Vivere il Natale attraverso le sue immagini: visita a Santa Maria Maggiore

Uno studio sulle opere dedicate alla Natività custodite nella Basilica Liberiana

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Per il periodo delle feste natalizie, vi proponiamo di andare a visitare la basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, per ammirare alcune bellissime opere raffiguranti la Natività. Può essere un’ottima occasione per vivere l’arrivo del Natale all’insegna dell’arte e della fede, e anche per condividere qualche ora lieta con i vostri familiari.

Cari lettori, seguiteci: diamo inizio alla visita!

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Eccoci di fronte alla chiesa di Santa Maria Maggiore, la più importante Basilica mariana di tutta la città. La tradizione narra che, nella notte del 4 agosto del 358 d.C., la Vergine apparisse in sogno a Papa Liberio (352-366), al senatore Giovanni e a sua moglie, rivolgendo a tutti una richiesta particolare: quella notte sarebbe nevicato – in agosto! – e, sul luogo imbiancato, si sarebbe dovuta edificare una chiesa in Suo onore. Fu così che all’indomani Papa Liberio si recò sulla cima più alta dell’Esquilino, dove, sulla neve miracolosamente appena caduta, tracciò la pianta della futura Basilica. Quest’ultima, detta “Liberiana”, fu più tardi sostituita da quella costruita da Sisto III (432-440), la quale, a sua volta, subì nel corso dei secoli, numerosi interventi, sino ad assumere l’attuale struttura.

Il mosaico della Natività
 
Entrando nella basilica e percorrendo la maestosa navata centrale lunga 85 metri, possiamo ammirare, in alto, a destra e a sinistra, il ciclo musivo del V secolo, commissionato da Papa Sisto III, raffigurante scene dell’Antico Testamento; e, dritto dinanzi a noi, la decorazione musiva dell’arco trionfale, con episodi dell’infanzia di Cristo (V secolo), e, dietro di essa, l’abside (fine XIII secolo), decorata con sfavillanti mosaici che rappresentano l’Incoronazione della Vergine e gli episodi più importanti della Sua vita.

È proprio sulle pareti di questa lucente abside, commissionata da Nicolò IV (1288-1292) all’artista Jacopo Torriti, che troviamo la prima Natività. Non è facile da individuare, sia per la posizione, sia per le ridotte dimensioni; per questo è importante illuminare l’abside, usando l’apposito apparecchio, che si trova all’ingresso della basilica. Quindi, guardando i mosaici collocati a sinistra, subito al di sotto della conca absidale, dove  si trova rappresentata l’Incoronazione della Vergine, scorgiamo finalmente, incastonato tra due finestre, l’episodio della Natività.

Il mosaico, dagli splendidi colori, testimonia i primi tentativi di quella ricerca plastica e spaziale che culminerà nel Rinascimento. La Vergine, stesa, è colta nell’atto di prendere il Neonato dalla culla per mostrarlo ai pastori, inginocchiati in atto di adorazione. Da una singolare struttura, simile ad un tempio, si affacciano il bue e l’asinello, che osservano Gesù Bambino, con uno sguardo che esprime, allo stesso tempo, gioia e curiosità.

L’Adorazione dei pastori

Sempre nel catino absidale, al di sotto della decorazione musiva, è collocata una tela del pittore barocco-rococò Francesco Mancini (1679-1759), raffigurante l’Adorazione dei Pastori (1750). Gesù, Maria e Giuseppe, hanno tutti lo sguardo volto verso l’esterno del dipinto: ci guardano, come se si fossero accorti del nostro arrivo, e ci dànno il benvenuto. Ai piedi della umile mangiatoia rivestita di fieno, è raffigurato un gruppo di pastori, tra i quali compare un fanciullo, che, con gesto di stupore, indica alla madre, raccolta in preghiera, il Bambino Gesù. L’abilissima costruzione barocca della tela, basata su un rinvio di gesti e sguardi tra i personaggi, è fortemente coinvolgente; e, per un attimo, potrà sembrarci di essere, proprio lì, nella stalla di Betlemme, ad assistere alla nascita del Salvatore.

La Sacra Culla
 
Scendendo le scale che si trovano di fronte all’altare maggiore, accediamo alla Confessione (1862-1864). Quest’ambiente, foderato interamente di marmi (se ne contano più di 70 tipi diversi!), commissionato da Papa Pio IX a Virgilio Vespignani, custodisce attualmente la Reliquia della Sacra Culla. Il Vangelo di Luca narra che Maria “diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo” (Luca, 2, 7). L’arrivo a Roma delle schegge della Sacra Culla  è collegato all’iniziativa di Sisto III (432-440) di ricreare, nell’antica basilica, la “Grotta della Natività” di Betlemme, per cui, nel corso degli anni, i pellegrini di ritorno dalla Terra Santa donarono alla basilica i frammenti della Sacra Culla, ritrovati nel corso dei loro viaggi.

In conseguenza, a partire dalla metà del VI secolo, la chiesa, prese anche l’appellativo di Santa Maria ad praesepem. Questo termine, che in latino significava, in origine, mangiatoia, e quindi, per estensione, stalla, si trasferì successivamente in ambito religioso, ed iniziò ad indicare il luogo della nascita di Gesù. Il prezioso Reliquiario, in cristallo ed argento, dove sono custoditi i Sacri frammenti, è opera del famoso architetto, orafo e argentiere Giuseppe Valadier (1762-1839).

Il Presepe di Arnolfo di Cambio
 
L’ultima tappa della nostra visita è il Museo di Santa Maria Maggiore, al cui interno è custodito il più antico presepe di Roma. Nel 1290, il Papa francescano Nicolò IV incaricò lo scultore e architetto Arnolfo di Cambio di rinnovare l’oratorio del periodo di Sisto III, all’interno del quale era, al tempo, custodita la Sacra Culla. Arnolfo, “subtilissimus et ingeniosus magister“, progettò uno spazio, dal cui fondo, probabilmente dorato e decorato con girali azzurri, emergevano un gruppo di sculture raffiguranti i personaggi del presepe.

Purtroppo gli interventi, eseguiti alla fine del ‘500 per costruire la Cappella di Sisto V, determinarono la distruzione dell’oratorio Arnolfiano ed il danneggiamento delle sue sculture. Sono però giunte fino a noi le statue del bue e dell’asinello, dei Re Magi e di San Giuseppe. Maria e Gesù sono andati purtroppo perduti, e la relativa scultura, che vediamo attualmente è opera cinquecentesca. Il presepe è stato scolpito da Arnolfo, secondo una concezione originalissima per quell’epoca: il criterio di visibilità.

Le sculture, che a noi possono apparire non perfettamente proporzionate, erano state pensate per essere viste da un particolare punto di vista, dal quale tutta la composizione appariva in perfetta armonia. Infatti Arnolfo scolpì solo quelle parti che dovevano risultare visibili allo spettatore, lasciando grezza il resto della superficie marmorea. Dalla postura del Mago inginocchiato e da quella delle altre figure, possiamo immaginare che l’effetto teatrale del presepe fosse di grande suggestione ed invitasse i fedeli a partecipare, con i Magi, all’Adorazione.
 
La basilica di Santa Maria Maggiore è un antico luogo di fede, ricco di storia e di arte, ideale per vivere la gioiosa atmosfera del Natale cristiano.

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Giovanni Argan

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