Papa Francesco Archives - ZENIT - Italiano https://it.zenit.org/category/pope-francis/ Il mondo visto da Roma Tue, 29 Dec 2020 14:20:53 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.7.1 https://it.zenit.org/wp-content/uploads/sites/2/2020/07/02e50587-cropped-9c512312-favicon_1.png Papa Francesco Archives - ZENIT - Italiano https://it.zenit.org/category/pope-francis/ 32 32 LEV: “Papa Francesco. Un uomo di parola”, dietro le quinte dell’omonimo film di Wim Wenders https://it.zenit.org/2020/12/29/lev-papa-francesco-un-uomo-di-parola-dietro-le-quinte-dellomonimo-film-di-wim-wenders/ Tue, 29 Dec 2020 11:48:29 +0000 https://it.zenit.org/?p=123615 Volume fotografico a cura di monsignor Dario Edoardo Viganò e Gianluca della Maggiore

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Un uomo di parola (pag. 144; Euro 20,00) a cura di Dario Edoardo Viganò e Gianluca della Maggiore ripresenta la sceneggiatura e ripercorre la cronistoria del dietro le quinte della realizzazione e della produzione dell’omonimo film di Wim Wenders.

Si tratta di un libro fotografico, edito dalla Libreria Editrice Vaticana – Dicastero per la Comunicazione, nato per restituire lo spirito che ha animato il progetto della pellicola di cui papa Francesco è “protagonista non attore” (pag. 7) dalle sue fasi iniziali fino ai suoi ultimi passaggi realizzativi. Una narrazione dei primi cinque anni di pontificato di papa Bergoglio – scritta dallo stesso Wim Wenders – che assume la forza «di quelle che sant’Agostino ricorda essere tre proprietà legate al tempo: memoria, attenzione e attesa» (pag. 10).

L’Introduzione firmata da monsignor Dario Edoardo Viganò, ripercorre la genesi del documentario e il messaggio «tessuto in una sceneggiatura simile al «mormorio di un vento leggero» (cfr. 1 Re 19,12), con una regia che fa dell’incontro tra papa Francesco e lo spettatore la linea portante» (pag. 7). Monsignor Viganò spiega come lo scopo di questo volume sia «quello di ritornare al film sul Papa offrendo dei “contenuti speciali”, un quadro di materiali variegati che permettano di raccontare un’esperienza cinematografica del tutto particolare da diversi punti di vista: insieme al testo completo del film viene presentata in queste pagine una galleria inedita di fotografie di scena e di momenti e incontri legati al film» (pag. 10-11).

Il volume contiene inoltre il testo del documentario e l’intervista a Wim Wenders realizzata da Gianluca della Maggiore. Una intensa conversazione sul significato del film, sull’esperienza vissuta a fianco del Pontefice, sul magistero e sulla figura di Bergoglio e sulla tecnica scelta per realizzare le interviste a papa Francesco: l’Interrotron. Uno strumento usato all’interno dei documentari per raggiungere determinati risultati stilistici, narrativi e percettivi. «In questo modo, – dice Wim Wenders – il Papa mi avrebbe visto su uno schermo ed io non lo avrei guardato negli occhi, bensì attraverso una telecamera, ma almeno così sarebbe stato faccia a faccia con ciascuno spettatore! Questo avrebbe fatto una così gran differenza per la loro esperienza dal punto di vista visivo ed emozionale!» (pag. 113).

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Papa Francesco: Motu Proprio “Una migliore organizzazione” https://it.zenit.org/2020/12/28/papa-francesco-motu-proprio-una-migliore-organizzazione/ Mon, 28 Dec 2020 12:48:53 +0000 https://it.zenit.org/?p=123611 Comunicato della Sala Stampa della Santa Sede

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Il Santo Padre ha pubblicato un Motu Proprio con il quale converte in legge ciò che aveva già scritto nella lettera del 25 agosto 2020 al Segretario di Stato. Questo Motu Proprio rappresenta un altro passo importante nella riforma della Curia. La decisione arriva prima del 1° gennaio, per l’implementazione nel budget del 2021. La Commissione istituita dal Santo Padre per il passaggio delle funzioni economiche e finanziarie dalla Segreteria di Stato all’Amministrazione del Patrimonio della Santa Sede, per la gestione, e alla Segreteria per l’Economia, per il controllo, che ha lavorato nelle ultime settimane, continuerà a precisare alcuni dettagli tecnici fino al 4 febbraio p.v., come era previsto.

Questa nuova legge viene a ridurre il numero di responsabili economici nella Santa Sede e a concentrare l’amministrazione, la gestione e le decisioni economiche e finanziarie nei Dicasteri rispondenti allo scopo. Con essa, il Santo Padre vuole procedere ad una migliore organizzazione della Curia Romana e a un funzionamento ancora più specializzato della Segreteria di Stato, la quale potrà con maggior libertà aiutare Lui ed i Suoi successori nelle questioni di maggiore rilevanza per il bene della Chiesa. Il cosiddetto “Ufficio Amministrativo” della Segreteria di Stato, dato che non avrà più da gestire o decidere su fondi ed investimenti, ridimensiona le sue funzioni.

Il Motu Proprio stabilisce un maggior controllo e una migliore visibilità dell’Obolo di San Pietro e dei fondi che procedono dalle donazioni dei fedeli. Inoltre, si rinforzano controlli specifici su alcuni Enti relazionati alla Santa Sede che gestiscono conti e fondi provenienti da donazioni. Con queste decisioni il Santo Padre esprime il Suo personale impegno, e quello della Curia Romana, per una maggiore trasparenza, una più chiara separazione di funzioni, una maggiore efficacia nei controlli e un maggior adeguamento dell’economia della Santa Sede alla missione della Chiesa, in modo che il Popolo di Dio che aiuta con la sua generosità a sostenere la missione del Vescovo di Roma possa farlo con la fiducia che i suoi contributi siano amministrati in maniera adeguata, trasparente e con l’esercizio dei dovuti controlli.

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Papa Francesco: “A Nazaret è germogliata la primavera della vita umana del Figlio di Dio” https://it.zenit.org/2020/12/28/papa-francesco-a-nazaret-e-germogliata-la-primavera-della-vita-umana-del-figlio-di-dio/ Mon, 28 Dec 2020 12:39:33 +0000 https://it.zenit.org/?p=123608 Le parole del Papa alla recita dell’Angelus

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Alle ore 12 di oggi [27 dicembre 2020], il Santo Padre Francesco ha guidato la recita della preghiera dell’Angelus dalla Biblioteca del Palazzo Apostolico Vaticano. Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

Prima dell’Angelus

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
A pochi giorni dal Natale, la liturgia ci invita a fissare lo sguardo sulla Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. È bello riflettere sul fatto che il Figlio di Dio ha voluto aver bisogno, come tutti i bambini, del calore di una famiglia. Proprio per questo, perché è la famiglia di Gesù, quella di Nazaret è la famiglia-modello, in cui tutte le famiglie del mondo possono trovare il loro sicuro punto di riferimento e una sicura ispirazione. A Nazaret è germogliata la primavera della vita umana del Figlio di Dio, nel momento in cui Egli è stato concepito per opera dello Spirito Santo nel grembo verginale di Maria. Tra le mura ospitali della Casa di Nazaret si è svolta nella gioia l’infanzia di Gesù, circondato dalle premure materne di Maria e dalla cura di Giuseppe, nel quale Gesù ha potuto vedere la tenerezza di Dio (cfr Lett. apost. Patris corde, 2).

Ad imitazione della Sacra Famiglia, siamo chiamati a riscoprire il valore educativo del nucleo familiare: esso richiede di essere fondato sull’amore che sempre rigenera i rapporti aprendo orizzonti di speranza. In famiglia si potrà sperimentare una comunione sincera quando essa è casa di preghiera, quando gli affetti sono seri, profondi e puri, quando il perdono prevale sulle discordie, quando l’asprezza quotidiana del vivere viene addolcita dalla tenerezza reciproca e dalla serena adesione alla volontà di Dio. In questo modo, la famiglia si apre alla gioia che Dio dona a tutti coloro che sanno dare con gioia. Al tempo stesso, trova l’energia spirituale di aprirsi all’esterno, agli altri, al servizio dei fratelli, alla collaborazione per la costruzione di un mondo sempre nuovo e migliore; capace, perciò, di farsi portatrice di stimoli positivi; la famiglia evangelizza con l’esempio di vita.

È vero, in ogni famiglia ci sono dei problemi, e a volte anche si litiga. “Padre, ho litigato…” – siamo umani, siamo deboli, e tutti abbiamo a volte questo fatto che litighiamo in famiglia. Io vi dirò una cosa: se litighiamo in famiglia, che non finisca la giornata senza fare la pace. “Sì, ho litigato”, ma prima di finire la giornata, fai la pace. E sai perché? Perché la guerra fredda del giorno dopo è pericolosissima. Non aiuta. E poi, in famiglia ci sono tre parole, tre parole da custodire sempre: “permesso”, “grazie”, “scusa”. “Permesso”, per non essere invadenti nella vita degli altri. “Permesso: posso fare qualcosa? Ti sembra che possa fare questo?”. “Permesso”. Sempre, non essere invadente. “Permesso”, la prima parola. “Grazie”: tanti aiuti, tanti servizi che ci facciamo in famiglia. Ringraziare sempre. La gratitudine è il sangue dell’anima nobile. “Grazie”. E poi, la più difficile da dire: “Scusa”. Perché noi sempre facciamo delle cose brutte e tante volte qualcuno si sente offeso di questo. “Scusami”, “scusami”. Non dimenticatevi le tre parole: “permesso”, “grazie”, “scusa”. Se in una famiglia, nell’ambiente familiare ci sono queste tre parole, la famiglia va bene.

All’esempio di evangelizzare con la famiglia ci chiama la festa di oggi, riproponendoci l’ideale dell’amore coniugale e familiare, così come è stato sottolineato nell’Esortazione apostolica Amoris laetitia, di cui ricorrerà il quinto anniversario di promulgazione il prossimo 19 marzo. E ci sarà un anno di riflessione sull’Amoris laetitia e sarà un’opportunità per approfondire i contenuti del documento [19 marzo 2021-giugno 2022]. Queste riflessioni saranno messe a disposizione delle comunità ecclesiali e delle famiglie, per accompagnarle nel loro cammino. Fin d’ora invito tutti ad aderire alle iniziative che verranno promosse nel corso dell’Anno e che saranno coordinate dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita.

Affidiamo alla Santa Famiglia di Nazareth, in particolare a San Giuseppe sposo e padre sollecito, questo cammino con le famiglie di tutto il mondo. La Vergine Maria, alla quale ci rivolgiamo ora con la preghiera dell’Angelus, ottenga alle famiglie del mondo intero di essere sempre più affascinate dall’ideale evangelico della Santa Famiglia, così da diventare fermento di nuova umanità e di una solidarietà concreta e universale.

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Dopo l’Angelus

Cari fratelli e sorelle,
saluto tutti voi, famiglie, gruppi e singoli fedeli, che seguite la preghiera dell’Angelus attraverso i mezzi di comunicazione sociale. Il mio pensiero va in particolare alle famiglie che in questi mesi hanno perso un congiunto o sono state provate dalle conseguenze della pandemia. Penso anche ai medici, agli infermieri e a tutto il personale sanitario il cui grande impegno in prima linea nel contrasto alla diffusione del virus ha avuto significative ripercussioni sulla vita familiare. E oggi affido al Signore ogni famiglia, specialmente quelle più provate dalle difficoltà della vita e dalle piaghe dell’incomprensione e della divisione. Il Signore, nato a Betlemme, doni a tutte la serenità e la forza di camminare uniti nella via del bene. E non dimenticatevi queste tre parole che aiuteranno tanto a vivere l’unità nella famiglia: “permesso” – per non essere invadenti, rispettare gli altri – “grazie” – ringraziarci, mutuamente in famiglia – e “scusa” quando noi facciamo una cosa brutta. E questo “scusa” – o quando si litiga – per favore dirlo prima che finisca la giornata: fare la pace prima che finisca la giornata. A tutti auguro una buona domenica e per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!

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Papa Francesco: “Ma come si diventa testimoni?” https://it.zenit.org/2020/12/28/papa-francesco-ma-come-si-diventa-testimoni/ Mon, 28 Dec 2020 12:27:36 +0000 https://it.zenit.org/?p=123604 Le parole del Papa alla recita dell’Angelus

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Alle ore 12 di oggi [26 dicembre 2020] – Festa di Santo Stefano, diacono e primo martire – il Santo Padre Francesco ha guidato la recita della preghiera dell’Angelus dalla Biblioteca del Palazzo Apostolico Vaticano. Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

Prima dell’Angelus

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Ieri il Vangelo parlava di Gesù «luce vera» venuta nel mondo, luce che «splende nelle tenebre» e che «le tenebre non hanno vinta» (Gv 1,9.5). Oggi vediamo il testimone di Gesù, santo Stefano, che brilla nelle tenebre. I testimoni brillano con la luce di Gesù, non hanno luce propria. Anche la Chiesa non ha luce propria; per questo i padri antichi chiamavano la Chiesa: “il mistero della luna”. Come la luna non ha luce propria, i testimoni non hanno luce propria, sono capaci di prendere la luce di Gesù e rifletterla. Stefano viene accusato falsamente e lapidato brutalmente, ma nel buio dell’odio, in quel tormento della lapidazione, lui fa splendere la luce di Gesù: prega per i suoi uccisori e li perdona, come Gesù sulla croce. È il primo martire, cioè il primo testimone, il primo di una schiera di fratelli e sorelle che, fino ad oggi, continuano a portare luce nelle tenebre: persone che rispondono al male con il bene, che non cedono alla violenza e alla menzogna, ma rompono la spirale dell’odio con la mitezza dell’amore. Questi testimoni accendono l’alba di Dio nelle notti del mondo.

Ma come si diventa testimoni? Imitando Gesù, prendendo luce da Gesù. Questa è la via per ogni cristiano: imitare Gesù, prendere la luce da Gesù. Santo Stefano ci dà l’esempio: Gesù era venuto per servire e non per essere servito (cfr Mc 10,45), e lui vive per servire e non per essere servito, e lui viene per servire: Stefano è stato eletto diacono, diventa diacono, cioè servitore, e assiste i poveri alle mense (cfr At 6,2). Cerca di imitare il Signore ogni giorno e lo fa anche alla fine: come Gesù viene catturato, condannato e ucciso fuori della città e, come Gesù, prega e perdona. Mentre viene lapidato dice: «Signore, non imputare loro questo peccato» (7,60). Stefano è testimone perché imita Gesù. Potrebbe però sorgere una domanda: servono davvero queste testimonianze di bontà, quando nel mondo dilaga la cattiveria? A che cosa serve pregare e perdonare? Solo a dare un bell’esempio? Ma a che serve quello? No, c’è molto di più. Lo scopriamo da un particolare. Tra quelli per i quali Stefano pregava e che perdonava c’era, dice il testo, «un giovane, chiamato Saulo» (v. 58), che «approvava la sua uccisione» (8,1). Poco dopo, per la grazia di Dio, Saulo si converte, riceve la luce di Gesù, la accetta, si converte, e diventa Paolo, il più grande missionario della storia. Paolo nasce proprio dalla grazia di Dio, ma attraverso il perdono di Stefano, attraverso la testimonianza di Stefano. Ecco il seme della sua conversione. È la prova che i gesti d’amore cambiano la storia: anche quelli piccoli, nascosti, quotidiani. Perché Dio guida la storia attraverso il coraggio umile di chi prega, ama e perdona. Tanti santi nascosti, i santi della porta accanto, testimoni nascosti di vita, con piccoli gesti d’amore cambiano la storia.

Essere testimoni di Gesù vale anche per noi. Il Signore desidera che facciamo della vita un’opera straordinaria attraverso i gesti ordinari, i gesti di ogni giorno. Lì dove viviamo, in famiglia, al lavoro, ovunque, siamo chiamati a essere testimoni di Gesù, anche solo donando la luce di un sorriso, luce che non è nostra: è di Gesù, e anche solo fuggendo le ombre delle chiacchiere e dei pettegolezzi. E poi, quando vediamo qualcosa che non va, al posto di criticare, sparlare e lamentarci, preghiamo per chi ha sbagliato e per quella situazione difficile. E quando a casa nasce una discussione, anziché cercare di prevalere, proviamo a disinnescare; e a ricominciare ogni volta, perdonando chi ci ha offeso. Piccole cose, ma cambiano la storia, perché aprono la porta, aprono la finestra alla luce di Gesù. Santo Stefano, mentre riceveva le pietre dell’odio, restituiva parole di perdono. Così ha cambiato la storia. Anche noi possiamo cambiare ogni giorno il male in bene, come suggerisce un bel proverbio, che dice: «Fai come la palma: le tirano sassi e lei lascia cadere datteri».

Oggi preghiamo per quanti soffrono persecuzioni per il nome di Gesù. Sono tanti, purtroppo. Sono più che nei primi tempi della Chiesa. Affidiamo alla Madonna questi nostri fratelli e sorelle, che rispondono all’oppressione con la mitezza e, da veri testimoni di Gesù, vincono il male con il bene.

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Dopo l’Angelus

Cari fratelli e sorelle,
saluto tutti voi, famiglie, gruppi, e singoli fedeli che seguite questo momento di preghiera attraverso i mezzi di comunicazione sociale. Dobbiamo farlo così, per evitare che la gente venga in Piazza. Così, per collaborare con quelle disposizioni che hanno dato le Autorità, per aiutarci tutti a fuggire da questa pandemia. L’atmosfera di gioia del Natale, che oggi si prolunga e riempie ancora i nostri cuori, susciti in tutti il desiderio di contemplare Gesù nel Presepe, per poi servirlo e amarlo nelle persone che ci stanno accanto.

In questi giorni ho ricevuto messaggi augurali da Roma e da altre parti del mondo. È impossibile rispondere a ciascuno, ma approfitto ed esprimo adesso la mia gratitudine, specialmente per il dono della preghiera, che voi fate per me e che ricambio volentieri. Buona festa di Santo Stefano. Per favore, continuate a pregare per me. Buon pranzo, e arrivederci!

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Ragusa: Rinuncia del Vescovo https://it.zenit.org/2020/12/28/ragusa-rinuncia-del-vescovo/ Mon, 28 Dec 2020 12:13:54 +0000 https://it.zenit.org/?p=123602 Presentata da Mons. Carmelo Cuttitta

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Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Ragusa (Italia), presentata da S.E. Rev.ma Mons. Carmelo Cuttitta.

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Papa Francesco: “La sua nascita è per noi: per me, per te, per tutti noi, per ciascuno” https://it.zenit.org/2020/12/25/papa-francesco-la-sua-nascita-e-per-noi-per-me-per-te-per-tutti-noi-per-ciascuno/ Fri, 25 Dec 2020 20:13:11 +0000 https://it.zenit.org/?p=123599 Santa Messa della Notte nella Solennità del Natale del Signore

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Alle ore 19.30 di questa sera [24 dicembre 2020], all’Altare della Cattedra della Basilica Vaticana, il Santo Padre Francesco presiede la Santa Messa della Notte nella Solennità del Natale del Signore 2020. Nel corso della Celebrazione Eucaristica, dopo la proclamazione del Santo Vangelo, il Papa pronuncia l’omelia che riportiamo di seguito:

 

Omelia del Santo Padre

In questa notte si compie la grande profezia di Isaia: «Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio» (Is 9,5).

Ci è stato dato un figlio. Si sente spesso dire che la gioia più grande della vita è la nascita di un bambino. È qualcosa di straordinario, che cambia tutto, mette in moto energie impensate e fa superare fatiche, disagi e veglie insonni, perché porta una grande felicità, di fronte alla quale niente sembra che pesi. Così è il Natale: la nascita di Gesù è la novità che ci permette ogni anno di rinascere dentro, di trovare in Lui la forza per affrontare ogni prova. Sì, perché la sua nascita è per noi: per me, per te, per tutti noi, per ciascuno. Per è la parola che ritorna in questa notte santa: «Un bambino è nato per noi», ha profetato Isaia; «Oggi è nato per noi il Salvatore», abbiamo ripetuto al Salmo; Gesù «ha dato se stesso per noi» (Tt 2,14), ha proclamato San Paolo; e l’angelo nel Vangelo ha annunciato: «Oggi è nato per voi un Salvatore» (Lc 2,11). Per me, per voi.

Ma che cosa vuole dirci questo per noi? Che il Figlio di Dio, il benedetto per natura, viene a farci figli benedetti per grazia. Sì, Dio viene al mondo come figlio per renderci figli di Dio. Che dono stupendo! Oggi Dio ci meraviglia e dice a ciascuno di noi: “Tu sei una meraviglia”. Sorella, fratello, non perderti d’animo. Hai la tentazione di sentirti sbagliato? Dio ti dice: “No, sei mio figlio!” Hai la sensazione di non farcela, il timore di essere inadeguato, la paura di non uscire dal tunnel della prova? Dio ti dice: “Coraggio, sono con te”. Non te lo dice a parole, ma facendosi figlio come te e per te, per ricordarti il punto di partenza di ogni tua rinascita: riconoscerti figlio di Dio, figlia di Dio. Questo è il punto di partenza di qualsiasi rinascita. È questo il cuore indistruttibile della nostra speranza, il nucleo incandescente che sorregge l’esistenza: al di sotto delle nostre qualità e dei nostri difetti, più forte delle ferite e dei fallimenti del passato, delle paure e dell’inquietudine per il futuro, c’è questa verità: siamo figli amati. E l’amore di Dio per noi non dipende e non dipenderà mai da noi: è amore gratuito. Questa notte non trova spiegazione in altra parte: soltanto, la grazia. Tutto è grazia. Il dono è gratuito, senza merito di ognuno di noi, pura grazia. Stanotte, ci ha detto san Paolo, «è apparsa infatti la grazia di Dio» (Tt 2,11). Niente è più prezioso.

Ci è stato dato un figlio. Il Padre non ci ha dato qualcosa, ma il suo stesso Figlio unigenito, che è tutta la sua gioia. Eppure, se guardiamo all’ingratitudine dell’uomo verso Dio e all’ingiustizia verso tanti nostri fratelli, viene un dubbio: il Signore ha fatto bene a donarci così tanto, fa bene a nutrire ancora fiducia in noi? Non ci sopravvaluta? Sì, ci sopravvaluta, e lo fa perché ci ama da morire. Non riesce a non amarci. È fatto così, è tanto diverso da noi. Ci vuole bene sempre, più bene di quanto noi riusciamo ad averne per noi stessi. È il suo segreto per entrare nel nostro cuore. Dio sa che l’unico modo per salvarci, per risanarci dentro, è amarci: non c’è un altro modo. Sa che noi miglioriamo solo accogliendo il suo amore instancabile, che non cambia, ma ci cambia. Solo l’amore di Gesù trasforma la vita, guarisce le ferite più profonde, libera dai circoli viziosi dell’insoddisfazione, della rabbia e della lamentela.

Ci è stato dato un figlio. Nella povera mangiatoia di una buia stalla c’è proprio il Figlio di Dio. Sorge un’altra domanda: perché è venuto alla luce nella notte, senza un alloggio degno, nella povertà e nel rifiuto, quando meritava di nascere come il più grande re nel più bello dei palazzi? Perché? Per farci capire fino a dove ama la nostra condizione umana: fino a toccare con il suo amore concreto la nostra peggiore miseria. Il Figlio di Dio è nato scartato per dirci che ogni scartato è figlio di Dio. È venuto al mondo come viene al mondo un bimbo, debole e fragile, perché noi possiamo accogliere con tenerezza le nostre fragilità. E scoprire una cosa importante: come a Betlemme, così anche con noi Dio ama fare grandi cose attraverso le nostre povertà. Ha messo tutta la nostra salvezza nella mangiatoia di una stalla e non teme le nostre povertà: lasciamo che la sua misericordia trasformi le nostre miserie!

Ecco che cosa vuol dire che un figlio è nato per noi. Ma c’è ancora un per, che l’angelo dice ai pastori: «Questo per voi il segno: un bambino adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,12). Questo segno, il Bambino nella mangiatoia, è anche per noi, per orientarci nella vita. A Betlemme, che significa “Casa del pane”, Dio sta in una mangiatoia, come a ricordarci che per vivere abbiamo bisogno di Lui come del pane da mangiare. Abbiamo bisogno di lasciarci attraversare dal suo amore gratuito, instancabile, concreto. Quante volte invece, affamati di divertimento, successo e mondanità, alimentiamo la vita con cibi che non sfamano e lasciano il vuoto dentro! Il Signore, per bocca del profeta Isaia, si lamentava che, mentre il bue e l’asino conoscono la loro mangiatoia, noi, suo popolo, non conosciamo Lui, fonte della nostra vita (cfr Is 1,2-3). È vero: insaziabili di avere, ci buttiamo in tante mangiatoie di vanità, scordando la mangiatoia di Betlemme. Quella mangiatoia, povera di tutto e ricca di amore, insegna che il nutrimento della vita è lasciarci amare da Dio e amare gli altri. Gesù ci dà l’esempio: Lui, il Verbo di Dio, è infante; non parla, ma offre la vita. Noi invece parliamo molto, ma siamo spesso analfabeti di bontà.

Ci è stato dato un figlio. Chi ha un bimbo piccolo, sa quanto amore e quanta pazienza ci vogliono. Occorre nutrirlo, accudirlo, pulirlo, prendersi cura della sua fragilità e dei suoi bisogni, spesso difficili da comprendere. Un figlio fa sentire amati, ma insegna anche ad amare. Dio è nato bambino per spingerci ad avere cura degli altri. Il suo tenero pianto ci fa capire quanto sono inutili tanti nostri capricci; e ne abbiamo tanti! Il suo amore disarmato e disarmante ci ricorda che il tempo che abbiamo non serve a piangerci addosso, ma a consolare le lacrime di chi soffre. Dio prende dimora vicino a noi, povero e bisognoso, per dirci che servendo i poveri ameremo Lui. Da stanotte, come scrisse una poetessa, «la residenza di Dio è accanto alla mia. L’arredo è l’amore» (E. Dickinson, Poems, XVII).

Ci è stato dato un figlio. Sei Tu, Gesù, il Figlio che mi rende figlio. Tu mi ami come sono, non come mi sogno di essere; io lo so! Abbracciando Te, Bambino della mangiatoia, riabbraccio la mia vita. Accogliendo Te, Pane di vita, anch’io voglio donare la mia vita. Tu che mi salvi, insegnami a servire. Tu che non mi lasci solo, aiutami a consolare i tuoi fratelli, perché Tu sai da stanotte sono tutti miei fratelli.

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Papa Francesco: “La nascita è sempre fonte di speranza, è vita che sboccia, è promessa di futuro” https://it.zenit.org/2020/12/25/papa-francesco-la-nascita-e-sempre-fonte-di-speranza-e-vita-che-sboccia-e-promessa-di-futuro/ Fri, 25 Dec 2020 20:03:06 +0000 https://it.zenit.org/?p=123596 Messaggio del Santo Padre e Benedizione “Urbi et Orbi” nella Solennità del Natale - Parole del Santo Padre dopo la Benedizione

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Alle ore 12 di oggi, Solennità del Natale del Signore, nell’Aula della Benedizione, il Santo Padre Francesco, prima di impartire la Benedizione “Urbi et Orbi”, ha rivolto il tradizionale Messaggio natalizio ai fedeli che lo ascoltavano attraverso la radio e la televisione. Questo il testo del Messaggio del Santo Padre per il Natale 2020:

Cari fratelli e sorelle, buon Natale!
Vorrei far giungere a tutti il messaggio che la Chiesa annuncia in questa festa, con le parole del profeta Isaia: «Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio» (Is 9,5).

È nato un bambino: la nascita è sempre fonte di speranza, è vita che sboccia, è promessa di futuro. E questo Bambino, Gesù, è “nato per noi”: un noi senza confini, senza privilegi né esclusioni. Il Bambino che la Vergine Maria ha dato alla luce a Betlemme è nato per tutti: è il “figlio” che Dio ha dato all’intera famiglia umana. Grazie a questo Bambino, tutti possiamo rivolgerci a Dio chiamandolo “Padre”, “Papà”. Gesù è l’Unigenito; nessun’altro conosce il Padre, se non Lui. Ma Lui è venuto nel mondo proprio per rivelarci il volto del Padre celeste. E così, grazie a questo Bambino, tutti possiamo chiamarci ed essere realmente fratelli: di ogni continente, di qualsiasi lingua e cultura, con le nostre identità e diversità, eppure tutti fratelli e sorelle.

In questo momento storico, segnato dalla crisi ecologica e da gravi squilibri economici e sociali, aggravati dalla pandemia del coronavirus, abbiamo più che mai bisogno di fraternità. E Dio ce la offre donandoci il suo Figlio Gesù: non una fraternità fatta di belle parole, di ideali astratti, di vaghi sentimenti… No. Una fraternità basata sull’amore reale, capace di incontrare l’altro diverso da me, di con-patire le sue sofferenze, di avvicinarsi e prendersene cura anche se non è della mia famiglia, della mia etnia, della mia religione; è diverso da me ma è mio fratello, è mia sorella. E questo vale anche nei rapporti tra i popoli e le nazioni: fratelli tutti! Nel Natale celebriamo la luce del Cristo che viene al mondo e lui viene per tutti: non soltanto per alcuni.

Oggi, in questo tempo di oscurità e incertezze per la pandemia, appaiono diverse luci di speranza, come le scoperte dei vaccini. Ma perché queste luci possano illuminare e portare speranza al mondo intero, devono stare a disposizione di tutti. Non possiamo lasciare che i nazionalismi chiusi ci impediscano di vivere come la vera famiglia umana che siamo. Non possiamo neanche lasciare che il virus dell’individualismo radicale vinca noi e ci renda indifferenti alla sofferenza di altri fratelli e sorelle. Non posso mettere me stesso prima degli altri, mettendo le leggi del mercato e dei brevetti di invenzione sopra le leggi dell’amore e della salute dell’umanità.

Chiedo a tutti: ai responsabili degli Stati, alle imprese, agli organismi internazionali, di promuovere la cooperazione e non la concorrenza, e di cercare una soluzione per tutti: vaccini per tutti, specialmente per i più vulnerabili e bisognosi di tutte le regioni del Pianeta. Al primo posto, i più vulnerabili e bisognosi! Il Bambino di Betlemme ci aiuti allora ad essere disponibili, generosi e solidali, specialmente verso le persone più fragili, i malati e quanti in questo tempo si sono trovati senza lavoro o sono in gravi difficoltà per le conseguenze economiche della pandemia, come pure le donne che in questi mesi di confinamento hanno subito violenze domestiche. Di fronte a una sfida che non conosce confini, non si possono erigere barriere. Siamo tutti sulla stessa barca. Ogni persona è un mio fratello. In ciascuno vedo riflesso il volto di Dio e in quanti soffrono scorgo il Signore che chiede il mio aiuto. Lo vedo nel malato, nel povero, nel disoccupato, nell’emarginato, nel migrante e nel rifugiato: tutti fratelli e sorelle!

Nel giorno in cui il Verbo di Dio si fa bambino, volgiamo lo sguardo ai troppi bambini che in tutto il mondo, specialmente in Siria, in Iraq e nello Yemen, pagano ancora l’alto prezzo della guerra. I loro volti scuotano le coscienze degli uomini di buona volontà, affinché siano affrontate le cause dei conflitti e ci si adoperi con coraggio per costruire un futuro di pace. Sia questo il tempo propizio per stemperare le tensioni in tutto il Medio Oriente e nel Mediterraneo orientale. Gesù Bambino risani le ferite dell’amato popolo siriano, che da ormai un decennio è stremato dalla guerra e dalle sue conseguenze, ulteriormente aggravate dalla pandemia. Porti conforto al popolo iracheno e a tutti coloro che sono impegnati nel cammino della riconciliazione, in particolare agli yazidi, duramente colpiti dagli ultimi anni di guerra. Rechi pace alla Libia e consenta che la nuova fase dei negoziati in corso porti alla fine di ogni forma di ostilità nel Paese.

Il Bambino di Betlemme doni fraternità alla terra che lo ha visto nascere. Israeliani e palestinesi possano recuperare la fiducia reciproca per cercare una pace giusta e duratura attraverso un dialogo diretto, capace di vincere la violenza e di superare endemici risentimenti, per testimoniare al mondo la bellezza della fraternità. La stella che ha illuminato la notte di Natale sia guida e incoraggiamento per il popolo libanese, affinché, nelle difficoltà che sta affrontando, col sostegno della Comunità internazionale non perda la speranza. Il Principe della Pace aiuti i responsabili del Paese a mettere da parte gli interessi particolari e ad impegnarsi con serietà, onestà e trasparenza perché il Libano possa percorrere un cammino di riforme e proseguire nella sua vocazione di libertà e di convivenza pacifica. Il Figlio dell’Altissimo sostenga l’impegno della comunità internazionale e dei Paesi coinvolti a proseguire il cessate-il-fuoco nel Nagorno-Karabakh, come pure nelle regioni orientali dell’Ucraina, e a favorire il dialogo quale unica via che conduce alla pace e alla riconciliazione.

Il Divino Bambino allevii la sofferenza delle popolazioni del Burkina Faso, del Mali e del Niger, colpite da una grave crisi umanitaria, alla cui base vi sono estremismi e conflitti armati, ma anche la pandemia e altri disastri naturali; faccia cessare le violenze in Etiopia, dove, a causa degli scontri, molte persone sono costrette a fuggire; rechi conforto agli abitanti della regione di Cabo Delgado, nel nord del Mozambico, vittime della violenza del terrorismo internazionale; sproni i responsabili del Sud Sudan, della Nigeria e del Camerun a proseguire il cammino di fraternità e di dialogo intrapreso. Il Verbo eterno del Padre sia sorgente di speranza per il Continente americano, particolarmente colpito dal coronavirus, che ha esacerbato le tante sofferenze che lo opprimono, spesso aggravate dalle conseguenze della corruzione e del narcotraffico. Aiuti a superare le recenti tensioni sociali in Cile e a porre fine ai patimenti del popolo venezuelano. Il Re del Cielo protegga le popolazioni flagellate da calamità naturali nel sud-est asiatico, in modo particolare nelle Filippine e in Vietnam, dove numerose tempeste hanno causato inondazioni con ricadute devastanti sulle famiglie che abitano in quelle terre, in termini di perdite di vite umane, danni all’ambiente e conseguenze per le economie locali. E pensando all’Asia, non posso dimenticare il popolo Rohingya: Gesù, nato povero tra i poveri, porti speranza nelle loro sofferenze.

Cari fratelli e sorelle, «Un bambino è nato per noi» (Is 9,5). È venuto a salvarci! Egli ci annuncia che il dolore e il male non sono l’ultima parola. Rassegnarsi alle violenze e alle ingiustizie vorrebbe dire rifiutare la gioia e la speranza del Natale. In questo giorno di festa rivolgo un pensiero particolare a quanti non si lasciano sopraffare dalle circostanze avverse, ma si adoperano per portare speranza, conforto e aiuto, soccorrendo chi soffre e accompagnando chi è solo. Gesù è nato in una stalla, ma avvolto dall’amore della Vergine Maria e di San Giuseppe. Nascendo nella carne, il Figlio di Dio ha consacrato l’amore familiare. Il mio pensiero va in questo momento alle famiglie: a quelle che oggi non possono ricongiungersi, come pure a quelle che sono costrette a stare in casa. Per tutti il Natale sia l’occasione di riscoprire la famiglia come culla di vita e di fede; luogo di amore accogliente, di dialogo, di perdono, di solidarietà fraterna e di gioia condivisa, sorgente di pace per tutta l’umanità. Buon Natale a tutti!

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Parole del Santo Padre dopo la Benedizione

Cari fratelli e sorelle,
rinnovo i miei auguri di Buon Natale a tutti voi, collegati da ogni parte del mondo, mediante la radio, la televisione e gli altri mezzi di comunicazione. Vi ringrazio per la vostra presenza spirituale in questo giorno caratterizzato dalla gioia. In questi giorni, nei quali l’atmosfera del Natale invita gli uomini a diventare migliori e più fraterni, non dimentichiamoci di pregare per le famiglie e le comunità che vivono fra tante sofferenze. Per favore, continuate anche a pregare per me. Buon pranzo natalizio, e arrivederci!

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Papa Francesco: “Aiutiamo il Libano a rimanere fuori dai conflitti e dalle tensioni regionali” https://it.zenit.org/2020/12/24/papa-francesco-aiutiamo-il-libano-a-rimanere-fuori-dai-conflitti-e-dalle-tensioni-regionali/ Thu, 24 Dec 2020 11:45:07 +0000 https://it.zenit.org/?p=123591 Lettera del Santo Padre Francesco ai libanesi in occasione della celebrazione del Natale

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Pubblichiamo di seguito la Lettera che il Santo Padre Francesco invia a Sua Beatitudine il Cardinale Béchara Boutros Raï, Patriarca di Antiochia dei Maroniti, e al popolo libanese in occasione della celebrazione del Natale:

 

A Sua Beatitudine,
il Cardinale Béchara Boutros Raï,
Patriarca di Antiochia dei Maroniti,
Presidente dell’Assemblea dei Patriarchi e dei Vescovi Cattolici nel Libano

A Vostra Beatitudine e, attraverso di Lei, a tutti i libanesi, senza distinzione di comunità e di appartenenza religiosa, vorrei rivolgere alcune parole di conforto e incoraggiamento in occasione della celebrazione del Natale di Nostro Signore Gesù Cristo, Principe della Pace.

Diletti figli e figlie del Libano,
Grande è il mio dolore nel vedere la sofferenza e l’angoscia che soffoca l’innata intraprendenza e vivacità del Paese dei Cedri. Ancor più, è doloroso il vedersi rapire tutte le più care speranze di vivere in pace e di continuare ad essere per la storia e per il mondo un messaggio di libertà ed una testimonianza di buon vivere insieme; ed io che di vero cuore prendo parte, come ad ogni vostra contentezza, così anche ad ogni vostro dispiacere, sento nel vivo dell’animo la gravità delle vostre perdite, soprattutto quando penso ai tanti giovani cui viene tolta ogni speranza di un miglior avvenire. Ma in questo giorno di Natale “il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce” (Is 9,1), la luce che mitiga i timori ed infonde in ciascuno la speranza nella certezza che la Provvidenza non abbandonerà mai il Libano e saprà volgere al bene anche questo lutto.

Molte sono le volte che il Libano è citato nelle Sacre Scritture, ma su tutte primeggia l’immagine che il salmista ci regala: “Il giusto fiorirà come la palma, crescerà come il cedro del Libano” (Salmo 91,13). La maestosità del cedro nella Bibbia è simbolo di fermezza, di stabilità, di protezione. Il cedro è simbolo del giusto che, radicato nel Signore, trasmette bellezza e benessere e anche nella vecchiaia s’innalza in alto e produce frutti abbondanti. In questi giorni l’Emmanuele, il Dio con noi, si fa nostro prossimo, cammina accanto a noi. Siate fiduciosi nella sua presenza, nella sua fedeltà. Come il cedro attingete alla profondità delle vostre radici del vivere insieme per ritornare ad essere un popolo solidale; come il cedro, resistente ad ogni tempesta, possiate cogliere le contingenze del momento presente per riscoprire la vostra identità, quella di portare a tutto il mondo il profumo del rispetto, della convivenza e del pluralismo, quella di un popolo che non abbandona le proprie case e la propria eredità; l’identità di un popolo che non fa cadere il sogno di quelli che hanno creduto nell’avvenire di un Paese bello e prospero.

In tale prospettiva mi appello ai capi politici e ai leader religiosi prendendo in prestito un passaggio di una lettera pastorale del patriarca Elias Hoyek: “Voi capi del Paese, voi giudici della terra, voi deputati delle persone che vivete per conto del popolo, (…) siete obbligati, nella vostra capacità ufficiale e secondo le vostre responsabilità, a cercare l’interesse pubblico. Il vostro tempo non è dedicato ai vostri migliori interessi e il vostro lavoro non è per voi, ma per lo Stato e per la nazione che rappresentate”.

Infine, l’affetto al caro popolo libanese, che conto di visitare appena possibile, unito alla costante sollecitudine che ha animato l’azione dei miei predecessori e della Sede Apostolica, mi spinge a rivolgermi ancora una volta alla Comunità internazionale. Aiutiamo il Libano a rimanere fuori dai conflitti e dalle tensioni regionali. Aiutiamolo a uscire dalla grave crisi e a riprendersi.

Diletti figli e figlie, nel buio della notte alzate lo sguardo, che la stella di Betlemme vi sia da guida e da incoraggiamento per entrare nella logica di Dio, per non smarrire la strada e per non perdere la speranza.

Dal Vaticano, 24 dicembre 2020

FRANCESCO

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“Se la pandemia ci ha costretto a stare più distanti, Gesù, nel presepe, ci mostra la via della tenerezza per essere vicini, per essere umani” https://it.zenit.org/2020/12/23/se-la-pandemia-ci-ha-costretto-a-stare-piu-distanti-gesu-nel-presepe-ci-mostra-la-via-della-tenerezza-per-essere-vicini-per-essere-umani/ Wed, 23 Dec 2020 14:09:05 +0000 https://it.zenit.org/?p=123584 L’Udienza Generale - Catechesi del Santo Padre

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L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 9.15 nella Biblioteca del Palazzo Apostolico Vaticano. Nel discorso in lingua italiana il Papa ha incentrato la sua meditazione sul Natale (Lettura: Lc 2,4-7). Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha indirizzato particolari espressioni di saluto ai fedeli. L’Udienza Generale si è conclusa con la recita del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

 

Catechesi del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
In questa catechesi, nell’imminenza del Natale, vorrei offrire alcuni spunti di riflessione in preparazione alla celebrazione del Natale. Nella Liturgia della Notte risuonerà l’annuncio dell’angelo ai pastori: «Non temete, ecco io vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi è il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,10-12).

Imitando i pastori, anche noi ci muoviamo spiritualmente verso Betlemme, dove Maria ha dato alla luce il Bambino in una stalla, «perché – dice ancora San Luca – per loro non c’era posto nell’alloggio» (2,7). Il Natale è diventato una festa universale, e anche chi non crede percepisce il fascino di questa ricorrenza. Il cristiano, però, sa che il Natale è un avvenimento decisivo, un fuoco perenne che Dio ha acceso nel mondo, e non può essere confuso con le cose effimere. È importante che esso non si riduca a festa solamente sentimentale o consumistica. Domenica scorsa ho attirato l’attenzione su questo problema, sottolineando che il consumismo ci ha sequestrato il Natale. No: il Natale non deve ridursi a festa solamente sentimentale o consumistica, ricca di regali e di auguri ma povera di fede cristiana, e anche povera di umanità. Pertanto, è necessario arginare una certa mentalità mondana, incapace di cogliere il nucleo incandescente della nostra fede, che è questo: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14). E questo è il nocciolo del Natale, anzi: è la verità del Natale; non ce n’è un’altra.

Il Natale ci invita a riflettere, da una parte, sulla drammaticità della storia, nella quale gli uomini, feriti dal peccato, vanno incessantemente alla ricerca di verità, alla ricerca di misericordia, alla ricerca di redenzione; e, dall’altra, sulla bontà di Dio, che ci è venuto incontro per comunicarci la Verità che salva e renderci partecipi della sua amicizia e della sua vita. E questo dono di grazia: questo è pura grazia, senza merito nostro. C’è un Santo Padre che dice: “Ma guardate da questa parte, dall’altra, di là: cercate il merito e non troverete altra cosa che grazia”. Tutto è grazia, un dono di grazia. E questo dono di grazia lo riceviamo attraverso la semplicità e l’umanità del Natale, e può rimuovere dai nostri cuori e dalle nostre menti il pessimismo, che oggi si è diffuso ancor più a causa della pandemia. Possiamo superare quel senso di smarrimento inquietante, non lasciarci sopraffare dalle sconfitte e dai fallimenti, nella ritrovata consapevolezza che quel Bambino umile e povero, nascosto e inerme, è Dio stesso, fattosi uomo per noi. Il Concilio Vaticano II, in un celebre passo della Costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, ci dice che questo avvenimento riguarda ognuno di noi. «Con l’Incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo». «Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine, Egli si è fatto veramente uno di noi in tutto simile a noi fuorché nel peccato» (Cost. past. Gaudium et spes, 22). Ma Gesù è nato duemila anni fa, e riguarda me? – Sì, riguarda te e me, ognuno di noi. Gesù è uno di noi: Dio, in Gesù, è uno di noi.

Questa realtà ci dona tanta gioia e tanto coraggio. Dio non ci ha guardato dall’alto, da lontano, non ci è passato accanto, non ha avuto ribrezzo della nostra miseria, non si è rivestito di un corpo apparente, ma ha assunto pienamente la nostra natura e la nostra condizione umana. Non ha lasciato fuori nulla, eccetto il peccato: l’unica cosa che Lui non ha. Tutta l’umanità è in Lui. Egli ha preso tutto ciò che siamo, così come siamo. Questo è essenziale per comprendere la fede cristiana. S. Agostino, ripensando al suo cammino di conversione, nelle sue Confessioni scrive: «Non avevo ancora tanta umiltà da possedere il mio Dio, l’umile Gesù, né conoscevo ancora gli ammaestramenti della sua debolezza» (Confessioni VII,8). E qual è la debolezza di Gesù? La “debolezza” di Gesù è un “ammaestramento”! Perché ci rivela l’amore di Dio. Il Natale è la festa dell’Amore incarnato, dell’amore nato per noi in Gesù Cristo. Gesù Cristo è la luce degli uomini che splende nelle tenebre, che dà senso all’esistenza umana e alla storia intera.

Cari fratelli e sorelle, queste brevi riflessioni ci aiutino a celebrare il Natale con maggiore consapevolezza. Ma c’è un altro modo di prepararsi, che voglio ricordare a voi e me, e che è alla portata di tutti: meditare un po’ in silenzio davanti al presepe. Il presepe è una catechesi di quella realtà, di quello che è stato fatto quell’anno, quel giorno, che abbiamo sentito nel Vangelo. Per questo, l’anno scorso ho scritto una Lettera, che ci farà bene riprendere. Si intitola “Admirabile signum”, “Segno mirabile”. Alla scuola di San Francesco d’Assisi, possiamo diventare un po’ bambini rimanendo a contemplare la scena della Natività, e lasciare che rinasca in noi lo stupore per il modo “meraviglioso” in cui Dio ha voluto venire nel mondo. Chiediamo la grazia dello stupore: davanti a questo mistero, a questa realtà così tenera, così bella, così vicina ai nostri cuori, il Signore ci dia la grazia dello stupore, per incontrarlo, per avvicinarci a Lui, per avvicinarci a tutti noi. Questo farà rinascere in noi la tenerezza. L’altro giorno, parlando con alcuni scienziati, si parlava dell’intelligenza artificiale e dei robot… ci sono robot programmati per tutti e per tutto, e questo va avanti. E io dissi loro: “Ma qual è quella cosa che i robot mai potranno fare?”. Loro hanno pensato, hanno fatto delle proposte, ma alla fine sono rimasti d’accordo in una cosa: la tenerezza. Questo i robot non potranno farlo. E questo è quello che ci porta Dio, oggi: un modo meraviglioso in cui Dio ha voluto venire al mondo, e questo fa rinascere in noi la tenerezza, la tenerezza umana che è vicina a quella di Dio. E oggi abbiamo tanto bisogno di tenerezza, tanto bisogno di carezze umane, davanti a tante miserie! Se la pandemia ci ha costretto a stare più distanti, Gesù, nel presepe, ci mostra la via della tenerezza per essere vicini, per essere umani. Seguiamo questa strada. Buon Natale!

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Papa Francesco: “Gesù vi aspetta per donarvi la sua luce e la sua pace” https://it.zenit.org/2020/12/23/papa-francesco-gesu-vi-aspetta-per-donarvi-la-sua-luce-e-la-sua-pace/ Wed, 23 Dec 2020 13:51:28 +0000 https://it.zenit.org/?p=123581 Saluto del Santo Padre ai fedeli di lingua italiana - Udienza Generale (23 dicembre 2020)

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Rivolgo un cordiale saluto ai fedeli di lingua italiana. Imitando i pastori, correte anche voi alla santa Grotta: Gesù vi aspetta per donarvi la sua luce e la sua pace. Egli vuole arricchire la vostra vita del suo amore e della sua grazia.
Il mio pensiero va infine, come di consueto, agli anziani, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. La completa disponibilità di Maria e la pronta generosità di Giuseppe siano di esempio nell’accogliere il Bambino Gesù nel mistero del Natale.
A tutti il mio cordiale augurio per un Santo Natale di letizia e di serenità.

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