Yuna Kim, la regina del ghiaccio che prega la Regina del Rosario

La pattinatrice sudcoreana, battezzata nel 2008 dopo un cammino di conversione, è diventata simbolo di un Paese attraversato da un gran fermento cristiano

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Le decisioni dei giudici a favore degli atleti di casa sono una costante che si ripropone ad ogni Olimpiade. Sochi 2014 è destinata a non fare eccezione. Nei giorni scorsi, le polemiche hanno accompagnato la finale del pattinaggio di figura. In molti, infatti, sostengono che la pattinatrice russa Adelina Sotnikova sia riuscita a conquistare il gradino più alto del podio soltanto grazie a un giudizio non imparziale. Alcuni sostenitori della seconda classificata, la sudcoreana Yuna Kim, vogliono addirittura lanciare una petizione on-line per chiedere di ricontare il punteggio.

Chi non si lascia scalfire dalle polemiche, tuttavia, è proprio la ventiquattrenne atleta coreana. Campionessa olimpica a Vancouver 2010 e mondiale nel 2009 e nel 2013, Yuna Kim il suo personale gradino più alto l’ha scalato nel 2008. E da lì, non v’è giudice di gara che possa rimuoverla.

Enfant prodige del pattinaggio artistico, a soli 12 anni, vincendo i campionati sudcoreani, Yuna Kim attira le prime attenzioni dei media del suo Paese. Due anni dopo, nel 2004, compiuti i 14 anni richiesti dai regolamenti, arriva il debutto sul palcoscenico internazionale. Yuna si classifica seconda in diverse competizioni a livello mondiale, il suo volto angelico diventa famoso in Corea del Sud e il suo nome inizia a circolare anche al di fuori dei confini nazionali.

I destini di questa piccola atleta che libra sul ghiaccio come una farfalla, sembrano già lastricati di gloria. Ma per raggiungerli, il talento da solo non basta. Le si chiedono sacrifici e privazioni che per una adolescente risultano oltremodo gravosi. Lo ha raccontato il suo medico personale Cho Seong-yon alla trasmissione Rai “A Sua Immagine”, che ricorda che in quel periodo per Yuna inizia “una sorta di isolamento dai suoi coetanei”. E inoltre allenamenti, tensioni e sovraesposizione mediatica che potrebbero mordere i nervi ancora fragili di un’atleta così giovane.

Nel 2005, però, avviene un incontro che le cambia la vita. Il dottor Cho la mette in contatto con le suore che prestano servizio nella clinica privata che lui, devoto cattolico, guida a Seoul. La ragazza e sua madre rimangono colpite dal lavoro instancabile delle religiose dietro ai malati. Decidono quindi di frequentare la clinica, di assistere il lavoro e di approfondire la fede che anima queste suore.

Intanto, una serie di intoppi rischiano di ostacolare la sua straordinaria carriera sportiva. Nel 2005 un problema alle ginocchia la costringe a fermarsi per diversi mesi. La stagione successiva si ritira dai Campionati nazionali per un dolore alla schiena, che non è un fastidio passeggero: nel 2007 il dottor Cho le diagnostica un’ernia al disco che potrebbe farle appendere i pattini al chiodo.

La carriera di Yuna Kim si trova davanti a un bivio. La giovane è indecisa se operarsi o meno, i suoi consulenti non trovano un parere condiviso sul da farsi. Un po’ di affaticamento mentale diventa quindi inevitabile, Yuna decide così di contrastarlo isolandosi dal clamore mediatico tra le mura della clinica di Seoul. Qui lega in particolare con una suora, la quale le regala una medaglietta benedetta della Madonna.

Proprio in quei mesi, le cure sembrano finalmente funzionare. Yuna torna in pista senza dover ricorrere all’intervento chirurgico e conquista un insperato terzo posto. Sul podio Yuna, prima di baciare la medaglia di bronzo, bacia la medaglietta della Vergine che le ha donato la suora.

Un bacio che ha un valore più profondo di un semplice gesto scaramantico. Yuna e sua madre iniziano un cammino di conversione, che culmina per entrambe nel 2008, quando al termine del loro percorso di catecumene, vengono battezzate. Yuna sceglie come nome di battesimo Stella, per onorare la Stella del Mattino, la Vergine. E al dito decide di indossare un anello con i granelli del Rosario. “Nel momento del battesimo – spiega la giovane – ho sentito un’enorme consolazione nel mio cuore. Ho capito che era l’amore di Dio e gli ho promesso che avrei continuato sempre a pregarlo”.

Nel 2010, dopo l’oro conquistato a Vancouver, il cardinale Nicholas Cheong Jin-shuk, arcivescovo di Seoul, ha dichiarato: “Stella Kim ha toccato i cuori di tutti i coreani e ha dato loro felicità perché è riuscita a superare tante difficoltà dando il meglio di sé”. I cattolici in Corea del Sud sono il 10% della popolazione, ma la Chiesa è molto viva e il numero di battezzati adulti è il più alto al mondo. L’immagine di Yuna Kim che si fa il segno della croce, non appena si lancia sul ghiaccio per iniziare la sua gara, è il simbolo del fermento cristiano che attraversa questo Paese dell’Estremo Oriente.

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Federico Cenci

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