Documenti Archives - ZENIT - Italiano https://it.zenit.org/category/pope-francis/documents/ Il mondo visto da Roma Wed, 30 Sep 2020 11:01:02 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.6.2 https://it.zenit.org/wp-content/uploads/sites/2/2020/07/02e50587-cropped-9c512312-favicon_1.png Documenti Archives - ZENIT - Italiano https://it.zenit.org/category/pope-francis/documents/ 32 32 Papa Francesco: San Girolamo “susciti in tutti un rinnovato amore alla Sacra Scrittura” https://it.zenit.org/2020/09/30/papa-francesco-san-girolamo-susciti-in-tutti-un-rinnovato-amore-alla-sacra-scrittura/ Wed, 30 Sep 2020 10:27:01 +0000 https://it.zenit.org/?p=122774 Appello del Santo Padre – Udienza Generale (30 settembre 2020) - Lettera apostolica "Sacrae Scripturae affectus"

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Oggi ho firmato la Lettera apostolica «Sacrae Scripturae affectus», nel 16° centenario della morte di San Girolamo.

L’esempio di questo grande dottore e padre della Chiesa, che ha messo la Bibbia al centro della sua vita, susciti in tutti un rinnovato amore alla Sacra Scrittura e il desiderio di vivere in dialogo personale con la Parola di Dio.

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“La catechesi ha bisogno dello scambio di Chiese nel mondo” https://it.zenit.org/2020/06/25/la-catechesi-ha-bisogno-dello-scambio-di-chiese-nel-mondo/ https://it.zenit.org/2020/06/25/la-catechesi-ha-bisogno-dello-scambio-di-chiese-nel-mondo/#respond Thu, 25 Jun 2020 11:11:40 +0000 https://it.zenit.org/?p=121935 Conferenza Stampa di presentazione del Direttorio per la Catechesi redatto dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione - Intervento di S.E. Mons. Franz-Peter Tebartz-van Elst

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Alle ore 11.30 di questa mattina, presso l’Aula “Giovanni Paolo II” della Sala Stampa della Santa Sede, in Via della Conciliazione 54, ha luogo una Conferenza Stampa di presentazione del Direttorio per la Catechesi redatto dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Intervengono: S.E. Mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione; S.E. Mons. Octavio Ruiz Arenas, Segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione; S.E. Mons. Franz-Peter Tebartz-van Elst, Delegato per la Catechesi del medesimo Pontificio Consiglio.

Intervento di S.E. Mons. Franz-Peter Tebartz-van Elst

Dopo la presentazione da parte del Presidente e del Segretario dei contenuti e delle linee guida del nuovo Direttorio, vorrei infine indicare brevemente alcuni aspetti che sono importanti per lavorare con il nuovo documento in questi tempi. Mi sembra che ci siano sette punti sui quali dobbiamo riflettere.

1. Il nuovo Direttorio è molto attento ai segni dei tempi e cerca di interpretarli alla luce del Vangelo – come dice la Costituzione pastorale del Concilio Vaticano II, Gaudium et spes. Infatti questi sono le principali sfide di una cultura digitale, il contesto della trasmissione della fede nella famiglia nella sua composizione intergenerazionale. Inoltre, il nuovo Direttorio presta grande attenzione a tutte le questioni relative alla crisi ecologica e, per quanto riguarda la catechesi, fa riferimento all´Enciclica papale Laudato Si´. In questa considerazione dei segni dei tempi, c´è un orientamento del Direttorio che non assume una posizione unilaterale e indifferenziata da una parte, ma aiuta a considerare opportunità e limiti in modo adeguato. Tale riflessione crea la motivazione per agire appropriatamente in un corrispondente campo di apprendimento catechetico.

2. In questo contesto, il nuovo Direttorio per la catechesi dà più coraggio al contenuto della fede. Basato sulla Lettera Apostolica di Papa Francesco Evangelii gaudium, il kerygma non è quindi inteso in senso stretto come una fede racchiusa in alcune frasi, ma come una testimonianza che crea nuove testimonianze.

3. In riferimento all´Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi dell’anno 1975 e in gran parte ispirato dal documento Evangelii gaudium, il nuovo Direttorio sottolinea l´importanza della catechesi come parte indispensabile per un più ampio processo di evangelizzazione. Anche in questo senso il Direttorio attuale è continuità e innovazione allo stesso tempo. Sottolineando le responsabilità specifiche per la catechesi – dal vescovo come primo catechista della sua diocesi ai nonni – la catechesi non può essere delegata ma è l’essenza più intima di tutte le forme e i modi di predicare la fede.

4. Come il precedente Direttorio dell’anno 1997, l’attuale documento orienta il processo di qualsiasi catechesi basato sul catecumenato come via originale di iniziazione cristiana. Soprattutto sotto le attuali sfide di una pastorale missionaria, il catecumenato sta diventando un paradigma nel contenuto e nella struttura per insegnare e interiorizzare la fede personalmente. È così che cresce il possesso di un´identità cristiana ed ecclesiale.

5. A partire dalla Lettera Apostolica Amoris laetitia il nuovo Direttorio promuove anche lo sviluppo di un catecumenato-matrimonio in questo senso in analogia al processo di iniziazione, per enfatizzare la fase preparatoria del matrimonio nel suo significato catechistico.

6. Più dei precedenti Direttorii del 1971 e del 1997, l´attuale documento sottolinea un´idea centrale della Lettera Apostolica Evangelii gaudium. In essa Papa Francesco parla espressamente dell´importanza della via pulchritudinis come punto di partenza centrale per l´evangelizzazione in epoca postmoderna. Questa delinea la comprensione che la bellezza non deve essere fraintesa come estetismo, ma piuttosto – sulle orme di Papa Benedetto XVI – che la verità è bella e la bellezza è vera.

7. La grande aspettativa del nuovo Direttorio per la catechesi – specialmente nei paesi anglosassoni e dell’Europa sud e est, negli Stati Uniti e nell’America-nord e sud, in Africa e in Asia – mostra che la catechesi ha bisogno dello scambio di Chiese nel mondo. Il grande impegno di molte Chiese locali nello sviluppo dei propri Direttorii diocesani per la catechesi acquisirà nuova ispirazione e motivazione dal nuovo documento. Questa è la mia esperienza derivata dalle molteplici conferenze sulla catechesi a cui ho potuto partecipare negli ultimi anni nelle varie Chiese locali e dalle considerazioni che molte persone mi hanno espresso, insieme alla loro grande aspettativa e gioia per il nuovo documento.

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“La fede ha bisogno di essere sostenuta con una dottrina capace di illuminare la mente e il cuore dei credenti” https://it.zenit.org/2020/06/25/la-fede-ha-bisogno-di-essere-sostenuta-con-una-dottrina-capace-di-illuminare-la-mente-e-il-cuore-dei-credenti/ https://it.zenit.org/2020/06/25/la-fede-ha-bisogno-di-essere-sostenuta-con-una-dottrina-capace-di-illuminare-la-mente-e-il-cuore-dei-credenti/#respond Thu, 25 Jun 2020 10:57:43 +0000 https://it.zenit.org/?p=121932 Conferenza Stampa di presentazione del Direttorio per la Catechesi redatto dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione - Intervento di S.E. Mons. Octavio Ruiz Arenas

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Alle ore 11.30 di questa mattina, presso l’Aula “Giovanni Paolo II” della Sala Stampa della Santa Sede, in Via della Conciliazione 54, ha luogo una Conferenza Stampa di presentazione del Direttorio per la Catechesi redatto dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Intervengono: S.E. Mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione; S.E. Mons. Octavio Ruiz Arenas, Segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione; S.E. Mons. Franz-Peter Tebartz-van Elst, Delegato per la Catechesi del medesimo Pontificio Consiglio.

Intervento di S.E. Mons. Octavio Ruiz Arenas

Papa Benedetto XVI, nel trasferire la responsabilità della catechesi al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, ha voluto sottolineare l’importantissimo ruolo della catechesi nella realizzazione della missione fondamentale della Chiesa: l’evangelizzazione. Proprio in una delle sessioni finali della XIII Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi su “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”, aveva espresso questa intenzione, che ha concretizzato il 16 gennaio 2013 con la pubblicazione della Lettera Apostolica Fides per Doctrinam, nella quale si afferma che la fede ha bisogno di essere sostenuta con una dottrina capace di illuminare la mente e il cuore dei credenti, poiché il particolare momento storico in cui viviamo, segnato tra l’altro da una drammatica crisi di fede, richiede una consapevolezza che risponda alle grandi speranze che sorgono nel cuore dei credenti a causa delle nuove domande che sfidano il mondo e la Chiesa.

L’intelligenza della fede, quindi, richiede sempre che i suoi contenuti siano espressi con un linguaggio nuovo, capace di presentare la speranza presente nei credenti a tutti coloro che chiedono la loro ragione (cfr 1 Pt 3,15). La catechesi è chiamata a un rinnovamento che non può consistere solo in un cambiamento di strategia, o nell’elaborazione di discorsi semplicemente più attraenti. Questo Pontificio Consiglio, quindi, ha avuto fin dall’inizio come una delle sue principali prerogative la trasmissione della fede come parte essenziale della realizzazione della missione che il Signore ha affidato alla Chiesa, unitamente alla consapevolezza di come la testimonianza di fede è vissuta nella società odierna.

Infatti, la Chiesa non vive più in un regime di cristianità ma in una società secolarizzata, in cui il fenomeno della lontananza dalla fede è aggravato dal senso del sacro ormai perduto e la scala dei valori cristiani messa in discussione. Molti dei fedeli non sempre sono pienamente convinti di ciò in cui credono, o consapevoli dei fondamenti della fede che professano e talvolta non ne hanno un’esperienza autentica. Sulla base di ciò dobbiamo essere consci che molti battezzati non hanno mai ricevuto un’iniziazione cristiana, non sono stati incoraggiati dal kerygma, non hanno raggiunto un incontro personale con Cristo o non hanno avuto il sostegno e l’accompagnamento della comunità cristiana. Per approfondire il rapporto catechesi-evangelizzazione, questo Pontificio Consiglio ha organizzato una serie di incontri con i vescovi e i responsabili dei dipartimenti di nuova evangelizzazione e catechesi delle Conferenze episcopali di America Latina, Europa e Stati Uniti.

Poi nel marzo 2015, qui a Roma, un seminario di studio con esperti del mondo accademico e delle organizzazioni pastorali nel campo della catechesi, ha operato nell’intento di dare una visione globale della situazione della catechesi. Si è ritenuto necessario, inoltre, approfondire la comprensione di come l’attività catechistica si inserisce nel processo di nuova evangelizzazione. Così, nel maggio 2015, è stata elaborata una bozza di documento dal titolo «Catechesi e nuova evangelizzazione» che, partendo dal Direttorio generale per la catechesi, ha assunto quanto indicato da Papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium. Questo progetto è stato presentato ai Membri di questo Pontificio Consiglio durante la II Assemblea Plenaria, tenutasi dal 27 al 29 maggio 2015, e alla fine è stato deciso che sarebbe stato più opportuno effettuare un aggiornamento del Direttorio del 1997.

Per svolgere questo compito è stata convocata a Roma una Commissione di esperti per esaminare il Direttorio generale per la catechesi e richiedere le loro proposte di aggiornamento. Questa Commissione era composta da dodici esperti provenienti da Brasile, Colombia, Messico, Stati Uniti e vari paesi europei (Croazia, Francia, Italia, Polonia, Regno Unito, Spagna e Ucraina), oltre ai superiori del Pontificio Consiglio, un vescovo delle Chiese orientali, sei sacerdoti, una religiosa, tre laiche e un laico. Si sono svolti tre incontri durante l’anno 2016. Nel primo è stato esaminato il suddetto Direttorio e si è preso atto dei punti da rivedere e aggiornare, nel secondo sono stati condivisi i vari suggerimenti, ed infine, nel terzo è stato redatto un documento che ha cercato di riflettere le conclusioni raggiunte durante le tre sessioni. Questo testo è stato ampiamente studiato e si è concluso che era più opportuno rielaborare un nuovo Direttorio che rispondesse in modo più diretto alle sfide che si presentano oggi per la Chiesa, tenendo conto dei grandi cambiamenti culturali avvenuti negli ultimi anni ed altresì del ricco magistero pontificio di questo periodo.

Preparata una prima bozza, è stata inviata nell’aprile 2017 a più di cento esperti dei cinque continenti: cardinali, vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici competenti in Sacra Scrittura, teologia, catechesi, liturgia e teologia pastorale. Sono state consultate anche diverse Conferenze episcopali e alcune Università, nonché i membri del Consiglio Internazionale di Catechesi (Co.In.Cat.) e i commenti ricevuti sono stati presi in considerazione per la stesura di una seconda bozza.

Nel settembre 2017 si è tenuto un incontro con i Consultori del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione nel quale è stata fatta una speciale riflessione sul tema dei giovani e della pietà popolare, temi importanti nella preparazione del Direttorio stesso. Durante la IV Assemblea Plenaria (27-29 settembre 2017), gli Eminenti ed Eccellenti Membri hanno approvato in sostanza la quarta bozza del Direttorio e nei giorni 16-17 ottobre il Consiglio Internazionale di Catechesi riunito ha discusso alcuni temi di interesse per il nuovo Direttorio quali la realtà giovanile, la cultura digitale, la pietà popolare e la catechesi per e con persone con disabilità.

A partire da questi incontri si è proceduto a ulteriori consultazioni, con le necessarie correzioni, fino a raggiungere il testo attuale del nuovo Direttorio per la Catechesi: dopo dodici bozze e quasi sei anni di lavoro è stato approvato dal Santo Padre il 23 marzo u.s., nella memoria liturgica di san Turibio di Mogrovejo, e ne ha ordinato la pubblicazione.

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“L’evangelizzazione è il compito che il Signore Risorto ha affidato alla sua Chiesa” https://it.zenit.org/2020/06/25/levangelizzazione-e-il-compito-che-il-signore-risorto-ha-affidato-alla-sua-chiesa/ https://it.zenit.org/2020/06/25/levangelizzazione-e-il-compito-che-il-signore-risorto-ha-affidato-alla-sua-chiesa/#respond Thu, 25 Jun 2020 10:13:01 +0000 https://it.zenit.org/?p=121929 Conferenza Stampa di presentazione del Direttorio per la Catechesi redatto dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione - Intervento di S.E. Mons. Rino Fisichella

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Alle ore 11.30 di questa mattina, presso l’Aula “Giovanni Paolo II” della Sala Stampa della Santa Sede, in Via della Conciliazione 54, ha luogo una Conferenza Stampa di presentazione del Direttorio per la Catechesi redatto dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Intervengono: S.E. Mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione; S.E. Mons. Octavio Ruiz Arenas, Segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione; S.E. Mons. Franz-Peter Tebartz-van Elst, Delegato per la Catechesi del medesimo Pontificio Consiglio.

Intervento di S.E. Mons. Rino Fisichella

La pubblicazione di un Direttorio per la Catechesi rappresenta un felice evento per la vita della Chiesa. Per quanti sono dediti al grande impegno della catechesi, infatti, può segnare una provocazione positiva perché permette di sperimentare la dinamica del movimento catechetico che ha sempre avuto una presenza significativa nella vita della comunità cristiana.

Il Direttorio per la Catechesi è un documento della Santa Sede affidato a tutta la Chiesa. Ha richiesto molto tempo e fatica, e giunge a conclusione di una vasta consultazione internazionale. Oggi si presenta l’edizione ufficiale in lingua italiana. Sono già pronte, comunque, le traduzioni in spagnolo (edizione per l’America Latina e la Spagna), in portoghese (edizione per il Brasile e Portogallo), inglese (edizione per USA e Regno Unito), francese e polacco.

È rivolto in primo luogo ai Vescovi, primi catechisti tra il popolo di Dio, perché primi responsabili della trasmissione della fede (cfr. n. 114). Insieme a loro sono coinvolte le Conferenze episcopali, con le rispettive Commissioni per la catechesi, per condividere ed elaborare un auspicato progetto nazionale che sostenga il cammino delle singole diocesi (cfr. n. 413). I più direttamente coinvolti nell’uso del Direttorio, comunque, rimangono i sacerdoti, i diaconi, le persone consacrate, e i milioni di catechisti e catechiste che quotidianamente offrono con gratuità, fatica e speranza il loro ministero nelle differenti comunità. La dedizione con cui operano, soprattutto in un momento di transizione culturale come questo, è il segno tangibile di quanto l’incontro con il Signore possa trasformare un catechista in un genuino evangelizzatore.

A partire dal Concilio Vaticano II questo che oggi presentiamo è il terzo Direttorio. Il primo del 1971, Direttorio catechistico generale, e il secondo del 1997, Direttorio generale per la catechesi, hanno segnato questi ultimi cinquant’anni di storia della catechesi. Questi testi hanno svolto un ruolo primario. Sono stati un aiuto importante per far compiere un passo decisivo al cammino catechetico, soprattutto rinnovando la metodologia e l’istanza pedagogica. Il processo di inculturazione che caratterizza in particolare la catechesi e che soprattutto ai nostri giorni impone un’attenzione del tutto particolare ha richiesto la composizione di un nuovo Direttorio.

La Chiesa è dinanzi a una grande sfida che si concentra nella nuova cultura con la quale si viene a incontrare, quella digitale. Focalizzare l’attenzione su un fenomeno che si impone come globale, obbliga quanti hanno la responsabilità della formazione a non tergiversare. A differenza del passato, quando la cultura era limitata al contesto geografico, la cultura digitale ha una valenza che risente della globalizzazione in atto e ne determina lo sviluppo. Gli strumenti creati in questo decennio manifestano una radicale trasformazione dei comportamenti che incidono soprattutto nella formazione dell’identità personale e nei rapporti interpersonali.

La velocità con cui si modifica il linguaggio, e con esso le relazioni comportamentali, lascia intravedere un nuovo modello di comunicazione e di formazione che tocca inevitabilmente anche la Chiesa nel complesso mondo dell’educazione. La presenza delle varie espressioni ecclesiali nel vasto mondo di internet è certamente un fatto positivo, ma la cultura digitale va ben oltre. Essa tocca in radice la questione antropologica decisiva in ogni contesto formativo, come quello della verità e della libertà. Già porre questa problematica impone di verificare l’adeguatezza della proposta formativa da qualunque parte provenga. Essa diventa, comunque, un confronto imprescindibile per la Chiesa in forza della sua “competenza” sull’uomo e la sua pretesa veritativa. Forse, solo per questa premessa si rendeva necessario un nuovo Direttorio per la catechesi.

Nell’epoca digitale, vent’anni sono paragonabili senza esagerazione ad almeno mezzo secolo. Da qui è derivata l’esigenza di redigere un Direttorio che prendesse in considerazione con grande realismo il nuovo che si affaccia, con il tentativo di proporne una lettura che coinvolgesse la catechesi. È per questo motivo che il Direttorio presenta non solo le problematiche inerenti la culturale digitale, ma suggerisce anche quali percorsi effettuare perché la catechesi diventi una proposta che trova l’interlocutore in grado di comprenderla e di vederne l’adeguatezza con il proprio mondo. Esiste, comunque, una ragione più di ordine teologico ed ecclesiale che ha convinto a redigere questo Direttorio. L’invito a vivere sempre più la dimensione sinodale non può far dimenticare gli ultimi Sinodi che la Chiesa ha vissuto. Nel 2005 quello sull’Eucaristia fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa; nel 2008 La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa; nel 2015 La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo; nel 2018 I giovani, la fede e il discernimento vocazionale.

Come si può osservare, ritornano delle costanti in tutte queste assemblee che toccano da vicino il tema dell’evangelizzazione e della catechesi come si può verificare dai documenti che ne hanno fatto seguito. Più in particolare è doveroso far riferimento a due scadenze che in maniera complementare segnano la storia di questo ultimo decennio per quanto riguarda la catechesi: il Sinodo sulla Nuova evangelizzazione e trasmissione della fede nel 2012, con la conseguente Esortazione apostolica di Papa Francesco Evangelii gaudium, e il venticinquesimo anniversario della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, ambedue toccano direttamente la competenza del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.

L’evangelizzazione occupa il posto primario nella vita della Chiesa e nel quotidiano insegnamento di papa Francesco. Non potrebbe essere altrimenti. L’evangelizzazione è il compito che il Signore Risorto ha affidato alla sua Chiesa per essere nel mondo di ogni tempo l’annuncio fedele del suo Vangelo. Prescindere da questo presupposto equivarrebbe a rendere la comunità cristiana una delle tante associazioni benemerite, forte dei suoi duemila anni di storia, ma non la Chiesa di Cristo. La prospettiva di Papa Francesco, tra l’altro, si pone in forte continuità con l’insegnamento di san Paolo VI nella Evangelii nuntiandi del 1975. Ambedue non fanno altro che riferirsi alla ricchezza scaturita dal Vaticano II che, per quanto riguarda la catechesi, ha trovato nella Catechesi tradendae (1979) di san Giovanni Paolo II il suo punto focale.

La catechesi, quindi, va intimamente unita all’opera di evangelizzazione e non può prescindere da essa. Ha bisogno di assumere in sé le caratteristiche stesse dell’evangelizzazione, senza cadere nella tentazione di diventarne un sostituito o di voler imporre all’evangelizzazione le proprie premesse pedagogiche. In questo rapporto il primato spetta all’evangelizzazione non alla catechesi. Ciò permette di comprendere perché alla luce di Evangelii gaudium, questo Direttorio si qualifica per sostenere una “catechesi kerygmatica”.

Cuore della catechesi è l’annuncio della persona di Gesù Cristo, che sorpassa i limiti di spazio e tempo per presentarsi ad ogni generazione come la novità offerta per raggiungere il senso della vita. In questa prospettiva, viene indicata una nota fondamentale che la catechesi deve fare propria: la misericordia. Il kerygma è annuncio della misericordia del Padre che va incontro al peccatore non più considerato come un escluso, ma un invitato privilegiato al banchetto della salvezza che consiste nel perdono dei peccati. Se si vuole, è in questo contesto che prende forza l’esperienza del catecumenato come esperienza del perdono offerto e della vita nuova di comunione con Dio che ne consegue. La centralità del kerygma, comunque, deve essere recepita in senso qualitativo non temporale. Richiede, infatti, che sia presente in tutte le fasi della catechesi e di ogni catechesi. E’ il “primo annuncio” che sempre viene fatto perché Cristo è l’unico necessario.

La fede non è qualcosa di ovvio che si recupera nei momenti del bisogno, ma un atto di libertà che impegna tutta la vita. Il Direttorio, quindi, fa sua la centralità del kerygma che si esprime in senso trinitario come impegno di tutta la Chiesa. La catechesi come espressa dal Direttorio, si caratterizza per questa dimensione e per le implicanze che porta nella vita delle persone. Tutta la catechesi, in questo orizzonte, acquista una valenza peculiare che si esprime nell’approfondimento costante del messaggio evangelico. La catechesi, insomma, ha lo scopo di far raggiungere la conoscenza dell’amore cristiano che porta quanti l’hanno accolto a divenire discepoli evangelizzatori. Il Direttorio si snoda toccando diverse tematiche che non fanno altro che rimandare all’obiettivo di fondo.

Una prima dimensione è la mistagogia che viene presentata attraverso due elementi complementari tra loro: anzitutto, una rinnovata valorizzazione dei segni liturgici dell’iniziazione cristiana; inoltre, la progressiva maturazione del processo formativo in cui tutta la comunità è coinvolta. La mistagogia è una via privilegiata da seguire, ma non è facoltativa nel percorso catechetico, rimane come un momento obbligato perché inserisce sempre più nel mistero che si crede e si celebra. È la consapevolezza del primato del mistero che porta la catechesi a non isolare il kerygma dal suo contesto naturale. L’annuncio della fede è pur sempre annuncio del mistero dell’amore di Dio che si fa uomo per la nostra salvezza. La risposta non può esulare dall’accogliere in sé il mistero di Cristo per permettere di fare luce sul mistero della propria esperienza personale (cfr. GS 22).

Un ulteriore tratto di novità del Direttorio è il legame tra evangelizzazione e catecumenato nelle sue varie accezioni (cfr. n.62). È urgente compiere la “conversione pastorale” per liberare la catechesi da alcuni lacci che ne impediscono l’efficacia. Il primo, lo si può identificare nello schema scolastico, secondo il quale la catechesi dell’Iniziazione cristiana è vissuta sul paradigma della scuola. La catechista sostituisce la maestra, all’aula della scuola subentra quella del catechismo, il calendario scolastico è identico a quello catechistico… Il secondo, è la mentalità secondo la quale si fa la catechesi per ricevere un sacramento. È ovvio che una volta terminata l’Iniziazione si crei il vuoto per la catechesi. Un terzo, è la strumentalizzazione del sacramento a opera della pastorale, per cui i tempi del sacramento della Confermazione sono stabiliti dalla strategia pastorale di non perdere il piccolo gregge di giovani rimasto in parrocchia e non dal significato che il sacramento possiede in se stesso nell’economia della vita cristiana.

Papa Francesco ha scritto che “Annunciare Cristo significa mostrare che credere in Lui e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di un nuovo splendore e di una gioia profonda, anche in mezzo alle prove. In questa prospettiva, tutte le espressioni di autentica bellezza possono essere riconosciute come un sentiero che aiuta ad incontrarsi con il Signore Gesù… Si rende necessario che la formazione nella via pulchritudinis sia inserita nella trasmissione della fede” (Eg 167).

Una nota di particolare valenza innovativa per la catechesi può essere espressa dalla via della bellezza soprattutto per permettere di conoscere il grande patrimonio di arte, letteratura e musica che ogni Chiesa locale possiede. In questo senso, si comprende perché il Direttorio abbia posto la via della bellezza come una delle “fonti” della catechesi (cfr. nn. 106-109). Un’ultima dimensione offerta dal Direttorio si ritrova nell’aiutare a inserirsi progressivamente nel mistero della fede. Questa connotazione non può essere delegata a una sola dimensione della fede o della catechesi. La teologia indaga con gli strumenti della ragione il mistero rivelato. La liturgia celebra ed evoca il mistero con la vita sacramentale. La carità riconosce il mistero del fratello che tende la mano. La catechesi, alla stessa stregua, introduce progressivamente ad accogliere e vivere globalmente il mistero nell’esistenza quotidiana.

Il Direttorio fa propria questa visione quando chiede di esprimere una catechesi che sappia farsi carico di mantenere unito il mistero pur articolandolo nelle diverse fasi di espressione. Il mistero quando è colto nella sua realtà profonda, richiede il silenzio. Una vera catechesi non sarà mai tentata di dire tutto sul mistero di Dio. Al contrario, essa dovrà introdurre alla via della contemplazione del mistero facendo del silenzio la sua conquista. Il Direttorio, pertanto, presenta la catechesi kerygmatica non come una teoria astratta, piuttosto come uno strumento con una forte valenza esistenziale. Questa catechesi trova il suo punto di forza nell’incontro che permette di sperimentare la presenza di Dio nella vita di ognuno. Un Dio vicino che ama e che segue le vicende della nostra storia perché l’incarnazione del Figlio lo impegna in modo diretto. La catechesi deve coinvolgere ognuno, catechista e catechizzando, nell’esperire questa presenza e nel sentirsi coinvolto nell’opera di misericordia.

Insomma, una catechesi di questo genere permette di scoprire che la fede è realmente l’incontro con una persona prima di essere una proposta morale, e che il cristianesimo non è una religione del passato, ma un evento del presente. Un’esperienza come questa favorisce la comprensione della libertà personale, perché risulta essere il frutto della scoperta di una verità che rende liberi (cfr. Gv 8,31). La catechesi che dà il primato al kerygma si pone all’opposto di ogni imposizione, fosse anche quella di un’evidenza che non permette vie di fuga. La scelta di fede, infatti, prima di considerare i contenuti a cui aderire con il proprio assenso, è un atto di libertà perché si scopre di essere amati. In questo ambito, è bene considerare con attenzione quanto il Direttorio propone circa l’importanza dell’atto di fede nella sua duplice articolazione (cfr. n. 18). Per troppo tempo la catechesi ha focalizzato il suo impegno nel far conoscere i contenuti della fede e con quale pedagogia trasmetterli, tralasciando purtroppo il momento più determinante come l’atto di scegliere la fede e dare il proprio assenso.

Ci auguriamo che questo nuovo Direttorio per la Catechesi possa essere di vero aiuto e sostegno al rinnovamento della catechesi nell’unico processo di evangelizzazione che la Chiesa da duemila anni non si stanca di realizzare, perché il mondo possa incontrare Gesù di Nazareth, il figlio di Dio fatto uomo per la nostra salvezza.

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Lettera Apostolica in forma di "Motu proprio" del Sommo Pontefice Francesco https://it.zenit.org/2019/03/26/lettera-apostolica-in-forma-di-motu-proprio-del-sommo-pontefice-francesco/ Tue, 26 Mar 2019 15:29:21 +0000 https://it.zenit.org/?p=115975 “Communis vita” con la quale vengono mutate alcune norme del Codice di Diritto Canonico Lettera Apostolica “Communis vita”

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La vita in comunità è un elemento essenziale della vita religiosa e “i religiosi devono abitare nella propria casa religiosa osservando la vita comune e non possono assentarsene senza licenza del proprio Superiore” (can. 665 §1 CIC). L’esperienza degli ultimi anni ha, però, dimostrato, che si verificano situazioni legate ad assenze illegittime dalla casa religiosa, durante le quali i religiosi si sottraggono alla potestà del legittimo Superiore e a volte non possono essere rintracciati.
Il Codice di Diritto Canonico impone al Superiore di ricercare il religioso illegittimamente assente per aiutarlo a ritornare e a perseverare nella propria vocazione (cfr can. 665 §2 CIC). Non poche volte, però, accade che il Superiore non sia in grado di rintracciare il religioso assente. A norma del Codice di Diritto Canonico, trascorsi almeno sei mesi di assenza illegittima (cfr can. 696 CIC), è possibile iniziare il processo di dimissione dall’istituto, seguendo la procedura stabilita (cfr can. 697 CIC). Tuttavia, quando si ignora il luogo dove il religioso risiede, diventa difficile dare certezza giuridica alla situazione di fatto.
Pertanto, fermo restando quanto stabilito dal diritto sulla dimissione dopo sei mesi di assenza illegittima, al fine di aiutare gli istituti a osservare la necessaria disciplina e poter procedere alla dimissione del religioso illegittimamente assente, soprattutto nei casi di irreperibilità, ho deciso di aggiungere al can. 694 § 1 CIC tra i motivi di dimissione ipso facto dall’istituto anche l’assenza illegittima prolungata dalla casa religiosa, protratta per almeno dodici mesi continui, con la medesima procedura descritta nel can. 694 § 2 CIC. La dichiarazione del fatto da parte del Superiore maggiore, per produrre effetti giuridici, deve essere confermata dalla Santa Sede; per gli istituti di diritto diocesano la conferma spetta al Vescovo della sede principale.
L’introduzione di questo nuovo numero al § 1 del can. 694 richiede, inoltre, una modifica al can. 729 relativo agli istituti secolari, per i quali non si prevede l’applicazione della dimissione facoltativa per assenza illegittima. Tutto ciò considerato, dispongo ora quanto segue:
Art. 1. Il can. 694 CIC è integralmente sostituito dal testo seguente:
§1. Si deve ritenere dimesso dall’istituto, per il fatto stesso, il religioso che:
1) abbia in modo notorio abbandonato la fede cattolica;
2) abbia contratto matrimonio o lo abbia attentato, anche solo civilmente;
3) si sia assentato dalla casa religiosa illegittimamente, ai sensi del can. 665 § 2, per dodici mesi ininterrotti, tenuta presente l’irreperibilità del religioso stesso.
§2. In tali casi il Superiore maggiore con il proprio consiglio deve senza indugio, raccolte le prove, emettere la dichiarazione del fatto perché la dimissione consti giuridicamente.
§3. Nel caso previsto dal § 1 n. 3, tale dichiarazione per constare giuridicamente deve essere confermata dalla Santa Sede; per gli istituti di diritto diocesano la conferma spetta al Vescovo della sede principale.
Art. 2. Il can. 729 CIC è integralmente sostituito dal testo seguente:
La dimissione di un membro dall’istituto avviene a norma dei cann. 694 § 1, 1 e 2 e 695. Le costituzioni definiscano anche altre cause di dimissione, purché siano proporzionatamente gravi, esterne, imputabili e comprovate giuridicamente, e si osservi inoltre la procedura stabilita nei cann. 697-700. Al membro dimesso si applica il disposto del can. 701.
Quanto deliberato con questa Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio, ordino che abbia fermo e stabile vigore, nonostante qualsiasi cosa contraria anche se degna di speciale menzione, e che sia promulgato tramite pubblicazione su L’Osservatore Romano, entrando in vigore il 10 aprile 2019, e quindi pubblicato nel commentario ufficiale degli Acta Apostolicae Sedis.
Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 19 marzo dell’anno 2019, Solennità di San Giuseppe, settimo di pontificato.
FRANCESCO

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Regina Coeli: Appello del Papa per il Venezuela https://it.zenit.org/2017/04/30/regina-coeli-appello-del-papa-per-il-venezuela/ Sun, 30 Apr 2017 13:01:34 +0000 https://it.zenit.org/?p=101229 Francesco chiede "soluzioni negoziate" a Governo e opposizioni. Il suo pensiero anche alla Macedonia e il suo omaggio alla nuova beata Leopoldina Naudet

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Riportiamo di seguito il testo integrale delle parole pronunciate da Papa Francesco prima della recita del Regina Caeli di oggi, 30 aprile 2017, in Piazza San Pietro.
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Cari fratelli e sorelle,
non  cessano di giungere drammatiche notizie circa la situazione in Venezuela e l’aggravarsi degli scontri, con numerosi morti, feriti e detenuti. Mentre mi unisco al dolore dei familiari delle vittime, per le quali assicuro preghiere di suffragio, rivolgo un accorato appello al Governo e a tutte le componenti della società venezuelana affinché venga evitata ogni ulteriore forma di violenza, siano rispettati i diritti umani e si cerchino soluzioni negoziate alla grave crisi umanitaria, sociale, politica ed economica che sta stremando la popolazione. Affidiamo alla Santissima Vergine Maria l’intenzione della pace, della riconciliazione e della democrazia in quel caro Paese. E preghiamo per tutti i Paesi che attraversano gravi difficoltà, penso in particolare in questi giorni alla Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia.
Ieri, a Verona, è stata proclamata Beata Leopoldina Naudet, fondatrice delle Suore della Sacra Famiglia. Cresciuta alla corte degli Asburgo, prima a Firenze e poi a Vienna, ebbe fin da ragazza una forte vocazione alla preghiera, ma anche al servizio educativo. Si consacrò a Dio e, attraverso diverse esperienze, giunse a formare a Verona una nuova comunità religiosa, sotto la protezione della Sacra Famiglia, che ancora oggi è viva nella Chiesa. Ci uniamo alla loro gioia e al loro rendimento di grazie.
Oggi in Italia ricorre la Giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Incoraggio a sostenere questa importante istituzione, che continua a investire sulla formazione dei giovani per migliorare il mondo.
La formazione cristiana si basa sulla Parola di Dio. Per questo mi piace ricordare anche che oggi in Polonia si svolge la “domenica biblica”. Nelle chiese parrocchiali, nelle scuole e nei mass media viene letta pubblicamente una parte della Sacra Scrittura. Auguro ogni bene per questa iniziativa.
E voi, cari amici dell’Azione Cattolica, al termine di questo incontro vi ringrazio di cuore per la vostra presenza! E tramite voi saluto tutti i vostri gruppi parrocchiali, le famiglie, i bambini e i ragazzi, i giovani e gli anziani. Andate avanti!
Ed estendo il mio saluto ai pellegrini che a quest’ora si sono uniti a noi per la preghiera mariana, specialmente a quelli venuti dalla Spagna, dalla Croazia, dalla Germania e da Puerto Rico. Insieme ci rivolgiamo a Maria nostra Madre. La ringraziamo in modo particolare per il viaggio apostolico in Egitto che ho appena compiuto. Chiedo al Signore che benedica tutto il popolo egiziano, tanto accogliente, le autorità e i fedeli cristiani e musulmani; e che doni pace a quel Paese.
Regina Caeli…

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Papa ad Azione Cattolica: "Evitate la poltrona, siate missionari!" https://it.zenit.org/2017/04/30/papa-ad-azione-cattolica-evitate-la-poltrona-siate-missionari/ Sun, 30 Apr 2017 12:48:15 +0000 https://it.zenit.org/?p=101226 Udienza di Francesco in Piazza San Pietro per i 150 dell'organizzazione

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Riportiamo di seguito il discorso pronunciato da Papa Francesco in Piazza San Pietro oggi, 30 aprile 2017, ai membri dell’Azione Cattolica in occasione dei 150 anni dell’associazione.
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Cari amici dell’Azione Cattolica, buongiorno!
sono davvero felice di incontrarvi oggi, così numerosi e in festa per il 150° anniversario di fondazione della vostra Associazione. Vi saluto tutti con affetto ad iniziare dall’Assistente generale e dal Presidente nazionale, che ringrazio per le parole con cui hanno introdotto questo incontro. La nascita dell’Azione Cattolica Italiana fu un sogno, nato dal cuore di due giovani, Mario Fani e Giovanni Acquaderni, che è diventato nel tempo cammino di fede per molte generazioni, vocazione alla santità per tantissime persone: ragazzi, giovani e adulti che sono diventati discepoli di Gesù e, per questo, hanno provato a vivere come testimoni gioiosi del suo amore nel mondo. Anche per me è un po’ aria di famiglia: mio papà, mia nonna, erano dell’Azione cattolica!
È una storia bella e importante, per la quale avete tante ragioni di essere grati al Signore e per la quale la Chiesa vi è riconoscente. È la storia di un popolo formato da uomini e donne di ogni età e condizione, che hanno scommesso sul desiderio di vivere insieme l’incontro con il Signore: piccoli e grandi, laici e pastori, insieme, indipendentemente dalla posizione sociale, dalla preparazione culturale, dal luogo di provenienza. Fedeli laici che in ogni tempo hanno condiviso la ricerca delle strade attraverso cui annunciare con la propria vita la bellezza dell’amore di Dio e contribuire, con il proprio impegno e la propria competenza, alla costruzione di una società più giusta, più fraterna, più solidale. È una storia di passione per il mondo e per la Chiesa – ricordavo quando vi ho parlato di un libro scritto in Argentina nel ’37 che diceva:  “Azione cattolica e passione cattolica”! – e dentro di questa storia cui sono cresciute figure luminose di uomini e donne di fede esemplare, che hanno servito il Paese con generosità e coraggio.
Avere una bella storia alle spalle non serve però per camminare con gli occhi all’indietro, non serve per guardarsi allo specchio, non serve per mettersi comodi in poltrona! Non dimenticare questo: non camminare con gli occhi all’indietro, farete uno schianto! Non guardarsi allo specchio! In tanti siamo brutti, meglio non guardarsi! E non mettersi comodi in poltrona, questo ingrassa e fa male al colesterolo! Fare memoria di un lungo itinerario di vita aiuta a rendersi consapevoli di essere popolo che cammina prendendosi cura di tutti, aiutando ognuno a crescere umanamente e nella fede, condividendo la misericordia con cui il Signore ci accarezza. Vi incoraggio a continuare ad essere un popolo di discepoli-missionari che vivono e testimoniano la gioia di sapere che il Signore ci ama di un amore infinito, e che insieme a Lui amano profondamente la storia in cui abitiamo. Così ci hanno insegnato i grandi testimoni di santità che hanno tracciato la strada della vostra associazione, tra i quali mi piace ricordare Giuseppe Toniolo, Armida Barelli, Piergiorgio Frassati, Antonietta Meo, Teresio Olivelli, Vittorio Bachelet. Azione Cattolica, vivi all’altezza della tua storia! Vivi all’altezza di queste donne e questi uomini che vi hanno preceduto.
In questi centocinquanta anni l’Azione Cattolica è sempre stata caratterizzata da un amore grande per Gesù e per la Chiesa. Anche oggi siete chiamati a proseguire la vostra peculiare vocazione mettendovi a servizio delle diocesi, attorno ai Vescovi – sempre -, e nelle parrocchie – sempre -, là dove la Chiesa abita in mezzo alle persone – sempre. Tutto il Popolo di Dio gode i frutti di questa vostra dedizione, vissuta in armonia tra Chiesa universale e Chiesa particolare. È nella vocazione tipicamente laicale a una santità vissuta nel quotidiano che potete trovare la forza e il coraggio per vivere la fede rimanendo lì dove siete, facendo dell’accoglienza e del dialogo lo stile con cui farvi prossimi gli uni agli altri, sperimentando la bellezza di una responsabilità condivisa. Non stancatevi di percorrere le strade attraverso le quali è possibile far crescere lo stile di un’autentica sinodalità, un modo di essere Popolo di Dio in cui ciascuno può contribuire a una lettura attenta, meditata, orante dei segni dei tempi, per comprendere e vivere la volontà di Dio, certi che l’azione dello Spirito Santo opera e fa nuove ogni giorno tutte le cose.
Vi invito a portare avanti la vostra esperienza apostolica radicati in parrocchia, «che non è una struttura caduca» – avete capito bene? La parrocchia non è una struttura caduca! -, perché «è presenza ecclesiale nel territorio, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione» (Esort. ap.Evangelii gaudium, 28). La parrocchia è lo spazio in cui le persone possono sentirsi accolte così come sono, e possono essere accompagnate attraverso percorsi di maturazione umana e spirituale a crescere nella fede e nell’amore per il creato e per i fratelli. Questo è vero però solo se la parrocchia non si chiude in sé stessa, se anche l’Azione Cattolica che vive in parrocchia non si chiude in sé stessa, ma aiuta la parrocchia perché rimanga «in contatto con le famiglie e con la vita del popolo e non diventi una struttura prolissa separata dalla gente o un gruppo di eletti che guardano a se stessi» (ibid.). Per favore, questo no!
Cari soci di Azione Cattolica, ogni vostra iniziativa, ogni proposta, ogni cammino sia esperienza missionaria, destinata all’evangelizzazione, non all’autoconservazione. Il vostro appartenere alla diocesi e alla parrocchia si incarni lungo le strade delle città, dei quartieri e dei paesi. Come è accaduto in questi centocinquanta anni, sentite forte dentro di voi la responsabilità di gettare il seme buono del Vangelo nella vita del mondo, attraverso il servizio della carità, l’impegno politico, – mettetevi in politica, ma per favore nella grande politica, nella Politica con la maiuscola! – attraverso  anche la passione educativa e la partecipazione al confronto culturale. Allargate il vostro cuore per allargare il cuore delle vostre parrocchie. Siate viandanti della fede, per incontrare tutti, accogliere tutti, ascoltare tutti, abbracciare tutti. Ogni vita è vita amata dal Signore, ogni volto ci mostra il volto di Cristo, specialmente quello del povero, di chi è ferito dalla vita e di chi si sente abbandonato, di chi fugge dalla morte e cerca riparo tra le nostre case, nelle nostre città. «Nessuno può sentirsi esonerato dalla preoccupazione per i poveri e per la giustizia sociale» (ibid., 201).
Rimanete aperti alla realtà che vi circonda. Cercate senza timore il dialogo con chi vive accanto a voi, anche con chi la pensa diversamente ma come voi desidera la pace, la giustizia, la fraternità. È nel dialogo che si può progettare un futuro condiviso. È attraverso il dialogo che costruiamo la pace, prendendoci cura di tutti e dialogando con tutti.
Cari ragazzi, giovani e adulti di Azione Cattolica: andate, raggiungete tutte le periferie! Andate, e là siate Chiesa, con la forza dello Spirito Santo.
Vi sostenga la protezione materna della Vergine Immacolata; vi accompagnino l’incoraggiamento e la stima dei Vescovi; come anche la mia Benedizione che di cuore imparto su di voi e sull’intera Associazione. E per favore non dimenticatevi di pregare per me!

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Papa ai seminaristi copti: "Non cedete a logiche mondane, tenete fede alla vostra identità" https://it.zenit.org/2017/04/29/papa-ai-seminaristi-copti-non-cede-a-logiche-mondane-tenete-fede-alla-vostra-identita/ Sat, 29 Apr 2017 11:54:29 +0000 https://it.zenit.org/?p=101196 Incontro presso il Seminario Patriarcale Copto-Cattolico. Francesco ricorda: "Più siamo radicati in Cristo, più siamo vivi e fecondi"

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Riportiamo il testo integrale del discorso pronunciato da Papa Francesco oggi, 29 aprile 2017, presso il Seminario Patriarcale Copto-Cattolico di Maadi, nella periferia a sud del Cairo, ai sacerdoti, religiosi, religiose e seminaristi presenti (circa mille e cinquecento).
***
Beatitudini, cari fratelli e sorelle,
Al Salamò Alaikum! / La pace sia con voi!
“Questo è il giorno fatto dal Signore, rallegriamoci in Lui! Cristo ha vinto la morte per sempre, rallegriamoci in Lui!”. Sono felice di trovarmi fra voi in questo luogo dove vengono formati i sacerdoti e che rappresenta il cuore della Chiesa Cattolica in Egitto. Sono felice di salutare in voi, sacerdoti, consacrati e consacrate del piccolo gregge cattolico in Egitto, il “lievito” che Dio prepara per questa Terra benedetta, perché, insieme ai nostri fratelli ortodossi, cresca in essa il suo Regno (cfr Mt13,13).
Desidero innanzitutto ringraziarvi per la vostra testimonianza e per tutto il bene che realizzate ogni giorno, operando in mezzo a tante sfide e spesso poche consolazioni. Desidero anche incoraggiarvi! Non abbiate paura del peso del quotidiano, del peso delle circostanze difficili che alcuni di voi devono attraversare. Noi veneriamo la Santa Croce, strumento e segno della nostra salvezza. Chi scappa dalla Croce scappa dalla Risurrezione!
«Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno» (Lc12,32). Si tratta dunque di credere, di testimoniare la verità, di seminare e coltivare senza aspettare il raccolto. In realtà, noi raccogliamo i frutti di una schiera di altri, consacrati e non, che generosamente hanno operato nella vigna del Signore: la vostra storia ne è piena! E in mezzo a tanti motivi di scoraggiamento e tra tanti profeti di distruzione e di condanna, in mezzo a tante voci negative e disperate, voi siate una forza positiva, siate luce e sale di questa società; siate il locomotore che traina il treno in avanti, diritto verso la mèta; siate seminatori di speranza, costruttori di ponti e operatori di dialogo e di concordia. Questo è possibile se la persona consacrata non cede alle tentazioni che incontra ogni giorno sulla sua strada. Ne vorrei evidenziare alcune, tra le più significative.
1. La tentazione di lasciarsi trascinare e non guidare. Il Buon Pastore ha il dovere di guidare il gregge (cfr Gv 10,3-4), di condurlo all’erba fresca e alla fonte di acqua (cfr Sal 23). Non può farsi trascinare dalla delusione e dal pessimismo: “Cosa posso fare?”. È sempre pieno di iniziative e di creatività, come una fonte che zampilla anche quando è prosciugata; ha sempre la carezza di consolazione anche quando il suo cuore è affranto; è un padre quando i figli lo trattano con gratitudine ma soprattutto quando non gli sono riconoscenti (cfr Lc 15,11-32). La nostra fedeltà al Signore non deve mai dipendere dalla gratitudine umana: «Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» (Mt 6,4.6.18).
2. La tentazione di lamentarsi continuamente. È facile accusare sempre gli altri, per le mancanze dei superiori, per le condizioni ecclesiastiche o sociali, per le scarse possibilità… Ma il consacrato è colui che, con l’unzione dello Spirito, trasforma ogni ostacolo in opportunità, e non ogni difficoltà in scusa! Chi si lamenta sempre è in realtà uno che non vuole lavorare. Per questo il Signore rivolgendosi ai Pastori disse: «Rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche» (Eb 12,12;
cfr Is 35,3).
3. La tentazione del pettegolezzo e dell’invidia. Il pericolo è serio quando il consacrato, invece di aiutare i piccoli a crescere e a gioire per i successi dei fratelli e delle sorelle, si lascia dominare dall’invidia e diventa uno che ferisce gli altri col pettegolezzo. Quando, invece di sforzarsi per crescere, inizia a distruggere coloro che stanno crescendo; invece di seguire gli esempi buoni, li giudica e sminuisce il loro valore. L’invidia è un cancro che rovina qualsiasi corpo in poco tempo: «Se un regno è diviso in sé stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in sé stessa, quella casa non potrà restare in piedi» (Mc 3,24-25). Infatti, «per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo» (Sap 2,24). E il pettegolezzo ne è il mezzo e l’arma.
4. La tentazione del paragonarsi con gli altri. La ricchezza sta nella diversità e nell’unicità di ognuno di noi. Paragonarci con coloro che stanno meglio ci porta spesso a cadere nel rancore; paragonarci con coloro che stanno peggio ci porta spesso a cadere nella superbia e nella pigrizia. Chi tende a paragonarsi sempre con gli altri finisce per paralizzarsi. Impariamo dai Santi Pietro e Paolo a vivere la diversità dei caratteri, dei carismi e delle opinioni nell’ascolto e nella docilità allo Spirito Santo.
5. La tentazione del “faraonismo”, cioè dell’indurire il cuore e del chiuderlo al Signore e ai fratelli. È la tentazione di sentirsi al di sopra degli altri e quindi di sottometterli a sé per vanagloria; di avere la presunzione di farsi servire invece di servire. È una tentazione comune fin dall’inizio tra i discepoli, i quali – dice il Vangelo – «per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande» (Mc 9,34). L’antidoto di questo veleno è: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti» (Mc 9,35).
6. La tentazione dell’individualismo. Come dice il noto detto egiziano: “Io, e dopo di me il diluvio”. È la tentazione degli egoisti che, strada facendo, perdono la mèta e invece di pensare agli altri pensano a sé stessi, non provandone alcuna vergogna, anzi, giustificandosi. La Chiesa è la comunità dei fedeli, il corpo di Cristo, dove la salvezza di un membro è legata alla santità di tutti (cfr 1 Cor 12,12-27; Lumen gentium, 7). L’individualista invece è motivo di scandalo e di
conflittualità.
7. La tentazione del camminare senza bussola e senza mèta. Il consacrato perde la sua identità e inizia a non essere “né carne né pesce”. Vive con cuore diviso tra Dio e la mondanità. Dimentica il suo primo amore (cfr Ap 2,4). In realtà, senza avere un’identità chiara e solida il consacrato cammina senza orientamento e invece di guidare gli altri li disperde. La vostra identità come figli della Chiesa è quella di essere copti – cioè radicati nelle vostre nobili e antiche radici – e di essere cattolici – cioè parte della Chiesa una e universale: come un albero che più è radicato nella terra e più è alto nel cielo!
Cari sacerdoti, cari consacrati, resistere a queste tentazioni non è facile, ma è possibile se siamo innestati in Gesù: «Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me» (Gv 15,4). Più siamo radicati in Cristo, più siamo vivi e fecondi! Solo così la persona consacrata può conservare la meraviglia, la passione del primo incontro, l’attrazione e la gratitudine nella sua vita con Dio e nella sua missione. Dalla qualità della nostra vita spirituale dipende quella della nostra consacrazione.
L’Egitto ha contribuito ad arricchire la Chiesa con il tesoro inestimabile della vita monastica. Vi esorto, pertanto, ad attingere dall’esempio di San Paolo l’eremita, di Sant’Antonio, dei Santi Padri del deserto, dei numerosi monaci, che con la loro vita e il loro esempio hanno aperto le porte del cielo a tanti fratelli e sorelle; e così anche voi potete essere luce e sale, motivo cioè di salvezza per voi stessi e per tutti gli altri, credenti e non, e specialmente per gli ultimi, i bisognosi, gli abbandonati e gli scartati.
La Santa Famiglia vi protegga e benedica tutti voi, il vostro Paese e tutti i suoi abitanti. Dal profondo del mio cuore auguro a ognuno di voi ogni bene, e tramite voi saluto i fedeli che Dio ha affidato alla vostra cura. Il Signore vi conceda i frutti del suo Santo Spirito: «amore, pace, gioia, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,22).
Sarete sempre presenti nel mio cuore e nella mia preghiera. Coraggio, e avanti con lo Spirito Santo! “Questo è il giorno fatto dal Signore, rallegriamoci in Lui!”. E per favore non vi scordate di pregare per me!

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Omelia della Messa di Papa Francesco al Cairo – Testo integrale https://it.zenit.org/2017/04/29/omelia-della-messa-di-papa-francesco-al-cairo-testo-integrale/ Sat, 29 Apr 2017 08:44:35 +0000 https://it.zenit.org/?p=101181 "L’unico estremismo ammesso per i credenti è quello della carità"

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Riportiamo il testo integrale dell’omelia pronunciata oggi, 29 aprile 2017, da Papa Francesco all’ “Air Defense Stadium” del Cairo.
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Oggi il vangelo, nella III Domenica di Pasqua, ci parla dell’itinerario dei due discepoli di Emmaus che lasciarono Gerusalemme. Un vangelo che si può riassumere in tre parole: morte, risurrezione e vita. Morte. I due discepoli tornano alla loro vita quotidiana, carichi di delusione e disperazione: il Maestro è morto e quindi è inutile sperare. Erano disorientati, illusi e delusi. Il loro cammino è un tornare indietro; è un allontanarsi dalla dolorosa esperienza del Crocifisso. La crisi della Croce, anzi lo “scandalo” e la “stoltezza” della Croce (cfr 1 Cor 1,18; 2,2), sembra aver seppellito ogni loro speranza. Colui sul quale hanno costruito la loro esistenza è morto, sconfitto, portando con sé nella tomba ogni loro aspirazione. Non potevano credere che il Maestro e il Salvatore che aveva risuscitato i morti e guarito gli ammalati potesse finire appeso alla croce della vergogna. Non potevano capire perché Dio Onnipotente non l’avesse salvato da una morte così ignobile. La croce di Cristo era la croce delle loro idee su Dio; la morte di Cristo era una morte di ciò che immaginavano fosse Dio. Erano loro, infatti, i morti nel sepolcro della limitatezza della loro comprensione. Quante volte l’uomo si auto-paralizza, rifiutando di superare la propria idea di Dio, di un dio creato a immagine e somiglianza dell’uomo! Quante volte si dispera, rifiutando di credere che l’onnipotenza di Dio non è onnipotenza di forza, di autorità, ma è soltanto onnipotenza di amore, di perdono e di vita! I discepoli riconobbero Gesù “nello spezzare il pane”, nell’Eucaristia.
Se noi non ci lasciamo spezzare il velo che offusca i nostri occhi, se non ci lasciamo spezzare l’indurimento del nostro cuore e dei nostri pregiudizi, non potremo mai riconoscere il volto di Dio. Risurrezione. Nell’oscurità della notte più buia, nella disperazione più sconvolgente, Gesù si avvicina a loro e cammina sulla loro via perché possano scoprire che Lui è «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). Gesù trasforma la loro disperazione in vita, perché quando svanisce la speranza umana incomincia a brillare quella divina: «Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio» (Lc 18,27; cfr 1,37). Quando l’uomo tocca il fondo del fallimento e dell’incapacità, quando si spoglia dell’illusione di essere il migliore, di essere autosufficiente, di essere il centro del mondo, allora Dio gli tende la mano per trasformare la sua notte in alba, la sua afflizione in gioia, la sua morte in risurrezione, il suo cammino all’indietro in ritorno a Gerusalemme, cioè in ritorno alla vita e alla vittoria della Croce (cfr Eb 11,34). I due discepoli, difatti, dopo aver incontrato il Risorto, ritornano pieni di gioia, di fiducia e di entusiasmo, pronti alla testimonianza. Il Risorto li ha fatti risorgere dalla tomba della loro incredulità e afflizione. Incontrando il Crocifisso-Risorto hanno trovato la spiegazione e il compimento di tutta la Scrittura, della Legge e dei Profeti; hanno trovato il senso dell’apparente sconfitta della Croce. Chi non passa attraverso l’esperienza della Croce fino alla Verità della Risurrezione si autocondanna alla disperazione. Infatti, noi non possiamo incontrare Dio senza crocifiggere prima le nostre idee limitate di un dio che rispecchia la nostra comprensione dell’onnipotenza e del potere.
Vita. L’incontro con Gesù risorto ha trasformato la vita di quei due discepoli, perché incontrare il Risorto trasforma ogni vita e rende feconda qualsiasi sterilità.1 Infatti, la Risurrezione non è una fede nata nella Chiesa, ma la Chiesa è nata dalla fede nella Risurrezione. Dice San Paolo: «Se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede» (1 Cor 15,14). Il Risorto sparisce dai loro occhi, per insegnarci che non possiamo trattenere Gesù nella sua visibilità storica: «Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!» (Gv 20,29; cfr 20,17). La Chiesa deve sapere e credere che Egli è vivo con lei e la vivifica nell’Eucaristia, nelle Scritture e nei Sacramenti. I discepoli di Emmaus capirono questo e tornarono a Gerusalemme per condividere con gli altri la loro esperienza: “Abbiamo visto il Signore … Sì, è davvero risorto!” (cfr Lc 24,32).
L’esperienza dei discepoli di Emmaus ci insegna che non serve riempire i luoghi di culto se i nostri cuori sono svuotati del timore di Dio e della Sua presenza; non serve pregare se la nostra preghiera rivolta a Dio non si trasforma in amore rivolto al fratello; non serve tanta religiosità se non è animata da tanta fede e da tanta carità; non serve curare l’apparenza, perché Dio guarda l’anima e il cuore (cfr 1 Sam 16,7) e detesta l’ipocrisia (cfr Lc 11,37-54; At 5,3-4).2 Per Dio, è meglio non credere che essere un falso credente, un ipocrita! La fede vera è quella che ci rende più caritatevoli, più misericordiosi, più onesti e più umani; è quella che anima i cuori per portarli ad amare tutti gratuitamente, senza distinzione e senza preferenze; è quella che ci porta a vedere nell’altro non un nemico da sconfiggere, ma un fratello da amare, da servire e da aiutare; è quella che ci porta a diffondere, a difendere e a vivere la cultura dell’incontro, del dialogo, del rispetto e della fratellanza; ci porta al coraggio di perdonare chi ci offende, di dare una mano a chi è caduto; a vestire chi è nudo, a sfamare l’affamato, a visitare il carcerato, ad aiutare l’orfano, a dar da bere all’assetato, a soccorrere l’anziano e il bisognoso (cfr Mt 25,31-45). La vera fede è quella che ci porta a proteggere i diritti degli altri, con la stessa forza e con lo stesso entusiasmo con cui difendiamo i nostri. In realtà, più si cresce nella fede e nella conoscenza, più si cresce nell’umiltà e nella consapevolezza di essere piccoli.
Cari fratelli e sorelle, Dio gradisce solo la fede professata con la vita, perché l’unico estremismo ammesso per i credenti è quello della carità! Qualsiasi altro estremismo non viene da Dio e non piace a Lui! Ora, come i discepoli di Emmaus, tornate alla vostra Gerusalemme, cioè alla vostra vita quotidiana, alle vostre famiglie, al vostro lavoro e alla vostra cara patria pieni di gioia, di coraggio e di fede. Non abbiate paura di aprire il vostro cuore alla luce del Risorto e lasciate che Lui trasformi la vostra incertezza in forza positiva per voi e per gli altri. Non abbiate paura di amare tutti, amici e nemici, perché nell’amore vissuto sta la forza e il tesoro del credente! La Vergine Maria e la Sacra Famiglia, che vissero su questa terra benedetta, illuminino i nostri cuori e benedicano voi e il caro Egitto che, all’alba del cristianesimo, accolse l’evangelizzazione di San Marco e diede lungo la storia numerosi martiri e una grande schiera di santi e di sante! Al Massih Kam / Bilhakika kam! – Cristo è Risorto / È veramente Risorto!

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Dichiarazione congiunta firmata da Papa Francesco e Tawadros II https://it.zenit.org/2017/04/28/dichiarazione-congiunta-firmata-da-papa-francesco-e-tawadros-ii/ Fri, 28 Apr 2017 17:42:26 +0000 https://it.zenit.org/?p=101157 Sono dodici i punti affrontati

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Testo integrale della dichiarazione congiunta firmata al Cairo oggi, 28 aprile 2017, da Papa Francesco e da Tawadros II, Papa di Alessandria e Patriarca della Sede di San Marco.
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1. Noi, Francesco, Vescovo di Roma e Papa della Chiesa Cattolica, e Tawadros II, Papa di Alessandria e Patriarca della Sede di San Marco, rendiamo grazie nello Spirito Santo a Dio per averci concesso la felice opportunità di incontrarci ancora, di scambiare l’abbraccio fraterno e di unirci nuovamente in comune preghiera. Diamo gloria all’Onnipotente per i vincoli di fraternità e di amicizia che sussistono tra la Sede di San Pietro e la Sede di San Marco. Il privilegio di trovarci insieme qui in Egitto è un segno che la solidità della nostra relazione sta aumentando di anno in anno e che stiamo crescendo nella vicinanza, nella fede e nell’amore di Cristo nostro Signore. Rendiamo grazie a Dio per l’amato Egitto, “terra natale che vive in noi”, come Sua Santità Papa Shenouda III era solito dire, “popolo benedetto dal Signore” (cfr Is 19,25), con la sua antica civiltà dei Faraoni, l’eredità greca e romana, la tradizione copta e la presenza islamica. L’Egitto è il luogo dove trovò rifugio la Sacra Famiglia, è terra di martiri e di santi.
2. Il nostro profondo legame di amicizia e di fraternità rinviene le proprie origini nella piena comunione che esisteva tra le nostre Chiese nei primi secoli ed è stato espresso in vari modi nei primi Concili Ecumenici, a partire da quello di Nicea del 325 e dal contributo del coraggioso Padre della Chiesa Sant’Atanasio, che meritò il titolo di “Protettore della Fede”. La nostra comunione si è manifestata mediante la preghiera e pratiche liturgiche simili, attraverso la venerazione dei medesimi martiri e santi, nello sviluppo e nella diffusione del monachesimo a seguito dell’esempio di Sant’Antonio il Grande, conosciuto come il padre di tutti i monaci.
Questa comune esperienza di comunione precedente al tempo della separazione assume un significato particolare nella nostra ricerca del ristabilimento della piena comunione oggi. La maggior parte delle relazioni che esistevano nei primi secoli sono continuate, nonostante le divisioni, tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa Coptafino al presente e recentemente si sono anche rivitalizzate. Esse ci stimolano a intensificare i nostri sforzi comuni, perseverando nella ricerca di un’unità visibile nella diversità, sotto la guida dello Spirito Santo.
3. Ricordiamo con gratitudine lo storico incontro di quarantaquattro anni fa tra i nostri predecessori Papa Paolo VI e Papa Shenouda III, quell’abbraccio di pace e di fraternità dopo molti secoli in cui i nostri reciproci legami di affetto non avevano avuto la possibilità di esprimersi a motivo della distanza che era sorta tra noi. La Dichiarazione Comune che essi firmarono il 10 maggio 1973 rappresenta una pietra miliare nel cammino ecumenico ed è servita come punto di partenza per l’istituzione della Commissione per il dialogo teologico tra le nostre due Chiese, che ha dato molto frutto e ha aperto la via a un più ampio dialogo tra la Chiesa Cattolica e l’intera famiglia delle Chiese Ortodosse Orientali. In quella Dichiarazione le nostre Chiese hanno riconosciuto che, in linea con la tradizione apostolica, professano “un’unica fede in un solo Dio Uno e Trino” e la “divinità dell’Unico Figlio Incarnato di Dio, […] Dio perfetto riguardo alla Sua Divinità, e perfetto uomo riguardo alla Sua umanità”. È stato altresì riconosciuto che “la vita divina ci viene data e alimentata attraverso i sette sacramenti” e che “noi veneriamo la Vergine Maria, Madre della Vera Luce”, la “Theotokos”.
4. Con estrema gratitudine ricordiamo il nostro fraterno incontro a Roma il 10 maggio 2013 e l’istituzione del 10 maggio come giorno in cui ogni anno  approfondiamo l’amicizia e la fraternità tra le nostre Chiese. Questo rinnovato spirito di vicinanza ci ha permesso di discernere meglio ancora come il vincolo che ci unisce è stato ricevuto dal nostro unico Signore nel giorno del Battesimo. Infatti, è attraverso il Battesimo che diventiamo membra dell’unico Corpo di Cristo che è la Chiesa (cfr 1 Cor 12,13). Questa comune eredità è la base del pellegrinaggio che insieme compiamo verso la piena comunione, crescendo nell’amore e nella riconciliazione.
5. Consapevoli che in tale pellegrinaggio ci rimane ancora molto cammino da fare, richiamiamo alla memoria quanto è già stato compiuto. In particolare, ricordiamo l’incontro tra Papa Shenouda III e San Giovanni Paolo II, che venne pellegrino in Egitto durante il Grande Giubileo dell’anno 2000. Siamo determinati nel seguire i loro passi, mossi dall’amore di Cristo Buon Pastore, nella profonda convinzione che camminando insieme cresciamo nell’unità. Perciò attingiamo la forza da Dio, fonte perfetta di comunione e di amore.
6. Questo amore trova la sua più alta espressione nella preghiera comune. Quando i Cristiani pregano insieme, giungono a comprendere che ciò che li unisce è molto più grande di ciò che li divide. Il nostro desiderio ardente di unità trova ispirazione dalla preghiera di Cristo “perché tutti siano una sola cosa” (Gv 17,21). Perciò approfondiamo le nostre radici nell’unica fede apostolica pregando insieme, cercando traduzioni comuni della preghiera del Signore e una data comune per la celebrazione della Pasqua.
7. Mentre camminiamo verso il giorno benedetto nel quale finalmente ci riuniremo insieme alla stessa Mensa eucaristica, possiamo collaborare in molti ambiti e rendere tangibile la grande ricchezza che già abbiamo in comune. Possiamo dare insieme testimonianza a valori fondamentali quali la santità e la dignità della vita umana, la sacralità del matrimonio e della famiglia e il rispetto dell’intera creazione che Dio ci ha affidato. Nonostante molteplici sfide contemporanee, come la secolarizzazione e la globalizzazione dell’indifferenza, siamo chiamati a offrire una risposta condivisa, basata sui valori del Vangelo e sui tesori delle nostre rispettive tradizioni. A tale riguardo, siamo incoraggiati a intraprendere uno studio maggiormente approfondito dei Padri Orientali e Latini e a promuovere scambi proficui nella vita pastorale, specialmente nella catechesi e in un vicendevole arricchimento spirituale tra comunità monastiche e religiose.
8. La nostra condivisa testimonianza cristiana è un provvidenzialesegno di riconciliazione e di speranza per la società egiziana e per le sue istituzioni, un seme piantato per portare frutti di giustizia e di pace. Dal momento che crediamo che tutti gli esseri umani sono creati a immagine di Dio, ci sforziamo di promuovere la serenità e la concordia attraverso una coesistenza pacifica tra Cristiani e Musulmani, testimoniando in questo modo che Dio desidera l’unità e l’armonia dell’intera famiglia umana e la pari dignità di ogni essere umano. Abbiamo a cuore la prosperità e il futuro dell’Egitto. Tutti i membri della società hanno il diritto e il dovere di partecipare pienamente alla vita del Paese, godendo di piena e pari cittadinanza e collaborando a edificare la loro nazione. La libertà religiosa, che comprende la libertà di coscienza ed è radicata nella dignità della persona, è il fondamento di tutte le altre libertà. È un diritto sacro e inalienabile.
9. Intensifichiamo la nostra incessante preghiera per tutti i Cristiani in Egitto e nel mondo, specialmente per quelli nel Medio Oriente. Alcuni tragici avvenimenti e il sangue versato dai nostri fedeli, perseguitati e uccisi per il solo motivo di essere cristiani, ci ricordano più che mai che l’ecumenismo dei martiri ci unisce e ci incoraggia a proseguire sulla strada della pace e della riconciliazione. Perché, come scrive San Paolo, “se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme” (1 Cor 12,26).
10. Il mistero di Gesù, morto e risorto per amore, sta al cuore del nostro cammino verso la piena unità. Ancora una volta i martiri sono le nostre guide. Nella Chiesa primitiva il sangue dei martiri fu seme di nuovi Cristiani. Così pure, ai nostri giorni, il sangue di tanti martiri possa essere seme di unità tra tutti i discepoli di Cristo, segno e strumento di comunione e di pace per il mondo.
11. Obbedienti all’azione dello Spirito Santo, che santifica la Chiesa, lungo i secoli la sorregge e conduce a quella piena unità per la quale Cristo ha pregato, oggi noi, Papa Francesco e Papa Tawadros II, al fine di allietare il cuore del Signore Gesù, nonché i cuori dei nostri figli e figlie nella fede, dichiariamo reciprocamente che con un’anima sola e un cuore solo cercheremo, in tutta sincerità, di non ripetere il Battesimo amministrato in una delle nostre Chiese ad alcuno che desideri ascriversi all’altra. Tanto attestiamo in obbedienza alle Sacre Scritture e alla fede espressa nei tre Concili Ecumenici celebrati a Nicea, a Costantinopoli e a Efeso.
Chiediamo a Dio nostro Padre di guidarci, nei tempi e nei modi che lo Spirito Santo disporrà, alla piena unità nel Corpo mistico di Cristo.
12. Pertanto, lasciamoci condurre dagli insegnamenti e dall’esempio dell’Apostolo Paolo, il quale scrive: “[comportatevi] avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti” (Ef 4,3-6).

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