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Yemen: sdegno per il massacro. Le suore: "Non abbandoneremo il paese"

I vescovi indiani stigmatizzano il “vile attentato” ad Aden. E il vescovo Paul Hinder, vicario per l’Arabia meridionale, afferma: “Amate e ammirate da tutti. Questo dava fastidio”

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“Preoccupazione, sdegno e dolore per il vile attacco” sono stati espressi dai vescovi indiani, riuniti nella loro Assemblea plenaria a Bangalore, in riferimento al massacro avvenuto il 4 marzo a Aden, in Yemen, dove sono morte 16 persone e tra loro quattro suore. Le quattro religiose appartengono alla Congregazione delle Missionarie della Carità, e una di loro è suor Anselma, indiana, della diocesi di Gumla, nello Stato indiano di Jharkhand.
I circa 180 vescovi presenti all’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale indiana (Cbci) si sono riuniti in una speciale preghiera per le vittime, esprimendo profonde condoglianze alla congregazione fondata da Madre Teresa di Calcutta. “Questi attacchi brutali ai missionari cristiani da parte di menti malvagie non scoraggeranno il nostro impegno a servire i poveri e gli ammalati” hanno aggiunto. I vescovi hanno anche espresso preoccupazione e auspicato il pronto rilascio del Salesiano indiano padre Tom Uzhunnalil, sequestrato e tuttora nelle mani dei terroristi che hanno compiuto il massacro.
In una nota ripresa dall’agenzia Fides, le Missionarie della Carità rendono noto che dopo il massacro avvenuto in Yemen non abbandoneranno la loro opera in quel Paese, ma che “continueranno a servire i poveri e i bisognosi”. “Madre Teresa è sempre stata negli angoli più remoti del mondo, indipendentemente dalla situazione locale” hanno ricordato. A Calcutta, nella casa madre, le suore hanno celebrato una Eucaristia in suffragio delle loro consorelle uccise.

Sempre a Fides, il vescovo Paul Hinder, OfmCap, vicario apostolico per l’Arabia meridionale, riferisce che la popolazione locale “amava le suore di Madre Teresa uccise a Aden, ammirava il loro modo di servire gli altri senza guardare all’appartenenza religiosa, ma solo alla scelta di prediligere chi ha più bisogno. Questo suscitava simpatia e affetto tra il popolo. E forse proprio questo dava fastidio”.
Il presule conferma che al momento non si hanno notizie certe del sacerdote salesiano Tom Uzhunnalil, che si trovava presso la residenza assaltata dai terroristi e risulta tuttora scomparso: “Supponiamo che sia ancora nelle mani degli assalitori, e gli apparati yemeniti stanno cercando di trovarlo, ma finora le ricerche non hanno avuto esito” riferisce il vicario apostolico. Intanto suor Sally, la madre superiora della comunità, nativa del Kerala e scampata alla strage, si prepara a lasciare lo Yemen.
Circa un anno fa, quando in quel Paese è esploso il conflitto tra le forze governative e i ribelli Huthi, mons. Hinder ricorda di essersi confrontato con le suore sull’opportunità della loro permanenza in uno scenario divenuto a alto rischio. “Loro – ricorda il vicario apostolico dell’Arabia meridionale – mi dissero che non c’era niente da discutere: non sarebbero andate via, qualsiasi cosa fosse capitata, perché desideravano rimanere accanto a quelli che erano stati loro affidati. Era evidente che da parte di quelle suore inermi non si trattava di una esibizione di eroismo, ma solo del loro desiderio di seguire Cristo. Ho rispettato la loro scelta, e sono certo che il loro martirio porterà frutto, anche per le vite dei cristiani che vivono nella Penisola arabica”.

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ZENIT Staff

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