Vivere "in uscita" e mai considerarsi "gli unici destinatari della benedizione di Dio"

Proseguendo il ciclo di catechesi sulla Chiesa, il Papa nell’Udienza generale spiega il senso delle due definizioni “cattolica e apostolica” e il valore che esse hanno nelle comunità cristiane

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Cattolica perché “universale”; apostolica in quanto “missionaria” e perennemente “in uscita”. Nell’Udienza generale di oggi, in piazza San Pietro, Papa Francesco dà un senso nuovo alle due note caratteristiche con cui i cristiani definiscono la Chiesa nella loro professione di fede.

Proseguendo il ciclo di catechesi sulla Chiesa alla luce del Credo, il Pontefice incentra la sua riflessione sull’accezione delle due parole, spiegando anche il valore che effettivamente esse hanno nelle comunità cristiane. Per farlo, torna indietro ai primi secoli del cristianesimo e cita uno dei primi Padri della Chiesa, san Cirillo di Gerusalemme, che affermava: «La Chiesa senza dubbio è detta cattolica, cioè universale, per il fatto che è diffusa ovunque dall’uno all’altro dei confini della terra; e perché universalmente e senza defezione insegna tutte le verità che devono giungere a conoscenza degli uomini, sia riguardo alle cose celesti, che alle terrestri».

Segno “evidente” di tale “cattolicità” – afferma il Papa – è il fatto che la Chiesa parli tutte le lingue. Un “effetto della Pentecoste” questo, perché “è lo Spirito Santo che ha messo in grado gli Apostoli e la Chiesa intera di far risuonare a tutti, fino ai confini della terra, la Bella Notizia della salvezza e dell’amore di Dio”, spiega il Santo Padre.

A braccio poi aggiunge: “La Parola di Dio oggi si legge in tutte le lingue, tutti hanno il Vangelo nella propria lingua, per leggerlo”. Quindi la consueta raccomandazione: “E’ sempre bene prendere con noi un Vangelo piccolo, per portarlo in tasca, nella borsa e durante la giornata leggerne un passo. Questo ci fa bene”. Il Vangelo – insiste Papa Francesco – “è diffuso in tutte le lingue perché la Chiesa, l’annuncio di Gesù Cristo Redentore, è in tutto il mondo. E per questo si dice la Chiesa è cattolica, perché è universale”.

E lo è sin dalla nascita: la Chiesa è “‘sinfonica’ fin dalle origini”, afferma Bergoglio, è “proiettata all’evangelizzazione e all’incontro con tutti”, “in uscita”, “missionaria”. Per questo si definisce “apostolica”, un termine che – spiega il Papa – “ci ricorda che la Chiesa, sul fondamento degli Apostoli e in continuità con essi, è inviata a portare a tutti gli uomini l’annuncio del Vangelo, accompagnandolo con i segni della tenerezza e della potenza di Dio”.

“Se gli apostoli fossero rimasti lì nel cenacolo, senza uscire a pregare il Vangelo – osserva a braccio il Santo Padre – la Chiesa sarebbe soltanto la Chiesa di quel popolo, di quella città, di quel cenacolo”. Invece tutti i discepoli “sono usciti per il mondo, dal momento della nascita della Chiesa, dal momento che è venuto lo Spirito Santo”, essi “sono andati e hanno fondato nuove chiese, hanno fatto nuovi vescovi e così in tutto il mondo, in continuità”.

Qualificandola come “apostolica”, dunque, sottoliniamo che oggi “tutti noi siamo in continuità con quel gruppo di apostoli che ha ricevuto lo Spirito Santo e poi è andato ‘in uscita’, a predicare”.Ma tutto ciò è stato ed è possibile solo grazie allo Spirito Santo: solamente per effetto della Pentecoste possiamo “superare ogni resistenza”, “vincere la tentazione di chiudersi in sé stessi, tra i pochi eletti, e di considerarsi gli unici destinatari della benedizione di Dio”.

“Se un gruppo di cristiani fa questo, ‘noi siamo gli eletti, noi solo’, alla fine muoiono!”, avverte il Pontefice, “muoiono prima nell’anima, poi moriranno nel corpo, perché non hanno vita, non sono capaci di generare vita, altra gente, altri popoli: non sono apostolici”. Bisogna invece abbandonarsi al soffio dello Spirito che ci spinge incontro ai fratelli, “anche a quelli più distanti in ogni senso”, per condividere “l’amore, la pace, la gioia che il Signore Risorto ci ha lasciato in dono”.

Ma posto tutto ciò, una domanda sorge comunque spontanea: “Cosa comporta, per le nostre comunità e per ciascuno di noi, far parte di una Chiesa che è cattolica e apostolica?”. Il Papa stesso pone tale quesito; e il Papa stesso fornisce ai numerosi fedeli in San Pietro la risposta tanto semplice nella comprensione quanto complessa nell’applicazione.

“Anzitutto – sottolinea – significa prendersi a cuore la salvezza di tutta l’umanità, non sentirsi indifferenti o estranei di fronte alla sorte di tanti nostri fratelli, ma aperti e solidali verso di loro”. Poi, significa “avere il senso della pienezza, della completezza, dell’armonia della vita cristiana, respingendo sempre le posizioni parziali, unilaterali, che ci chiudono in noi stessi”.

In altre parole, “far parte della Chiesa apostolica vuol dire essere consapevoli che la nostra fede è ancorata all’annuncio e alla testimonianza degli stessi Apostoli di Gesù”, ribadisce il Santo Padre. Vuole dire, dunque, agganciarsi a questa “lunga catena” e “sentirsi sempre inviati”, “mandati”, “in comunione con i successori degli Apostoli, ad annunciare, con il cuore pieno di gioia, Cristo e il suo amore a tutta l’umanità”.  

È lo stesso sentimento che sperimentano, giorno dopo giorno, i tanti missionari in giro per il mondo che “hanno lasciato la loro patria per andare ad annunciare il Vangelo in altri Paesi, in altri continenti”. Il Papa li abbraccia tutti idealmente, esprimendo gratitudine e ammirazione per la loro “vita eroica”. A braccio, poi, dice: “Mi diceva un cardinale brasiliano che lavora abbastanza in Amazzonia, che quando lui va in un posto, in un paese dell’Amazzonia, in una città, va sempre al cimitero e lì vede le tombe di queste missionarie, sacerdoti, fratelli, suore che sono andati a predicare il Vangelo, apostoli. E lui pensa: tutti questi possono essere canonizzati adesso, hanno lasciato tutto per annunciare Gesù Cristo”.

“Rendiamo grazie al Signore allora perché la nostra Chiesa ha tanti missionari, ha avuto tante missionarie”, afferma Bergoglio. La Chiesa, però, “ne ha bisogno di più ancora!”. Per questo, Papa Francesco incoraggia chi sente nel proprio cuore questa spinta a vivere una vita “in uscita” a non avere paura e buttarsi nelle braccia di Cristo. “Forse – dice – fra tanti giovani, ragazzi e ragazze che sono qui, qualcuno ha la voglia di diventare missionario: vada avanti! E’ bello questo, portare il Vangelo di Gesù. Che sia coraggioso e coraggiosa!”.

Un altro incoraggiamento lo rivolge infine a tutti i fedeli esortandoli a chiedere a Dio la grazia di “rinnovare in noi il dono del suo Spirito, perché ogni comunità cristiana e ogni battezzato sia espressione della santa madre Chiesa cattolica e apostolica”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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