte vediamo che una certa rappresentazione delle cose tende a far credere che tutto va male, che non c’è più speranza, dall’altra vediamo che la cronaca dolorosa non esaurisce il vissuto concreto. Infatti, se solleviamo il velo della narrazione inquietante, troviamo che la vita brulica, la vita vera, quella di tanta gente semplice che tira avanti i giorni con dignità, che cura la famiglia con amore e sacrificio, che si dedica all’educazione dei figli con coscienza, che si prende cura dei propri malati o dei vicini in modo ammirevole… Insomma, sotto la superficie schiumante, vi è un eroismo normale e quotidiano, e noi Pastori onoriamo questo patrimonio di nobiltà che non fa notizia, ma fa storia.
3. Ridare Speranza
Che cosa possiamo fare noi, Pastori delle Chiese che sono in Europa? I Papi con parole diverse hanno indicato la strada: hanno parlato di “nuova evangelizzazione”. Ora, Papa Francesco parla di “Chiesa in uscita”. La passione, l’ardore e l’urgenza costituiscono l’humus da cui salgono i continui, accorati inviti alla Chiesa presente nel mondo.
Se guardiamo il nostro Continente, forse possiamo dire che la missione evangelizzatrice oggi deve assumere la nota dominante della speranza. L’Europa non può essere depressa, incerta sulla sua anima, appesantita da memorie tragiche, tanto da voler cancellare il suo passato per una impossibile e triste rinascita, dove si pretende di ripensare e di riscrivere tutto, anche l’alfabeto umano. Il cristianesimo, come l’anima per il corpo, ha il compito di vivificare le radici europee, radici antiche ma sempre capaci di germogliare nell’oggi. Deve ridare speranza!
L’illuminante riferimento alla Lettera a Diogneto è usato dal Papa quasi per declinare l’immagine evangelica del lievito nella pasta, e si rivela denso di suggestioni e di orientamenti. La nostra speranza non è una sapienza umana, è Gesù Cristo, il Verbo eterno di Dio fatto uomo, il Salvatore del mondo.  La speranza, nei millenni, ha sprigionato le migliori energie, la forza degli ideali, la capacità di sacrificio, l’intraprendenza nell’indagare la natura, la conquista tecnologica, il gusto della filosofia, delle lettere e delle scienze; ha fatto lievitare la coscienza collettiva, ha ispirato il modo di vivere insieme ponendo i germi della democrazia ed esprimendo capolavori di bellezza e di arte. Tutto questo non ha impedito, tuttavia, ombre e lentezze che nessuno nega.                 
Ora, tutto sembra dietro le spalle di un Continente che sembra smemorato, che pare diventato sterile, incapace di generare figli capaci di riconoscersi fratelli in una “famiglia di popoli” (Papa Francesco, Discorso al Parlamento Europeo cit).
4. Dire Gesù
“Non è la fine. Credo che l’Europa ha tante risorse per andare avanti. (…) E la risorsa più grande è la persona di Gesù. Europa, torna a Gesù! Torna a quel Gesù che tu hai detto che non era nelle tue radici. E questo è il lavoro dei pastori: predicare Gesù” (Papa Francesco, Discorso alla Plenaria CCEE, 3.10.2014, cit).
Il secolarismo rende ancora possibile annunciare che Gesù è il Signore? Oppure ha oscurato e addormentato la coscienza dei singoli e dei popoli così che non sono più in grado di udire e di vedere? La sana laicità, affermata dal Magistero, si è forse trasformata in un laicismo ideologico? Siamo di fronte a qualcosa di fatale e irreversibile? Forse una certa cultura lo ritiene un fenomeno irreversibile, ma certamente il processo non é fatale nel senso di casuale e inarrestabile. Allora, come fare perché risuoni il nome di Gesù nel cuore dei contemporanei? E cosa fare perché sia chiaro che Dio è Qualcuno e che la fede non va confusa con i buoni sentimenti? Che ancora esistono cose per cui vale la pena di soffrire? Sarà fecondo il confronto che avremo tra noi, a partire dalla parola di Gesù all’Apostolo Paolo: “Non avere paura, ma continua a parlare e a non tacere, perché io sono con te (…), perché io ha un popolo numeroso in questa città!”(Atti 18, 9-10).
Sì, cari Confratelli, queste parole sono rivolte anche a noi, perché lo scoraggiamento non vinca di fronte alle difficoltà della missione, sapendo che quando la nostra debolezza grida verso Dio, allora diventa il luogo del Dio forte. Coscienti che la questione non è essere dei conquistatori, ma dei conquistati; che siamo mandati nel mondo ma che non siamo del mondo; che ci vuole amore per vedere il mondo, e libertà per non esserne posseduti. E consapevoli che lo sguardo risolutivo sull’umanità è solo lo sguardo di Cristo. E’ questo sguardo che ci permette di stare nel mondo e di non essere assimilati alla mondanità.
5. L’ora del risveglio
Il migliore alleato del Vangelo non sono le nostre organizzazioni, le risorse, i programmi, ma l’uomo: l’uomo in ogni tempo, in qualunque situazione, civiltà, cultura. La cultura odierna non ama ascoltare idee diverse da quelle che pensa, convinta che la civiltà sia tutta da ripensare, e le verità più elementari – come la vita e la morte, l’amore e la libertà – siano da ridefinire. Tuttavia, gli uomini hanno un desiderio segreto: sperano di incontrare qualcuno che aiuti la loro coscienza a risvegliarsi, a risvegliare le questioni decisive dell’esistenza, del destino, del futuro oltre la morte, del male che ferisce l’umano e dei mali che violentano la vita e il cosmo: “Un faccia alla morte, l’enigma della condizione umana diventa sommo (…) Il germe dell’eternità che porta l’uomo in sé, irriducibile com’è alla sola materia, insorge contro la morte” (Conc. Vat. II, GS 18).
Nelle cose più belle della vita, nelle esperienze più liete e gli affetti più cari, l’uomo sente che gli sfuggono sempre due cose: il “tutto” e il “per sempre”. Vorrebbe una gioia piena che non finisce mai. Per questo, in fondo, avverte di essere una sinfonia meravigliosa ma incompiuta, una creatura di confine fra il tempo e l’eterno, segnato da una sottile nostalgia di “un di più”, che non sempre riesce e decifrare e che vede non essere nelle sue mani. Una nostalgia che non è condanna, ma grazia!
Possiamo dire che l’uomo occidentale appare confuso sulla propria identità e sul senso del suo esistere, ma dentro a questo groviglio si fa avanti un’opportunità, è presente uno spazio forse ancora piccolo, ma che esiste e indica il risveglio, spesso lento e incerto, a volte improvviso come un lampo. Il processo è ormai iniziato e nessuno potrà fermarlo, perché l’uomo non può vivere senza verità e in radicale solitudine. E’il risveglio dell’anima! Non è forse questo il kairòs dell’ora? Su questo tornante noi non vogliamo mancare, come sentinelle del mattino, vigili e pronte per indicare il nuovo giorno.
Forse, però, possiamo registrare anche un altro segnale che indica la presenza dello Spirito: la gente, specialmente il popolo dei piccoli, comincia a interrogarsi circa fenomeni talmente inediti da destare interrogativi sul versante spirituale, etico, culturale e sociale. Sul futuro dell’umanità. Anche questo è un indice e un appello per noi Pastori. Il Santo Padre ricorda che l’uomo, ricevuto il creato da Dio per dominarlo, per farlo diventare “cultura”, ad un certo momento “comincia a fare lui il creatore” di una cultura sua propria, tanto che “occupa il posto di Dio. L’uomo autosufficiente”; e si arriva così ad un laicismo “come quello che ci ha lasciato in eredità l’illuminismo” (cfr. Papa Francesco, Conferenza stampa nel volo di ritorno dalla Svezia, 1.11.2016). Il Papa, alla radice dell’attuale situazione, mette in evidenza questi due fattori: “L’autosufficienza dell’uomo creatore di cultura, ma che va oltre i limiti e si sente Dio, e un po’ la debolezza dell’evangelizzazione che diventa tiepida e i cristiani sono tiepidi” (id). Egli, di conseguenza, insiste sulla necessità di chiarire il senso della “sana autonomia” di cui parla l’ultimo Concilio, e la bellezza della “dipendenza, dell’essere creatura e non Dio” (id).  
In conclusione si tratta di risvegliare le domande che sonnecchiano in fondo all’anima: esse possono essere anche anestetizzate, ma non possono morire, perché il Creatore le ha scritte nella coscienza come un benefico tormento, affinché l’uomo non possa accontentarsi di nulla che sia meno di Dio. Appartiene, dunque, all’evangelizzazione sia risvegliare le domande decisive, e sia annunciare il Signore della vita e della speranza.
I nostri lavori prevedono anche un significativo focus sui giovani. Ne parleremo nei gruppi di lavoro e insieme. Ora diciamo solo che le giovani generazioni sono nell’orizzonte del Continente europeo: la Chiesa guarda a loro con particolare simpatia non per interessi propri, ma per il bene della loro vita e della civiltà europea. Avremo occasione per introdurci brevemente all’affascinate età che è in gioco e che ha nelle mani il futuro.
6. L’Unione Europea
Anche l’Unione Europea sta a cuore a noi tutti, Pastori del Continente. E a tutti i cittadini di questa grande terra – qualunque sia il ruolo di ciascuno – ci rivolgiamo con rispetto e convinzione. Il sogno di questa unione come “famiglia di popoli” e “casa di nazioni” è sempre attuale, tanto più se guardiamo il mondo e i “giganti vecchi e nuovi”. Non spetta a noi fare dei calcoli di tipo economico e commerciale, ma è nostro dovere ricordare a tutti che l’Europa non è un complesso puramente geografico, né soltanto un gruppo di popoli, ma è un compito spirituale ed etico; non è un organigramma, ma è un corpo vivente, una comunità di vita e di destino.
L’immagine europea di persona è determinata nel modo più profondo dal cristianesimo: il Vangelo è stato l’alveo che ha dato sintesi a diversi contributi che la storia del continente ha conosciuto. Il Signore Gesù – rendendo l’uomo figlio di Dio – gli ha conferito una dignità unica, gli ha dato come criterio della libertà la verità, tanto che – tagliando la radice trasformante di Cristo – la dignità umana rischia di non avere fondamento. Per questo il Santo Padre ha insistito sulla “dignità trascendente” dell’uomo (cfr Papa Francesco, Discorso al Parlamento Europeo cit), dove quel “trascendente” esprime la sorgente e la migliore garanzia del valore irripetibile di ogni persona, nonché la sua stessa relazionalità che si oppone ad ogni cultura esclusivista.
All’origine dell’Europa, dunque, non troviamo solo una dimensione genericamente spirituale, ma specificamente cristiana. Per questa ragione Novalis – già nel 1799 – scriveva che “Se l’Europa si staccasse totalmente da Cristo, allora essa cesserebbe di essere” (La Cristianità, ossia l’Europa). E il filosofo ebreo Karl Löwith affermava con lucidità: “Il mondo storico in cui si è potuto formare il ‘pregiudizio’ che chiunque abbia un volto umano possieda come tale la ‘dignità’ e il ‘destino’ di essere uomo, non è originariamente il mondo (…) del Rinascimento, ma il mondo del cristianesimo, in cui l’uomo ha ritrovato attraverso l’Uomo-Dio, Cristo, la sua posizione di fronte a sé e al prossimo (…) Con l’affievolirsi del cristianesimo è diventata problematica anche l’umanità” (Von Hegel zu Nietzsche, 1941).
Potrà il Davide europeo essere se stesso? Noi crediamo di sì, se verrà ricuperato il sogno dei veri Padri Fondatori, uomini liberi nella verità e quindi realisti senza pregiudizi di alcun tipo, neppure verso la religione. Noi crediamo di sì non perché L’Europa possa sopraffare gli altri, ma perché nel consesso dei popoli ha qualcosa di decisivo da offrire grazie alla sua storia ancora feconda.
Cari Amici, le nostre povere voci portano l’eco dei secoli: proprio per questo possono parlare all’uomo moderno che, pur in mezzo a cambiamenti epocali, resta l’uomo di sempre.
Grazie per il vostro fraterno ascolto. Ci mettiamo ora al lavoro con fiducia e convinzione, sotto lo sguardo di Maria Madre della Chiesa e dei Santi Protettori di questo amato continente.
(Fonte: CCEE)

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CCEE a Minsk per parlare di giovani e Europa https://it.zenit.org/2017/09/15/cccee-a-minsk-per-parlare-di-giovani-e-europa/ Fri, 15 Sep 2017 21:00:55 +0000 https://it.zenit.org/?p=106298 Assemblea Plenaria dal 27 settembre al 1° ottobre prossimi

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In preparazione al Sinodo dei Vescovi, che si svolgerà nell’ottobre 2018 a Roma, l’assemblea plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) affronterà dal 27 settembre al 1° ottobre prossimi nella capitale bielorussa Minsk il tema dei giovani, i loro desideri, bisogni, paure, aspettative e relazioni. Essi rappresentano “questa categoria di persone che costituiscono il futuro della Chiesa”, rivela un comunicato stampa dell’organismo, reso noto oggi, venerdì 15 settembre 2017.
L’altro grande tema che i rappresentanti delle conferenza episcopali affronteranno sarà l’Europa, “in particolare il contributo e la missione della Chiesa alla costruzione della casa comune europea”, e l’annuncio del Vangelo nel Vecchio Continente.
Alla sessione di apertura parteciperanno tra gli altri l’esarca patriarcale di Tutta la Bielorussia, il metropolita Pavel di Minsk e Zaslavl, e il vice-primo ministro bielorusso Vasily Zharko, nonché rappresentanti di altre religioni presenti nel Paese. Il programma prevede anche un incontro con il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko.
Il motivo dell’invito da parte dell’arcivescovo di Minsk-Mohilev, mons. Tadeusz Kondrusiewicz, è il 750° anniversario della prima menzione della capitale bielorussa nelle “Cronache primarie” e il 500° della stampa del primo libro in lingua bielorussa, cioè la Bibbia. E’ anche la prima volta in assoluto che l’assemblea plenaria del CCEE si terrà nel Paese dell’Est Europa. (pdm)

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Il card. Parolin in Bielorussia consacra vescovo il nuovo nunzio https://it.zenit.org/2016/07/16/il-card-parolin-in-bielorussia-consacra-vescovo-il-nuovo-nunzio/ Sat, 16 Jul 2016 15:10:50 +0000 https://it.zenit.org/?p=80376 Si tratta dell'ungherese mons. Gábor Pintér. Il Segretario di Stato nell'omelia: “Compito del nunzio è richiamare al rispetto dei diritti dell’uomo come la libertà religiosa”

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Il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ha presieduto ieri la Messa, nella Cattedrale di Vac, in occasione della consacrazione episcopale del nuovo nunzio apostolico in Bielorussia, mons. Gábor Pintér, ungherese. Alla funzione – informa la Radio Vaticana – era presente anche il card. Péter Erdö, arcivescovo di Budapest e Primate di Ungheria. Nell’omelia, il cardinale Parolin ha ricordato che uno dei compiti del nunzio è quello di essere “segno di speranza e di unità, un richiamo alla collaborazione tra tutti gli uomini di buona volontà, al rispetto dei fondamentali diritti dell’uomo, tra i quali quello alla libertà religiosa”.
“Rappresentando il Papa – ha detto – non potrai che servire quella giustizia che comprende in sé la misericordia, la capacità di rimarginare le ferite del passato, per dare credibile speranza al futuro. Una giustizia che comporta reciproco perdono, proiezione verso il futuro, volontà di inclusione e un impegno senza tentennamenti a favore del bene comune, in modo da fermare i violenti e i seminatori di discordie”.
In Bielorussia – ha detto il porporato – c’è “una comunità cattolica vivace e fervente, che testimonia con gioia la sua devozione e la sua fede”. “Avrai inoltre l’occasione – ha aggiunto – di impegnarti per la costruzione di fraterne relazioni con la comunità ortodossa, favorendo una testimonianza univoca di tutti i cristiani sui fondamentali valori dell’esistenza e rendendo sempre più fruttuoso il cammino ecumenico. Nel medesimo tempo, la tua presenza e la tua prudente azione saranno un valido incentivo per una maggiore apertura della Bielorussia verso gli altri Paesi e di questi ultimi verso la Bielorussia”.
“Come Rappresentante della Santa Sede – ha concluso – sarai mediatore di pace e di giustizia, cercando di far prevalere le ragioni del diritto e del bene, ricordando che la disponibilità a concludere onorevoli accordi sulla base della reciproca rinuncia a una parte delle proprie esigenze, non è segno di debolezza, ma di saggezza e di forza”.

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L’Arte che unisce: icone bielorusse nei Musei Vaticani https://it.zenit.org/2016/05/19/larte-che-unisce-icone-bielorusse-nei-musei-vaticani/ Thu, 19 May 2016 10:20:53 +0000 https://it.zenit.org/?p=75232 Inaugurata nel Salone di Raffaello della Pinacoteca dei Musei Vaticani la mostra di immagini sacre bielorusse intitolata: «L’icona bielorussa dal XVII al XXI secolo»

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Ieri, mercoledì 18 maggio, è stata inaugurata nel Salone di Raffaello della Pinacoteca dei Musei Vaticani la storica mostra intitolata: «L’icona bielorussa dal XVII al XXI secolo». La delegazione venuta dalla Bielorussia era composta dall’arcivescovo cattolico di Minsk-Mihilev, Tadeusz Kondrusiewicz, dall’archimandrita Fedor Povny, dal direttore del Museo d’Arte Nazionale di Minsk, Vladimir Prokopisov e l’ambasciatore della Repubblica Bielorussa presso il Quirinale e presso la Santa Sede, Sergei Aleinik. Invece il Vaticano era rappresentato dal card. Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, e il prof. Antonio Paolucci, Direttore dei Musei Vaticani. L’esposizione ha luogo nell’anno importante per la Chiesa latina locale che proprio nel 2016 celebra il 25° anniversario della rinascita delle strutture ecclesiastiche dopo tre generazioni di persecuzioni. Nella parte artistica si è esibito un piccolo coro ortodosso-cattolico. Del significato della mostra ZENIT ha parlato con mons. Kondrusiewicz.
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Come è nata l’idea della mostra delle icone bielorusse nei Musei Vaticani?
L’idea è nata circa cinque-sei anni fa, nel corso di un mio incontro con l’allora viceministro degli esteri della Repubblica di Bielorussia, Sergej Alejnik, oggi Ambasciatore della Bielorussia presso la Santa Sede. Successivamente, nell’organizzazione della mostra si è impegnato l’ex Nunzio Apostolico in Bielorussia Monsignor Claudio Gugerotti, oggi Nunzio in Ucraina. Ovviamente, sono stati coinvolti i Direttori dei Musei Vaticani e del Museo Nazionale d’Arte della Bielorussia, e anche il Ministero degli esteri della Bielorussia e Chiese Cattolica e Ortodossa.
Qual è il significato di questa mostra?
Il solo fatto che le icone bielorusse siano per la prima volta esposte nei Musei Vaticani è molto significativo. È un riconoscimento delle buone e costruttive relazioni esistenti tra la Chiesa Cattolica e Ortodossa nella Repubblica di Bielorussia. Oserei dire che sono anche un esempio di realizzazione del sogno di san Giovanni Paolo II, che l’Europa respiri con i due polmoni del cristianesimo occidentale e orientale.
Le immagini sacre hanno un significato particolare nelle Chiese orientali?
Nella società bielorussa, nonostante le divisioni storiche e perfino confessionali, la venerazione dell’icona, in primo luogo l’icona della Madre di Dio, è sempre stata la base spirituale dell’unità nazionale. Sotto il manto della Vergine Purissima, sotto la protezione delle sue sante icone il popolo bielorusso ha sempre cercato e trovato la salvezza. Perciò la mostra ha prima di tutto un significato religioso e spero che contribuisca alla nuova evangelizzazione del mondo odierno, che ha molto bisogno dell’eterna verità del Vangelo.
Il 13 aprile 1991, con un provvedimento di San Giovanni Paolo II venne riorganizzata la Chiesa cattolica di rito latino nelle Repubbliche sovietiche di Bielorussia, Russia e Kazakistan. Perciò la Chiesa cattolica celebra quest’anno il 25° anniversario. Che può dirci in proposito?  
Nel 1991, dopo 70 anni di persecuzioni della Chiesa latina, sono state create in Bielorussia le diocesi (allora 3, oggi ce ne sono 4) e nominati i vescovi (allora 2 e oggi 8 vescovi). Per noi è un anniversario importantissimo e siamo contanti che il Santo Padre manda da noi in questa occasione come suo inviato speciale l’arcivescovo di Vienna, card. Christoph Schönborn (1-2 luglio). Abbiamo inserito gli eventi dell’anniversario nelle celebrazioni dell’Anno Santo della Misericordia. Per di più la nostra Chiesa già da tre anni si prepara per il 100° anniversario delle apparizioni a Fatima: l’anno 2014 era un anno di preghiera, il 2015 di penitenza, invece il 2016 è l’anno della speranza.
C’è anche un altro evento importante: a Grodno dal 24 al 26 maggio si svolgerà il Nazionale Congresso Eucaristico. Anche per quella occasione arriverà da noi il legato pontificio, card. Zenon Grocholewski.
Tutta la Chiesa si sta preparando per il GMG di Cracovia. Come vanno i preparativi in Bielorussia?
Secondo le nostre stime circa 3 mila giovani dalla Bielorussia andranno in Polonia. Ogni diocesi ha il suo coordinatore e si stanno facendo dei preparativi per la Giornata. Per i nostri ragazzi è relativamente facile andare in Polonia perché non è lontano. Non ci sono nemmeno i problemi con la lingua perché ci capiamo con i polacchi.  Anch’io andrò per il GMG per fare delle catechesi.
Quest’anno c’è anche il 25° anniversario della famosa GMG di Częstochowa dove per la prima volta nella storia delle Giornate parteciparono anche i giovani dall’ex-Unione Sovietica. Come ricorda quella storica GMG?
Allora ero anche vescovo in Bielorussia e Giovanni Paolo II mi ha trasferito a Mosca. Fu un evento memorabile e, direi, storico. Per la prima volta 65 mila giovani dai Paesi dell’ex Unione Sovietica varcarono la frontiera per andare a Częstochowa ad incontrare altri giovani venuti da tutto il mondo. Per tanti giovani era il primo viaggio all’estero, il primo incontro con i giovani venuti dall’Occidente, il primo incontro con il Papa. C’era un entusiasmo indescrivibile. Quante persone mi ringraziarono per quella iniziativa di Giovanni Paolo II, anche gli ortodossi che sono andati con i cattolici. Era una cosa commovente.
Giovanni Paolo II, oggi santo, è venerato in Bielorussia?
Molto. A Minsk la nuova chiesa, che vogliamo costruire, è stata dedicata proprio a san Giovanni Paolo II. Insieme con il parroco, don Igor Laszuk, abbiamo portato la sua immagine all’udienza generale del 18 maggio, proprio nell’anniversario della nascita di questo santo cosi stimato in Bielorussia, per farla benedire da Papa Francesco.
 

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Sulle orme dell'incontro tra Papa Francesco e il patriarca Kirill https://it.zenit.org/2016/03/13/sulle-orme-dellincontro-tra-papa-francesco-e-il-patriarca-kirill/ Sun, 13 Mar 2016 16:10:36 +0000 https://it.zenit.org/?p=69137 L'Arcivescovo di Minsk racconta la storia del suo incontro alla TV con il metropolita ortodosso Pavel.

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Per la televisione bielorussa è stato un evento storico: il 9 Marzo, la TV satellitare “Belarus 24”, ha invitato insieme i capi della Chiesa cattolica e della Chiesa ortodossa in Bielorussia – Tadeusz Kondrusiewicz, metropolita di Minsk-Mohilev e Pavel, metropolita di Minsk e Zaslawe, per commentare l’incontro di Papa Francesco con il patriarca Kirill,.
Colpisce positivamente il fatto che questo primo incontro cattolico-ortodosso in uno studio televisivo ha avuto luogo a meno di un mese dopo quello tra il Papa e il Patriarca e mostra quanto l’impulso partito da L’Avana ha contribuito all’ulteriore sviluppo nei buoni rapporti ecumenici in Bielorussia.
Abbiamo chiesto all’Arcivescovo Kondrusiewicz di commentare il suo incontro con il metropolita Pavel.
Eccellenza, per la prima volta vi siete incontrati con il metropolita ortodosso di Bielorussia in uno  studio televisivo di fronte a tanti telespettatori. E’ questo il primo frutto di uno storico incontro di Papa Francesco e il patriarca Kirill a Cuba?
Le relazioni tra le nostre Chiese sono buone, ma non siamo stati mai insieme in televisione davanti a un vasto pubblico. Sono molto contento che ci sia stato questo incontro, posso dire che è “il frutto bielorusso” di quello storico, a L’Avana.
In Bielorussia, ci sono tante famiglie miste cattolico-ortodosse perciò la gente è felice quando vede insieme i rappresentanti delle due Chiese sorelle. Per me personalmente, l’abbraccio tra il Papa e il Patriarca di Mosca diventa un simbolo, come se si fossero abbracciati gli apostoli Pietro e Andrea.
Di che cosa in particolare avete discusso nella conversazione davanti ai telespettatori bielorussi?
Nel corso del programma, abbiamo risposto alle domande del giornalista. La prima riguardava il luogo d’incontro del Papa e il Patriarca: perché Cuba? Sappiamo che tutti vorrebbero ospitare un incontro così, anche la Bielorussia che è in attesa della visita del Santo Padre. In ogni caso, abbiamo risposto che Cuba rappresenta il continente, che non è responsabile delle divisioni della cristianità. E poi, è un paese cattolico, che ha anche buone relazioni con la Russia, e quindi la Chiesa ortodossa.
Sicuramente c’era l’occasione con il Patriarca e con il Papa che andavano nello stesso periodo in America Latina. Abbiamo sottolineato il fatto che in questo momento storico – a prescindere dalle questioni controverse in sospeso – Francesco e Kirill si sono incontrati, e quindi hanno mostrato al mondo che malgrado le divergenze bisogna impegnarsi nel dialogo e insieme sviluppare programmi di azione di fronte ai grandi problemi come le persecuzioni dei cristiani e le sfide del mondo secolarizzato.
Abbiamo convenuto che c’è bisogno di una voce comune del Papa e del Patriarca nel momento in cui si decide il destino del cristianesimo, si contestano le regole della morale, i cristiani sono soggetti a nuove persecuzioni: in tale situazione bisogna difendere insieme le radici della nostra fede cristiana.
Molta attenzione è stata data alla situazione in Europa in seguito ai flussi di rifugiati. Siamo stati d’accordo che bisogna aiutarli, ma allo stesso tempo dovrebbero essere fatti tutti gli sforzi possibili per risolvere i gravi problemi che affliggono i Paesei di provenienza.
Il Papa e il Patriarca hanno scritto nella loro dichiarazione: “Ortodossi e cattolici devono imparare a dare una concorde testimonianza alla verità in ambiti in cui questo è possibile e necessario. La civiltà umana è entrata in un periodo di cambiamento epocale. La nostra coscienza cristiana e la nostra responsabilità pastorale non ci autorizzano a restare inerti di fronte alle sfide che richiedono una risposta comune “. Quali sfide dovremmo affrontare insieme, cattolici ed ortodossi, ed è possibile farlo?
Questa è una dichiarazione fondamentale, perché dimostra un senso di responsabilità condivisa per il destino del cristianesimo e la sorte delle persone affidate a noi, pastori. Le sfide sono moltissime. In primo luogo, il problema della secolarizzazione del mondo moderno in cui tante persone vivono come se Dio non esistesse. Inoltre, problemi urgenti sono la crisi della famiglia, la conservazione del dono di Dio della vita, l’educazione cristiana dei giovani, il rispetto della legge di Dio, la lotta contro la corruzione e l’ingiustizia sociale, ecc .
Queste sono aree in cui possiamo e dobbiamo lavorare insieme. La pratica del dialogo ecumenico in Bielorussia dimostra che tale cooperazione è possibile e porta buoni frutti. Abbiamo molti programmi caritativi comuni, aiutando coloro che hanno bisogno di assistenza, indipendentemente dalla religione e dalla nazionalità. Abbiamo un programma comune di lotta contro la droga, che si insinua nella nostra società.
Insieme gestiamo punti di consultazione nelle cliniche dove viene praticata l’interruzione volontaria di gravidanza e in questo modo abbiamo già salvato centinaia di bambini. Reciprocamente ci aiutiamo nella preparazione di specialisti nel campo della famiglia, della catechesi e della teologia. Il campo d’azione è grande e oggi, dopo l’incontro a L’Avana, si è creato un nuovo clima nelle nostre relazioni, che sicuramente sapremo sfruttare.
Dopo l’incontro a L’Avana sono state sollevate critiche perché alcuni pensavano che gli ortodossi usavano tale incontro per fini politici. Come rispondere alle accuse?
La Chiesa non è di questo mondo, ma sta nel mondo e il suo compito è anche quello di predicare la dottrina sociale. Al centro dell’attenzione della Chiesa c’è l’uomo, e sia la Chiesa cattolica che quella ortodossa dovrebbero servire l’uomo. Sono lontano dal pensare che l’incontro all’Avana possa essere considerato politico. Questo è stato principalmente un incontro di due persone che sono preoccupate per il destino del cristianesimo e del mondo. Prego affinché la dichiarazione comune possa essere pienamente realizzata.
Dopo L’Avana – Minsk! Il Papa verrà a visitare la Bielorussia?
In Oriente, in tali circostanze, si dice che le parole pronunciate devono trovare la loro strada nell’orecchio di Dio, perché tutto è nelle Sue mani. Allora dobbiamo pregare. Oggi, tuttavia, la situazione da noi è qualitativamente nuova: cattolici e ortodossi si vedono come fratelli che si sostengono a vicenda. Ecco perché sono convinto che l’arrivo del Papa in Bielorussia è possibile come mai prima.

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