François-Marie Léthel, Author at ZENIT - Italiano https://it.zenit.org/author/francois-marielethel/ Il mondo visto da Roma Tue, 30 Jun 2020 11:17:50 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.7.1 https://it.zenit.org/wp-content/uploads/sites/2/2020/07/02e50587-cropped-9c512312-favicon_1.png François-Marie Léthel, Author at ZENIT - Italiano https://it.zenit.org/author/francois-marielethel/ 32 32 Testimonianza di P. François-Marie Léthel ocd, come sacerdote malato e guarito dal covid 19 https://it.zenit.org/2020/06/30/testimonianza-di-p-francois-marie-lethel-ocd-come-sacerdote-malato-e-guarito-dal-covid-19/ Tue, 30 Jun 2020 10:41:04 +0000 https://it.zenit.org/?p=121984 Domenica 28 giugno, giorno della Risurrezione del Signore

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Scrivo questa testimonianza a Roma in questa Domenica 28 giugno, giorno della Risurrezione del Signore, memoria di sant’Ireneo di Lione e vigilia della solennità dei nostri due grandi santi di Roma, Pietro e Paolo.

Insieme ad altri miei fratelli della mia comunità, sono stato colpito dal coronavirus, malgrado i nostri sforzi per rispettare tutte le regole sanitarie. La sera del 8 giugno stavo molto male e l’ambulanza mi ha portato in urgenza al pronto soccorso dell’ospedale Gemelli, dove san Giovanni Paolo II era stato ricoverato dopo l’attentato. La mattina del 9, ero ricoverato nel Columbus, reparto covid del Gemelli, dove sono rimasto 17 giorni in totale isolamento, rinchiuso nella mia stanza, fino alla mia uscita dall’ospedale il 25 giugno, perfettamente guarito, senza bisogno di cure né di altri controlli. Ringrazio Gesù e la Madonna per questa “risurrezione” un po’ miracolosa alla mia età più critica di 72 anni!

Nei mesi precedenti, a partire da marzo, avevo scritto tutta una serie di testi sull’Eucaristia vissuta in questa grande prova della pandemia, considerando specialmente la sofferenza dei laici più feriti dalla totale privazione della santa comunione, soprattutto in Italia e in Francia. Purtroppo questa privazione è stata chiamata spesso “digiuno eucaristico”, con un impiego abusivo di un’espressione tradizionale, secondo un’ideologia del 1968 contraria alla comunione quotidiana. Questi miei testi sono stati pubblicati da Zenit in italiano e in francese.

Adesso, in questo mese di giugno, il Signore Gesù mi ha dato la grazia di partecipare più profondamente, come sacerdote, a questa grande prova che tocca l’intera famiglia umana, proprio al momento del mio 45° anniversario di Sacerdozio il 21 giugno che era di Domenica. Mi sono sentito più vicino a tutti i malati e specialmente agli altri sacerdoti contagiati (molti sono morti nei precedenti mesi in Italia). Ho dunque festeggiato questo anniversario nella totale solitudine, celebrando la Messa nella mia stanza. La Domenica precedente era la festa del Corpus Domini. Ho potuto celebrare la Messa tutti i giorni, anche nei primi quando stavo più male, seduto sul mio letto davanti al comodino trasformato in piccolo altare.

Devo dire che mi ha molto aiutato l’esempio del Venerabile Cardinale Van Thuan, sul quale avevo scritto un breve articolo intitolato “Ti porto con me giorno e notte”, la spiritualità eucaristica del Cardinale Nguyen Van Thuan (pubblicato in Zenit). Infatti, quando era in prigione, egli celebrava la Messa ogni giorno nella solitudine e nella più estrema povertà, portando sempre nella tasca della sua camicia un’Ostia consacrata per prolungare la celebrazione con l’adorazione eucaristica, affermando che nel dolore, “la sua sola forza era l’Eucaristia”. Seguendo il suo esempio, ho celebrato la Messa quotidiana con grande semplicità, e il primo giorno ho consacrato una piccola ostia che ho continuamento custodito su di me in una teca dicendo anch’io a Gesù: “Ti porto con me giorno e notte”. Ma un po’ prima di Van Thuan, una laica consacrata, la Serva di Dio Vera Grita, salesiana cooperatrice, aveva vissuto una splendida esperienza mistica della Presenza Reale di Gesù nell’Eucaristia che desidera fare di noi del “Tabernacoli Viventi”. Ho scritto al suo proposito il breve articolo intitolato Vera Grita, una mistica dell’Eucaristia nella grande crisi del 1968 (pubblicato in Zenit). Era in comunione profondissima con san Paolo VI in questo momento drammatico (l’anno della mia professione religiosa), e per questo ho voluto ricordare il grande Credo del Popolo di Dio proclamato da Paolo VI il 30 giugno 1968.

Per me, è stata un’esperienza nuova e fortissima della Verità del Mistero Eucaristico e della grazia del mio Sacerdozio. Non era per niente intimismo o spiritualismo esagerato, ma la solidarietà più forte con tutti i miei fratelli ammalati nel mondo, nella comunione al sacrificio redentore di Gesù e nell’unione continua con il suo “Vero Corpo nato dalla Vergine Maria, che ha sofferto ed è stato immolato sulla Croce per gli uomini” (Ave Verum). Come Sacerdote, potevo rendere presente realmente Gesù Crocifisso e Risorto in questo luogo di dolore del corpo con la malattia e dell’anima con la totale solitudine, con l’impossibilità per gli ammalati di fare la comunione. Era il mio più grande servizio di carità sacerdotale per gli altri ammalati, ma anche per i medici, infermiere e tutte le persone che ci curavano con tanta carità.

Ho sperimentato intensamente l’inseparabilità tra il Vero Corpo di Gesù e la sua Parola nella Sacra Scrittura che leggevo continuamente in questi giorni, specialmente i Vangeli e san Paolo, Isaia e il Cantico dei Cantici, pregando anche tutta la Liturgia delle Ore.

Insieme alla mia Bibbia, avevo portato con me due libri essenziali che sono stati come due “fari” fin dall’inizio della mia vita religiosa, 52 anni fa: La Storia di un’anima di santa Teresa di Lisieux e il Trattato della Vera devozione alla Santa Vergine di san Luigi Maria Grignion de Montfort. Così avevo scritto il breve articolo intitolato Vivere con Gesù in Cielo come in Terra secondo Teresa di Lisieux (pubblicato in Zenit), aggiungendo poi un testo intitolato Il “Totus Tuus” di san Giovanni Paolo II e di san Luigi Maria Grignion de Montfort.

            Avevo anche portato una raccolta di testi di san Giovanni Eudes, che insieme al Montfort, è candidato per esser dichiarato Dottore della Chiesa. E’ il grande teologo dei Cuori di Gesù e di Maria, talmente uniti che sono come un solo Cuore. E proprio i due giorni precedenti il mio anniversario di sacerdozio erano le feste del Sacratissimo Cuore di Gesù e del Cuore Immacolato di Maria. In modo particolare ho ripreso nella preghiera i suoi due testi più importanti, firmati con il suo sangue: Il Voto di martirio e il Contratto di Alleanza con la Vergine Maria. La malattia vissuta in unione alla Passione di Gesù è una forma di martirio, e questo mese di giugno è per eccellenza il mese dei martiri: Giustino, filosofo e martire (1),  Blandina e i martiri di Lione (2), i martiri dell’Uganda (3), Thomas More (22), Giovanni Battista (24), Ireneo di Lione (28) Pietro e Paolo (29) e i primi martiri della Chiesa di Roma (30). Il Contratto di Alleanza con la Vergine Maria è una bellissima preghiera di consacrazione che ogni sacerdote potrebbe fare, per consacrare il proprio cuore all’unico amore dei Cuori di Gesù e di Maria, come cuore di sposo.

L’ultimo libro che tenevo era la raccolta degli scritti spirituali di Vera Grita pubblicata dai Salesiani sotto il titolo: Portami con te (Torino, 2017, ed Elledici). Ogni giorno lo aprivo, sperimentando in modo nuovo la profondità e l’attualità di questa grande spiritualità eucaristica e mariana, missionaria e sacerdotale. Solo con Maria, condividendo la sua fede, speranza e carità, è possibile vivere una tale intima e continua comunione con il Vero Corpo di Gesù,  presente nell’Eucaristia. Tenevo sempre il la corona del Rosario in mano.

Non ho mai acceso la televisione, ma ho usato con lo smartphone i mezzi di comunicazione (telefono, whatsapp e posta elettronica) per tenere il contatto con i fratelli carmelitani, i famigliari e amici.

Per me, questi 17 giorni di ricovero sono stati il più bel ritiro spirituale della mia vita di sacerdote carmelitano, non potendo fare altro che pregare dalla mattina alla sera, con questa forma di preghiera personale che Teresa d’Avila chiama Orazione, e che è inseparabilmente comunione di amore con Gesù e tutta la Trinità e intercessione continua per la Chiesa e tutto il Mondo. Dalla mia finestra vedevo la cupola di san Pietro e ho molto pregato per il nostro Papa Francesco. Con Teresa di Lisieux, a lui tanto cara, dovevo continuamente pregare “a mani alzate”, come Mosé che prega sulla montagna quando il Popolo di Dio combatte nella pianura (cf Es 17, 8-12), condividendo la speranza illimitata di Teresa per la salvezza eterna di tutte le anime. Ma devo aggiungere che questo ritiro era anche “certosino”! Ho avuto la grazia di insegnare alcuni anni la teologia alla Grande Certosa fondata da san Bruno in Francia e di fare un ritiro personale alla Certosa di Serra San Bruno in Calabria, dove il Santo è morto. Infatti ero “recluso” nella mia stanza come lo sono i certosini nelle loro celle!

Infine, ho sperimentato verso di me la carità dei medici, infermiere, e di tutte le persone che entravano nella mia stanza per le cure, per le pulizie, sempre rivestite di tutte le protezioni più pesanti, facendo un servizio tanto coraggioso, con il pericolo continuo del contagio. In questi brevissimi incontri quotidiani, c’era una corrente molto forte che veniva dalla Presenza di Gesù e dalla grazia del mio Sacerdozio. Quasi tutti erano giovani, uomini e donne, e con tutti ho potuto parlare, pregando per loro e le loro famiglie, chiedendo la protezione di Gesù e di Maria. Li ho sempre ringraziati di tutto, anche del cibo che era di buona qualità! Ho ringraziato anche il Cappellano dell’Ospedale al quale avevo chiesto del vino per la Messa, e soprattutto il Sacramento del Perdono. Non potendo entrare nel reparto covid, si è avvicinato il più possibile e mi ha dato l’Assoluzione (come è stato previsto dai Vescovi).

Ho fatto una forte esperienza di abbandono filiale nelle “due Mani del Padre” che sono Gesù e lo Spirito Santo (sant’Ireneo), vivendo più profondamente l’infanzia spirituale di Teresa di Lisieux, essendo fragile e totalmente dipendente come un bambino. Nell’incertezza del futuro, ho spesso ripreso la sua poesia Solo per oggi.

In tutto questo, non ho alcun merito. Tutto mi è stato donato da Gesù e dalla Madonna per i miei fratelli, per camminare insieme verso la santità. Veramente, tutto è grazia!

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I Laici e l’Eucaristia nel tempo della pandemia del coronavirus https://it.zenit.org/2020/04/21/i-laici-e-leucaristia-nel-tempo-della-pandemia-del-coronavirus/ Tue, 21 Apr 2020 11:44:04 +0000 http://it.zenit.org/?p=121299 Una testimonianza e riflessione di p. François-Marie Léthel ocd

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Il 27 marzo scorso, il nostro Papa Francesco aveva fatto questo gesto straordinario di benedire con il Santissimo Sacramento la Città e il Mondo (Urbi et Orbi) davanti alla Piazza san Pietro vuota e sotto la pioggia. Era anche un giorno tristissimo per l’Italia, con il più grande numero di morti (più di 1000). Lo stesso giorno, avevo pubblicato in Zenit (italiano e francese) un testo intitolato: Vivere l’Eucaristia nel tempo del coronavirus, che era una testimonianza e una riflessione.

Vorrei prolungarla oggi, nell’Ottava di Pasqua, nella Luce gioiosa della Risurrezione di Gesù che viene illuminare l’immenso dolore dell’intera famiglia umana in tutto il Mondo, considerando un fatto molto bello che è avvenuto proprio nella Domenica di Pasqua a Prato in Toscana, e che è stato ricordato non solo dal giornale cattolico “Avvenire” ma anche dal laico “Corriere della Sera” (il 15 aprile).

E’ stata l’iniziativa di un gruppo di medici cattolici del reparto Covid dell’ospedale di Prato, che hanno avuto l’ispirazione di dare la comunione ai pazienti il giorno di Pasqua. Hanno avuto la piena approvazione e benedizione del vescovo che li ha costituiti immediatamente ministri straordinari dell’Eucaristia (anche se non avevano seguito il corso di preparazione a questo incarico). Hanno anche coinvolto il cappellano dell’ospedale in questo avvenimento veramente straordinario. Le loro testimonianze sono molto belle. Così il dottore Filippo Risaliti, sposato e padre di famiglia, si esprime a questo proposito:

Il Vescovo Nerbini ci ha formalmente incaricato; ha fatto un piccolo discorso spiegando che in questi tempi difficili noi medici siamo chiamati anche a questo. Ed io sono d’accordo: attualmente il nostro sforzo è troppo indirizzato sulla cura del male fisico, ma mi rendo conto che la spiritualità dell’uomo non si può scindere dal suo corpo. Anche quella ha bisogno di importanti cure.

Questo avvenimento è esemplare, come un miracolo di Pasqua che è un miracolo eucaristico, per introdurre e illuminare la “fase 2” in Italia, cioè della prudente e progressiva ripresa delle attività: nella società, sotto la guida del Governo, e nella Chiesa sotto la guida del Papa e dei vescovi.

Ma dobbiamo sottolineare che questa iniziativa eucaristica è venuta spontaneamente dai laici, e da laici più impegnati, i medici che lottano eroicamente contro il morbo (con le infermiere e tutto il personale ospedaliero), con il rischio della vita. Più di cento medici sono già morti in Italia. In questo avvenimento, la comunione ecclesiale ha “funzionato” perfettamente, con il vescovo e il cappellano!

Più volte, nella Storia della Chiesa, sono stati dei laici e delle donne (laiche o religiose) che hanno spinto i Pastori della Chiesa (papi, vescovi e sacerdoti) per fare dei nuovi passi nel campo della spiritualità e pastorale eucaristica. Così santa Giuliana di Cornillon per l’istituzione della festa del Corpus Domini, santa Caterina da Siena e santa Teresa di Lisieux per la comunione quotidiana! E noi, sacerdoti, sperimentiamo spesso questa spinta dei laici che con il loro esempio ci aiutano a crescere nell’Amore di Gesù Eucaristia!

Nella prima fase della lotta contro il virus, da quando i vescovi hanno sospeso la celebrazione delle Messe con il Popolo, sono stati i laici che hanno sofferto di più, soprattutto della privazione della santa comunione. I sacerdoti hanno continuato giustamente a celebrare la Messa quotidiana (anche da soli) portando tutta l’umanità nel Sacrificio di Cristo, seguendo l’esempio di Papa Francesco e cercando di dare ai laici la possibilità di una certa partecipazione “virtuale” attraverso i media. Certo, la comunione spirituale, proposta ogni giorno da Papa Francesco, non intende sostituire la comunione sacramentale al Vero Corpo di Cristo presente nell’Ostia consacrata, ma la fa desiderare ancora più ardentemente ne fa sentire la dolorosa privazione.

Lo stesso Papa ha incoraggiato i sacerdoti ad essere vicini ai laici, e in modo particolare a portare la comunione ai malati, chiedendo che le chiese di Roma rimanessero aperte. Così i laici hanno la possibilità di pregare davanti al Tabernacolo quando possono regolarmente uscire da casa, e anche di chiedere la comunione ai sacerdoti presenti, ciò che molti accettano di fare, rispettando tutte le regole sanitarie: Singole persone (senza gruppi), comunione nella mano dopo che il sacerdote si è disinfettato le mani. Ma sarebbe importante una parola dei vescovi riguardo a questa possibilità, perché la ripresa delle Messe con il Popolo rischia di essere lenta e molto limitata.

L’iniziativa eucaristica dei medici di Prato ha un carattere veramente profetico per tutta la Chiesa mettendo in una nuova luce il ruolo essenziale dei laici come ministri straordinari dell’Eucaristia in questo periodo della pandemia, un ruolo non meno importante di quello dei sacerdoti e dei diaconi che sono ministri ordinari dell’Eucaristia, ma perfettamente complementare.

Ricordiamo che l’istituzione dei ministri straordinari dell’Eucaristia è stata una delle grandi iniziative di san Paolo VI. Bisognerebbe rileggere anche la sua Enciclica Mysterium Fidei sull’Eucaristia nella piena luce del Concilio Vaticano II. Si potrebbe dire che Paolo VI ha veramente messo Gesù Eucaristia nelle mani dei laici, uomini e donne, per darlo più facilmente e più ampiamente ai fratelli, e specialmente ai sofferenti. Aveva anche dato il permesso della comunione nella mano, mentre prima, solo i sacerdoti potevano toccare il Corpo di Gesù. Eccezionalmente, nei periodi di persecuzione, i sacerdoti avevano affidato ai laici la custodia dell’Eucaristia. Ad esempio al momento della Rivoluzione Francese, molte donne coraggiose, laiche e religiose, erano già “ministri straordinari dell’Eucaristia” rischiando la vita.

Più recentemente, nel periodo più duro del comunismo nel Vietnam, i vescovi avevano dato ai laici di fiducia lo stesso permesso di custodire l’Eucaristia per portare la comunione nelle zone dove i sacerdoti non potevano penetrare. Nel mio precedente testo, ho ricordato la splendida figura del Venerabile Cardinale François-Xavier Nguyen Van Thuan, che in questo periodo ha vissuto tutte le dimensioni del Mistero Eucaristico nelle condizioni più estreme di sofferenza durante i suoi 13 anni di prigionia. Sottolineo di nuovo il fatto che riusciva a celebrare la Messa ogni giorno da solo, con tre gocce di vino nel palmo di una mano e una piccola ostia nell’altra, portando continuamente un’ostia consacrata nella tasca della sua camicia, per vivere continuamente l’adorazione eucaristica e trovare nel contatto con Gesù la forza di amare i nemici, di perdonare e di evangelizzare. Quando era possibile, egli dava ai prigionieri cattolici una riserva di ostie consacrate in pacchi di sigarette, perché potessero continuare a vivere l’adorazione e la comunione. Egli affermava: “La mia sola forza è l’Eucaristia”, e così cercava tutti i modi più estremi perché i fedeli sofferenti non fossero privi da questa forza.

Attraverso queste testimonianze dei santi, si vede come il cammino della spiritualità eucaristica della Chiesa è una dinamica di vicinanza, di amore e di questa autentica familiarità con Gesù di cui parlava Papa Francesco nell’omelia di questo giorno 17 aprile, venerdì nell’Ottava di Pasqua.

In questo periodo molto difficile per la Chiesa e il Mondo, occorre superare ogni forma di clericalismo e dare grande fiducia ai laici e alla loro creatività nel campo della pastorale eucaristica, sempre in comunione con i Pastori, come l’hanno dimostrato i medici di Prato.

Si potrebbe anche riflettere sulla possibilità di affidare più ampiamente la Presenza Eucaristica ai ministri straordinari, alle famiglie cristiane e alle persone consacrate, con prudenza e discernimento, perché i laici non siano privi del contatto con il Vero Corpo di Gesù nella comunione e l’adorazione, essendo costretti al solo contatto “virtuale” attraverso i media! Due teologi si sono recentemente espressi in questo senso: Il domenicano P. Jean-Ariel Bauza-Salinas (cf la sua intervista in Zenit francese del 10 aprile) e il laico Gregory Solari (cf il suo articolo pubblicato nel giornale “La Croix” il 6 aprile). Ma una tale possibilità era già stata proposta profeticamente a Paolo VI nel 1968, anno della grande crisi, da un’umile laica consacrata, cooperatrice salesiana, Vera Grita, adesso in via di beatificazione (cf il mio articolo nel Zenit francese per il Giovedi Santo 9 aprile).

Più che mai, il Popolo di Dio tanto provato ha bisogno della vicinanza con il Vero Corpo di Gesù, nato da Maria Vergine, Crocifisso e Risorto!

Roma, Venerdì di Pasqua, 17 aprile 2020

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“Ti porto con me giorno e notte”: La spiritualità eucaristica del Cardinale Nguyên Van Thuan https://it.zenit.org/2020/04/03/ti-porto-con-me-giorno-e-notte-la-spiritualita-eucaristica-del-cardinale-nguyen-van-thuan/ Fri, 03 Apr 2020 13:23:21 +0000 https://it.zenit.org/?p=121097 Testo abbreviato

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 Il venerabile Cardinale François-Xavier Nguyên Van Thuân offre a tutta la Chiesa una splendida spiritualità eucaristica e mariana, frutto della profonda esperienza mistica vissuta in carcere. Arrestato il 15 agosto 1975, è rimasto prigioniero 13 anni, con 9 anni in isolamento, fino alla sua liberazione il 21 novembre 1988. Per lui, queste due feste mariane dell’Assunzione e della Presentazione avevano un profondo significato per illuminare tutto questo periodo tanto drammatico della sua vita. Infatti, con Maria, Mons. Thuân vive allora un’esperienza mistica che ha come centro l’Eucaristia, in tutte le sue dimensioni di sacrificio, comunione, presenza reale e adorazione.

 

Una preghiera scritta in carcere

 

            Dopo un anno di carcere durissimo, il 7 ottobre 1976, Mons. Thuân scrive una stupenda preghiera che sintetizza tutta la sua spiritualità eucaristica:

Gesù amatissimo,

            questa sera, in fondo alla mia cella, senza luce, senza finestra, caldissima, penso con fortissima nostalgia alla mia vita pastorale.

            Otto anni da Vescovo, in questa residenza, a soltanto due chilometri dalla mia cella di prigionia, sulla stessa strada, sulla stessa spiaggia… Sento le onde del Pacifico le campane della cattedrale.

            Una volta celebravo con patena e calice dorati,

ora il tuo sangue nel palmo della mia mano.

            Una volta percorrevo il mondo per conferenze e raduni,

ora sono recluso in una cella stretta, senza finestra.

            Una volta andavo a visitarti nel tabernacolo,

ora ti porto, giorno e notte, con me nella tasca.

            Una volta celebravo la Messa davanti a migliaia di fedeli;

ora nell’oscurità della notte, passando la comunione sotto le zanzariere (…)

            Una volta impartivo la benedizione solenne con il Santissimo nella cattedrale,

ora faccio l’adorazione eucaristica ogni sera alle 21, in silenzio, cantando sottovoce il Tantum Ergo, la Salve Regina, e concludendo con questa breve preghiera:

            «Signore, ora sono contento di accettare tutto dalle tue mani: tutte le tristezze, le sofferenze, le angosce, persino la mia morte. Amen»[1].

            Molti santi sacerdoti hanno celebrato la Messa in condizioni simili di estrema sofferenza, nei campi di concentramento nazisti o comunisti. Mons. Thuân vive l’Eucaristia come il sacramento della kenosi, cioè dell’annientamento di Cristo nella più estrema povertà e piccolezza, da Betlemme alla Croce. L’aspetto più originale e il vertice della sua spiritualità eucaristica sta nel fatto di portare sempre su di sé l’ostia consacrata. Ed è in questa preghiera che troviamo l’espressione che ho scelto come titolo della mia comunicazione: Ti porto con me giorno e notte! 

Portare sempre con sé Gesù Eucaristia

 

            Mons. Thuân vive questo come sacerdote e vescovo, ma nello stesso periodo di persecuzione, i laici più ferventi condividono la stessa esperienza. Infatti, i Vescovi del Vietnam avevano dato ai fedeli, uomini e donne, il permesso di portare con sé l’Eucaristia, per dare la comunione nei luoghi dove i sacerdoti non potevano andare. Era lo stesso al momento della Rivoluzione Francese.

            Questo fatto di portare sempre su di sé l’ostia consacrata aveva anche colpito lo stesso Arcivescovo di Huê, che nella sua relazione mandata a Roma nel 1978 scriveva che Mons. Thuân “aveva preso l’abitudine di custodire su di sé, dopo la Messa, una piccola ostia consacrata” (P. p. 439).

            Allo stesso tempo, egli vive momenti di sofferenza estrema insieme a Gesù nel Getsemani. Secondo la testimonianza di sua sorella: “Al vedere la sofferenza dei prigionieri con lui e la sua stessa sofferenza, egli si era reso conto che solo la presenza di Gesù Eucarestia poteva dare senso e forza a quella loro situazione di vita” (P. p. 349).

            Thuân non teme di condividere questa sua spiritualità eucaristica con gli altri. Così ne testimonia un altro sacerdote, il Rettore del Seminario Diocesano, che era prigioniero con lui e gli aveva predicato gli esercizi spirituali in carcere:

Come segno della speranza, egli mi fece un altro regalo che io trovai preziosissimo, e cioè con la latta dei barattoli aveva realizzato un anello che mi consegnò chiedendomi che cosa fosse, ed io gli risposi che era un giocattolo, ma lui mi disse che invece era un anello, in cui aveva nascosto un pezzetto di Particola consacrata, affinché io portassi sempre con me Gesù Eucarestia, e io trovai la cosa straordinaria, e tutt’ora mi commuovo a pensare che egli fece per me (P. p. 338).

            Con questo “regalo preziosissimo”, il vescovo offriva al confratello sacerdote un “mini-tabernacolo” da portare sempre con sé, condividendo questo aspetto più forte e audace della sua spiritualità eucaristica.

            Più tardi, dopo la sua liberazione, Thuân ha spesso testimoniato di questa forte esperienza eucaristica vissuta in carcere. Ne offre una delle più belle sintesi nel suo libro Cinque pani e due pesci, pubblicato in italiano nel 1997. Il capitolo IV è intitolato: Quarto pane: La mia sola forza, l’Eucaristia.

 

“La mia sola forza: L’Eucaristia”

 

            Mons. Thuân ha spesso raccontato come fin dall’inizio della sua prigionia, era riuscito ad avere un po’ di vino in un flacone di “medicine contro il male di stomaco”, insieme a piccole ostie nascoste. Poteva dunque celebrare la Messa ogni giorno con tre gocce di vino nel palmo di una mano, e un frammento di ostia nell’altra. Celebrava completamente solo, nel periodo d’isolamento. In altri momenti, celebrava per i fratelli prigionieri, anche nelle condizioni peggiori di miseria e di sporcizia come per esempio nella nave che lo aveva portato dal sud al nord con migliaia di altri prigionieri, e poi nel campo di rieducazione. La Messa è celebrata nella più estrema povertà, in questa kenosi, ed è lo stesso per la conservazione del Santissimo, in umilissimi pissidi e tabernacoli, dati da lui ai prigionieri cattolici, mentre porta sempre con sé l’Ostia consacrata:

Fabbrichiamo sacchettini con la carta dei pacchetti di sigarette, per conservare il Santissimo Sacramento. Gesù eucaristico è sempre con me nella tasca della camicia. (…)

            Ogni settimana ha luogo una sessione di indottrinamento, a cui deve partecipare tutto il campo. Al momento della pausa, con i miei compagni cattolici, approfittiamo per passare un pacchettino a ciascuno degli altri quattro gruppi di prigionieri: tutti sanno che Gesù è in mezzo a loro, è Lui che cura tutte le sofferenze fisiche e mentali.

            La notte, i prigionieri si alternano in turni di adorazione; Gesù eucaristico aiuta in modo tremendo con la sua presenza silenziosa. Molti cristiani ritornano al fervore della fede durante questi giorni; anche buddhisti e altri non cristiani si convertono. La forza dell’amore di Gesù è irresistibile. L’oscurità del carcere diventa luce, il seme è germinato sotto terra durante la tempesta.

            Offro la Messa insieme al Signore: quando distribuisco la comunione do me stesso insieme al Signore per farmi cibo per tutti. Questo significa che sono sempre totalmente al servizio degli altri.  Ogni volta che offro la Messa ho l’opportunità di stendere le mani e di inchiodarmi sulla Croce con Gesù, di bere con lui il calice amaro. Ogni giorno, recitando o ascoltando le parole della consacrazione, confermo con tutto il cuore e con tutta l’anima un nuovo patto, un patto eterno fra me e Gesù, mediante il suo Sangue mescolato al mio (1Cor 11, 23-25).

            Gesù sulla croce iniziò una rivoluzione. La vostra rivoluzione deve cominciare dalla mensa eucaristica e da qui essere portata avanti. Così potrete rinnovare l’umanità (CP, p. 50-51).

            In questo testo, particolarmente rivolto ai sacerdoti, si vedono tutte le dimensioni del Mistero Eucaristico, come Sacrificio della Nuova Alleanza, celebrato dal sacerdote in Persona Christi, misticamente identificato con Lui, con una forte insistenza sulla Presenza Reale e permanente di Gesù nell’Ostia Consacrata. Qui, Thuan parla della Messa celebrata per gli altri prigionieri ai quali dà la comunione e lascia la Presenza del Santissimo Sacramento.

            In seguito, racconta come ha vissuto l’Eucaristica quotidiana quando era completamente solo, ricordando ancora questo fatto di portare sempre con sé l’Ostia consacrata:

Ho trascorso 9 anni in isolamento. Durante questo periodo celebro la Messa ogni giorno verso le 3 del pomeriggio: l’ora di Gesù agonizzante sulla croce. Sono solo, posso cantare la mia Messa come voglio, in latino, francese, vietnamita… Porto sempre con me il sacchettino che contiene il Santissimo Sacramento: «Tu in me ed io in te». Sono le più belle Messe della mia vita.

            La sera, dalle 21 alle 22, faccio un’ora di adorazione, canto Lauda Sion, Pange lingua, Adoro Te, Te Deum e cantici in lingua vietnamita, malgrado il rumore dell’altoparlante che dura dalle 5 del mattino alle 11 e 30 della sera. Sento una singolare pace di spirito e di cuore, e la gioia, la serenità della compagnia di Gesù e Maria e Giuseppe. Canto Salve Regina, Salve Mater, Alma Redemptoris Mater, Regina coeli… in unità con la Chiesa universale. Malgrado le accuse, le calunnie contro la Chiesa, canto Tu es Petrus, Oremus pro Pontifice nostro, Christus vincit…

            Come Gesù ha sfamato la folla che lo seguiva nel deserto, nell’Eucaristia è lui stesso che continua ad essere cibo di vita eterna. Nell’Eucaristia annunciamo la morte di Gesù e proclamiamo la sua risurrezione.

            Vi sono momenti di tristezza infinita, come faccio? Guardare a Gesù crocifisso e abbandonato sulla croce. Agli occhi umani, la vita di Gesù è fallita, è inutile, è frustrata, ma, agli occhi di Dio, sulla croce Gesù ha compiuto l’azione più importante della sua vita, perché ha versato il suo sangue per salvare il mondo. Quanto Gesù è unito a Dio, quando, sulla croce, non può più predicare, curare gli infermi, visitare la gente, fare miracoli, ma rimane nell’immobilità assoluta! (CP, p. 51-53).

            Tutto questo è profondamente teologico e molto importante per ricordare il valore della Messa celebrata dal Sacerdote nella solitudine, quando la presenza degli altri non è possibile. Nello stesso periodo, Paolo VI insisteva su questa verità, molto combattuta in questi anni di crisi della fede. Nel suo totale isolamento, il sacerdote prigioniero compie l’opera più grande e più efficace quando celebra la Messa. Si unisce a Gesù Crocifisso e Redentore, ed è in comunione con tutta la Chiesa del Cielo e della Terra.

Gesù Eucaristia irradia il suo Amore verso tutti, amici e nemici

            Nell’esperienza di Mons. Thuân, si vede come la continua presenza di Gesù Eucaristia è irradiazione di amore verso tutti: amici e nemici,  prigionieri cattolici e poliziotti comunisti.

            L’Eucaristia è per eccellenza il Sacramento dell’Amore di Gesù che ci unisce a Lui e a tutti i fratelli, sacramento dell’Unità in Cristo Gesù. La testimonianza di Thuân su questo punto è fortissima. Il contatto continuo con Gesù Eucaristia, che porta sempre con sé, lo rende capace di uno straordinario amore verso i nemici, riuscendo spesso a farli diventare amici. E’ una scelta libera e radicale: “Io avevo deciso di amarli” (P. p. 578).

            Thuân voleva essere “strumento dell’amore di Gesù” (P. p. 590), vivendo nella più grande profondità la spiritualità dell’unità che la Serva di Dio Chiara Lubich condivideva con l’Opera di Maria, cioè il Movimento dei Focolari.  Egli aveva conosciuto e assimilato questa spiritualità quando studiava a Roma e l’aveva portata nella sua diocesi, sviluppando particolarmente la sua dimensione eucaristica e mariana. Tra lui e Chiara, c’era una profonda comunione spirituale. La stessa Chiara andrà a visitarlo nell’ospedale pochi istanti prima della sua morte.

 

Nell’ultima malattia

            Nell’ultima e dolorosissima malattia, l’Eucaristia quotidiana rimarrà il centro della sua vita. Così ne parla una testimone:

Egli mi raccontava che la notte non riusciva a dormire, e allora non trovava nulla di meglio da fare che andarsene a pregare nella cappella privata e mettersi a celebrare la santa Messa pregando per i preti in difficoltà (P. p. 251).

            Era la Messa celebrata nella solitudine, come nel periodo dell’isolamento.  Poi ricoverato in ospedale, a Milano e poi a Roma celebrava sempre la Messa ogni giorno.

“Verum Corpus natum de Maria Virgine”

            Insieme a Gesù, Maria è stata sempre molto presente in tutta la vita di Mons. Thuân, dall’infanzia fino alla sua morte. Ne ha dato una bella testimonianza nel 1999 a Colonia, parlando ad un assemblea di sacerdoti, spiegando come Maria si trova al cuore della sua spiritualità eucaristica e sacerdotale, ricordando sempre la sua esperienza in carcere:

Come figlio di Maria, in particolare durante la Santa Messa, quando pronuncio le parole della consacrazione, mi identifico con Gesù, in persona Christi. Quando mi domando cosa ha significato Maria nella mia scelta radicale per Gesù, la risposta è chiara: sulla croce Gesù disse a Giovanni: «Ecco tua madre!» (Gv 19, 27).  Dopo l’istituzione dell’Eucaristia, il Signore non poteva lasciarci nulla di più grande che sua Madre.  Per me Maria è il Vangelo vivente, in formato tascabile, con la più vasta diffusione, più vicina a me che la vita di tutti gli altri santi. Maria è la mia mamma: quella che Gesù mi ha donato. La prima reazione di un bambino quando sta male o ha paura è quella di chiamare: «Mamma!». Questa parola, per un bambino è tutto. Maria ha vissuto interamente ed esclusivamente per Gesù (P. p. 562-563).

            Nel periodo più duro dell’isolamento aveva scritto una preghiera di consacrazione, di affidamento totale di sé stesso a Gesù per mezzo di Maria:

            O Madre, mi consacro a Te, tutto a Te, ora e per sempre. Vivendo nel tuo spirito e in quello di Giuseppe, io vivrò nello spirito di Gesù, con Gesù, Giuseppe, gli angeli, i santi e tutte le anime.

            Ti amo, o Madre nostra, e condividerò la tua fatica, la tua preoccupazione e il tuo combattimento per il regno del Signore Gesù. Amen[2]

            E’ la stessa consacrazione di san Luigi Maria Grignion de Montfort, vissuta da Giovanni Paolo II e riassunta nel suo Totus Tuus. Il Trattato della Vera Devozione a Maria del Montfort, che ha avuto lo stesso influsso nella vita di Karol Wojtyla e di Van Thuân, si conclude con un finale eucaristico, per vivere pienamente la santa comunione con Maria e in Maria (n. 266-273).

            In modo splendido, il Cardinale Van Thuân ci invita a riscoprire la centralità dell’Eucaristia nella vita della Chiesa Pellegrinante, la presenza di Gesù morto e risorto, l’Emmanuele, “Dio con noi”, fino alla fine del mondo.

            [1] F.X. NGUYEN VAN THUAN: Cinque pani e due pesci (Milano, 1997, ed san Paolo, p. 55-57).  Citeremo questo volume con la sigla CP.  Per altri testi inediti e testimonianze, attingeremo alla Positio della sua beatificazione, che verrà indicata con la lettera P.

[2] E’ la prima delle preghiere pubblicate nel volume Preghiere di speranza. Tredici anni in carcere (Milano, 1997, ed San Paolo, p. 9-10).

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Vivere con Gesù in Cielo come in Terra secondo santa Teresa di Lisieux https://it.zenit.org/2020/04/02/vivere-con-gesu-in-cielo-come-in-terra-secondo-santa-teresa-di-lisieux/ Thu, 02 Apr 2020 09:50:43 +0000 https://it.zenit.org/?p=121071 Una riflessione di p. François-Marie Léthel ocd

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            Nella sua Tradizione vivente, la Chiesa non ha smesso di approfondire la sua fede concernente la morte e l’aldilà, nell’insegnamento del Magistero come nella testimonianza dei santi. Una grande luce ci è stata data dal Concilio Vaticano II nella Costituzione Dogmatica Lumen Gentium. La Chiesa della terra, di cui tutti i membri sono chiamati alla santità (c.V), è in pellegrinaggio verso la Patria del Cielo, in comunione con la Chiesa del Cielo e con la Chiesa sofferente del Purgatorio (c VII), sempre accompagnato da Maria, la Madre che Gesù ci ha dato e che è già configurata pienamente con Lui nella gloria della Risurrezione (c VIII), “segno di sicura speranza e di consolazione per tutto il Popolo di Dio in pellegrinaggio”(n. 68).

            Nell’Enciclica Spe Salvi, Benedetto XVI invita tutta la Chiesa a riscoprire l’orizzonte del Giudizio di Dio nella grande luce della speranza della salvezza eterna  (n. 41-48), sormontando questa paura esagerata dell’inferno, troppo presente nella cristianità occidentale a partire dal medioevo. La dottrina dell’inferno è riaffermata, al condizionale, come possibilità per l’uomo di rifiutare liberamente, totalmente e definitivamente l’amore salvifico di Dio in Gesù Cristo (n. 45). All’altro estremo, quelli che hanno risposto pienamente a questo Amore sono una minoranza, e sono tutti i santi, conosciuti o sconosciuti. Resta l’immensa maggioranza di tutti quelli che non erano ancora capaci della piena comunione con Dio al momento della loro morte, ma che hanno ancora bisogno di essere purificati. Così, Benedetto XVI c’invita a riscoprire la realtà del Purgatorio, una verità (dogma) della fede cattolica spesso dimenticata oggi, ma una verità che è profondamente consolante in questa grande prospettiva della speranza della salvezza eterna pe tutti[1]. Nello stesso senso, Benedetto XVI ha avuto il coraggio di superare la dottrina classica del limbo che escludeva per sempre dal Cielo tutti i bambini più piccoli morti senza battesimo.

            Questa grande prospettiva, sviluppata da Papa Francesco nella sua Esortazione Apostolica Gaudete et exsultate, era già presente negli scritti di santa Teresa di Lisieux, Dottore della speranza nella Misericordia infinita. Conviene dunque ricordare brevemente i principali aspetti del suo insegnamento.

“Salvare le anime che sono sulla terra e liberare quelle che soffrono nel Purgatorio” 

            All’inizio della sua Offerta all’amore Misericordioso, Teresa esprime la grande intenzione di tutta la sua vita: “Lavorare alla glorificazione della Santa Chiesa salvando le anime che sono sulla terra e liberando quelle che soffrono nel Purgatorio”[2]. si tratta di tutte le anime che hanno bisogno del suo aiuto, ciò che non è il caso dei santi del Cielo. Nello stesso senso, aveva concluso la sua preghiera nel giorno della sua professione dicendo: “Gesù fa che io salvi molte anime, che oggi non ce ne sia una sola di dannata e che tutte le anime del purgatorio siano salvate. Gesù, perdonami se dico cose che non bisogna dire, voglio solo rallegrarti e consolarti” (Pri 2). Questa domanda, che Teresa rinnoverà ogni giorno, si opponeva alla mentalità dell’epoca segnata dal giansenismo, secondo la quale la dannazione eterna di numerose anime ogni giorno era inevitabile. La santa osa chiedere a Gesù la salvezza eterna di tutti quelli che muoiono ogni giorno. È la preghiera fondamentale di Teresa, esprimendo la sua speranza illimitata nella Misericordia Infinita, fino a sperare per tutti. 

            È qui uno dei più grandi contributi di Teresa come Dottore della Chiesa, superando su questo punto i Dottori ed santi dei secoli precedenti, condizionati dalla problematica agostiniana della predestinazione.

            Per comprendere bene l’esattezza teologica di questa dottrina di Teresa, bisogna riferirsi allo splendido racconto della salvezza del criminale Pranzini, che si trova al cuore del Manoscritto A (45v-46v). Dopo la “Grazia di Natale”, comincia la sua “corsa da gigante” (Ms A, 44v), con un nuovo impegno per la salvezza delle anime, specialmente dei più grandi peccatori, più esposti al rischio della dannazione eterna. Senza nessuna visione né rivelazione particolare, ma contemplando con fede ed amore una semplice immagine di Gesù crocifisso durante la Messa della Domenica, Teresa decide di tenersi in spirito ai piedi della Croce per raccogliere il Sangue Redentore e spargerlo su queste povere anime. Ed è allora che sente parlare di Pranzini, “condannato a morte per dei crimini orribili” e sul punto di “morire nell’impenitenza.”

            Qui, Teresa esprime perfettamente il contenuto della fede cattolica sul carattere decisivo e definitivo dell’istante della morte per la salvezza eterna. La dottrina della Chiesa sull’inferno è espressa perfettamente quando scrive: “Volli ad ogni  costo impedirgli di cadere in inferno”. Per ciò, fa celebrare la Messa associando sua sorella Celina alla sua preghiera. Ciò che è più impressionante è la sua assoluta “certezza” della salvezza eterna di Pranzini “anche se non si fosse confessato e non avesse dato alcun segno di pentimento, tanto avevo di fiducia nella Misericordia infinita di Gesù“. E’ l’espressione estrema della certezza della speranza che ha per oggetto la salvezza eterna e che si appoggia unicamente sulla Misericordia del Redentore. Qui, si tratta della speranza per un altro apparentemente disperato, questo criminale che Teresa chiama “il mio primo figlio“.

            Prima di entrare al Carmelo, la giovane è già sposa di Gesù e madre delle anime, diventando madre per la fecondità verginale del Sangue di Gesù. Quando ha deciso di tenersi in spirito ai piedi della Croce, Gesù fa risuonare già nel suo cuore la parola che Egli aveva rivolto a Maria: “Donna, ecco tuo figlio” (Jn 19, 26). Questo “cuore di madre” è un cuore che ama e che crede, e soprattutto un cuore che spera contro ogni speranza. È il cuore di Teresa in unione col Cuore di Maria, secondo il bellissimo testo della Fuga in Egitto (PR6), quando la nostra santa immagina un dialogo tra la Vergine Maria e Susanna, la madre del piccolo Dimas, il futuro buon ladrone del Vangelo, che è stato appena guarito dalla lebbra per la potenza divina di Gesù Bambino. Maria dice allora queste parole che corrispondono esattamente a ciò che Teresa aveva vissuto rispetto a Pranzini:

Abbiate fiducia nella Misericordia Infinita del Buon Dio; è così grande da cancellare i più grandi crimini quando trova un cuore di madre che pone in essa tutta la sua fiducia. Gesù non desidera la morte del peccatore, ma che si converta e viva in eterno. Questo Bambino, che senza sforzo ha guarito vostro figlio dalla lebbra, lo guarirà un giorno da una lebbra ben più pericolosa. Allora un semplice bagno non basterà più; occorrerà che Dimas sia lavato nel Sangue del Redentore. Gesù morirà per dare la vita a Dimas ed egli entrerà nel Regno Celeste nello stesso giorno del Figlio di Dio” (PR 6, 10r).

            Tale è la speranza del Cuore di Maria per i più poveri peccatori che sono i suoi figli, tutti noi redenti dal Sangue di Gesù e affidati da Lui sua maternità. Quando diciamo: “Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori adesso ed all’ora della nostra morte”, la nostra preghiera abbraccia tutta l’umanità, senza nessuna eccezione!

            Alla fine del  racconto della morte e salvezza di Pranzini, Teresa esclama: “Ah! da questa grazia unica, il mio desiderio di salvare le anime crebbe ogni giorno” (Ms A, 46v). Tale è l’espressione tipica della nostra santa: “Salvare le anime”, vale a dire tutte, e non solamente “salvare delle anime”, cioè alcune, secondo l’espressione comune della sua epoca.

            Più tardi, nel Manoscritto C, Teresa racconterà questa sconvolgente prova della fede  circa l’esistenza del Cielo che la rende fraternamente vicina a tutti gli atei del mondo moderno alla fine della sua vita (Ms C, 5r-7). E è sempre con la stessa fiducia che intercederà per la loro salvezza eterna: “Corro verso il mio Gesù, gli dico essere pronta a versare fino all’ultima goccia  del mio sangue per confessare esiste un Cielo. Gli dico che sono felice di non godere di questo bel Cielo sulla terra affinché Egli l’apra per l’eternità ai poveri increduli” (Ms C, 7r).

Nella comunione di tutta la Chiesa, sulla Terra come al Cielo 

            Nel Manoscritto B, Teresa inizia col racconto di un sogno (2rv) che è stato come un sorriso della Chiesa del Cielo, poiché i santi ci amano e vegliano su noi. L’amore Infinito che ella scopre nel Cuore della Chiesa s’incarna in tutti i piccoli dettagli della vita quotidiana,  e lo esprime con la simbolica dei fiori. Teresa è  questo piccolo bambino che getta dei fiori cantando:

Gesù, a cosa ti serviranno i miei fiori e i miei canti?… Ah! lo so bene: questa pioggia profumata, questi petali fragili e senza alcun valore, questi canti d’amore del più piccolo tra i cuori ti rallegreranno; sì, questi nulla ti faranno piacere, faranno sorridere la Chiesa Trionfante: ella raccoglierà i miei fiori sfogliati per amore e facendoli passare per le tue Mani Divine, o Gesù, questa Chiesa Celeste, volendo giocare con il suo bambino, getterà anche lei quei fiori che avranno acquistato per il tuo tocco divino un valore infinito, li getterà sulla Chiesa purgante per spegnerne le fiamme, li getterà sulla Chiesa militante per farle conseguire la vittoria !…O mio Gesù! ti amo, amo la Chiesa mia Madre (Ms B, 4v).

            Il continuo atto di amore, questo “Gesù ti amo” che è come la respirazione di Teresa, il battito del suo cuore, abbraccia la totalità del Mistero della Chiesa, nel Cielo, sulla terra e nel Purgatorio. Si vede qui tutto il paradosso teresiano della piccolezza evangelica che è la suprema grandezza. Nelle mani di Gesù, le nostre più piccole azioni prendono “un valore infinito”. Ciò che scrive Teresa corrisponde esattamente all’autentica concezione del merito secondo san Tommaso.

            Teresa sperimenta questa viva comunione che ci unisce ai santi del Cielo ed anche alle anime del purgatorio, a tutti questi fratelli defunti, conosciuti o sconosciuti,  per i quali preghiamo ma che possiamo anche pregare perché intercedono per noi. Nelle prime pagine del Manoscritto A, Teresa cita a questo proposito una lettera di sua Mamma, santa Zelia, che racconta come la sua piccola bambina è stata protetta miracolosamente: “Ho ringraziato il Buon Dio che non le sia successo niente: è veramente provvidenziale, doveva rotolare per terra. Il suo buon Angelo ha vegliato e le anime del purgatorio alle quali rivolgo tutti i giorni una preghiera per la piccola l’hanno protetta” (Ms A, 5r).

            Sicura che Pranzini era salvato, che non “era caduto nell’inferno”, Teresa pensava tuttavia che la sua anima era ancora nel Purgatorio, e continuava di pregare per questo “primo figlio”. Per i suoi genitori, è sicura che sono nel Cielo. Al momento della sua prima comunione, ritrova sua Mamma vivente in Gesù:

L’assenza della Mamma non mi faceva soffrire il giorno della mia prima comunione. Non c’era forse il Cielo nella mia anima, e la Mamma non vi aveva forse preso posto da tanto tempo? Così, ricevendo la visita di Gesù, ricevevo anche quella della mia Mamma diletta che mi benediceva e si ral­legrava della mia felicità (Ms A, 35rv).

            Infine, negli ultimi mesi della sua vita, Teresa intravede ciò che sarà la sua vita in Cielo. A suo fratello spirituale Maurice Bellière, scrive: “Desidererò nel Cielo la stessa cosa che sulla terra: Amare Gesù e farlo amare” (LT 220). Poi, sviluppa mirabilmente questo pensiero nella sua ultima lettera al P. Adolfo Roulland, l’altro fratello spirituale missionario in Cina,:

Quando riceverà questa lettera, senza dubbio avrò già lasciato la terra. Il Signore, nella sua infinita misericordia, mi avrà aperto il suo regno e potrò attingere nei suoi tesori per prodigarli alle anime che mi sono care. Fratello mio, sia sicuro che la sua piccola sorella manterrà le sue promesse e che con gioia la sua anima, liberata dal peso della sua spoglia mortale, volerà verso le regioni lontane che lei evangelizza.

      Ah, fratello mio, lo sento, le sarò molto più utile in Cielo che sulla terra ed è con gioia che vengo ad annunciarle il mio ingresso ormai prossimo in questa beata città, sicura che lei condividerà la mia gioia e ringrazierà il Signore di darmi i mezzi per aiutarla più efficacemente nelle sue opere apostoliche.

Conto proprio di non restare inattiva in Cielo: il mio desiderio è di continuare a lavorare per la Chiesa e per le anime; lo chiedo al buon Dio e sono certa che mi esaudirà. Gli Angeli non si occupano continuamente di noi senza mai smettere di contemplare il Volto divino, di perdersi nell’Oceano senza sponde dell’Amore3? Perché Gesù non mi dovrebbe permettere di imitarli?

Fratello mio, lei vede che se io lascio già il campo di battaglia, non è certo col desiderio egoistico di riposarmi. Il pensiero della beatitudine eterna fa trasalire appena il mio cuore. Da molto tempo la sofferenza è divenuta il mio Cielo quaggiù e faccio fatica a capire come potrei acclimatarmi in un Paese in cui regna una gioia piena senza alcuna tristezza. Occorrerà che Gesù trasformi la mia anima e le doni la capacità di gioire, altrimenti non potrò sopportare le delizie eterne.

Quel che mi attira verso la patria dei Cieli, è la chiamata del Signore, è la speranza di amarlo finalmente come l’ho tanto desiderato e il pensiero che potrò farlo amare da una moltitudine di anime che lo benediranno eternamente (LT 254).

            In questo luminoso testo, Teresa esprime con la più grande esattezza teologica la verità riguardo alla vita eterna e intercessione dei santi al Cielo. Separata dal suo corpo, l’anima immortale non vive più nell’oscurità della fede, ma nella piena luce della visione faccia-a-faccia, della visione beatifica di Dio in Gesù Cristo. Per mezzo di Lui, con Lui ed in Lui può conoscere e amare personalmente tutte le anime per le quali, Lui, Gesù ha dato la sua vita.

[Traduzione fatta dall’autore il 23 marzo 2020, a Roma, nella grande sofferenza della Pandemia del Coronavirus, che tocca l’intera famiglia umana, e che ci invita a fissare il nostro sguardo in Gesù Crocifisso e Risorto, con lo sguardo di Maria e dei Santi, sguardo di fede, speranza e amore]

            [1] Cf l’importante libro di Bruno Moriconi ocd: Purgatorio. Invenzione medievale o ultima delle misericordie (Milano, 2018, ed Ancora, con prefazione di F.M. Léthel).

[2] L’Atto d’Offerta all’Amore Misericordioso è il punto finale della Storia di un’anima, il testo principale di Teresa che riunisce i tre Manoscritti Autobiografici (Ms A, B e C) e le due preghiere più importanti: Nel giorno della Professione e l’Atto d’Offerta (cf la nuova edizione italiana della Storia di un’anima, con Prefazione di Benedetto XVI e presentazione di F. M. Léthel ocd, Roma, 2015 ed OCD). Gli altri scritti di Teresa si trovano nel volume delle Opere Complete (Roma, 1997. Libreria Editrice Vaticana e ed OCD); sono le Lettere (LT), le Pie Ricreazioni (PR), le Poesie (P) e le Preghiere (Pr).

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Vivere l’Eucaristia nel tempo del coronavirus https://it.zenit.org/2020/03/27/vivere-leucaristia-nel-tempo-del-coronavirus/ Fri, 27 Mar 2020 14:30:55 +0000 https://it.zenit.org/?p=121005 Una riflessione di p. François-Marie Léthel ocd

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Scrivo questo testo a Roma il 27 marzo 2020, dopo tre settimane di confinamento nella nostra comunità dei Carmelitani del Teresianum. Condivido la vita dei nostri 25 giovani fratelli del Collegio Internazionale San Giovanni della Croce, provenienti dalle diverse parti del mondo. Viviamo una forte esperienza spirituale di clausura, come le nostre sorelle carmelitane, in un’intensa e semplice vita quotidiana di preghiera, di fraternità e di studio.

Non possiamo uscire a causa del contagio, rispettando pienamente tutte le giuste e coraggiose decisioni del Governo Italiano, condivise dai Vescovi che hanno sospeso tutte le celebrazioni e principalmente tutte le Messe, domenicali e feriali, con il Popolo. Tuttavia, la prima decisione di chiudere tutte le chiese di Roma, che era troppo dolorosa per la gente, è stata annullata dal Cardinale Vicario d’accordo con Papa Francesco e con il suo elemosiniere (delegato per i poveri), il cardinale Krajewski, che aveva fatto il gesto profetico di aprire la sua Chiesa ai poveri (sempre rispettando le norme di sicurezza).

Così le chiese di Roma rimangono aperte, e come sono molte, i fedeli hanno ancora qualche possibilità di entrare ogni tanto nella più vicina al loro domicilio quando escono di casa per le spese alimentari. Possono pregare davanti al Tabernacolo e anche chiedere individualmente la comunione ai sacerdoti. Molti sacerdoti accettano, sempre in pieno rispetto delle esigenze attuali: Solo comunione nella mano, dopo che lo stesso sacerdote si è disinfettato le mani.

La più grande sofferenza dei laici è la privazione dell’Eucaristia, soprattutto per i più impegnati che vivevano la messa e la comunione quotidiana come il cuore della loro vita. Papa Francesco sostiene la loro fede, invitandoli a seguire tramite la televisione la Messa che concelebra ogni giorno alle 7 del mattino nella sua cappella di Santa Marta, con 2 o tre sacerdoti che vivono con lui e le poche religiose che sono al suo servizio. Offre il Santo Sacrificio di Gesù per tutti, per tutto il mondo, e invita i fedeli che seguono la Messa a fare la comunione spirituale.

Lo stesso Papa Francesco ha invitato i sacerdoti a essere vicini ai fedeli tanto provati e anche a portare la comunione ai malati, ciò che è molto difficile nelle condizioni attuali e quasi impossibile per i malati di coronavirus. I malati più gravi sono nei servizi di terapia intensiva, intubati, totalmente isolati, serviti eroicamente dai medici dalle infermiere e da tutto il personale ospedaliero. Molti di loro sono stati contagiati e sono morti. Migliaia di malati sono già morti in condizioni estreme di sofferenza e di solitudine, senza la presenza dei familiari, senza l’assistenza del sacerdote e il dono dei Sacramenti della Riconciliazione, dell’unzione degli infermi e dell’Eucaristia.

Invece, nella nostra comunità, siamo 6 sacerdoti. Come il Papa, concelebriamo ogni giorno la Messa a porte chiuse, solo con i nostri giovani fratelli, sempre nel rispetto delle norme (distanza, comunione nella mano dopo disinfezione delle mani del presidente che distribuisce la comunione, comunione sotto le due specie solo per i sacerdoti e per intinzione). Viviamo la celebrazione e la comunione non come un “lusso spirituale”, ma come un impegno forte di solidarietà e di vicinanza orante con tutti i fedeli che non possono più vivere l’Eucaristia in questo periodo.

Come la nostra Sorella Teresa di Lisieux, Patrona delle Missioni, crediamo alla potenza della preghiera per tutta l’umanità che soffre, per i malati, i moribondi e i defunti, per i medici e le infermiere, per tutte le famiglie duramente provate da questo confinamento, e specialmente i governanti, le forze dell’ordine e tutte le persone che devono lavorare fuori casa e sono più esposte al pericolo.. Dobbiamo esser come lei “il piccolo Mosé” che prega con le mani alzate sulla montagna mentre i l’esercito combatte nella pianura (cf Es, 17, 8-12). Perché, come molti l’hanno giustamente detto, siamo in un tempo di guerra una nuova guerra mondiale, e questa volta si può parlare di “una guerra giusta”, perché lottiamo non contro dei fratelli umani, ma contro un nemico invisibile e disumano, questo virus, che dobbiamo vincere con le armi della fede e della ragione.

Più che mai, bisogna ricordare che la fede non va mai contro la ragione, questa ragione che guida i governanti, i medici e gli scienziati per lottare contro il nemico e finalmente vincerlo. Sarebbe un peccato grave non rispettare queste regole ragionevoli del confinamento, mettendo in pericolo non solo la propria vita, ma soprattutto la vita degli altri. Certo dobbiamo pregare con fiducia, senza dubitare dell’Onnipotenza di Dio, chiedendo anche miracoli di guarigione, e perché finisca presto questa tragedia. Come Teresa di Lisieux e tutti i santi, dobbiamo fissare continuamente in nostro sguardo su Gesù, chiedendo a Maria di condividere il suo sguardo di fede, speranza e amore quando l’ha visto soffrire e morire sulla Croce per la salvezza di tutti gli uomini.

Con Maria, dobbiamo contemplare Gesù Risorto, con la certezza che la morte non è l’ultima parola. E con la Chiesa, più che mai dobbiamo alzare lo sguardo verso i Cielo, contemplando Maria nella Gloria del suo Figlio, con tutti i santi conosciuti e sconosciuti, con la piena fiducia che la sofferenza innocente dei malati e dei morenti, unita alla sofferenza redentrice di Gesù, apre loro la porta del Cielo. Come Teresa di Lisieux, preghiamo ogni giorno per la salvezza eterna di tutte le anime dei defunti, che nessuna sia perduta per sempre.

Come gli altri fedeli, cerchiamo anche di usare al massimo i mezzi di comunicazione per raggiungere i nostri fratelli: Telefono, skype, WhatsApp. Abbiamo fatto con i nostri giovani carmelitani un video già ampiamente diffuso su YouTube (youtu.be/Q-zOk1F6Md0).

Siamo in tempo di guerra, e sarebbe urgente adattare ancora di più la pastorale eucaristica a questa situazione, cercando vie nuove e eccezionali per avvicinare Gesù Eucaristia ai fedeli, come lo facevano i cappellani militari portando la comunione ai soldati, specialmente ai feriti e morenti, spesso a rischio della propria vita.

Abbiamo tanti esempi di santi sacerdoti che hanno dato la vita per essere vicini ai fratelli nel pericolo. Già molti sono morti in Italia in questi ultimi giorni. Nel passato, possiamo ricordare la figura luminosa di san Giovanni Eudes (candidato ad essere dichiarato Dottore della Chiesa) nel XVII° secolo in Francia. Da giovane sacerdote, quando la peste (ancora più letale del coronavirus) era scoppiata in Normandia, aveva ottenuto dal suo Superiore il P. Pierre de Bérulle, il permesso di andare a vivere in mezzo agli appestati. Ogni giorno, con un altro santo sacerdote di questa regione, celebrava la Messa e caricava di ostie consacrate una piccola scatola di ferro che portava al collo per dare la comunione ai malati e ai morenti. Alla fine della sua lunga vita, conservava questa scatola di ferro come una preziosa reliquia!

Più recentemente, abbiamo l’esempio del Venerabile cardinale vietnamita François-Xavier Nguyen Van Thuân, che è rimasto 13 anni in carcere, al tempo della persecuzione comunista. E’ riuscito a celebrare l’Eucaristia ogni giorno nelle condizioni più estreme, con tre gocce di vino nel palmo di una mano, una piccola ostia nell’altra, conservando continuamente un’ostia consacrata nella tasca della sua camicia. Per un altro sacerdote prigioniero, aveva fabbricato un anello di ferro che era un “mini tabernacolo”, con un frammento di ostia consacrata. Ai prigionieri cattolici, dava una riserva di ostie consacrate in pacchi di sigarette, perché potessero continuare a vivere l’adorazione e la comunione. Durante questo periodo di persecuzione i vescovi vietnamiti avevano dato ai laici di fiducia il permesso di custodire l’Eucaristia per portarla nelle zone dove i sacerdoti non potevano penetrare. In una delle sue preghiere scritte in carcere, Mons. Van Thuan diceva a Gesù Eucaristia: “Ti porto con me giorno e notte”. Questa vicinanza continua con Gesù lo aiutava a perdonare, ad amare eroicamente i nemici, a tal punto che i suoi carcerieri comunisti diventavano i suoi amici! Affermava: “La mia sola forza è l’Eucaristia”. Era già lo stesso al momento della Rivoluzione Francese, quando molte donne coraggiose, laiche o religiose, custodivano l’Eucaristia.

L’Eucaristia è stata al cuore della vita e del magistero del santo Papa Paolo VI. Nella grande crisi del dopo Concilio (1968), ha difeso la verità della fede eucaristica (Sacrificio e Presenza Reale) cercando di promuovere nel Popolo di Dio l’Amore di Gesù Eucaristia nella celebrazione liturgica come nell’adorazione eucaristica. Si è sforzato di rendere Gesù Eucaristia più vicino ai fedeli quando ha permesso la comunione nella mano e quando ha istituito i ministri straordinari dell’Eucaristia, uomini e donne incaricati di distribuire la comunione e di portarla ai malati e anziani. Paolo VI ha veramente messo Gesù Eucaristia nelle mani dei fedeli, perché sia più vicino a tutti, specialmente ai sofferenti. Negli stessi anni, un’umile laica cooperatrice salesiana, Vera Grita (adesso in via di beatificazione), sperimentava questa meravigliosa vicinanza di Gesù Eucaristia che vuole fare di ogni fedele un vero “Tabernacolo Vivente”.

Nello spirito di Papa Francesco che lotta contro ogni forma di clericalismo, è più che mai necessario, in questa situazione drammatica, ricordare che noi sacerdoti, siamo ministri, cioè servitori dell’Eucaristia per il Popolo di Dio, e non padroni e proprietari. Dobbiamo, in comunione con i Vescovi, inventare delle vie nuove ed eccezionali per avvicinare ai fedeli la consolazione della presenza di Gesù Eucaristia, per la comunione e l’adorazione, nella misura del possibile, rispettando sempre tutte le norme di sicurezza.

Riguardo a questa dolorosa privazione dell’Eucaristia, sarebbe meglio non parlare di “digiuno eucaristico” (come si fa spesso oggi), perché questa espressione tradizionale significa al contrario privarsi di qualunque cibo per ricevere il cibo eucaristico. E’ meglio dunque parlare della privazione dell’Eucaristia, senza imporre a tutto il Popolo di Dio l’idea di un “digiuno”, come se la comunione quotidiana fosse un’esagerazione di cibo, un lusso spirituale, di cui sarebbe meglio astenersi. Questa concezione discutibile si è molto diffusa in Francia e in Italia (ne avevo già fatto l’esperienza 50 anni fa). Invece, da più di un secolo, con i decreti di san Pio X a favore della comunione quotidiana (1905), tutti i santi recenti sono stati dei santi dell’Eucaristia quotidiana. Prima di lui, Teresa di Lisieux insisteva, non tanto sul nostro desiderio di ricevere Gesù, ma sul suo desiderio di darsi a noi, per vivere in noi e con noi e unirci a Lui.

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Gli uffici della Elemosineria Apostolica resteranno temporaneamente chiusi al pubblico https://it.zenit.org/2020/03/12/gli-uffici-della-elemosineria-apostolica-resteranno-temporaneamente-chiusi-al-pubblico/ Thu, 12 Mar 2020 14:45:08 +0000 https://it.zenit.org/?p=120827 Comunicato Stampa

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Gli uffici della Elemosineria Apostolica resteranno temporaneamente chiusi al pubblico da sabato 14 marzo 2020.

Le pergamene con la Benedizione Apostolica si potranno sempre richiedere online sul sito internet www.elemosineria.va e saranno spedite normalmente con corriere espresso DHL. Non saranno possibili i ritiri in sede.

Le persone bisognose potranno lasciare le proprie lettere nell’apposita “cassetta postale” della Elemosineria Apostolica all’Ingresso di Sant’Anna. Nei casi particolari o urgenti chiamare direttamente l’Elemosiniere: 348 1300123.

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Le Udienze https://it.zenit.org/2020/02/24/le-udienze-156/ Mon, 24 Feb 2020 18:32:01 +0000 https://it.zenit.org/?p=120655 Lunedì 24 febbraio 2020

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Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in Udienza:

– Membri dell’Associazione “Pro Petri Sede”;

– Ecc.mi Presuli della Conferenza del Brasile (Regione SUL 2), in Visita “ad Limina Apostolorum”:
S.E. Mons. Mauro Aparecido dos Santos, Arcivescovo di Cascavel;
S.E. Mons. Sérgio de Deus Borges, Vescovo di Foz do Iguaçu;
S.E. Mons. Edgar Xavier Ertl, S.A.C., Vescovo di Palmas-Francisco Beltrão;
S.E. Mons. João Carlos Seneme, C.S.S., Vescovo di Toledo;
S.E. Mons. José Antõnio Peruzzo, Arcivescovo di Curitiba; con i Vescovi Ausiliari:
S.E. Mons. Francisco Cota de Oliveira, Vescovo tit. di Fiorentino;
S.E. Mons. Amilton Manoel da Silva, C.P.,Vescovo tit. di Tusuro;
S.E. Mons. Antõnio Wagner da Silva, C.S.I., Vescovo tit. di Guarapuava;
S.E. Mons. Edmar Perón, Vescovo di Paranaguá;
S.E. Mons. Sérgio Arthur Braschi, Vescovo di Ponta Grossa;
S.E. Mons. Celso Antônio Marchiori, Vescovo di São José dos Pinhais;
S.E. Mons. Walter Jorge Pinto, Vescovo di União da Vitória;
S.E. Mons. Geremia Steinmetz, Arcivescovo di Londrina;
S.E. Mons. Carlos José de Oliveira, Vescovo di Apucarana;
S.E. Mons. Manoel João Francisco, Vescovo di Cornélio Procópio;
S.E. Mons. Antônio Braz Benevente, Vescovo di Jacarezinho;
S.E. Mons. João Mamede Filho, O.F.M. Conv., Vescovo di Umuarama; Amministratore Apostolico “sede vacante” di Maringá con l’Arcivescovo emerito di Maringá:
S.E. Mons. Anuar Battisti;
S.E. Mons. Bruno Elizeu Versari, Vescovo di Campo Mourão;
S.E. Mons. Mário Spaki; Vescovo di Paranavaí;
S.E. Mons. Volodomer Koubetch, O.S.B.M., Arcivescovo di São João Batista em Curitiba degli Ucraini;
S.E. Mons. Meron Mazur, O.S.B.M., Vescovo di Imaculada Conceiçao em Prudentópolis degli Ucraini.

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