Anna Fusina, Author at ZENIT - Italiano https://it.zenit.org/author/annafusina/ Il mondo visto da Roma Fri, 05 Aug 2016 09:50:24 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.7.1 https://it.zenit.org/wp-content/uploads/sites/2/2020/07/02e50587-cropped-9c512312-favicon_1.png Anna Fusina, Author at ZENIT - Italiano https://it.zenit.org/author/annafusina/ 32 32 La pillola del giorno dopo è causa di aborto https://it.zenit.org/2016/08/05/la-pillola-del-giorno-dopo-e-causa-di-aborto/ Fri, 05 Aug 2016 09:50:24 +0000 https://it.zenit.org/?p=82083 Dalla Spagna un'altra conferma. L'autore dello studio: "Motivi ideologici e commerciali dietro la disinformazione su questi farmaci"

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Uno studio condotto da un gruppo di scienziati spagnoli guidati dal dott. Emilio Jesús Alegre del Rey e pubblicato dall’European Journal of Clinical Pharmacy ribadisce il potenziale effetto abortivo del Levonorgestrel, la pillola del giorno dopo.
Il dott. Alegre del Rey è farmacista presso il Dipartimento di Farmacia all’Universitary Hospital di Puerto Real, a Cadice, in Spagna, ed effettua studi da vari anni sulla cosiddetta “contraccezione d’emergenza”.
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Dott. Alegre del Rey, quando inizia la vita?
Inizia al concepimento, quando lo spermatozoo e l’ovulo formano lo zigote. Questa è una osservazione scientifica.
Ci viene detto che la gravidanza inizia con l’impianto dell’embrione in utero. Si manipola la lingua  per nascondere la realtà?
Sì. Per esempio, è stato ripetuto fino alla nausea che la pillola del giorno dopo non è abortiva. Per affermare questo, si è ipotizzato che l’aborto ponga fine alla gravidanza e che quest’ultima inizi al momento dell’impianto dell’embrione in utero. Ma questo è un gioco di parole, che cancella la realtà.
In primo luogo, non è che la gravidanza inizi al momento dell’impianto, è che è a partire da lì che é possibile rilevarla. Ma in secondo luogo, e cosa ancora più importante, ciò che è eticamente rilevante non è la fine della gravidanza, ma la fine della vita di un essere umano. Pertanto, ciò che conta non è quando vogliamo dire che inizia la gravidanza, ma quando inizia la vita. La manipolazione del linguaggio ha un sacco di “magia”: distoglie l’attenzione degli ascoltatori allo scopo che essi non guardino al punto chiave della questione. Tertulliano, già nel III secolo, ha detto: “Homo est qui futurus est” (se in futuro sarà umano, già lo è). Curiosamente, è interessante notare che questa osservazione semplice e saggia è anche un principio fondamentale della embriologia del XXI secolo.
Il Levonorgestrel, la cosiddetta “pillola del giorno dopo” riduce le gravidanze di oltre l’80% quando assunto entro tre giorni dal rapporto sessuale? Quali sono le conclusioni del vostro studio?
Il nostro studio si concentra sul meccanismo d’azione del Levonorgestrel. Abbiamo confrontato i dati provenienti da diversi studi che sono stati pubblicati, applicando ad essi un’analisi quantitativa. Il risultato mostra che nella metà dei casi in cui le gravidanze erano state impedite assumendo il Levonorgestrel, c’era stata stata la fecondazione, è stato concepito un embrione, ma il carico ormonale della pillola ha impedito all’embrione di continuare il suo processo di sviluppo, la sua vita.
La pillola del giorno dopo è catalogata come mezzo di contraccezione di emergenza. Questo è quello che ci dicono i media e la versione scientifica “ufficiale”…
Non c’è una”ufficiale” versione scientifica, ma diverse pubblicazioni sull’argomento. Nella scheda tecnica originale del Levonorgestrel, all’inizio era stato riconosciuto a quest’ultimo anche l’effetto di impedire l’impianto. Due lavori scientifici puntavano nella stessa direzione (Fertil Steril. 2007 Sep;88(3):565-71. Epub 2007 Feb 22; Ann Pharmacother. 2002 Mar;36(3):465-70). Poi è stata diffusa una nuova versione del produttore e della FIGO (Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetricia), che non è indipendente. Quest’ultima posizione, che ha negato l’effetto abortivo,  si è basata su dati relativi agli studi su animali, il cui ciclo ormonale non ha nulla a che fare con quello della donna, e su uno studio su  donne con nessuna validità statistica.
Abbiamo dimostrato che, con le evidenze attuali, nessuno può seguitare a negare l’effetto contragestativo, abortivo di questa pillola. Un contraccettivo è un prodotto che impedisce il concepimento. Nel caso del Levonorgestrel, è vero, ma è solo una mezza verità, letteralmente. Per l’altra metà il  suo effetto viene esercitato impedendo ad un embrione esistente di continuare il suo sviluppo e la vita. Noi chiamiamo questo effetto “contragestativo”, una parola che poche persone conoscono.
Dunque assumendo il Levonorgestrel si possono verificare aborti embrionali. Perché i media non ci dicono nulla su questo?
La disinformazione crea un falso senso di sicurezza. Si omettono informazioni-chiave per le utenti, che hanno il diritto di conoscere il potenziale effetto abortivo di questa pillola. Il motivo per cui non venga fatta questa informazione penso sia in parte commerciale ed in parte ideologico. Si presume che le donne non abbiano bisogno di sapere, che a loro non importi sapere. Tuttavia, in uno studio effettuato su donne spagnole (dell’équipe di Jokin de Irala), è stato loro chiesto se avrebbero assunto quel prodotto sapendo che esso era abortivo. La maggior parte delle donne ha detto di no. Le donne che inconsapevolmente prendono quel prodotto e scoprono poi che si tratta di un abortivo, possono sentirsi ingannate e caricate ingiustamente di questo problema nella loro coscienza.
Quando la pillola è stata messa in commercio c’è stato un notevole rifiuto verso di essa; la scheda tecnica del Levonorgestrel non ometteva il possibile effetto anti-annidamento, quindi abortivo. Così il prodotto ha avuto molte difficoltà ad essere diffuso, ed anche ad essere approvato nei Paesi che proteggono la vita umana dal suo inizio, come l’America Latina. I produttori quindi hanno usato poi la strategia di negarne l’effetto abortivo, e fu modificata quindi la scheda tecnica del Levonorgestrel.
Ora, anche i produttori  di un altro “contraccettivo d’emergenza”, l’Ulipristal acetato (EllaOne, la cosiddetta “pillola dei cinque giorni dopo”) sembrano aver imparato la lezione, e negano che esso abbia un possibile effetto abortivo. Tuttavia, è evidente che esso lo abbia, impedendo la gravidanza anche se preso cinque giorni dopo il rapporto. C’è bisogno solo di un po’ di buon senso per rendersi conto che non è credibile che abbia solamente un effetto contraccettivo.
Anche per il personale sanitario è necessaria una accurata e completa informazione su queste pillole…

Certo. Per prendere qualsiasi decisione etica, sia individuale che collettiva, è prima essenziale avere le migliori informazioni scientifiche sul problema, senza pregiudizi di alcun genere. Il personale sanitario ne ha bisogno per due motivi: per informare correttamente gli utenti e per prendere le proprie decisioni etiche, e, se necessario, fare obiezione di coscienza. Di questo era ben consapevole il genetista francese Jerome Lejeune: una buona etica parte dalla migliore informazione scientifica disponibile. Questa è la ragione del nostro lavoro. Dobbiamo fare in modo che questa informazione sia libera da condizionamenti commerciali, ideologici o da altri tipi di condizionamenti, né in un senso né nell’altro. Nella nostra squadra collaborano ricercatori con diversi punti di vista, ma tutti cerchiamo di dimostrare la realtà, con il metodo scientifico.
La pillola del giorno dopo è utilizzata principalmente da adolescenti, anche più volte. Quali ne sono le conseguenze ed i rischi?
Gli studi clinici su questa pillola non li ha fatti l’industria farmaceutica, ma l’Organizzazione Mondiale della Sanità, con il denaro pubblico. Si pensò che potesse essere usata abitualmente, ma gli studi di sicurezza con somministrazioni ripetute sono stati disastrosi: frequenti gravi disturbi mestruali, mal di testa, problemi vascolari… Logico, perché per ottenere l’effetto suddetto con una singola dose, queste pillole contengono una quantità di ormone 10-20 volte superiore alla normale pillola contraccettiva quotidiana. Così la pillola del giorno dopo è stata lasciata per somministrazioni eccezionali. Chiunque utilizza ripetutamente questa pillola si espone ad un serio rischio. Purtroppo in alcuni Paesi questo prodotto è stato approvato anche senza l’obbligo di prescrizione medica. Volevo anche rilevare come l’uso esteso della pillola del giorno dopo non riduce le gravidanze indesiderate o gli aborti in termini reali. E’ stato dimostrato in numerosi studi in diversi Paesi, con la massima evidenza.
La pubblicazione del vostro studio è stata respinta da diverse riviste scientifiche…
I primi due rifiuti ci hanno stimolati a migliorare l’articolo, la forma di esposizione dei risultati. Ma siamo rimasti un po’ sorpresi che uno studio sullo stesso argomento, con le conclusioni contrarie, ma senza l’analisi statistica di base, fosse stato pubblicato senza problemi. Abbiamo parlato con altri gruppi di ricerca che hanno avuto complicazioni come le nostre quando le conclusioni del loro studio non erano “politicamente corrette”. In realtà, ci sono state difficoltà in tutte le epoche. Tuttavia, questa è scienza, e per fortuna ci sono riviste che esaminano solo la qualità scientifica di ciò che viene loro inviato. Infatti, di recente ci è stata accettata la stessa nostra interpretazione in un’altra rivista. Non si può coprire il sole con un dito.
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Fonte: http://vitanascente.blogspot.it/

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"La Voce negli Occhi": un film sulla storia di Salvatore Crisafulli https://it.zenit.org/2016/05/21/la-voce-negli-occhi-un-film-sulla-storia-di-salvatore-crisafulli/ Sat, 21 May 2016 07:24:15 +0000 https://it.zenit.org/?p=75430 Il film ripercorre la vicenda dell'uomo risvegliatosi dopo 2 anni dallo stato vegetativo permanente. Uno stimolo per la ricerca scientifica e un richiamo a migliorare la sanità sotto l’aspetto socio-assistenziale

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È di imminente uscita “La Voce negli Occhi”, un film che ripercorre la vicenda di Salvatore Crisafulli, entrato in stato vegetativo permanente per due anni a causa di un incidente, ma che poi si risveglia dal coma, riprende coscienza e comunica, rivelando che, contrariamente a quanto pensavano i medici relativamente alla sua situazione, lui sentiva e capiva tutto. Ne parliamo con il fratello, Pietro Crisafulli, presidente di Sicilia Risvegli onlus.
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Pietro, l’11 settembre del 2003 succede qualcosa che sconvolge la vita di suo fratello e di conseguenza di tutta la vostra famiglia. Ci racconti
Per Salvatore e per tutti noi famigliari e amici quella data, due anni esatti dopo l’attentato delle torri gemelle di Manhattan, è diventata il nostro 11 settembre per antonomasia, il giorno che ha rivoluzionato le vite di ciascuno di noi e ha segnato l’inizio di un lungo e penosissimo calvario, in un alternarsi di sofferenze, rese e ribellioni, diagnosi infauste o possibiliste, disperazioni e flebili speranze.
Per i medici Salvatore era in stato vegetativo permanente…
Esattamente. I medici che visitavano Salvatore dicevano che era in stato vegetativo permanente e che per lui non c’era niente da fare. A Innsbruck, in un istituto importante, che noi consideravamo la nostra ultima spiaggia, un famosissimo luminare studioso di patologie cerebrali estreme, quali il coma e lo stato vegetativo, sentenziò che Salvatore era affetto da sindrome apallica, ci disse anche che avrebbe vissuto al massimo 3-4 anni, ci disse che sarebbe morto. Quella diagnosi, quelle due parole, Apallisches Syndrome, hanno continuato a echeggiare nella mia mente per molti mesi, come un verdetto di resa senza condizioni, di condanna a morte. In pratica quel dottore ci disse che Salvatore non sarebbe mai più risvegliato e che sarebbe scivolato progressivamente verso la morte, ma di fatto, mentre lui pronunciava la sua sentenza di morte, mio fratello lo ascoltava, e capiva tutto. Non per niente, dopo, gli venne la febbre!
La vostra famiglia ha sempre pensato che si potesse fare qualcosa per Salvatore. Sua mamma Angela è sempre stata convinta che suo fratello capisse tutto, al 100%…
Salvatore capiva tutto, era cosciente. Lui sentiva i medici che dicevano che sarebbe morto e che i suoi gesti erano involontari. Lui, senza poter interagire, sentiva le profezie funeste dei medici, la forza irresistibile del nostro amore senza limiti, le lunghe battaglie disperate contro strutture sanitarie inaccessibili, costose e sorde alle mie proteste, anche la ribellione pubblica con la minaccia plateale di staccargli la spina.
Lui apriva e chiudeva gli occhi per attirare l’attenzione. Ma non serviva a niente. Un giorno mia madre, osservandolo attentamente, scoprì che Salvatore cercava di comunicare. Mi ricordo che siamo entrati nella sua stanza insieme a mia madre, i miei fratelli, mia moglie, i miei figli, ed un altro parente. Gli abbiamo chiesto di aprire e chiudere gli occhi per rispondere alle nostre domande. Gli dicevamo: “Salvatore, se ci senti apri gli occhi”. E lui eseguiva. Ci siamo messi insieme a piangere. Facevamo le prove con dei fogli scritti oppure colorati, lui con gli occhi indicava quello esatto.
Lei Pietro ha lottato per suo fratello con grande tenacia, ha bussato a tante porte…
Durante un anno e mezzo d’instancabili peregrinazioni e sacrifici umilianti, Salvatore, muto mendicante di cure e attenzioni, fu trasportato, in camper, nei migliori centri neurologici di mezza Europa, da Catania a Messina, dalla Toscana a Milano, dalla Svizzera all’Austria. Ma nulla, con quella terribile diagnosi di STATO VEGETATIVO PERMANENTE ovunque bussavamo per chiedere aiuto, ci veniva risposto con malcelata commiserazione che non c’era niente da fare, che ormai mio fratello era diagnosticato neuroleso cronico incurabile, quando non addirittura malato in fase terminale.
Nel marzo 2005 scoppiò il caso di Terri Schiavo, la ragazza americana in stato vegetativo da 15 anni. Lo scalpore suscitato dal caso Schiavo, che portava all’attenzione del mondo il dibattito sull’eutanasia, mi diede il coraggio di alzare la voce, di urlare pubblicamente che Salvatore non doveva essere abbandonato nei gorghi della malasanità, senza cure né assistenza, come una inutile pianta destinata ad appassire. Partecipai a trasmissioni televisive a forte impatto di ascolto, minacciai di staccare la spina a Salvatore, se non fosse stata soddisfatta la mia umanissima aspettativa. Sentivo nel mio cuore che il mio adorato fratello, dal profondo del suo pozzo di solitudine, mi chiamava, mi sentiva soffriva con me, mi incitava a vincere la sua impotenza e a comunicare al mondo la sua voglia di vivere.
Il mio appello non cadde nel vuoto, l’opinione pubblica era scossa, l’idea che un uomo in Italia potesse staccare la spina al fratello era intollerabile in quel momento storico, intervenne il Ministro della Salute. Salvatore pochi giorni dopo venne ricoverato in una struttura specializzata di Arezzo, dove fu verificato che noi familiari avevamo ragione: Salvatore capiva davvero tutto quello che gli accadeva intorno, era affetto dalla sindrome da incarceramento (Locked-In), di cui si sa molto poco.
La storia di Salvatore è diventata anche un libro, “Con gli occhi sbarrati…”
Voglio raccontare al mondo la mia esperienza. Voglio che tutti sappiano che cosa vuol dire vivere paralizzati su un letto, senza poter muoversi né parlare, con i medici che dicono che non capisci niente. Voglio farlo per aiutare me stesso, le persone come me e i loro familiari». Con queste parole, Salvatore ci chiese di aiutarlo a scrivere la sua storia in un libro. Così grazie anche alla giornalista Tamara Ferrari riuscimmo, dopo quasi un anno dal riconoscimento che Salvatore era cosciente, a scrivere il libro. Salvatore in quel momento riusciva a comunicare soltanto grazie a un computer, selezionando con gli occhi le lettere sullo schermo. Raccontare la sua storia non è stato facile. Comporre anche la più semplice delle parole richiedeva a Salvatore uno sforzo tremendo, perché doveva attendere che tutte le lettere dell’alfabeto scorressero davanti ai suoi occhi prima di poter selezionare quella che gli serviva. E così, ogni volta che gli rivolgevamo una domanda, passava anche un intera giornata prima che lui rispondesse. Soprattutto all’inizio quando, turbato dai ricordi, smetteva di scrivere e scoppiava a piangere. Da quel giorno Salvatore iniziò a raccontarci la storia impressionante di un malato precipitato in una dimensione esistenziale sconosciuta e misteriosa per tutti, anche per la scienza.
Prossimamente uscirà il film “La voce negli Occhi”, un film sulla vicenda di suo fratello Salvatore. Un sogno diventato realtà?
Esattamente, grazie anche al suo memoriale, questo sogno è diventato realtà. Film autoprodotto dalla nostra associazione Sicilia Risvegli onlus. Tengo a precisare in particolar modo che questo film non è stato compartecipato da nessuna istituzione interpellata. Con grandi sacrifici economici, mi sono indebitato fino al collo. “La voce negli occhi” è stato in parte finanziato da mio nipote Rosario, che ci ha donato i soldi ricevuti da un risarcimento assicurativo. Il film racconta la nostra storia sin da bambini, fin dagli anni trascorsi insieme in collegio. Io e mio fratello eravamo inseparabili. Una storia toccante, di lotta reale e di bellezza pura con momenti anche leggeri e divertenti, come i flashback di Salvatore. Tra passato e presente, nella speranza di un futuro migliore, il film abbraccia un intreccio di storie dal tono entusiasta e a tratti nostalgico. Lo spazio per i momenti di sofferenza vissuti non saranno tanti perché questo progetto è un grande tributo alla storia di un grande guerriero di nome Salvatore. Molto presto “La voce negli occhi” sarà diffuso.
Sul set era presente anche qualcuno della vostra famiglia?
Sì, nel mio stesso ruolo ci sono io, e non nascondo che non è stata assolutamente una passeggiata. Molti ricordi, sofferenza, ho pianto in diverse scene, uno strazio interminabile. Ma in tanti ci siamo accorti che accanto a noi c’era Salvatore che ci guidava. Sono contento di aver trovato un grande regista come Rosario Neri, che quando lo conobbi mi disse: “Questo film sarà la mia anima”. Da quel momento iniziò a sistemare la sceneggiatura, ed oggi posso affermare che si tratta di un vero capolavoro. Nel film ci sono anche tanti esordienti, tutti in scena per ricordare un uomo dal forte spirito e coraggio, che seppe sopportare e sorridere al mondo intero dal lettino nel quale è stato costretto negli ultimi quasi 10 anni della propria esistenza. Un set cinematografico straordinario, tutte le persone hanno partecipato gratuitamente. In campo quasi 150 attori provenienti da tutta Italia. Con la partecipazione straordinaria di attori già noti, come Enzo Campisi, Giuseppe Santostefano, Maurizio e Rosalba Bologna, ed Agata Reale, tutti con ruoli molto importanti. I protagonisti principali oltre a me, sono Carmelo De Luca, che interpreta Salvatore, Giovanni Gagliano che fa mio fratello Marcello, e Francesca Tropea nei panni di Rita (mia moglie). Nei panni di mia madre Angela, la quale non ha mollato mai come noi, c’è Maria Maugeri.
“La voce negli occhi” sarà un film che farà discutere?
Credo proprio di sì. Ovviamente la storia di Salvatore ha scosso la comunità politica e scientifica, imponendo l’urgenza di una riflessione sui parametri assistenziali medici ed etici che segnano il confine tra vita e morte. Sarà uno stimolo importante alla ricerca scientifica e, per altro verso, un richiamo a migliorare la Sanità anche sotto l’aspetto socio-assistenziale.
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[Cfr vitanascente.blogspot.it]

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“Dimmi una parola”: una canzone per il Giubileo della Misericordia https://it.zenit.org/2016/04/19/dimmi-una-parola-una-canzone-per-il-giubileo-della-misericordia/ Tue, 19 Apr 2016 05:05:06 +0000 https://it.zenit.org/?p=72313 Autore è Andrea Piccirillo insieme a Massimo Versaci, tra gli autori di “Emmanuel” (Inno della GMG del 2000)

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Andrea Piccirillo è un giovane cantante, autore e compositore laureato al Dams di Torino. Nel suo percorso artistico e di formazione professionale ha partecipato a numerosi eventi ed a diverse rappresentazioni teatrali. I suoi brani si muovono tra pop e Christian Music.
Andrea Piccirillo organizza anche laboratori musicali e percorsi formativi per le scuole e per gli oratori, con l’obiettivo di far diventare la musica uno strumento di incontro educativo, di relazione e di crescita. Tra le varie attività che svolge nell’ambito educativo-artistico c’è anche quella di insegnante di recitazione per i bambini del programma di RAI YOYO “Le storie di Gipo”.
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Andrea, perché hai scritto la canzone “Dimmi una parola”?
Questo brano è nato per essere presentato ad un concorso di brani inediti per il “Giubileo della misericordia”. Ho scoperto questo concorso per caso su Facebook e dopo aver letto il bando, incuriosito e stimolato dalla proposta, mi sono messo a lavorare sulla musica e sul testo. Il tempo utile per la composizione non era molto e durante la fase di scrittura mi sono accorto di aver bisogno di un confronto per poterlo portare a termine. Ho deciso quindi di chiedere aiuto a Massimo Versaci, che oltre ad essere uno degli autori di “Emmanuel” (Inno della XV Giornata Mondiale della Gioventù del 2000) è anche musicista, cantante, direttore del Grande Coro Hope. Massimo è una persona molto disponibile e soprattutto competente. Con lui il lavoro è stato fluido e in un pomeriggio ricco di scambi di idee abbiamo scritto il brano “Dimmi una parola” nella sua versione definitiva. Successivamente è stato arrangiato da Fabrizio Ronco. In questi anni di Hope Music School, ho imparato che condividere con altri il proprio percorso musicale aiuta a crescere come artisti ma soprattutto come persone.
Cos’è per te la misericordia?
La misericordia è la capacità di andare oltre le fragilità umane e oltre i limiti dell’uomo. Sia che chiediamo perdono, sia che perdoniamo, dobbiamo essere umili, riconoscerci piccoli e dimostrarci grandi nella comprensione senza giudizio. Non è facile, ma dobbiamo allenarci a chiedere scusa, grazie e permesso, come ci consiglia Papa Francesco. Io come cantante ed autore cerco di utilizzare la musica come uno strumento di incontro e di relazione con gli altri e con questo brano voglio dire che spesso, quando siamo in difficoltà, la Parola di Dio può aiutarci a guarire.
Il ritornello della tua canzone dice: “Dimmi una parola e mi potrò salvare”…
Prendo spunto dal Vangelo di  Matteo, capitolo 8, quando dice: “Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito”. Prima di scrivere questo brano mi sono fatto diverse domande e mi sono documentato sul tema della misericordia. Fra le tante cose che ho letto questa è quella che mi ha colpito di più. Questo brano ci dice che anche nella sofferenza non siamo soli e che nulla è impossibile a Dio. Tutti quanti abbiamo bisogno di essere perdonati e dobbiamo imparare a chiedere perdono, affidandoci alla “Sua” parola, ecco perché ho deciso di inserire questa frase proprio nel ritornello e di utilizzarla come titolo: Signore … dimmi una parola … e mi potrò salvare, aiutami a guarire dalle mie fragilità, aiutami a guarire dall’egoismo, dall’indifferenza, dall’invidia che provo per gli altri, ecc…
Nel tuo brano dici: “Ogni errore è sempre un’occasione, il punto di partenza per essere migliore”…
Gli errori sono dei punti di partenza, delle occasioni per ripartire e forse sono addirittura necessari per crescere e diventare persone migliori.  Fin da quando ero piccolo sento la frase “sbagliando si impara”. Ed è vero, perché il cammino di ognuno di noi può essere ricco di cadute, ma nella fede siamo chiamati a rialzarci, sicuri di trovare sempre una Parola di conforto.
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Si può ascoltare la canzone “Dimmi una parola” su Youtube e leggere il testo qui:
 
vitanascente.blogspot.it

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Malattie rare: la voce dei pazienti https://it.zenit.org/2016/02/29/malattie-rare-la-voce-dei-pazienti/ Mon, 29 Feb 2016 09:45:26 +0000 https://it.zenit.org/?p=68074 Nella Giornata delle Malattie Rare un appello ad unirsi alla comunità dei malati di patologie rare al fine di comprendere quale impatto hanno queste malattie nella vita delle persone

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Si celebra oggi la nona Giornata Mondiale delle malattie rare. In più di 80 Paesi questa giornata è dedicata alle malattie che colpiscono meno di 5 persone su 10 mila. Le malattie rare conosciute e diagnosticate oscillano tra le 7 e le 8 mila, ma la cifra sta aumentando con il progredire della ricerca scientifica, in particolare della ricerca genetica.
Secondo l’Osservatorio Malattie rare, in Italia le persone affette da malattie rare sono due milioni, di cui il 70% bambini. Molte volte per queste malattie non esistono cure definitive, ma solamente terapie che ne alleviano i sintomi. Le industrie farmaceutiche non sono interessate a sviluppare la ricerca e produrre i farmaci destinati alla cura delle malattie rare, poiché i capitali investiti per tale scopo non vengono poi recuperati attraverso la vendita di tali farmaci, a causa dell’esiguo numero di persone a cui sono destinati. Ecco perché essi vengono definiti “farmaci orfani”. Ma i malati rari hanno gli stessi diritti di tutti gli altri malati.
Il tema della Giornata 2016 è “La voce del paziente”. Con questo tema si vuole riconoscere il ruolo fondamentale che le persone affette da malattie rare possono avere nel miglioramento della propria vita ed in quella di chi li assiste, esprimendo in prima persona le proprie esigenze nei tavoli decisionali. Lo slogan per il 2016 “Unitevi a noi nel far sentire la voce delle malattie rare” è stato scelto per fare appello a tutti i cittadini ad unirsi alla comunità dei malati di patologie rare al fine di comprendere quale impatto hanno queste malattie nella vita delle persone che ne sono colpite e delle loro famiglie, per romperne l’isolamento e migliorarne la qualità di vita.
A questo scopo, la Federazione Italiana Malattie Rare lancia la campagna social #UniamoLaVoce. La campagna, come riporta il sito www.uniamolavoce.org, “è stata ideata per coinvolgere l’opinione pubblica nel realizzare e condividere un vero e proprio grido liberatorio che “dia voce ai pazienti affetti da malattie rare”.
Attraverso la forza delle rete, si cerca di connettere tutti e far sentire le persone che vivono situazioni particolari meno sole. Tutti sono invitati a pubblicare un video con il proprio urlo e, attraverso il meccanismo della “social mention”, invitare i propri amici a fare la stessa cosa. Si potrà partecipare anche attraverso una foto che immortali l’urlo, oppure semplicemente scrivendo un tweet di solidarietà per la causa con l’hashtag #UniamoLaVoce. La campagna sarà attiva fino a sabato 5 marzo e i contributi faranno parte dell’album della Giornata delle Malattie Rare 2016. Per maggiori informazioni, consultare il sito www.uniamolavoce.org .
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Mamma di pancia e mamma di cuore https://it.zenit.org/2015/05/09/mamma-di-pancia-e-mamma-di-cuore/ https://it.zenit.org/2015/05/09/mamma-di-pancia-e-mamma-di-cuore/#respond Sat, 09 May 2015 13:39:19 +0000 https://it.zenit.org/mamma-di-pancia-e-mamma-di-cuore/ In vista della Festa della Mamma di domani, la testimonianza di Monica, madre di cinque figli: tre adottivi e due naturali

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Sono mamma di cinque figli meravigliosi e moglie dell’uomo che ho sposato ormai ventisei anni fa, nel 1989. Dopo appena tre anni di matrimonio era talmente grande il mio desiderio di maternità, che iniziammo subito il lungo cammino verso l’adozione. Così nel 1994 ci venne destinato un bambino brasiliano, il nostro primo figlio: Enrico.

Partimmo per il Brasile inconsapevoli di che cosa volesse dire essere genitori, con la paura di non saper amare abbastanza quel bimbo, non avendo avuto il tempo di imparare a conoscerlo nei nove mesi di gravidanza, come solitamente succede. Nel momento in cui ci hanno dato in braccio Enrico, il nostro cuore si è riempito: avevamo veramente la sensazione di avere colmato qualcosa di vuoto. Immediatamente l’abbiamo sentito parte di noi: era proprio nato dal nostro cuore, quello mio e di mio marito. Ed è stato in quel momento che personalmente ho capito che non sarebbero bastati nove mesi, come non ne sarebbero bastati novanta, per essere pronti a fare i genitori, ma è bastato guardare quel bimbo negli occhi e stringerlo tra le braccia, per renderci conto di quanto lui avesse bisogno di noi, così com’eravamo, quanto noi ne avessimo di lui.

Purtroppo nel 1996, dopo neanche due anni, a causa di un tragico incidente lo perdemmo. Proprio lui, che era la nostra grande ragione di vita… In quel momento ci sentivamo persi, ci chiedevamo continuamente perché proprio a noi, perché proprio Enrico, tanto desiderato e amato. Ma la fede in Dio ci fu di grande aiuto.

Nel 1999 siamo ripartiti con tanta forza per il Brasile ed abbiamo adottato il nostro secondo figlio:  Leonardo, bambino dolcissimo, che allora aveva un anno e mezzo ed ora è un ragazzo di diciassette anni, che ci sta dando tante soddisfazioni.

Dopo Leonardo avevamo ritrovato la serenità ed eravamo così felici da pensare ad un fratellino o sorellina per lui, così da voler portare a casa altro amore: è stata la volta della nostra dolcissima Lidya, che aveva appena sei mesi di vita ed ora ha dodici anni. Una bambina etiope allora ridotta a pelle e ossa, che sembrava si stesse spegnendo, ma con la forza dell’amore è rifiorita. Ed ecco che subito abbiamo scoperto in lei energia pura… Aveva il sole dentro.

Tornati dall’Etiopia, dopo quattordici anni di matrimonio e la certezza che non avrei potuto avere figli, ho scoperto di aspettare Linda, per la quale nessuno avrebbe scommesso nulla. Tutti cercavano di fare in modo che io non mi illudessi di poter portare a termine la gravidanza, ma io ero serena e convinta che ce l’avremmo fatta. E così è stato.

Linda è nata nel novembre 2003, sanissima, e dopo altri due anni è nato Luca, il 16 agosto: la stessa data di nascita del nostro piccolo Enrico…  

Oggi ci ritroviamo con una grande famiglia, dove ogni giorno viviamo emozioni nuove, emozioni che nel tempo saranno l’unica cosa che resterà nei nostri cuori, insieme all’amore.

Concludo con un mio modo di vedere la maternità.

Penso si possa essere mamme di cuore o mamme di pancia, come piace dire a me.

Ma, fondamentalmente, basta guardare in fondo agli occhi di un bimbo, che subito ti rendi conto che saresti disposta a tutto per lui.

In quel momento sei mamma.                                                                                                                                                       

                                                                                                                                                                          Monica

Fonte: vitanascente.blogspot.it

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Nostra figlia con sindrome di Down: una spirale di amore https://it.zenit.org/2015/05/03/nostra-figlia-con-sindrome-di-down-una-spirale-di-amore/ https://it.zenit.org/2015/05/03/nostra-figlia-con-sindrome-di-down-una-spirale-di-amore/#respond Sun, 03 May 2015 00:00:00 +0000 https://it.zenit.org/nostra-figlia-con-sindrome-di-down-una-spirale-di-amore/ La bellissima testimonianza di Anna, mamma di sei figli, di cui l'ultima con trisomia 21

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Era il 21 novembre 2012, il giorno della Madonna della salute, festa a me cara. Ero molto felice: nel mio grembo si stava formando una nuova vita, la nostra famiglia sarebbe cresciuta!

Sono andata a fare l’ecografia del terzo mese con il cuore in festa, serena, tranquilla. Ma il viso della dottoressa che mi percorreva la pancia con la sonda ecografica mi ha spaventata: lei era tesa, preoccupata. Mi ha detto che qualcosa non andava, che appariva un’immagine anomala che poteva associarsi a molte patologie, anche gravi….

Ho subito chiamato mio marito, che è corso veloce da me, e, con la sua mano stretta alla mia, abbiamo ripetuto nuovamente l’ecografia all’ospedale, dove hanno confermato l’evidenza di una gravidanza con problemi.

Non è facile tradurre a parole le emozioni che si provano in simili circostanze…. gelo, paura, angoscia, totale smarrimento. Ma eravamo assieme, mio marito e io.

Ci siamo tenuti stretti le mani e uniti i cuori. E siamo andati avanti.

Ci siamo sottoposti alle indagini suggerite dai medici. L’attesa dei risultati è stata particolarmente dolorosa, perché non sapevamo a cosa andavamo incontro.

Ricordiamo con tenerezza il momento in cui ci hanno comunicato la diagnosi.

La dottoressa era molto dispiaciuta nel comunicarci che la nostra bambina aveva la Sindrome di Down, ma ricordo che noi, usciti in corridoio, ci siamo abbracciati stretti e ci siamo sentiti fortunati che avesse ‘solo’ la sindrome di Down.

Ci sono famiglie che affrontanocon coraggio disabilità ben più gravi. Anoi veniva chiesto di accogliere lei e ci siamo sentiti di dire “Sì”.

A rafforzare questo “Sì” sono stati i nostri figli…

E’ stato commovente il momento in cui li abbiamo radunati attorno al tavolo e abbiamo spiegato che la loro sorellina sarebbe stata diversa, che avrebbe imparato tantecose, ma più lentamente.

Hanno fatto a gara nell’immaginare cosa ognuno di loro le avrebbe insegnato! Che dono grande hanno i bambini!

Attraverso i loro occhi si può guardare senza paura la realtà…

Con il passare dei giorni, tuttavia, in me, mamma, hanno cominciato ad alternarsi momenti di fiducia e momenti di sconforto, di inadeguatezza, di paura. Sono giunta a pensare se sarei stata capace di volerle bene, se avrei avuto il coraggio di passeggiare con lei lungo i corridoi dell’ospedale, se mi sarebbe piaciuto il suo visino diverso…

Mi chiedevo cosa sarebbe stata in grado di fare, che vita avrebbe avuto…

Pensieri scomodi da vivere e da riportare.

Nostra figlia è nata un po’ prima del previsto.

Nel suo visino così piccolo, i segni della sua diversità a suscitare una tenerezza infinita in noi e nel personale medico che ci ha assistiti…

Ancora una volta a darci la carica sono stati i nostri figli. Sono arrivati in camera correndo, se la sono contesa, ripetevano: “Mamma, è bellissima”, “Mamma, com’è bella!”. L’hanno portata a turno in giro per i corridoi, tutti fieri. Le persone che ci vogliono bene, i nostri amici, la nostra comunità, hanno accolto la nostra bimba con tanto affetto. Diciamo sempre che la sua nascita ha innescato una spirale d’amore, perché ci ha fatto sentire tanto amati. Ora la nostra piccola sta crescendo, sta imparando a fare tante piccole cose, lentamente, con i suoi tempi. Quando la vediamo fare qualcosa di nuovo, è una festa! Con lei ogni piccolo traguardo sembra avere più valore, perché frutto di più fatica…

Una sera di qualche mese fa, osservavo la nebbia che ricopriva la pianura, mentre in collina splendeva la luna e il cielo era punteggiato di stelle. Ho pensato che in situazioni difficili della vita ci sentiamo smarriti, come se brancolassimo nella nebbia, e non pensiamo che solo qualche metro più su ci sono le stelle e la luna e il sereno… Basta fidarsi, basta guardare un po’ in su e avere fede.

Fonte: vitanascente.blogspot.it

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Da Vita a Vita: un viaggio alla scoperta della riproduzione umana https://it.zenit.org/2015/03/29/da-vita-a-vita-un-viaggio-alla-scoperta-della-riproduzione-umana/ https://it.zenit.org/2015/03/29/da-vita-a-vita-un-viaggio-alla-scoperta-della-riproduzione-umana/#respond Sun, 29 Mar 2015 00:00:00 +0000 https://it.zenit.org/da-vita-a-vita-un-viaggio-alla-scoperta-della-riproduzione-umana/ Il prof. Mozzanega, ricercatore presso la clinica ginecologica ed ostetrica dell'Università di Padova, parla del suo ultimo libro

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Da Vita a Vita – viaggio alla scoperta della riproduzione umana è il titolo del libro edito dalla Società Editrice Universo e scritto dal prof. Bruno Mozzanega, ricercatore universitario presso la Clinica ginecologica ed ostetrica dell’Università di Padova e presidente della SIPRe (Società Italiana Procreazione Responsabile), di recente costituzione. Ne parliamo con l’autore.

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Prof. Mozzanega, come e quando è nata l’idea di questo libro?

Il libro nasce dalla attività di formazione che ho svolto nelle scuole medie, in collaborazione con i docenti di Scienze, negli anni in cui lavoravo nel consultorio familiare pubblico.

So che sembrerà strano, ma devo riconoscere che ho scoperto quanto sia affascinante la biologia della riproduzione nel momento in cui ho iniziato ad illustrarla ai ragazzi. Naturalmente ne avevo già affrontato lo studio nell’ambito dei programmi del corso di laurea e di quelli più specifici della Scuola di Specializzazione. Tuttavia l’armonia che ne lega gli eventi  mi era sfuggita, forse a causa della preoccupazione, allora preminente, di approfondirne in modo analitico i singoli particolari. La necessità di presentare ai ragazzi questi argomenti in modo organico, con lo scopo di far capire prima ancora  che far imparare, mi ha spinto a riorganizzare le informazioni che avevo e a ricercare le relazioni che più intimamente le legano e le unificano in vista di quell’obiettivo, unico e fondamentale, che è la comparsa della vita umana. Ne è uscito un percorso di informazioni che si susseguono, concatenate le une alle altre, e che accompagnano il lettore a comprendere con gradualità i meccanismi della riproduzione ed insieme a ripercorrere le origini della propria storia.

Una volta smessa l’attività nel consultorio, ho deciso che nulla dovesse essere perso e l’ho trascritto. La prima edizione di “Da Vita a Vita” è del 1992. Le edizioni successive sono riccamente aggiornate, anche se i dati anatomici e la fisiologia del ciclo mestruale restano sostanzialmente invariati.

“Da Vita a Vita”… perché questo titolo?

Il titolo traduce l’ampio respiro del testo. E’ la vita stessa che fluisce e si perpetua, in un modo che ci vede, insieme, protagonisti e strumenti. Già appena concepiti, nelle primissime fasi della nostra esistenza, si differenziano in noi le cellule germinali primordiali che ci consentiranno, un giorno, di trasmettere la Vita e di essere partecipi, spero sempre consapevolmente, di questa immensa opportunità che ci è data.

Un “viaggio” alla scoperta della riproduzione umana?

Sì. E’ una Bellezza da scoprire nella sua meraviglia e nella sua perfezione. Riga dopo riga, nell’apprendere o nel sistemare nozioni che magari già possiede, chi legge si rende conto di leggere di sé. In questo viaggio il ragazzo, l’uomo, capisce di essere prezioso: il suo ruolo biologico è insostituibile, ovviamente. Ma capisce anche che è la donna la “garante” della vita umana: è il suo organismo a determinare i tempi della fertilità, quelli nei quali all’affettività si associa la procreazione. E’ lei la custode di questi eventi. Lei ospita il figlio e lo sente vivere e crescere in sé. Lei gli offre il cibo, la protezione, la prima e immediata comunicazione. E gli organi destinati a consentire tutto questo sono protetti all’interno del suo corpo, a differenza dei genitali maschili, pure importanti, è ovvio, ma che sono all’esterno e sono del tutto complementari a quelli femminili. E poi l’emergere della nostra prima cellula..

“La vita che nasce non si esaurisce in una serie di eventi mirabili che si ripetono da millenni; essa porta in sé anche lo stupore e la magia di un evento unico, che trascende la biologia e si fa irripetibile…”

Sì. Sono eventi che si ripetono da millenni e millenni, è vero, e che a volte possono rischiare di passare come routine. Ma nella realtà ogni volta avviene un prodigio: viene alla vita un individuo unico nel tempo e nello spazio, prescelto, selezionato fra infinite possibilità. Sei tu, sono io, sono tutte le persone, così particolari nella loro individualità, che hanno popolato e popoleranno questa Terra. Che l’arricchiranno con le loro storie particolari.

La magia è nella selezione dell’uovo che sarà scelto, quello contenuto nel follicolo ovarico che crescerà meglio degli altri. La magia è nella gara degli spermatozoi: un percorso ad eliminazione che ne porta solo uno a fecondare l’uovo: uno fra le decine e decine di milioni che vengono emesse ogni volta e poste all’ingresso delle vie genitale femminili. La magia è quella della prima cellula,  che inizia immediatamente a svilupparsi e a crescere, secondo le istruzioni già presenti nel genoma nelle quali è scritto immediatamente chi siamo, il genoma che noi siamo… Quel singolo e irripetibile genoma (l’insieme di tutti i nostri geni) che è singolarmente ognuno di noi. E l’immediato rapporto del figlio con l’organismo della madre, della quale inibisce le difese immunitarie locali, quasi a dire: “Ci sono… iniziamo a collaborare”. E’ straordinario.

Raccontarlo è rischioso. Raccontare la perfezione è rischioso: il rischio è farlo male, non tradurla e non trasmetterne il senso; non suscitare lo stupore che questa Bellezza inevitabilmente dovrebbe evocare.

Qual è per lei il significato profondo della sessualità? L’informazione biologica è sufficiente al fine di una completa educazione della sessualità?

La sessualità è forse il livello di comunicazione più profonda che ci sia dato di sperimentare. La conoscenza della biologia è il presupposto ineludibile perché si viva pienamente una sessualità che sia consapevole. Consapevole della ricchezza che la sessualità ha in sé, della possibilità che ne consegua la procreazione, delle responsabilità che tutto ciò comporta nei confronti dell’altro e del figlio che può emergere alla vita. Una consapevolezza che nulla tolga alla spontaneità e a tutti gli altri infiniti significati e portati che sono propri della sessualità, ma che li integri tutti insieme in una relazione positiva e consapevole.

Direi che la conoscenza è una condizione sine qua non, e che il momento informativo è essenziale. E’ preliminare. Dobbiamo sapere bene cosa succede nel nostro organismo e quali tesori ci siano stati dati da custodire e utilizzare con responsabilità. L’essere informati, o meglio ancora il conoscere, è il presupposto fondante di un processo educativo e auto-educativo che dura per sempre e che forse si concluderà solo alla fine della vita. Credo che  la vita stessa possa anche intendersi come un’avventura che continuamente ci educa.

Attualmente è diventato difficile attribuire significati univoci a termini scientifici come “concepimento” e “gravidanza”. Si parla di contraccezione di emergenza per nascondere metodiche potenzialmente abortive….

La vita inizia con il concepimento. Nel testo è tutto molto chiaro, ma prima ancora lo è nella realtà della biologia. Nei primi giorni di vita l’embrione si nutre delle riserve che erano nella cellula uovo, la cellula più grande che esiste in natura. Dialoga, in termini biologici, con l’organismo materno e infine si annida, per ricevere il nutrimento che gli serve per poter crescere e svilupparsi. L’embrione è ben vivo dal primo istante.

Un organismo morto (non vivo) non potrebbe mai annidarsi, potrebbe soltanto andare in disfacimento, come succede a noi, a qualunque età. Anche se accettassimo l’assunto che, per definizione, la “gravidanza” inizi con l’impianto (che peraltro non  è un colpo di calamita ma un processo che si perfeziona in più giorni), la vita comunque inizia dal concepimento. L’importante è non utilizzare queste distinzioni terminologiche per ingannare: oggi si pretende che la gravidanza inizi con l’impianto e non com
prenda la prima settimana di vita del figlio: quella in cui l’embrione inizia a crescere e si prepara ad annidarsi.

Dal momento che la definizione comune di aborto è interruzione della gravidanza, pretendendo che la gravidanza inizi con l’annidamento si esclude dalla definizione di aborto tutto ciò che sopprime l’embrione prima dell’impianto nella sua prima settimana di vita. Ma tutte le nostre Leggi, e prima ancora i nostri princìpi, tutelano esplicitamente il concepito e quindi anche la sua prima settimana di vita: eliminarlo prima che si annidi non può certo essere procreazione responsabile.

I contraccettivi d’emergenza agiscono prevalentemente dopo il concepimento: in Europa e nel mondo accademico si accetta passivamente che la contraccezione si estenda fino a impedire l’impianto, ma è aberrante e anche contrario al sentire comune. A differenza di quanto pretende il mondo accademico, la gente comune  ritiene correttamente che “contraccettivo” sia tutto ciò che impedisce il concepimento e “abortivo” sia, invece, tutto ciò che agisce dopo il concepimento eliminando il concepito.

A chi è destinato il libro “Da Vita a Vita?

Come scrivo nell’introduzione, il libro è diretto soprattutto ai ragazzi, agli studenti: credo che leggendo la prima parte, auspicabilmente insieme ai loro insegnanti che li aiutino a consolidare le informazioni, essi non possano che appropriarsi con stupore della perfezione di questi apparati e meccanismi fisiologici che permetteranno loro di trasmettere la vita. Credo anche che, divenendone consapevoli, essi apprendano come sia possibile regolare la propria capacità di procreare senza mai interferire con l’esistenza di un figlio e cioè che essi sappiano distinguere con chiarezza le metodiche che consentono di prevenire i concepimenti da quelle che, al contrario, impediscono al figlio di sopravvivere. E soprattutto che il rispetto per la vita del figlio dal suo inizio possa essere il criterio fondamentale in ogni scelta inerente la procreazione.

Da Vita a Vita” è diretto anche agli operatori del settore, a chi tiene corsi di educazione sessuale, alle coppie che desiderino vivere responsabilmente la propria capacità di procreare. E’ diretto a chiunque voglia conoscere l’immenso mistero della procreazione, almeno nei termini biologici in cui esso si realizza, e in esso riconoscere anche la propria storia fin dai suoi primi istanti. Il testo è rigorosamente scientifico, ma è intriso della perfezione degli eventi che descrive e dall’affetto e dal profondo rispetto per quel piccolo essere umano che può emergerne. Vorrei che ognuno apprezzasse questa grande Bellezza, se ne innamorasse, la sentisse intimamente costitutiva di sé e la proteggesse come un bene prezioso, in se stesso e negli altri.

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Fonte: http://vitanascente.blogspot.it/

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Un libro per educare i più piccoli all'affettività https://it.zenit.org/2015/03/12/un-libro-per-educare-i-piu-piccoli-all-affettivita/ https://it.zenit.org/2015/03/12/un-libro-per-educare-i-piu-piccoli-all-affettivita/#respond Thu, 12 Mar 2015 00:00:00 +0000 https://it.zenit.org/un-libro-per-educare-i-piu-piccoli-all-affettivita/ 'Ora ti racconto come sei nato...', testo scritto a quattro mani, aiuta i genitori a rispondere alle domande dei bambini su temi delicati

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Ora ti racconto come sei nato… Storie e idee per l’educazione sessuale e affettiva dei bambini. Questo il titolo del libro edito da Àncora Editrice e  scritto da Aldo Andaloro e Pierluigi Diano. Ne parliamo con uno degli autori: Pierluigi Diano, medico, giornalista ed illustratore, autore di varie pubblicazioni, tra cui Educazione sessuale a fumetti! (pubblicato da Àncora Editrice nel 2009), destinato agli over 10, tradotto in spagnolo e in polacco. Il dottor Diano si occupa da molti anni di divulgazione scientifica, con una particolare attenzione ai temi della famiglia.  Ha pubblicato anche  Gli errori di mamma e papà, Sarò mamma, Sarò papà, La mamma e il suo bambino e Grande Atlante del Corpo Umano, edito da Fabbri e tradotto in francese, tedesco, ceco e russo.

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Dottor Diano, come è nata l’idea di questo libro?

Ora ti racconto come sei nato…, da pochi mesi in libreria, è nato soprattutto grazie al co-autore Aldo Andaloro. Ci siamo conosciuti tramite internet. Lui rimase piacevolmente sorpreso dal mio precedente libro Educazione sessuale a fumetti!, dedicato agli adolescenti, e mi propose questa nuova avventura nel mondo dei bambini.

Un libro… a quattro mani….

Andaloro è uno straordinario maestro delle elementari, da qualche anno in pensione, che ha combinato da subito l’insegnamento didattico tradizionale con la passione per il tema “vitale” degli affetti e della sessualità da affrontare con i suoi bambini, sviluppando un innovativo metodo didattico e una eccezionale esperienza. Basti pensare che è autore di uno dei primi testi di educazione sessuale per i più piccoli, scritto negli anni ’70 a Palermo. Tuttora mantiene il filo diretto con i bambini tramite il suo sito internet aldoeduweb.it.

Io, come medico di famiglia, ho invece la mia esperienza quotidiana con le dinamiche genitori-figli che si coniugano con tutto quanto riguarda la prevenzione e l’attenzione alla salute a 360°, ovvero su come star bene sia dentro sia fuori. Oltre ai testi, ho curato personalmente le illustrazioni. Quindi ho potuto dare supporto iconografico a tutto ciò che mi sembrava opportuno dettagliare, senza rischio di lesinare in figure. Anche i disegni li ho realizzati con stile diverso, molto giocosi per i bambini, precisi e scientifici quando entriamo in dettagli sulle piccole patologie e disturbi da prevenire in età pediatrica. In effetti, penso che, mettendo insieme le nostre personalità, Aldo ed io abbiamo realizzato un libro davvero particolare e – in un certo senso – innovativo. Non ci siamo preoccupati di nient’altro del fatto che potesse essere davvero utile e completo, per tutta la famiglia. E pure per gli insegnanti.

Il libro è un manuale, anzi “una cassetta degli attrezzi” indispensabile per raccontare e far capire come nascono i bambini….

Ma anche come nascono gli insegnanti e i genitori. Volevamo infatti realizzare un libro che guidasse l’educazione nel senso pieno del termine, quindi che coinvolgesse tutti i “protagonisti” – bambino, insegnanti e genitori – rivolgendoci ad ognuno con il proprio linguaggio.

Qual è, a suo parere, il momento più opportuno per iniziare a raccontare ad un bambino ”come è nato”?

Solo un genitore può rendersi conto di quando sia il momento “giusto”. Ogni bambino ha infatti il proprio percorso conoscitivo e le proprie fasi di sviluppo psicologico. L’insorgenza della fatidica domanda “come sono nato?“, varia pertanto da bambino a bambino e può celare in sé diverse sfumature di curiosità. Vuole sapere davvero “come” o piuttosto “perché”? Vuole sapere “da dove viene”? Vuole avere conferma di qualcosa che ha “sentito dire” da altri? Solo un genitore può avere la sensibilità per rendersi conto della risposta che sta cercando il proprio figlio.

In linea di massima, sappiamo comunque che fino ai 3 anni il bambino è più interessato alla conoscenza e alla scoperta del suo corpo; tra i 3 e 4 anni inizia a rivolgere la sua attenzione a come sono fatti gli altri; tra i 4 e i 5 anni può essere già soddisfatto di sapere come si è sviluppato nella pancia della mamma, senza necessità di dettagli sulla fase del concepimento; tra i 5 e i 6 anni, avendo il bambino acquisito una discreta conoscenza delle differenze degli organi riproduttivi maschili e femminili, può iniziare a comprendere la dinamica del rapporto sessuale.

Cosa devono fare i genitori per creare l’ambiente adatto per un dialogo sereno su questi temi con i loro bambini?

I genitori non devono far nulla di straordinario rispetto “all’ordinaria straordinarietà di volersi bene”. Il loro esempio nel vivere in armonia nonostante le difficoltà, il sapersi aiutare e supportare nei momenti difficili, l’imparare a perdonare quando serve, valgono più di un milione di parole. Vivendo nel rispetto e nella comprensione reciproca, i figli impareranno a comprendere l’importanza che c’è dietro un “giuramento d’amore” che diventa promessa quotidiana. Devono essere il papà e la mamma i veri “sex symbol” per i nostri ragazzi, non gli stereotipi che mostrano loro la televisione e la pubblicità.

Ora ti racconto come sei nato contiene un racconto divertente da sfogliare con i propri figli, ma anche una raccolta di “letterine” dei bambini che chiedono risposte su affetti e sessualità…

In effetti, nella prima parte del libro si trova un racconto da leggere serenamente con i propri figli ed una simpatica raccolta di letterine di bambini, che pongono i loro quesiti su sessualità e dintorni. Come ho già detto, mi sono occupato anche di realizzare le illustrazioni, quindi ce l’ho messa tutta per rendere quest’area molto simpatica e curiosa, in modo da stimolare il più possibile lo stupore e la poesia, sentimenti che non devono mai mancare quando si parla della bellezza della vita e dell’amore.

Lei ed Aldo Andaloro, coautore del testo, amate definirlo un libro “BIG”: in che senso?

Con un po’ di scherzosa presunzione, sul retro di copertina, noi abbiamo scritto che “è BIG!”, partendo dalle iniziali di Bambini, Insegnanti e Genitori. In effetti è suddiviso in tre parti. La prima parte, come abbiamo accennato, è dedicata ai più piccini, con un divertente racconto da sfogliare insieme ai genitori e una graziosa raccolta di letterine di bambini che chiedono risposte su affetti e sessualità. La seconda parte è per gli educatori scolastici: una vera e propria guida con punti, spunti e appunti, per affrontare al meglio l’argomento con i propri alunni; si danno informazioni sulle attuali normative e consigli concreti (metodi ed esperienze) su come sviluppare questi temi in classe. Infine, la terza parte è una piacevole chiacchierata con i genitori, a tutto campo su educazione, igiene, prevenzione dei disturbi dell’età pediatrica, pubertà, internet, tv…

Per gli insegnanti ed i genitori il testo è veramente una guida con punti, spunti ed appunti per svolgere al meglio la propria funzione educatrice…

Il tema degli affetti e della sessualità è il tema della vita. Richiede un’esplorazione interiore, per scoprire su cosa si basano davvero le nostre speranze, le nostre sicurezze, la nostra disponibilità verso gli altri. Penso che questa sia l’area educativa per eccellenza per un insegnante: accompagnare un bambino a scoprire la forza dell’amore che è dentro di lui.

Nella parte dedicata ai genitori, il libro contiene molti consigli sulla cura del corpo e sull’igiene del bambino…

In effetti, abbiamo dedicato una particolare attenzione ad un’area spesso sottovalutata dai libri di questo settore educativo, ovvero l’attenzione all’igiene e prevenzione su malattie e disturbi che possono influenzare la fertilità
degli “uomini di domani”. Siamo inoltre stati al passo con i tempi attuali, aiutando i genitori a porre particolare attenzione all’attuale esposizione dei bambini a internet, ai messaggi televisivi, alla moda… Ci è anche scappata qualche “parolaccia”… in senso scherzoso, ovvero qualche parola che ormai quasi non si osa più pronunciare ai nostri bambini, come “pudore”, “umiltà”, “mitezza”, “rispetto”, “intimità”. Molti spunti interessanti per raccontare non solo come si nasce ma anche come si cresce.

Ora ti racconto come sei nato” è anche un libro… interattivo?

In un certo senso sì, perché chiediamo ai nostri lettori di mantenere il dialogo aperto con noi, attraverso il sito aldoeduweb.it o la apposita pagina facebook “oratiraccontocomeseinato”, che ha già circa 3.500 fans, dove parliamo dei temi del libro e non solo. In particolare, chi visita la nostra pagina facebook troverà sempre serenità e buonumore, perché il vero inizio di ogni vita nasca sempre da un sorriso.

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Fonte: http://vitanascente.blogspot.it/

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La Quercia Millenaria: accoglienza, contro la 'cultura dello scarto' https://it.zenit.org/2015/01/26/la-quercia-millenaria-accoglienza-contro-la-cultura-dello-scarto/ https://it.zenit.org/2015/01/26/la-quercia-millenaria-accoglienza-contro-la-cultura-dello-scarto/#respond Mon, 26 Jan 2015 00:00:00 +0000 https://it.zenit.org/la-quercia-millenaria-accoglienza-contro-la-cultura-dello-scarto/ Da una gravidanza bollata come "inutile" dalla scienza è nato un bambino sereno e un'Associazione che accompagna amorevolmente la vita nascente

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L’associazione “La Quercia Millenaria”, nata il 14 gennaio 2005 come unico centro in Italia atto ad assistere le coppie a seguito di una diagnosi di malformazione fetale fatta al proprio bambino, festeggia ora il decimo anno di attività  sulla strada della tutela della maternità, dell’accoglienza e dell’accompagnamento amorevole della vita nascente. Ne parliamo con Sabrina Pietrangeli Paluzzi, Presidente dell’Associazione.

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Sabrina, come è nata La Quercia Millenaria?

Sono sposata con Carlo Paluzzi dal 1995. Abbiamo tre figli: Priscilla di 18 anni, Vivian di 14, e poi un maschietto di 12 anni, Giona. Proprio lui ha dato inizio a questa avventura che ci ha portati davvero molto lontano, cambiando il nostro modo di pensare e di vivere. Al quinto mese di gravidanza ci siamo sentiti dire che nostro figlio era un “feto terminale incompatibile con la vita”. Dalla nostra storia abbiamo imparato che nessuna sofferenza è senza senso, e che se accolta con amore si trasforma in benedizione. La nostra terza gravidanza era stata accolta da tutti noi con una gioia infinita: non avremmo mai pensato che ci avrebbe cambiato la vita per sempre…

Ci spieghi…

Durante l’ecografia morfologica del quinto mese, è stato diagnosticato un quadro terribile: una malformazione urinaria gravissima aveva portato ad una situazione interna che non dava possibilità di scampo. Il nostro bambino presentava mega vescica, idroureteronefrosi bilaterale, ascite addominale, idropericardio, idrocele, piede torto monolaterale, assenza totale di liquido amniotico, principio di scompenso cardiocircolatorio. Ci è stato suggerito di abortire, sia nel centro di I livello a cui ci eravamo rivolti, la nostra Asl di appartenenza a Roma, e poi in un centro di II livello, un grande Policlinico romano, diretto da una équipe specializzata nelle diagnosi prenatali. L’alternativa sarebbe comunque stata la morte in utero del nostro bambino, a cui sarebbe seguito un parto pilotato. Dopo il nostro “no” deciso all’aborto, nessuno pareva poter fare qualcosa per noi, e così ci siamo trovati senza punti di riferimento. Quando dopo dieci giorni passati allo sbando, un’amica si presentò con il numero del prof. Noia al Centro Diagnosi e Terapia Fetale del Policlinico Gemelli, l’unico Centro di III livello a Roma, si è aperta una nuova strada, un tentativo che inizialmente non sembrava dare esiti positivi, ma che poi ha prodotto una svolta significativa tuttora inspiegabile nella situazione del nostro bambino. Abbiamo agito quando lui era ancora nella pancia, con un intervento invasivo di correzione. Inizialmente la cosa è sembrata inutile: lui, anziché migliorare, stava peggiorando.

E poi?

Poi, c’è stata quella che in gergo medico è stata classificata come “risoluzione naturale”. Per noi ha un altro nome, ma quel che importa è che la vita abbia trionfato. Giona è riuscito a nascere. C’è stato un lunghissimo percorso di lotta e di sofferenza: infezioni, ricoveri, interventi chirurgici… Per sette mesi non siamo riusciti a tornare nella nostra casa. Oggi Giona ha 11 anni, e da molto tempo è entrato in una fase di insufficienza renale cronica di grado moderato, più alcuni disagi che affrontiamo con amore, speranza, e gioia di vivere. Lui risponde a tutto ciò con un atteggiamento molto positivo, e al di là di qualche difficoltà, che per un bambino di questa età si traducono semplicemente nel disappunto di non poter mangiare tutte le cose che vorrebbe, dovendo lui seguire un regime dietetico, e nel fatto che non può praticare sport violenti, vive pienamente facendo le cose che fanno tutti i bambini: va a scuola, corre come tutti, fa ginnastica, è pieno di vita, amorevole, simpatico, positivo ed estroverso. Non soffre fisicamente, è felice di esistere, dona gioia a chiunque lo vede, soprattutto a noi che lo amiamo follemente. Porta con sé qualche cicatrice come ricordo, ma anche il bagaglio della fede e la vita stessa, che sempre merita di essere vissuta.

Quali i momenti significativi nel vostro percorso?

Nel nostro percorso abbiamo incontrato tre medici meravigliosi, che hanno riconosciuto in quel loro paziente il figlio che era per noi: unico, irripetibile, prezioso. Oggi sono i nostri collaboratori: il prof. Giuseppe Noia, vicepresidente di questa Associazione, nonché socio fondatore, responsabile del Centro Diagnosi e Terapia Fetale del Gemelli, il prof. Alessandro Calisti, primario di Chirurgia Pediatrica e Urologia al S. Camillo Forlanini di Roma, ora in pensione, e poi il dr. Mario Castorina, eccelso pediatra del Policlinico Agostino Gemelli di Roma, specialista in numerose branche della pediatria, con una particolare eccellenza nelle nefropatie e nelle malattie metaboliche come la mucopolisaccaridosi. Questi medici hanno messo a nostra disposizione tutto ciò che avevano imparato in una vita di studio e di lavoro. Hanno collaborato strettamente, pur appartenendo a diversi presidi ospedalieri, con lo spirito di chi svolge il proprio lavoro per salvare vite umane e non per gratificare se stesso. Tutto ciò che abbiamo vissuto ha dato a me e Carlo la voglia di donare ad altri il frutto della nostra esperienza, affinché nessun’altra mamma si trovi davanti ad una sofferenza del genere senza un aiuto adeguato che la porti a tentativi validi per salvare la sua creatura. E soprattutto senza contemplare l’aborto come unica via.

Avete conosciuto altre famiglie nella vostra stessa condizione?

Abbiamo scoperto di non essere soli. Altre famiglie hanno fatto una scelta di vita come la nostra. Famiglie e storie meravigliose, che hanno accettato di mettersi a disposizione di chi vorrà contattarle per avere un aiuto, un sostegno in una scelta oggi inconsueta: quella di accogliere la vita, nonostante tutto. L’incontro con le altre famiglie ci ha aperto gli orizzonti anche ad altri modi di vivere la nostra spiritualità. Abbiamo potuto conoscere quale fermento c’è nella Chiesa cattolica e cristiana in genere, e quanti doni e frutti ancora oggi produce lo Spirito Santo in coloro che lo accolgono e ascoltano la sua voce. Abbiamo dato spazio a nuove esperienze, lasciando il cammino di fede che percorrevamo da 15 anni, e abbracciando una fede totalizzante, in comunione con tutte le Chiese cristiane. Abbiamo inoltre imparato che la scelta di accogliere una vita, non ha a che fare con la religione. Ci è stato insegnato dagli atei che un figlio si può amare per il solo fatto di riconoscerlo come figlio, dono prezioso da proteggere. Abbiamo così imparato a sostenere anche i percorsi di chi non desidera sentirsi raccontare di Dio, ma essere semplicemente sostenuto nella sua scelta di essere genitore pienamente.

La Quercia Millenaria risulta essere iscritta già dal 2008 nella lista internazionale degli Hospices perinatali come unica struttura in Italia ad occuparsi di Comfort Care. Qual è stata l’innovazione che avete apportato in questo ambito?

L’innovazione è stata quella che per la prima volta i volontari sono entrati in sala parto, in un reparto dove si fanno interventi chirurgici (molte di queste nascite possono richiedere un taglio cesareo, o perché la mamma ne ha già fatti in precedenza, oppure perché il parto spontaneo o indotto non si avvia come dovrebbe, o in rari casi, su specifica richiesta della mamma motivata da valide ragioni psicologiche). Per la prima volta in Italia un fotografo si è premurato di essere nella sala operatoria a catturare i primi, rari, unici e preziosi momenti di vita del bambino incompatibile con la vita; la mamma ha potuto godere di una presenza amica che si è presa cura di lei per tutta la gravidanza (i volontari della Quercia, per l’appunto). Si è potuto fare da garanti tra i desideri dei genitori e le esigenze della struttura ospedaliera: fornendo al piccolo il Battesimo quando richiesto, con il sacerdote già pronto e allertato, prendere le impronte del piccolo da regalare ai genitori con
uno speciale calco, garantire ai genitori di poter passare più tempo possibile col loro piccolo, e far incontrare il piccolo con i fratellini e i nonni, accompagnandoli momento per momento.

La vostra Associazione si occupa di bambini che la scienza chiama “feti terminali”, incompatibili con la vita…

Alla Quercia Millenaria arrivano casi di gravidanze con diverse problematiche, ma la specialità della Quercia è la gravidanza ad alto rischio in presenza di gravi malformazioni del feto, colui che viene per l’appunto definito come “terminale”, cioè incompatibile con la vita. È un momento molto duro per la coppia di genitori che si deve interfacciare con un figlio diverso dalle aspettative, un figlio che con molta probabilità perderanno poco dopo la nascita. È lì che allo sconforto della diagnosi, specie se fatta in modo asettico, quando non crudele, si aggiunge suadente il pensiero che continuare quella gravidanza sarebbe inutile, o addirittura si inizia a pensare che l’interruzione di essa possa recare benefici al bambino. Aiutando i genitori, attraverso una condivisione del problema, con coppie che hanno già vissuto il momento e specialisti umani che motivano come la scelta di interrompere la gravidanza non solo non fa sentire amato il bambino, ma interrompe il progetto di amore genitoriale in modo violento, provocando poi danni a livello psicologico e medico ai genitori, la coppia per il 90% dei casi, sceglie di accompagnare il suo bambino fino all’esito naturale. I frutti di questa scelta sono abbondanti: anche dopo la morte del figlio, le coppie non si rompono, le mamme non vanno in depressione, si riaprono rapidamente alla vita di nuovo, i fratelli quando presenti, elaborano in modo sano il lutto.

Quanta strada in 10 anni: apertura dell’Hospice, di Centri di ascolto, costituzione di Reti di famiglie, convegni, libri…

In 10 anni veramente tantissima strada, se si pensa che tutto è nato da un bambino, Giona Paluzzi, che per la scienza era inutile portare avanti, che doveva morire, o essere eliminato, e oggi ha quasi 12 anni e una vita serena nonostante le difficoltà legate alla sua condizione di insufficienza renale cronica e grazie alla nascita de La Quercia Millenaria, ispirata ai suoi genitori dalla sua storia, 200 bambini hanno potuto godere di interventi prenatali atti a migliorare le loro condizioni in modo a volte risolutivo, e oggi sono vivi e stanno bene.

Quali progetti per il futuro?

È in uscita un nuovo libro dove si spiega proprio come in Italia la Quercia abbia portato questa innovazione. Vorrei che fosse una specie di base da cui poter far nascere un Hospice Perinatale in ogni ospedale regionale. Gli ospedali di secondo e terzo livello dovrebbero essere preparati a fronteggiare l’aumento delle coppie che stanno scegliendo di dare continuità naturale alla vita di questi piccoli, persino quando la durata di quella vita può contarsi in pochi minuti o poche ore. Oggi, con l’esperienza maturata in 10 anni, siamo in grado di offrire un servizio di formazione al personale delle sale parto e dei reparti di ostetricia, sul co-accompagnamento alle coppie suddette, insieme ad un team di volontari de La Quercia Millenaria adeguatamente formati e assicurati. Inoltre stiamo cercando una sede su Roma, perché nella periferia, dove abbiamo attualmente la sede, è abbastanza difficile ospitare le coppie, vista la distanza chilometrica dagli ospedali di riferimento. Stiamo chiedendo a fonti religiose e politiche, e a gente di buona volontà. Speriamo di riuscire nell’intento!

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Fonte: http://vitanascente.blogspot.it/

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EllaOne e RU 486: gemelli diversi? https://it.zenit.org/2015/01/18/ellaone-e-ru-486-gemelli-diversi/ https://it.zenit.org/2015/01/18/ellaone-e-ru-486-gemelli-diversi/#respond Sun, 18 Jan 2015 00:00:00 +0000 https://it.zenit.org/ellaone-e-ru-486-gemelli-diversi/ EllaOne, la pillola dei cinque giorni dopo, e RU 486, pillola in uso per aborto chimico entro la 7a settimana di gravidanza, presentano una notevole analogia sia funzionale che strutturale dal punto di vista chimico

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EllaOne®, nota come pillola dei cinque giorni dopo, è prodotta dalla Laboratoire Hra Pharma di Parigi ed è commercializzata in Italia nella confezione da un’unica compressa contenente 30 mg di Ulipristal Acetato (il suo principio attivo).

E’ compresa nella categoria farmacoterapeutica: ormoni sessuali e modulatori del sistema genitale, contraccettivi d’emergenza (Codice ATC: G03AD02).1

Ulipristal Acetato (UPA) è una molecola appartenente alla famiglia dei SPRM (Selective Progesterone Receptor Modulator), i Modulatori Selettivi del Recettore Progestinico, la stessa di cui fa parte il Mifepristone (più conosciuto come RU486),molecola in uso per l’aborto chimico entro la 7a settimana di gravidanza.

L’Ulipristal Acetato ed il Mifepristone presentano un notevole analogia sia strutturale, essendo la loro struttura chimica pressoché sovrapponibile, sia funzionale, condividendo anche uno spiccato effetto antiprogestinico.2

Com’è noto, l’ormone progesterone è indispensabile per lo sviluppo della gravidanza: prepara l’utero all’annidamento dell’embrione. L’Ulipristal Acetato si lega ai recettori del progesterone e ne impedisce l’azione, interferendo così con l’impianto dell’embrione e svolgendo in tal modo un’azione di tipo intercettivo-abortivo.

Il Prof. Lucio Romano, del Dip. di Scienze Ostetrico-Ginecologiche dell’Università di Napoli “Federico II”, ricorda come i primi studi su UPA siano stati realizzati confrontando l’azione di quest’ultimo con quella della RU486.3

Il Dott. Bruno Mozzanega, ricercatore presso la Clinica Ginecologica e Ostetrica dell’Università di Padova, sottolinea che sia l’Ulipristal che l’RU486 si sono dimostrati efficaci come contraccettivi di emergenza e che “(…) se ne è proposto l’utilizzo come “contraccettivo” in mono-somministrazione da somministrare due giorni dopo l’ovulazione col fine evidente di impedire l’annidamento (…). Gli effetti uterini delle due molecole sono quindi sovrapponibili e UPA non presenta nemmeno quella inibizione surrenalica che da alcuni si era invocata come possibile concausa delle infezioni letali da Clostridium Sordelli osservate a seguito di IVG con Mifepristone.”4

Il Dott Mozzanega prosegue poi rilevando che, nonostante detto vantaggio, l’UPA non è stato sperimentato in ambito di interruzione di gravidanza, forse con l’intenzione di tenerlo dissociato, anche in termini di immagine, da questo tipo di utilizzazione ed afferma poi che “non si può negare, tuttavia, e anzi va ribadito, che a livello di utero e di procreazione i suoi effetti siano sovrapponibili a quelli della RU486. Se per l’interruzione chimica della gravidanza si utilizzano 200 mg di RU486, è verosimile che lo stesso quantitativo di UPA sia in grado di sopprimere, in eguale modo, l’embrione.”5

Nel foglietto illustrativo di ellaOne approvato nel gennaio 20126 viene riportato che questo contraccettivo orale di emergenza può essere usato entro e non oltre 120 ore (5 giorni) dal rapporto sessuale non protetto da altri metodi contraccettivi o in seguito al fallimento di un metodo contraccettivo per prevenire una gravidanza. E’ riportato inoltre che “ellaOne agisce modificando l’attività dell’ormone naturale progesterone” e che “si ritiene che ellaOne agisca bloccando l’ovulazione.”7

Il “si ritiene” non dà però la certezza riguardo al suo meccanismo d’azione. Nella Sintesi destinata al pubblico su ellaOne® dell’EMA (European Medicines Agency, lAgenzia europea predisposta all’approvazione dei medicinali)8, aggiornata al 15 marzo 2012, si dice che: “Perché inizi la gravidanza occorre che si verifichi l’ovulazione (rilascio dell’ovulo) seguita dalla fecondazione dell’ovulo (fusione con uno spermatozoo) e dal suo impianto nell’utero. Il progesterone, un ormone sessuale, svolge un ruolo nel determinare i tempi dell’ovulazione e preparare la pareteuterina ad accogliere l’ovulo fecondato. Il principio attivo di ellaOne, […] si lega ai recettori ai quali normalmente si lega il progesterone,inibendo così all’ormone di avere effetto. Attraverso la sua azione sui recettori del progesterone, ellaOne impedisce le gravidanze principalmente mediante la prevenzione o il ritardo dell’ovulazione.”9

Anche la S.I.C. (Società Italiana della Contraccezione) e la SMIC (Società Medica Italiana per la Contraccezione) nel documento “Ulipristal Acetato – Un nuovo farmaco per la contraccezione d’emergenza: aspetti clinici, medico-legali e percorsi di utilizzo10 riportano che il meccanismo d’azione primario dell’UPA come contraccettivo d’emergenza consiste nel ritardare o inibire l’ovulazione. Si può notare come si indichi l’azione del farmaco come “principalmente” o “primariamente” dovuta all’azione sull’ovulazione, non evidenziandone anche quella di impedimento dell’annidamento dell’ovulo fecondato sull’endometrio.

L’EMA, nel CHMP Assessment Report for Ellaone11 del 2009 riporta i possibili differenti meccanismi d’azione del farmaco:

“ – Ability to block, disrupt or delay ovulation

– Ability to block or delay ovulation even after the onset of the LH surge

– Ability to delay maturation of the endometrium likely resulting in prevention of implantation”12: “capacità di bloccare, interrompere o ritardare l’ovulazione; capacità di bloccare o ritardare l’ovulazione anche dopo l’inizio del picco di LH; capacità di ritardare la maturazione dell’endometrio il cui probabile risultato è la prevenzione dell’impianto.”

Nella documentazione EMA relativa ad ellaOne si afferma che: “Dati farmacodinamici mostrano che anche se assunto immediatamente prima dell’ovulazione, in alcune donne ulipristal acetato è in grado di posticipare la rottura follicolare.”13

Il Dottor Bruno Mozzanega del Dipartimento di Scienze Ginecologiche e della Riproduzione Umana dell’Università di Padova rileva come l’affermazione “immediatamente prima dell’ovulazione” sia mutuata dallo studio di Vivian Brache, la quale, nel titolo del suo articolo14, nell’abstract e nelle conclusioni (le prime parti che si rilevano a colpo d’occhio), utilizza questa espressione, salvo poi contraddirsi nei risultati da lei riportati.15

Nel suo articolo “Immediate pre-ovulatory administration of 30 mg ulipristal acetate significantly delays follicular rupture” la ricercatrice afferma infatti che “when UPA was given at the time of the LH peak, the time elapsed to rupture was similar to placebo (1.54+0.52 versus 1.31+0.48)16 e cioè che, come sottolineato dal Dottor Mozzanega, 1-2 giorni prima dell’ovulazione, i giorni più fertili del ciclo mestruale, ellaOne non è in grado di inibire o posticipare l’ovulazione: le donne trattate con UPA e con placebo ovulano tutte al momento previsto, circa due giorni dopo avere assunto il trattamento.17

Il CHMP Assessment Report for Ellaone asserisce che: “Treatment of cell cultures significantly inhibited estrogen and progesterone stimulated proliferation of endometrial stromal cells”18: “su colture di cellule, ulipristal acetato inibisce in maniera evidente la proliferazione delle cellule stromali dell’endometrio stimolata da progesterone ed estrogeni”.

Si afferma pure che “since progesterone is critical for implantation, it was thought that may have promise as a contraceptive agent19:“poiché il progesterone è critico per l’impianto, si è pensato che ulipristal acetato potesse essere promettente come agente contraccettivo”.

La conclusione è che: “The primary mechanism of action is thought to be inhibition or delay of ovulation, but alterations to the endometrium may also contribute to the efficacy of the product, as sufficiently documented”20: “il principale meccanismo d’azione del farmaco si pensa sia l’inibizione o il ritardo dell’ovulazione, ma alterazioni dell’endometrio possono anche contribuire all’efficacia del prodotto, come sufficientemente documentato.

Nell’assessment di EMA viene inoltre evidenziato che deve essere effettuato un test di gravidanza prima di assumere il farmaco allorchè non si possa escludere una gravidanza in atto e che la ditta produttrice deve predisporre azioni atte a prevenirne l’uso scorretto (a scopo abortivo). Viene consigliato anche di implementare un registro delle prescrizioni, ma non prima di uno o due anni dalla commercializzazione del prodotto.21

Il Dott. Bruno Mozzanega e il Dott. Erich Cosmi, del Dipartimento di ScienzeGinecologiche e della Riproduzione Umana dell’Università di Padova, in un articolo apparso sull’Italian Journal of Obstetrics and Gynaecologists nel 201122</a>, rilevano che, nonostante l’azienda produttrice sostenga che Ulipristal somministrato nel periodo fertile del ciclo (nei quattro-cinque giorni che precedono l’ovulazione) riesce a posticipare l’ovulazione stessa e dunque ad impedire l’incontro di uovo e spermatozoo, attribuire esclusivamente questo effetto a detto farmaco sia quantomeno impreciso. Dopo aver premesso che il concepimento può avvenire soltanto se il rapporto sessuale si è verificato nei quattro – cinque giorni fertili pre-ovulatori, durante i quali il muco cervicale consente agli spermatozoi di risalire all’interno dei genitali femminili, e che il concepimento di norma avviene entro 24 ore dalla liberazione dell’uovo, spiegano che: “nei giorni fertili si verificano, a livello della ghiandola ipofisi, i fenomeni che preparano e determinano l’ovulazione, nell’ordine: un progressivo aumento nel rilascio dell’ormone LH che culmina, dopo 48 ore, nel picco dell’LH che a sua volta, nel giro di ulteriori 24-48 ore, esita nella liberazione dell’uovo23 ed affermano che, se si visualizzano detti fenomeni su un grafico rappresentante i 4-5 giorni fertili del ciclo mestruale, si può comprendere come il periodo precedente il rialzo dell’LH si possa identificare con l’inizio del periodo fertile, quello in cui si verifica l’aumento dell’LH (48 ore) coincide verosimilmente con il secondo e terzo giorno fertile del ciclo, mentre gli ultimi giorni fertili, quelli immediatamente pre-ovulatori, sono verosimilmente i giorni successivi (24-48 ore dopo il picco dell’LH). Nell’articolo si afferma poi che:

“(…) vi è un unico studio che valuta l’efficacia di ulipristal (un’unica dose di 30 mg per os) sulla ovulazione, quando viene somministrato nel periodo fertile del ciclo (…). Il numero di donne studiate è esiguo: 34; esse vengono suddivise in tre gruppi a seconda che ricevano il farmaco prima che l’LH inizi ad aumentare, oppure durante la fase di incremento dell’LH, o ancora dopo il picco dell’LH.”24 e si rileva che da questo studio l’ovulazione risulta ritardata soltanto nelle otto donne trattate all’inizio del periodo fertile, cioè prima che inizi l’aumento dell’LH. Se invece il farmaco viene assunto quando l’LH ha già cominciato a salire, l’ovulazione è ritardata soltanto in 11 donne su 14. Nelle pazienti trattate quando il picco dell’LH si è già verificato, l’ovulazione viene ritardata solo in una donna su 12.25

I due autori dell’articolo rilevano quindi che: “E’ per lo meno inesatto affermare che ellaOne assunta nel periodo fertile del ciclo, e cioè prima della ovulazione, agisca con un meccanismo anti-ovulatorio. Anche dando per scontato che un gruppo di 8 donne sia un numero adeguato e sufficiente alla statistica e consenta deduzioni universalmente valide, solo il trattamento all’inizio del periodo fertile sembra realmente ritardare l’ovulazione. In questo caso, però, un rapporto risalente da 1 a 5 giorni prima sarebbe avvenuto in un periodo del ciclo verosimilmente non ancora fertile e quindi il farmaco verrebbe assunto inutilmente. Quando invece ulipristal viene assunto nei successivi giorni fertili, i tre o quattro giorni che precedono l’ovulazione, la maggioranza delle donne ovula regolarmente ed evidentemente può concepire; l’endometrio, invece, risulterà gravemente compromesso e sarà del tutto inadeguato all’impianto. Infatti, l’assunzione di una sola dose del farmaco altera profondamente la recettività del tessuto, sia che essa avvenga a metà della fase follicolare (…) (prima ancora che inizi il rialzo dell’LH), sia che essa avvenga esattamente a metà ciclo nel giorno dell’ovulazione o in quello immediatamente successivo (…) sia che essa avvenga infine a metà della fase luteale (…) (proprio nei giorni in cui l’embrione dovrebbe impiantarsi).26

Nell’articolo citato si evidenzia inoltre che: “L’effetto inibitorio sulla maturazione dell’endometrio è diretto; è legato alla inibizione dei recettori tissutali per il progesterone (esattamente lo stesso meccanismo con cui agisce la RU486) e si verifica anche con i dosaggi più bassi di ulipristal (1 mg e 10 mg). L’effetto inibitorio sull’endometrio, infine, non risulta correlato a variazioni nei livelli degli ormoni del ciclo mestruale, che si osservano soltanto con dosaggi di farmaco più elevati.”27

Il risultato è che le donne che assumono il farmaco dopo un rapporto sessuale avvenuto nel periodo fertile del ciclo mestruale per la maggior parte ovulano e possono concepire, ma l’endometrio è irrimediabilmente compromesso, indipendentemente dal momento in cui il farmaco venga assunto.

I due ricercatori fanno notare come si presenti e si reclamizzi ellaOne, “la pillola dei cinque giorni dopo”, come prodotto totalmente efficace anche se assunta cinque giorni dopo il rapporto sessuale avvenuto nel periodo fertile del ciclo mestruale e osservano che: “Se immaginiamo un rapporto il giorno prima dell’ovulazione, con il concepimento entro le successive 24 ore (e quindi 48 ore dopo quel rapporto sessuale), come potrà invocarsi un’azione anti-ovulatoria e anti-concezionale per un farmaco assunto fino a cinque giorni da quel rapporto, e quindi tre giorni dopo il concepimento stesso? Si avrà esclusivamente un’azione anti-annidamento.”28

Fonte: http://vitanascente.blogspot.it/

*

NOTE

1 http://www.ema.europa.eu/docs/it_IT/document_library/EPAR_-_Product_Information/human/001027/WC500
023670.pdf

2 Cfr.: Società Medico-Scientifica Interdisciplinare PROMED Galileo, Ulipristal acetato (CDB 2914) Meccanismo d’azione: aspetti scientifici, deontologici ed etici – Relazione tecnico –scientifica, cit. e Bruno Mozzanega, Mifepristone e Ulipristal Acetato: gemelli diversi? in Newsletter nr. 55 di Scienza & Vita, marzo 2012, p. 15-16.

3 Lucio Romano (a cura di), Pillola dei 5 giorni dopo: “solo” un contraccettivo?, bioFILES n 6, Associazione Scienza & Vita, 17 giugno 2011

4 Bruno Mozzanega, Mifepristone e Ulipristal Acetato: gemelli diversi?, cit., p. 15-16

5 Bruno Mozzanega, Mifepristone e Ulipristal Acetato: gemelli diversi?, cit., p.15-16

6 www.ellaoneonline.it/foglietto-illustratico-ellaone.html#1

7 www.ellaoneonline.it/foglietto-illustratico-ellaone.html#1

8 www.ema.europa.eu/docs/it_IT/document_library/EPAR__Summary_for_the_public/human/001027/W C500023671.pdf

9 www.ema.europa.eu/docs/it_IT/document_library/EPAR__Summary_for_the_public/human/001027/WC500023671.pdf

10 S.I.C. – S.M.I.C., Ulipristal Acetato – Un nuovo farmaco per la contraccezione d’emergenza: aspetti clinici, medico-legali e percorsi di utilizzo, p.1

11 EMA, CHMP Assessment Report for Ellaone, in www.ema.europa.eu/docs/en_GB/document_library/EPAR__Public_assessment_report/human/001027/WC500023673.pdf

12 EMA, CHMP Assessment Report for Ellaone, p. 9 in www.ema.europa.eu/docs/en_GB/document_library/EPAR_Public_assessment_report/human/001027/WC500023673.pdf

13 http://www.ema.europa.eu/docs/it_IT/document_library/EPAR__Product_Information/human/001027/WC500023670.pdf

14 Vivian Brache et al., “Immediate pre-ovulatory administration of 30 mg ulipristal acetate significantly delays follicular rupture”. Human Reproduction 2010, pp. 2256-2263

15 Intervento del Dottor Bruno Mozzanega alla Conferenza-stampa sulla commercializzazione di ellaOne- la cosiddetta pillola del quinto giorno dopo al Senato della Repubblica il 12 aprile 2012 in http://www-2.radioradicale.it/scheda/350181/conferenza-stampa-sulla-commercializzazione-di-ellaone-la-cosiddetta-pillola-del-quinto-giorno-dopo

16 Vivian Brache et al., “Immediate pre-ovulatory administration of 30 mg ulipristal acetate significantly delays follicular rupture”, cit., p. 2259

17 http://www-2.radioradicale.it/scheda/350181/conferenzastampa-sulla-commercializzazione-di-ellaone-la-cosiddetta-pillola-del-quinto-giorno-dopo

18 EMA, CHMP Assessment Report for Ellaone, p. 11 in http://www.ema.europa.eu/docs/en_GB/document_library/EPAR_-_Public_assessment_report/human/001027/WC500023673.pdf

19 EMA, CHMP Assessment Report for Ellaone, p. 22 in http://www.ema.europa.eu/docs/en_GB/document_library/EPAR_-_Public_assessment_report/human/001027/WC500023673.pdf

20 EMA, CHMP Assessment Report for Ellaone, p. 23 in http://www.ema.europa.eu/docs/en_GB/document_library/EPAR_-_Public_assessment_report/human/001027/WC500023673.pdf

21 EMA, CHMP Assessment Report for Ellaone, p. 45-46 in http://www.ema.europa.eu/docs/en_GB/document_library/EPAR_-_Public_assessment_report/human/001027/WC500023673.pdf

22 B. Mozzanega, E.Cosmi, Considerazioni su ellaOne(ulipristal acetato) in Italian Journal of Obstetrics and Gynaecologists, N. 2/3, 2011, pp. 107-112Cfr. anche B. Mozzanega, Why not? in Ginecorama, n. 6, Dic. 2011, pp.15-16

23 B. Mozzanega, E.Cosmi, Considerazioni su ellaOne (ulipristal acetato) in Italian Journal of Obstetrics and Gynaecologists, N. 2/3, 2011, pp. 107-112

24 B. Mozzanega, E.Cosmi, cit., pp. 107-112

25 Cfr.: Vivian Brache et al., “Immediate pre-ovulatory administration of 30 mg ulipristal acetate significantly delays follicular rupture”. Human Reproduction 2010, pp. 2256-2263

26 B. Mozzanega, E.Cosmi, cit, pp. 107-112

27 B. Mozzanega, E.Cosmi, cit, pp. 107-112

28 B. Mozzanega, E.Cosmi, cit, pp. 107-112

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